martedì 7 luglio 2015

Corrispondenze (Tutto è ormai già perso)

Dove ho mai scritto che «i greci sono un popolo di fannulloni»? Dove ho mai scritto che «per anni e anni hanno scialacquato allegramente a spese dellEuropa»? Ho riletto gli unici due post che ho dedicato alla questione greca, caro ***, e non ho trovato traccia di affermazioni simili, né mi pare di aver insinuato nulla del genere: in uno mi sono limitato a dire che la Grecia doggi non centra niente con la Grecia antica, il cui lascito è ormai da secoli patrimonio dellintera umanità, sicché è ridicolo pretendere che possa pareggiare o anche soltanto alleggerire i debiti che la Grecia ha cumulato negli ultimi decenni nei confronti di mezzo mondo; nellaltro ho posto l’attenzione su ciò che fa del referendum uno strumento inutile o dannoso, cercando di dimostrare perché quello voluto da Tsipras non risolva nulla, ed anzi possa rivelarsi addirittura pericoloso, innanzitutto per la Grecia, ma anche per l’Europa.
In realtà, alla questione greca ho dedicato anche un terzo post, ma si trattava solo del copia-incolla di un’intervista concessa a Libero da Antonio Martino: la facevo precedere da una rapida nota con la quale dichiaravo di far mia la sua opinione («Se la Grecia non può onorare i suoi debiti deve fallire, i titoli diventano carta straccia e quelli che li hanno comprati subiscono una perdita in conto capitale, del resto hanno lucrato sugli alti tassi di interesse per molto tempo. Vuol dire che gli è andata male, hanno fatto l’investimento sbagliato»). Ecco, rileggendo questintervista, trovo unaffermazione dalla quale, forse, avrei fatto meglio a dissociarmi: «I greci sono abituati a vivere a spese degli altri». Ti riferisci a questaffermazione nellattribuirmi frasi che comunque non sono mai uscite dalla mia penna? Allora, sì, ti devo una spiegazione, e ovviamente non sono autorizzato a chiarire il senso che Antonio Martino voleva dare a quella frase, ma penso di poter dire che anche lui, come me che ho sottoscritto quella frase, non intendeva generalizzare. Voglio dire che gli stereotipi sono sempre da rigettare quando si parla di realtà complesse come un’intera nazione, e aggiungerei che questo è tanto più sentito da un liberale, che in una nazione non perde di vista la varietà degli individui che la compongono, vedendoli accomunati da una storia, non da un carattere. «I greci sono abituati a vivere a spese degli altri», dunque, sarà unaffermazione che si presta ad essere fraintesa – convengo – ma che trova ragione nellassunzione di un dato inoppugnabile: i governi greci hanno amministrato la cosa pubblica in modo irresponsabile, facendo affidamento – un folle affidamento – sullinesauribilità delle risorse che derivavano dallemissione di titoli di stato. La Grecia, in sostanza, ha pensato di poter vivere facendo debiti il cui pagamento potesse essere rinviato allinfinito. La cosa assurda è che pensa di poterlo fare ancora, rifiutandosi di metter mano ad un riassetto del sistema che lha portata al fallimento.
Un sistema, bada bene, che è la vera causa dellimpoverimento di tanti greci, a dispetto di chi blatera che sia Germania ad affamarli. Mentre leconomia greca aveva un tasso di crescita del 4% – parlo del periodo tra il 1998 e il 2007, prima che la crisi economica si abbattesse sugli Stati Uniti e da lì allEuropa – la spesa sociale ammontava a meno della metà di quanto ammontasse in Germania. Certo, si tratta di un’odiosa vulgata che i greci siano dei fannulloni, e infatti sono al primo posto in Europa per ore annue di lavoro pro capite, sta di fatto che si sono dati dei governi che hanno continuato a concedere esenzioni fiscali ad armatori, grandi proprietari terrieri e Chiesa ortodossa. Prendi questultimo caso: la Chiesa ortodossa è il più grande proprietario terriero del paese, possiede catene alberghiere, centri turistici, proprietà immobiliari, aziende nei più svariati settori, e non ha mai pagato una dracma di tasse, né un euro, grazie ad un articolo della Costituzione del 1975, un articolo che neppure la nuova classe dirigente del paese riesce ad emendare, alla faccia del marxismo-leninismo che li ispira. Si calcola che negli ultimi dieci anni siano quasi 600 i miliardi di euro che dalla Grecia siano stati trasferiti allestero: passi che i governi di destra chiudessero un occhio, ma sti benedetti bolscevichi di Syriza, invece di andare col cappello in mano a chiedere la carità in Europa, cosa aspettano a nazionalizzare tutto?
Ok, stavo scaldandomi, ora mi calmo. Vedi, caro ***, non c’era bisogno che la Grecia danzasse sull’orlo del default per capire che lEuropa non va assolutamente bene così comè, ma, se doveva essere la Grecia a farlo capire a chi ancora non lha capito, non cera altro modo? I greci sono stati fottuti per lennesima volta, e stavolta da un cazzaro, uno che è della stessa pasta di Renzi, solo un poco più disperato, perché davvero ha poco da perdere, perché tutto è ormai già perso.

13 commenti:

  1. Se una simile “classe dirigente” s’ispira al “marxismo-leninismo” (risate, applausi, risate alle lacrime, applausi prolungati) e si fa rappresentare da un cazzaro “della stessa pasta di Renzi” (applausi e grida dal loggione), se ha come obiettivo di far dipendere la nazione da organismi caritativi e bancari, quindi di mantenere le esenzioni fiscali dell’epoca dei colonnelli, se dunque tutto ciò è vero, credo ci racconti della fecondazione sociale che l’ha partorita. Di una classe dirigente, comunque denominata e rappresentata, che è rimasta nel tempo sempre uguale a se stessa e a difesa di consolidati interessi e privilegi di classe. Da che cos’altro dipende il “rifiuto di metter mano ad un riassetto del sistema che l’ha portata al fallimento” se non dalla difesa di tali interessi e privilegi, in cambio dei quali dispensare qualcosa al popolino (godete anche voi fin che potete)? E dunque, chiedo, la questione non andrebbe esaminata anche sotto aspetti un poco diversi da ciò che fa Martino, e cioè senza sparare nel mucchio? E ciò che vale per la Grecia non replica forse, mutatis mutandis, anche per altre realtà e per una situazione più generale?

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  2. D'accordo su tutto o quasi. Più in generale, credo che la Grecia possa arrivare ad essere una compiuta liberaldemocrazia solo dopo una trentina d'anni di dittatura del proletariato, con abolizione della proprietà privata, esproprio dei beni ecclesiastici, ecc. Peccato che pure in quel caso non sarebbero esclusi privilegi a qualcuno.

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    1. d'accordo. io e te commissari del popolo per gli "affari del culto"

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    2. Fosse così non esiterei a trasferirmi lì, tanto la lingua la parlo discretamente bene.
      Ho una grande fiducia in voi due.
      Senza contare che il fatto che seguo i vostri blog potrebbe favorirmi per una brillante carriera in qualche ministero.

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  3. Ma per modificare la costituzione del 1975 e tassare la chiesa ortodossa (o gli armatori, stranamente uniti alla chiesa su questo punto, se non vado errato), non sarà necessaria una maggioranza qualificata? E Syriza a malapena dispone della maggioranza semplice (anzi, non ci arriva, ha bisogno di un paio di voti di alleati). Al massimo, potremmo accusare Tsipras di non mettere la questione sul piatto - ecco, questo sì: invece di limitarsi a dare addosso alla troika potrebbe pure tuonare contro la chiesa, gli armatori e i ricchi greci che esportano i capitali. Non leggo i giornali greci, ma ho l'impressione che di tutto questo Tsipras dica poco o nulla (o che i giornali europei non ci raccontino niente se lo fa).
    Ale

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    1. Prendersela con chi tanto alle elezioni non ti può votare è sempre una tattica vincente. Ci sono arrivati pure i leghisti, dalla caccia al terrone alle ruspe sugli immigrati (molti rom votano, ma sono pochissimi).

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  4. Ma, fammi capire, tu stai con Dimitratos o con Pattakos?

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  5. Per un attino ho pensato che Lei avesse come riferimento Nìkos Automàtikos, il colonnello greco con arto artificiale che arringa (in lingua madre e senza traduzione) i suoi colleghi golpisti italiani in "Vogliamo i Colonnelli" di Monicelli.
    :-D
    Stia bene.
    Ghino La Ganga

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  6. correggo: Andreas Automàtikos. Abbia pazienza, è l'età che avanza.
    Stia bene.
    Ghino La Ganga

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  7. sono d' accordo ma credo che urga prioritariamente sciogliere un nodo teorico: l' intervento diretto ( e massiccio quando occorresse ) dello stato nell' economia è compatibile con una democrazia liberale ? Secondo me sì. Il problema dell' Europa è in fondo che a questa questione si è risposto negativamente per decenni fino a far diventare luogo comune una supposta incompatibilità. I greci, succubi, come gli italiani del resto, di questo luogo comune non avrebbero mai votato Tsipras se questi avesse dichiarato di voler attuare quello di cui ha veramente bisogno la Grecia e che è stato tratteggiato ( in maniera un po' iperbolica invero ) nel post.

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    1. Se le regole sono condivise, ferree e applicate, l'economia può fare a meno dell'intervento dello stato. Per meglio dire: lo stato è costretto all'intervento diretto nell'economia, quando non è in grado di dare al mercato delle regole che funzionino. E visto che il "nodo" è "teorico" aggiungerei che per funzionare debbano tutelare il principio per il quale la libertà di un individuo finisce dove inizia la libertà di un altro individuo.

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    2. l' economia può senz'altro fare a meno dello stato, tutto sta a capire se, in determinate circostanze, sia preferibile che lo stato intervenga per perseguire fini non economici ma diciamo...morali o politici. Venendo alla Grecia io penso che riformare il sistema fiscale non apporterebbe di per sé nessun beneficio ai greci se il surplus di risorse così realizzato venisse impiegato solo per ripagare i creditori e non invece anche per dar vita a una politica industriale che mirasse a fornire i greci di quei prodotti ( macchinari, medicinali etc ) che non riuscirebbero probabilmente mai a comprare dall'estero, se dovessero pagarli con i proventi delle loro esigue esportazioni.

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