Il rifiuto di capire la differenza che c’è tra un embrione ed un bambino - più che incapacità nel coglierla, spesso è patente ostinazione nel negarla - trova impareggiabili momenti di comicità in molte delle farlocche argomentazioni dei no choice (impropriamente noti come pro life), che toccano punte di grottesco quando l’equivalenza è offerta nella fallacia detta di petitio principii in combinato disposto con quella detta ad misericordiam. È il caso offertoci ieri da Giuliano Ferrara (Il Foglio, 28.7.2014), che contestava la «la crociata Unicef a favore dei bambini di Gaza» perché a intestarsela sono «gli stessi che i bambini abortiti, un miliardo e più in trent’anni, fanno bensì preoccupare [...] ma non fino al punto di imporre una tregua al clash of absolutes, mettendo a discutere su come evitare gli aborti e la mentalità antinatalista i capi della pianificazione riproduttiva e demografica, annidati anche loro in cose tipo Unicef, e quelli che resistono nel mondo su una posizione pro life» (dove anche il lessico segnala un’evidente fatica nello star dietro a un nesso logico tanto sfuggente). In sostanza, la crociata a favore dei bambini palestinesi perderebbe credibilità in partenza con l’essere promossa e sostenuta da chi non muove un solo dito per contrastare la pratica delle interruzioni volontarie di gravidanza, peraltro dove è legalmente consentita. Volendo, poteva starci pure l’accusa di essere gli stessi che non hanno mai fatto nulla per dare un serio contributo alla ricerca scientifica che mira a riconoscere e combattere le noxae patogene che causano gli aborti spontanei, che negli ultimi trent’anni saranno stati almeno dieci volte più numerosi di quelli procurati. In realtà, a ben vedere, il ragionamento è viziato in partenza da una fallacia ben più grave, quella nota come argomento del tu quoque (ciò che affermi è falso perché il tuo agire non è conseguente ad esso): ce n’è per un’accusa di ipocrisia, ma nulla che tolga ragione all’appello umanitario (come invece sarebbe il far presente che è indirizzato male: è Hamas che usa i bambini palestinesi come scudi umani), tanto meno al diritto di interrompere una gravidanza non desiderata (segnalando che è proprio chi lo nega ad aver fregole di «pianificazione riproduttiva e demografica»). Non è tutto, perché avere a cuore la sorte dei bambini palestinesi sarebbe in contraddizione pure col non avere nulla in contrario alla fecondazione assistita, e qui ogni analisi logica non ha che da dichiararsi impotente a cogliere un valido nesso. Così com’è per l’altrettanto astruso riferimento alla pratica del cosiddetto «utero in affitto», la cui condanna morale stupisce tenuto conto che viene da chi sostiene che «siamo tutti puttane»: vendersi il culo è bello, fittarsi l’utero è sconveniente?
Il sofferto giudizio di Giuliano Ferrara e di molti altri come lui deriva dal fatto di pensarlo e di scriverlo con una tastiera situata nella precarietà e pericolosità di una casa a Capalbio.
RispondiEliminalr
Malvino: una persna acuta quando parla di politica, da far cadere le braccia e non solo quando parla di Israele e Palestina.
RispondiEliminaLa colpa dei bambini palestinesi morti non e` di chi li uccide, ma di Hamas
Capisco essere pro-Israele, ma qua si va nel ridicolo
Gigi