Giusto
due anni fa intrattenevo il mio lettore sulle ragioni che mi avevano
portato a rivedere la mia posizione sull’istituto
referendario, arrivando a definirlo inutile o dannoso. Non starò qui
a ripetermi, dirò solo che la mia riflessione era partita dagli
articoli che Arturo Labriola dedicò a questo strumento di democrazia
diretta, su Critica Sociale,
nel 1897, per poi passare all’analisi
di ciò che l’istituto
referendario ha significato in Italia, ma al netto di tutta la
retorica che ne ha magnificato i risultati, com’è
evidente soprattutto per quello sul divorzio del 1974 e per quello
sull’aborto
del 1981, che in fondo non servirono ad altro che a confermare due
leggi approvate da un parlamento di eletti. Chi ne ha voglia potrà
riandare a quei post per prendere atto che la critica all’istituto
referendario veniva a trarre ulteriore motivo dalla natura
inevitabilmente ambigua che assume un quesito quando sia posto come
variabile indipendente dal contesto generale nel quale trovi modo di
essere formulato come chiave di un cambiamento che si ritenga
possibile in virtù del mero desiderio di realizzarlo, perché non
c’è
mai stato velleitarismo che alla lunga non abbia mostrato i propri
limiti nel trascurare le resistenze al cambiamento.
Inutile o
dannoso, il referendum, perché strumento che si rivela quasi sempre
essenzialmente inefficace a opporre la volontà degli elettori a
quella dei propri governanti, quando queste confliggano, o
addirittura facilmente utilizzabile per coartare le forze che si
esprimono attraverso l’una ai
disegni che mirano a realizzare l’altra,
nelle forme di quella deriva plebiscitaria che quasi sempre ha per
fine l’asservimento
delle masse agli interessi di uno o di pochi, non importa se folli
avventurieri o freddi delinquenti. Ma direi di più: quand’anche
il referendum non riveli la sua
inutilità con l’irrilevanza sostanziale data a ciò che
formalmente ha espresso come volontà popolare, resta il problema che non possa far tabula rasa delle conseguenze che il passato ha sul presente. Un referendum può trasformare una monarchia in repubblica, ma questo, di per se stesso, non trasforma un tracollo bellico in vittoria militare.
Bene, direi che il referendum tenuto ieri in Grecia possa dirsi senza dubbio inutile e per molti versi dannoso. Anche in questo caso era rispettata la regola di interrogare un popolo su questioni che erano state enucleate da un problema assai più ampio, che d’altronde nella sua portata generale non poteva non restare del tutto fuori dalla possibilità di essere rimesso alla volontà popolare, in primo luogo per vincoli di natura giuridica, speciosamente e strumentalmente elusi per dar da credere che il risultato delle urne potesse in qualche modo esprimere la volontà dei greci riguardo al restare o meno nell’Eurozona, qualsiasi cosa voglia intendersi per Eurozona, o ci sia interessa che si intenda. In sostanza, il referendum non decideva sulla permanenza della Grecia nella Comunità europea, né sul corso dell’euro in Grecia, ma l’intenzione di chi lo ha indetto, e in fretta, e senza preoccuparsi troppo di chiarirne il senso a chi chiamava alle urne, era quella di farsi forte di un risultato in gran parte previsto, e proprio in virtù del significato che si era certi di poter ingannevolmente attribuire alla consultazione, per riaprire i negoziati con i creditori in una condizione che sul piano interno e su quello esterno almeno apparisse migliore, se pure non potesse esserlo, rispetto a quella in cui si era al momento in cui le trattative si erano interrotte. In parole povere, i greci sono stati ingannati come d’altronde è stato fatto per decenni: i predecessori di Tsipras hanno fatto creder loro che potessero entrare in Europa continuando a vivere da greci, e Tsipras ha fatto creder loro che ora ne possano uscire per tornare a vivere come prima che l’Europa esistesse, e naturalmente per Europa qui è da intendere quel che è l’Europa è oggi, ed è tutto tranne quel che voleva essere, o diceva di voler essere, certo, sta di fatto tuttavia che a ciò che è si è giunti anche per l’assenso dei governi greci, che hanno sottoscritto impegni non solo per il loro oggi, ma anche per il loro domani.
Bene, direi che il referendum tenuto ieri in Grecia possa dirsi senza dubbio inutile e per molti versi dannoso. Anche in questo caso era rispettata la regola di interrogare un popolo su questioni che erano state enucleate da un problema assai più ampio, che d’altronde nella sua portata generale non poteva non restare del tutto fuori dalla possibilità di essere rimesso alla volontà popolare, in primo luogo per vincoli di natura giuridica, speciosamente e strumentalmente elusi per dar da credere che il risultato delle urne potesse in qualche modo esprimere la volontà dei greci riguardo al restare o meno nell’Eurozona, qualsiasi cosa voglia intendersi per Eurozona, o ci sia interessa che si intenda. In sostanza, il referendum non decideva sulla permanenza della Grecia nella Comunità europea, né sul corso dell’euro in Grecia, ma l’intenzione di chi lo ha indetto, e in fretta, e senza preoccuparsi troppo di chiarirne il senso a chi chiamava alle urne, era quella di farsi forte di un risultato in gran parte previsto, e proprio in virtù del significato che si era certi di poter ingannevolmente attribuire alla consultazione, per riaprire i negoziati con i creditori in una condizione che sul piano interno e su quello esterno almeno apparisse migliore, se pure non potesse esserlo, rispetto a quella in cui si era al momento in cui le trattative si erano interrotte. In parole povere, i greci sono stati ingannati come d’altronde è stato fatto per decenni: i predecessori di Tsipras hanno fatto creder loro che potessero entrare in Europa continuando a vivere da greci, e Tsipras ha fatto creder loro che ora ne possano uscire per tornare a vivere come prima che l’Europa esistesse, e naturalmente per Europa qui è da intendere quel che è l’Europa è oggi, ed è tutto tranne quel che voleva essere, o diceva di voler essere, certo, sta di fatto tuttavia che a ciò che è si è giunti anche per l’assenso dei governi greci, che hanno sottoscritto impegni non solo per il loro oggi, ma anche per il loro domani.
È chiaro, poi, che si possa
chiedere di rinegoziare gli impegni presi, ma pretendere che questi
vengano rinegoziati nei modi voluti, e senza che la controparte batta
ciglio, in virtù poi del fatto che un referendum abbia solo
aleatoriamente dichiarati nulli quegli impegni, prima assunti con
evidente leggerezza, non dice nulla riguardo al fatto che chi è
investito della responsabilità di rappresentare il proprio paese lo
inganni al punto da rappresentarne anche l’inaffidabilità
rispetto agli impegni presi? La Grecia è libera di uscire dalla
Comunità europea, è libera di tornare alla dracma, è libera
perfino di non pagare i propri debiti, e ovviamente è libera di
diventare uno stato socialista, però deve assumersene tutti gli
oneri e le conseguenze. Non può pretendere di farlo solo a parole,
per giunta con un Oxi che non vuol dire niente. Perché una cosa deve
esser chiara, al netto del tanto rumore che ha preceduto questo
referendum, e la cui eco ancora sarà udibile per qualche settimana:
la Grecia è nella stessa situazione in cui era prima, e di certo non
è più forte, anche se ieri sera si è illusa d’esserlo.
...un altro servo dei magnapatate... ma va in mona va'
RispondiEliminaPatate guadagnate col sudore della fronte.
EliminaNon sono d'accordo, Malvino.
RispondiEliminaIl governo Tsipras, rappresentativo di meno di una metà degli elettori greci, si trovava di fatto di fronte a un bivio, un bivio importante. La strada verso cui lo spingevano i suoi creditori (evito di ragionare sui perché e i percome dell'origine del debito) era quella di rinnegare il programma, magari velleitario, con il quale era stato eletto.
La strada alternativa è rischiosa, è esposta su un precipizio ed è molto probabile che qualcuno dei creditori gli faccia lo sgambetto.
Prima di optare per una delle due strade ha fatto una domanda tutto sommato semplice, al di lè dei tecnicismi, comprensibile dalla maggior parte degli elettori: prendiamo la strada più rischiosa e speriamo bene o continuiamo a farci guidare da chi lo ha fatto finora?
La risposta varrà poco, ma è arrivata e a mio avviso è inequivocabile, da molti più elettori di quelli che avevano scelto nelle urne Tsipras: si prenda il sentiero più difficile e si faccia il possibile per non precipitare.
vedo che io e il nano frequentiamo gli stessi blog e sull'argomento Grecia abbiamo una sostanziale uniformità di vedute (ma lui scrive molto meglio di me).
Eliminaal suo ragionamento aggiungo solo che sui dubbi di democraticità del referendum in generale e di questo in particolare qualche dubbio ce l'ho pure io.
quello greco era un referendum che parlava alla pancia della massa e quando la massa risponde di pancia spesso la democrazia va a farsi benedire.
magari non è stato un un referendum del tutto democratico, ma ritengo che sia stato comunque giusto farlo.
Antonio
Bene, la differenza tra 'giusto' e 'democratico' l'ha colta, per tanti sono sinonimo.
EliminaUn referendum chiamato dal governo fa un po' schifo quanto a democraticità, per quanto giusto sia (e su questo abbiamo opinioni differenti).
La democrazia è quel luogo mitologico dove le regole sono più forti dei governi e pure del popolo stesso.
"La democrazia è quel luogo mitologico dove le regole sono più forti dei governi e pure del popolo stesso". E' definizione sua? Mi ha dato un déjà vu.
Eliminano, l'ho letta da qualche parte a meno di quel 'mitologico' che m'è venuto dal cuore, visto che da ingegnere se vedo un postulato senza uno straccio di implementazione mi sorgono dei dubbi sulla validità del postulato stesso. Poi tutti possono sbagliarsi, veda il bosone di Higgs, ci sono voluti 48 anni dall'idea alla dimostrazione.
EliminaE' un'ottima definizione. Un tantinello mesta, ma efficace.
EliminaUn referendum indetto da un governo non convince neanche me.
RispondiEliminaMa il referendum abrogativo italiano mi sembra ben concepito. Ad esempio non sarebbe stato bello se la Corte Costituzionale avesse ammesso il referendum radicale sul Concordato?
A mio parere invece è mal concepito. Lascia sempre dietro un vuoto legislativo, che viene riempito come pare al governo di turno. Basta pensare al ministero dell'agricoltura sostituito da quello delle politiche agricole.
EliminaQuello propositivo non sarebbe migliore, se pensa che in un'assemblea condominiale si è in dieci e ci si scanna per mettere o meno una rastrelliera per le bici. Oltre al fatto che l'attuazione di una legge o le sue coperture possono fare la differenza tra una schifezza e una pietra miliare nella storia del diritto molto più del testo base.
Come avrebbe potuto, stante il 2° capo dell'art. 75 della Costituzione?
RispondiEliminaun oxi che non vuol dire niente.
RispondiEliminaglielo traduco io, Malvino, anche se mi fa specie con un erudito come Lei:
..."per dire signorsìsignore graziesignore possoaverneunaltro a schauble c'andava bene pure samaras! ci avete votato per questo?"
"no".
Se ne desume dalla tua teoria che, OXI o NAI che fosse, le conseguenze sarebbero state pressoché le stesse; oppure che, assumendo che la vittoria di OXI fosse scontata, la trattativa che da oggi si andrà intavolando sarebbe stata più o meno la stessa, referendum o meno. Beh, alzo le mani, non si potrà mai dimostrare che sbagliavi, e di grosso. Io so che proprio oggi il ministro delle finanze francese ha aperto ad un taglio del debito greco; bene o male, vero o falso che sia, non sono sicuro che questo fatto si sarebbe verificato negli altri scenari.
RispondiEliminaAmmetto tuttavia che i referendum, così come mille altri fatti nella vita (la maggior parte), possono avere un valore puramente simbolico e nessuna valenza giuridica. Ma, che ti piaccia o no, i simboli sono sostanza, le chiacchiere sono fatti, e vada come vada tra una decina d'anni il popolo greco si ricorderà della giornata di ieri con un orgoglio comparabile a quando i tedeschi si accorsero che il muro di Berlino era già caduto, e non per merito loro.
PS. Il popolo è sempre piuttosto ignaro delle questioni che "vengono enucleate" in un altro contesto, e proprio il rispetto del protocollo e del contesto sono i principali strumenti con cui il potere persevera. Il contesto in cui sono enucleate queste domande è anche il contesto in cui si pre-suppone risposta, e si educano i popoli a rispondere correttamente. Il voto di ieri ha mostrato che il popolo greco è mal-educato.
Il taglio sarà inevitabile, se non sbaglio già lo ventilava il FMI, nell'interesse stesso dei creditori. Avere il 50% o il 70% è meglio di avere lo 0%. E i precedenti (vedi Germania) lo dimostrano. Il punto è che alla Germania in passato hanno condonato, poi quelli però si sono messi in riga, pure troppo. Il rischio invece è che scontare ai greci potrebbe portare a un allungamento della loro vita da cicale, e quindi tra pochi anni saremo punto e a capo. Credo che sia richiesto un forte segnale di discontinuità, tanto per cominciare potrebbero accettare di andare in pensione a un'età uguale a quella di noi italiani senza fare troppe storie. Non mi pare così usurante vivere nella penisola ellenica, capirei se avessero puntato i piedi gli inuit.
Eliminadiciamo che si è votato sulla presunzione di capacità o incapacità di Tsipras di gestire ed avviare una uscita capitalistica dalla capitalistica crisi, per altro prescindendo dal fatto che un bel pò dei fattori in gioco si concentrano a Berlino e non ad Atene
RispondiEliminain questo consiste la volontà popolare , lì iniziano e lì finiscono la dignità e la democrazia.
ma Syriza ha qualche proposta in merito ?
non un euro verrà dirottato su attività produttive, non solo perchè bisogna tirare a campare ma perchèaffrontare la difesa o la riforma -e in che termini- del parassitismo sociale è il nocciolo della delicatissima questione
Mi piace Malvino quando si incaponisce.
RispondiEliminaIo, acutissimo osservatore della politica greca, credo che l'interesse di questo referendum sia nell'astuta mossa politica di un primo ministro che stava per essere defenestrato come Papandreu. Sulla vittoria del no non avrei scommesso una dracma, il risultato era tutt'altro che scontato e dall'alto del mio acume di cui sopra davo Tsipras per finito.
Faccio miei i dubbi di Malvino sulla libertà nell'interpretazione di un risultato referendario, in questo caso ancora più che in altri ma sottolineo che il referendum, provocato dall'ultimatum dei creditori, verteva essenzialmente sul cambiare una delle parti al tavolo dei negoziati, fino a quando negoziati ci saranno.
Le menate sull'irresponsabilità greca o le nefaste politiche di austerità europee le lascio ad altri e mi limito ad ammirare il colpo ben riuscito, magari inutilmente.