[«Prima
di tirare le somme della nostra riflessione – dicevo – occorre ancora un altro
paragrafo: quello che ci chiarisca il precipitato storico della
personalizzazione della politica, dalle forme del culto della persona
dell’autocrate al successo mediatico dell’impostore, nel ventaglio delle sue
più comuni tipologie». Sarà il caso di rimandare per soffermarci in un inciso.]
L’ambiguità
del termine Beruf, che è professione, ma pure vocazione, è carica, ma pure
occupazione, potrebbe rendere un po’ scivolosa la lettura di Politik als Beruf (1918), ma Max Weber chiarisce subito: «lo stato è quella comunità umana che nei limiti di un determinato territorio esige per sé, e con successo, il monopolio della forza fisica legittima» e «chi fa azione politica [altri non è che chi] aspira alla partecipazione di [questo] potere o all’influenza sulla sua ripartizione». Né Arbeit, né Werk, dunque, ma risposta a una chiamata (Ruf), che possiamo immaginare cogente come quella al sacerdozio o alle armi.
In tal senso, giacché
«lo stato consiste in un rapporto di dominazione di alcuni uomini su altri uomini, il quale poggia sul mezzo della forza legittima (vale a dire: considerata legittima)», la risposta alla chiamata inscrive nella logica che fonda una linea gerarchica di tipo religioso e/o militare e detta le regole della missione e della conquista. D’altro canto, e sempre in stretta analogia ai compiti che sono della milizia e/o dell’ordine religioso, c’è un nesso tra mezzo e fine che
dà ragione della «legittimità della dominazione» in forma di «giustificazioni intrinseche»:
«anzitutto, l’autorità dell’“eterno ieri”, ossia del costume, la cui stabilità è consacrata da una validità di antichissima data, fondata sulla consuetudine»; «in secondo luogo,
l’autorità del dono di grazia personale di natura straordinaria (carisma), la dedizione assolutamente personale e la fiducia personale nelle rivelazioni, nel carattere eroico o in altre qualità di capo di un individuo»; e, «infine, la dominazione in forza della
“legalità”, [...] e cioè in forza dell’obbedienza fondata sull’adempimento di doveri stabiliti da norme: una dominazione qual è quella esercitata dal moderno “funzionario statale”».
Weber non si serve dell’analogia che qui abbiamo proposto col servizio sacerdotale e con quello militare (ma potremmo anche prendere in considerazione quello che li unisce nell’ordine di tipo religioso-cavalleresco), dunque dovremo provare a saggiarne la validità in relazione alle
«giustificazioni intrinseche». Possibile? Senza alcun dubbio. Nella Politik als Beruf, infatti, ne abbiamo i corrispondenti, sia al vertice, sia alla base della piramide gerarchica. E nell’immagine che apre questo post offro cinque esempi che, al netto delle enormi differenze, declinano lo stesso paradigma.
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