Bene, c’è da trasecolare:
«Alberto Stasi – si legge – ha brutalmente ucciso la fidanzata, che
evidentemente era diventata, per un motivo rimasto sconosciuto, una presenza
pericolosa e scomoda, come tale da eliminare per sempre dalla sua vita di ragazzo
“per bene” e studente “modello”, da tutti concordemente apprezzato». Se la
costruzione di ogni frase risponde ad una logica, quella che informa questa
affermazione è quanto mai bislacca. L’omicidio avrebbe avuto «un motivo rimasto sconosciuto», che tuttavia
«evidentemente» è da individuare nel
fatto che la vittima fosse diventata per l’assassino «una presenza pericolosa e scomoda», e da cosa trae forza, questo
assunto? Semplice: dal fatto che Chiara Poggi è stata ammazzata.
In sostanza,
non si sa per quale motivo sia stata ammazzata, ma giacché non può essere stato
altri che Alberto Stasi ad ammazzarla – non si aveva sottomano altro imputato
a disposizione, dunque chi altri? – il motivo non può essere diverso da quello,
perché un altro non reggerebbe altrettanto bene. Da non credere.
Le perplessità finiscono per
emergere perfino dal commento dato dalla madre della vittima, che pure
definisce la sentenza un «passo importante»: «Non so cosa è successo – dice – ma se c’era un problema tra di loro, era proprio necessario arrivare a
toglierle la vita?». Già, perché si deve ritenere che quella fosse la sola
soluzione, ammesso e non concesso che «c’era un problema tra di loro», di cui peraltro non c’è prova? Nessun dubbio, per i giudici: visto che Chiara Poggi è stata uccisa,
non c’era alternativa, almeno per chi sicuramente è l’assassino perché dev’esserlo.
Ma per quale motivo Chiara Poggi sarebbe diventata una persona da eliminare?
Non si sa, non s’è trovato, ma si può provare a immaginarlo e, dopo averlo
immaginato, dargli cogenza, anche senza dargli alcun elemento circostanziale: Chiara
Poggi poteva rovinare la reputazione di Alberto Stasi, rivelando la sua
passione per la pornografia. E sì che la sentenza attribuisce alla vittima delle
«vedute larghe». E poi può darsi che la
passione per la pornografia potesse rovinare una reputazione trent’anni fa, ma
oggi? Nessuna preoccupazione, a far quadrare quello che non quadra, voilà, s’avanza
un’altra ipotesi, tanto cogente quanto indimostrata: il «raptus».
Prove certe
che leghino i fatti ad una responsabilità? Non proprio, ma tanti indizi, via, e cucendoli
addosso a chi non può non essere colpevole, gli calzano a pennello, ergo...
Ma non era
meglio metterlo in galera senza dare motivazioni?
E cosa dovremo dire, caro Malvino, quando andreamo a leggere le motivazioni della condanna di Bossetti?
RispondiEliminaPer quel che vale: medesime perplessità. E una domanda: per i giudici, motivare la sentenza limitandosi a specificare di aver ritenuto altamente probanti gli indizi accusatori non è sufficiente? In altri termini: il movente è una necessità? Perché quello fornito mi sembra un assist perfetto per la difesa nel prossimo grado di giudizio.
RispondiElimina
RispondiEliminaavevo letto qualcosa e avevo lasciato perdere per il solito motivo di coronarie.
affermativo, per quanto riguarda la tua domanda
Stasi è colpevole, era meglio condannarlo senza processo, ma non si può. allora senza uno straccio di prova in mano, non resta che il famigerato "libero convincimento del giudice", cioè la libera arrampicata sugli specchi convessi della dialettica (si fa per dire) giurisprudenziale.
quanto sia libero e quanto sia ideologico il "libero convincimento del giudice" solo dio solo lo sa (mettiamo che il giudice sia un tipo alla Giovanardi, di cui conosciamo l'idilliaco rapporto, pubblico, con la pornografia ...).
la vecchia formula dell'insufficienza di prove esprimeva bene la situazione, e in certi casi bastava a dar significato all'assoluzione. "la macchia" anche in quel caso non dava soddisfazione né all'imputato né alla parte offesa. ma lo sappiamo bene che la giustizia non è di questo mondo. gli unici a trarre vantaggio da questi casi, a parte i media, sono gli studi legali con i loro cospicui "onorari" extra tabellari.
" Chiara Poggi poteva rovinare la reputazione di Alberto Stasi, rivelando la sua passione per la pornografia. E sì che la sentenza attribuisce alla vittima delle «vedute larghe». "
RispondiEliminaIo e Stasi, o forse io ed i giudici, viviamo in due paesi diversi.
Nel mio la pornografia è parte integrante dei discorsi della gente, Youporn e simili sono tranquillamente nella lista dei siti preferiti dei colleghi di lavoro e Sasha Grey è popolare quanto Julia Roberts.
scusate ma in corte d'assise non ci sono i giudici popolari scelti a caso che danno il loro voto?
RispondiEliminasono ignorante
rp
Può anche essere che questo tizio stia cercando di farsi passare per matto per evitare il gabbio. Ormai, però, la faccenda va avanti da troppo tempo e la verità ormai ha preso la prima astronave di linea verso un'altra galassia. Certo è che se tutti gli indizi portavano a lui e nessun indizio indirizzava verso qualcun altro i casi sono due:
RispondiEliminaa) è colpevole senz'ombra di dubbio;
b) chi l'ha incastrato ha fatto davvero un lavoro a regola d'arte.
Sui prossimi gradi di giudizio: il sistema basato su gradi di giudizio multipli si è sempre rivelato fallimentare, e lo sarà anche in questo caso. Questo tizio risulterà colpevole o innocente a seconda degli appoggi di cui gode, tutto lì.
Sembra quasi una sentenza suicida, dagli estratti riferiti. Mi sono anche chiesto: quale atteggiamento avrà in genere una Corte d'Appello, quando dovrà celebrare un nuovo processo perché la Corte di Cassazione ha cassato la precedenza sentenza di assoluzione, per non aver vagliato accuratamente le prove? Su dieci casi, quante volte confermerà -in media- l'assoluzione?
RispondiEliminaAnche a me pare la illogicità manifesta. Peraltro ho letto da alcune notizie di indagine riportate dalla stampa che la vittima pere che condividesse gli stessi interessi con il condannato. Il movente assente o generico crea comunque un altro contrasto logico: dovremmo avere centinaia di migliaia di omicidi al giorno, perché un po' tutti troviamo più o meno raramente, di tanto in tanto scomoda la presenza di chi ci sta di fianco; più o meno tutti agiamo saltuariamente provocando nella stessa malcontento o risentimento. Se non altro dovremmo essere messi al corrente di quale dato oggettivo e scientifico faccia del condannato, con tutta la sua personalità complessa, un individuo con una soglia tanto al di sotto della media di sopportazione delle proprie insofferenze. Anche su questo punto, non mi pare che sia emerso nulla di tal genere dentro al processo. Al massimo, lo si deduce dalla tesi che avrebbe dovuto essere dimostrata.
I motivi del feroce gesto sono ignoti, ma anche implicitamente futili, al tempo stesso esplicitamente gravosi.