Alle
più alte vette dell’espressione artistica si osserva non di rado un dato che
alle cime anche di poco inferiori per altezza quasi mai è dato osservare:
l’artista rinuncia a ogni rispetto per se stesso, se necessario, per farsi
semplice strumento della sua arte, come
a dimostrare che la sua vera vita, con quanto di prezioso ciascuno allega alla
propria, sia interamente trasfusa nella sua creazione. Poco al di sotto di
questi eccelsi livelli altimetrici troviamo l’artista che sa annullarsi, sì, ma
solo nel suo gesto creativo. Scendendo, poi, va sempre peggio, per giungere
alla quota dove l’artista è solito nutrire un gran rispetto per la propria
persona, spesso arrivando a farlo diventare un ossequioso culto che tributa a
se stesso, traendolo esclusivamente da
ciò che crea. Sia chiaro, anche a tali livelli l’arte può essere di
grande qualità e tuttavia la creazione artistica mancherà sempre di un’anima a
muoverla dal di dentro. D’altro canto, non è affatto detto che per essere
animata in questo modo l’artista debba necessariamente mettersi totalmente in
gioco fino allo sprezzo di se stesso. Ciò che intendo dire è che una
connaturata propensione ad annullarsi fino al sommo sacrificio, che per l’artista
sta nel ridursi a mero tramite di quel che vuole esprimere, rende l’opera d’arte
virtualmente sublime anche quando non è indispensabile pagare questo prezzo, e
tuttavia, se lo si paga, vuol dire che l’artista l’ha considerato necessario, e
con ciò stesso la sua creazione tocca il sublime.
Convince?
No, eh? Vabbe’, io ci ho provato. Era per presentarvi questo mio acrilico su
tela (180 x 180 cm - 2014) – lo so, sembra una foto, ma è che io sono di scuola iperrealista – che
vuol comunicare a chi lo osserva quanto di malsano ci sia in un selfie, in ogni
selfie.
Ma chi è quello Schettino lì a fianco?
RispondiEliminaPerdoni l'ignoranza: non riconosco la persona accanto a Schettino...
RispondiEliminaL'artista.
EliminaSpettacolare.
RispondiEliminaAlle più alte vette del narcisismo. Al confronto p.e. De Chirico è un nano.
RispondiEliminaLB
Sì, la De Chirico l'avrebbe fatto godendo. Qui c'è stata inenarrabile sofferenza.
EliminaMi riferivo a Giorgio De Chirico, pure lui musa inquietante. Il ritratto in esergo nel milieu tra Bogart e Chet Baker fa più sofferenza e meno Peppino Don Rafele o' trumbone. Bene così.
RispondiEliminaSaluti.
Gesù, io liscio un cross liftato e lei me lo rilancia rasoterra?
EliminaForse ti ci vorrebbe un gommage preliminare zucchero, miele e succo di limone e una maschera viso all'olio di calendula, e tanta barca.
RispondiEliminaRoba da ricchioni. Dico, hai visto gli autoritratti del Caravaggio?
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