Sull’altrui
sfera sessuale io seguo alcune regole assai elementari, vedete voi se possano essere condivisibili: (1) è materia che non va
neanche sfiorata, quando su di essa la persona interessata mostri di voler
mantenere il riserbo; (2) è materia che può essere oggetto di discussione, quando sia la persona interessata a sollecitarla esplicitamente, ma avendo ben presente
che su propensioni, attitudini e preferenze c’è ben poco da discutere, ché
ciascuno ha le sue ed è sacrosanto se le tenga; (3) è materia che può arrivare ad
essere occasione di polemica, anche aspra, quando la persona interessata abbia fatto
cadere almeno in un’occasione il velo della riservatezza, rilevando le proprie propensioni,
le proprie attitudini e le proprie preferenze, per
poi criticare quelle altrui, per giunta non così diverse dalle sue. È nel
rispetto di queste semplici regolette che affronto il commento del corsivo che
Susanna Tamaro firma sulla prima pagina di Avvenire,
oggi, martedì 7 ottobre, relativamente al punto in cui afferma di sentirsi
svolazzare in testa gli «sparvieri del
gender».
Ora, se un dato è incontestabile in chi sostiene la gender theory, è che per lui il genere
non è faccenda cromosomica, ma psicologica: culturale assai più che biologica. Bene,
giusto o no che sia, non si capisce bene allora cosa Susanna Tamaro abbia da temere da chi ritiene
vorrebbe – scrive – «sequestra[rla], sottopo[rla] a interrogatori, avvia[rla] a
un percorso di precisa definizione del [su]o stato interiore». Tutto il contrario: a chi sostiene la gender theory non passa neanche per l’anticamera
del cervello di contestarle il fatto che da bambina – scrive – «detesta[sse] cordialmente tutto ciò che ricordava la femminilità, ma non per questo
ama[sse] quello che esaltava la
mascolinità» o che «gioca[sse] alla guerra e a calcio obtorto collo, perché
er[a] circondata da maschi, ma [che]
la violenza delle pistolettate e delle pallonate
in faccia [le] facesse altrettanto
orrore dei pizzi», tanto meno contestarle il fatto che «la diversità che chiedev[a] [fosse] legata a[l] poter indossare i pantaloni,
[all’]avere i capelli corti, [all’]aspirare a mestieri allora proibiti alle donne».
Tutte cose che fanno drizzare i capelli in testa a chi da una femmina, come
biologicamente Susanna Tamaro è senz’alcun dubbio, pretenderebbe propensioni,
attitudini e preferenze da femmina.
Capelli che senz’alcun dubbio dovranno già
essergli drizzati in testa anche nel caso abbia letto l’intervista che ella concesse
alcuni anni fa a Vanity Fair: in
quella occasione, senza essere sopposta ad alcun sequestro, rivelava di «viv[ere] un’amicizia amorosa con una donna da 18 anni», dopo aver già avuto,
nel corso dell’adolescenza, analoga esperienza con una donna «con la quale pensav[a] di costruire la [su]a vita», però finita male, per lasciar spazio a un uomo dal quale
ella si allontanò appena questi le fece intendere di voler avere dei figli («l’idea di avere un bambino mi dava
un senso di profonda inquietudine»). Cose che non fanno né caldo né freddo a
chi sostiene la gender theory, chissà
a chi è abbonato ad Avvenire.
Ma porc....! Bisex, veramente? adesso mi tocca pure rivalutare la Tamaro? Noooooooo.....
RispondiEliminanon ho capito una mazza. Nel senso, se davvero ha scritto quello, la Tamaro è una paladina del LGBT.
RispondiEliminaUna volta riflettevamo su la Weil e la De Beauvoir, oggi Tamaro e Miriano.
RispondiEliminaFinita l'arabica ci viene servito il nescafè. Che dobbiamo fare...
Il commento della tamaro si presta a una doppia lettura. Tutto sta nel capire a chi esattamente si riferisca l'espressione "sparvieri del gender".
RispondiEliminaLa parte sui giochi maschili mi ricorda la notevole sequenza del film "Liquirizia" di Samperi, nella quale la Tamaro occupa stabilmente il flipper e uno spazientito avventore ( mi sembra Christian De Sica) le chiede: "Susanna,se ti do cento lire mi lasci giocare?"
RispondiEliminaStia bene, sempre utile passar di qua.
Ghino La Ganga