Sembra
che Cacciari non riesca a immaginare altre ragioni di dissenso alla
riforma costituzionale voluta dal governo Renzi se
non quella di chi in passato ha invano tentato di farne una: «Chi
ha fallito si ribella», dice nell’intervista
concessa a Mauro (la Repubblica,
27.5.2016), e nel novero dei perdenti – aggiunge – «ci
sono anch’io»,
riandando a quando, «con Marramao,
Barbera, Barcellona, Bolaffi, Flores, [...] ragionavamo sulla
necessità e sulla possibilità di riformare una Costituzione senza
scettro, come dicevamo allora, perché […] pensavamo fosse venuto
il momento di rafforzare le capacità di decisione del sistema
democratico».
Sente di aver fallito, Cacciari, ma non si
ribella: dice che voterà Sì, anche se si tratta di «una
riforma maldestra».
Sarebbe ingiusto liquidare questo atteggiamento come mera premura di
esibirsi intellettualmente onesto a differenza di quanti ieri
tentavano una riforma costituzionale, però senza riuscirvi, e oggi
sarebbero contrari a quella voluta dal governo Renzi, che invece è
riuscito a farla approvare dal Parlamento, solo perché invidiosi del
successo mancato a loro. Non è però altrettanto ingiusto negare ad
essi, e più in generale a chiunque sia contrario a questa riforma,
che d’altronde
lo stesso Cacciari non ha difficoltà a definire «maldestra»,
altre ragioni che non siano solo così meschine? Se è «maldestra»,
devono esservene. Sì, ma manca «la
presa d’atto che non siamo mai riusciti a riformare il sistema, pur
sapendo che ce n’era bisogno».
Sembra di capire che, in presenza di questa presa d’atto,
sarebbe legittimo ritenere che quella voluta dal governo Renzi sia
una pessima riforma costituzionale, e dunque votare No, ma allora
come è possibile che Cacciari, cui questa presa d’atto
non manca, voterà Sì, anche se non gli sfugge il rischio di una
«concentrazione oligarchica del
potere» che
essa favorirebbe?
Saremo ingenui, ma almeno dai filosofi ci
aspetteremmo un buon uso della logica. Ammetti che la tal riforma
favorisca una «concentrazione
oligarchica del potere»:
se vuoi tale concentrazione, voti a favore della riforma; se non la
vuoi, voti contro; se non la vuoi, ma voti Sì, un problemino c’è.
Problemino secondario, parrebbe, perché «il
vero problema
– dice Cacciari – non è una
riforma concepita male e scritta peggio, ma la legge elettorale. Qui
sì che si punta a dare tutti i poteri al Capo. Anzi, le faccio una
facile previsione: se si cambiasse la legge elettorale,
correggendola, tutto filerebbe liscio, si abbasserebbe il clamore e
la riforma passerebbe tranquillamente».
Può darsi, ma, proprio mentre l’intervista
a Cacciari andava in pagina, dal Giappone, dov’è
per il G7, Renzi ripeteva: «L’Italicum
non si discute».
È lo stesso Renzi che sul referendum di ottobre continua a ripetere
di volersi giocare la permanenza al governo, e addirittura il
continuare a fare politica. A Cacciari non è sfuggito, anzi,
parrebbe che sia proprio questo, in fondo, a motivare il suo Sì al
referendum di ottobre, anche se è l’argomentazione
a lasciare perplessi: «Ormai non
possiamo far finta di non vedere che la partita si è spostata –
dice – e si gioca tutta su di lui, da
una parte e dall’altra: se mandarlo a casa oppure no. Ci siamo
chiesti cosa succede dopo? [...] Renzi va da Mattarella, chiede le
elezioni anticipate e le ottiene. Poi resetta il partito purgandolo e
lancia una campagna all’insegna del sì o no al cambiamento, con
quello che potremmo chiamare un populismo di governo. Votiamo col
proporzionale, con questo Senato, e non otteniamo nulla, se non una
lacerazione ancora più forte del campo: è davvero quello che
vogliamo? [...] C’è una teoria della cosa, si chiama il “male
minore”. D’altra parte stiamo parlando della povera politica
italiana, non di Aristotele».
Anche qui possiamo concedere a Cacciari di avere naso più
dell’Oracolo
di Delfi, ma ci vuole Aristotele per capire che una lacerazione della
società italiana di fatto già c’è
tra chi vuole e chi non vuole una «concentrazione
oligarchica del potere»,
e che a causarla è proprio chi la vuole? Il male minore sarebbe
dargliela per evitare la lacerazione?
Non ci vedo niente di male a pensare che questa riforma sia una porcata ma che l'attuale assetto costituzionale nel 2016 sia ben peggio. "In politics, the tripod is the most unstable of all structures." scrisse Herbert in un libro di fantascienza, poi arrivarono Grillo e Podemos.
RispondiEliminaL'ultima motivazione però mi ha lasciato perplesso. Il male minore ha senso quando ci sono poche alternative, non quando si può ancora lottare. Insomma: se sopra di me ho uno stupratore che mi minaccia con la pistola forse la scelta più saggia è assecondarlo, se è in fondo alla strada e si sta avvicinando forse comincerei a correre invece che aprire le gambe. Abbiamo un bel governo con dentro Alfano e Verdini eletto col maggioritario e davvero ci spaventa un giro di proporzionale?
Io Cacciari non l'ho mai capito bene da filosofo, figuriamoci da politico, boh.
RispondiEliminaSecondo alcuni giornali, sembrerebbe che Cacciari abbia utilizzato parole ben più dure di riforma maldestra; anzi, se non ricordo male avrebbe utilizzato un aggettivo più duro: " La riforma è uno schifo [sic!].
RispondiEliminaSe la riforma è uno schifo, fa orrore e non funziona, diventa ancora più inspiegabile la posizione masochistica di chi è consapevole della porcata politica per poi votarla deliberatamente, a meno che Cacciari per dispetto al principio di non contraddizione si sia dedicato alle letture del pensiero nichilista di Gorgia da Lentini.
JT
Spesso, molto spesso, il Male Minore è il portinaio del Peggio.
RispondiEliminaAndrea
chissà perché Cacciari viene preso così sul serio...Forse perché è un filosofo ? Non ricordo una sua esternazione che sia mai stata meno che delirante. Malvino mi meraviglio un po' anche di lei.
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