Temo
di non poter mantenere la promessa fatta al geometra Gaetano
Barbella, «studioso
eclettico
dotato
di singolari capacità intuitive che, unite ad una considerevole
abilità dell’uso
di “riga e compasso”, fanno di lui un singolare ricercatore»
(così
nella scheda biografica a corredo del suo saggio su Caravaggio,
il geometra degli infiniti mondi di Giordano Bruno,
che ha graziosamente voluto sottoporre alla mia attenzione,
attribuendomi molto immeritatamente un’autorevolezza
di cui manco mi sogno di lambire lo zoccolo):
in
un momento in cui l’animo
mi traboccava di soddisfazione per il felice esito di una macumba
alla quale lavoravo da due anni, gli avevo promesso di esprimergli
ampio e documentato parere sulla tesi da lui esposta in quelle pagine
(centoquattordici), ma confesso che, pur avendole lette col massimo
scrupolo, non ho parole neppure per azzardare una
peraltro assai malcerta impressione.
È che il Barbella è certo di leggere in alcuni quadri del Merisi
certe linee che a me paiono tendersi tra punti scelti assai
arbitrariamente e, dall’incrocio
di esse, certi quadrati, certi rettangoli, e altre più complesse
figure geometriche, che non ho ben capito come starebbero a summa del
pensiero di Giordano Bruno, di per se stesso già abbastanza oscuro,
non meno oscuro a vederselo chiarito grazie a un «codice
segreto»,
che tale resta. A chi ha contestato a Marco Bona Castellotti l’aver
ipotizzato una relazione tra la pittura del Caravaggio e la filosofia
di Giordano Bruno senza portare uno straccio di argomento – è per quel post che sono stato chiamato a esprimere un parere – «l’estrapolazione
di peculiari “invisibili geometrie”»,
sulle quali il Barbella è certo che il pittore abbia costruito i suoi soggetti per dar
corpo alle cosmografie del filosofo, pare qualcosa più di niente, ma
assai meno che qualcosa. E altro non riesco a spiaccicare.
Vista la foto del Barbella.
RispondiEliminaPropendo per la seconda ipotesi..
Obscura per obscuriora non explanantur.
RispondiEliminaIl trafiletto di Wallace, che ha postato in successione a questo post, mi suggerisce l’argomentata la sua ricercata «idea» che è un po’ la meta di tutti noi, a volerlo riconoscere o no. In fondo siamo, dei Wallace ed è concepibile legarlo a ciò che ha argomentato per me, per mantener fede all’impegno di esaminare le mie «centoquattordici» pagine, e questo non è cosa di poco conto. Senza contare il relativo garbato commento sul mio saggio letto con massimo scrupolo, se pur con la conclusione «pare qualcosa più di niente, ma assai meno che qualcosa. E altro non riesco a spiaccicare», riconosco che è stato “ammirevole” e non importa se è andato a farsi fottere la mia “idea” di ottenere invece io l’ammirazione per l’esibizione dei grafici a iosa impasticciando i bei dipinti di Caravaggio. Mi piace il suo parlare franco e spregiudicato rimanendone contagiato.
RispondiEliminaMa se è lei che ha ragione a me che resta per il lavoro su quelle centoquattordici pagine? Giusto in relazione al Wallace narcisista, resta il di dietro dello specchio, una certa realtà virtuale che mi riguarda in contrapposizione della sua realtà vittoriosa. Anch’essa fa parte dell’agognata «idea» capace di nutrire chi ha il giusto palato e stomaco e, naturalmente, per via “matematica”, è altrettanto “vittoriosa”. È una cosa da stolti? Ma può essere anche che sia da stolti pensare di essere uomini con l’io sempre rivolto sul di qua e ignorare l’altro ridotto a mendico. Altrimenti da che mi viene l'abbrivio a restare ammirato per la sua risposta franca e priva di disprezzo offensivo?
Grazie per la risposta.
Cari saluti