venerdì 27 maggio 2016

Cacciari e il male minore


Sembra che Cacciari non riesca a immaginare altre ragioni di dissenso alla riforma costituzionale voluta dal governo Renzi se non quella di chi in passato ha invano tentato di farne una: «Chi ha fallito si ribella», dice nell’intervista concessa a Mauro (la Repubblica, 27.5.2016), e nel novero dei perdenti – aggiunge – «ci sono anchio», riandando a quando, «con Marramao, Barbera, Barcellona, Bolaffi, Flores, [...] ragionavamo sulla necessità e sulla possibilità di riformare una Costituzione senza scettro, come dicevamo allora, perché […] pensavamo fosse venuto il momento di rafforzare le capacità di decisione del sistema democratico». Sente di aver fallito, Cacciari, ma non si ribella: dice che voterà Sì, anche se si tratta di «una riforma maldestra».
Sarebbe ingiusto liquidare questo atteggiamento come mera premura di esibirsi intellettualmente onesto a differenza di quanti ieri tentavano una riforma costituzionale, però senza riuscirvi, e oggi sarebbero contrari a quella voluta dal governo Renzi, che invece è riuscito a farla approvare dal Parlamento, solo perché invidiosi del successo mancato a loro. Non è però altrettanto ingiusto negare ad essi, e più in generale a chiunque sia contrario a questa riforma, che d’altronde lo stesso Cacciari non ha difficoltà a definire «maldestra», altre ragioni che non siano solo così meschine? Se è «maldestra», devono esservene. Sì, ma manca «la presa d’atto che non siamo mai riusciti a riformare il sistema, pur sapendo che ce n’era bisogno». Sembra di capire che, in presenza di questa presa d’atto, sarebbe legittimo ritenere che quella voluta dal governo Renzi sia una pessima riforma costituzionale, e dunque votare No, ma allora come è possibile che Cacciari, cui questa presa d’atto non manca, voterà Sì, anche se non gli sfugge il rischio di una «concentrazione oligarchica del potere» che essa favorirebbe?
Saremo ingenui, ma almeno dai filosofi ci aspetteremmo un buon uso della logica. Ammetti che la tal riforma favorisca una «concentrazione oligarchica del potere»: se vuoi tale concentrazione, voti a favore della riforma; se non la vuoi, voti contro; se non la vuoi, ma voti Sì, un problemino c’è. Problemino secondario, parrebbe, perché «il vero problema – dice Cacciari – non è una riforma concepita male e scritta peggio, ma la legge elettorale. Qui sì che si punta a dare tutti i poteri al Capo. Anzi, le faccio una facile previsione: se si cambiasse la legge elettorale, correggendola, tutto filerebbe liscio, si abbasserebbe il clamore e la riforma passerebbe tranquillamente». Può darsi, ma, proprio mentre l’intervista a Cacciari andava in pagina, dal Giappone, dov’è per il G7, Renzi ripeteva: «LItalicum non si discute».
È lo stesso Renzi che sul referendum di ottobre continua a ripetere di volersi giocare la permanenza al governo, e addirittura il continuare a fare politica. A Cacciari non è sfuggito, anzi, parrebbe che sia proprio questo, in fondo, a motivare il suo Sì al referendum di ottobre, anche se è l’argomentazione a lasciare perplessi: «Ormai non possiamo far finta di non vedere che la partita si è spostata – dice – e si gioca tutta su di lui, da una parte e dall’altra: se mandarlo a casa oppure no. Ci siamo chiesti cosa succede dopo? [...] Renzi va da Mattarella, chiede le elezioni anticipate e le ottiene. Poi resetta il partito purgandolo e lancia una campagna all’insegna del sì o no al cambiamento, con quello che potremmo chiamare un populismo di governo. Votiamo col proporzionale, con questo Senato, e non otteniamo nulla, se non una lacerazione ancora più forte del campo: è davvero quello che vogliamo? [...] C’è una teoria della cosa, si chiama il “male minore”. D’altra parte stiamo parlando della povera politica italiana, non di Aristotele».
Anche qui possiamo concedere a Cacciari di avere naso più dell’Oracolo di Delfi, ma ci vuole Aristotele per capire che una lacerazione della società italiana di fatto già c’è tra chi vuole e chi non vuole una «concentrazione oligarchica del potere», e che a causarla è proprio chi la vuole? Il male minore sarebbe dargliela per evitare la lacerazione? 

5 commenti:

  1. Non ci vedo niente di male a pensare che questa riforma sia una porcata ma che l'attuale assetto costituzionale nel 2016 sia ben peggio. "In politics, the tripod is the most unstable of all structures." scrisse Herbert in un libro di fantascienza, poi arrivarono Grillo e Podemos.

    L'ultima motivazione però mi ha lasciato perplesso. Il male minore ha senso quando ci sono poche alternative, non quando si può ancora lottare. Insomma: se sopra di me ho uno stupratore che mi minaccia con la pistola forse la scelta più saggia è assecondarlo, se è in fondo alla strada e si sta avvicinando forse comincerei a correre invece che aprire le gambe. Abbiamo un bel governo con dentro Alfano e Verdini eletto col maggioritario e davvero ci spaventa un giro di proporzionale?

    RispondiElimina
  2. Io Cacciari non l'ho mai capito bene da filosofo, figuriamoci da politico, boh.

    RispondiElimina
  3. Secondo alcuni giornali, sembrerebbe che Cacciari abbia utilizzato parole ben più dure di riforma maldestra; anzi, se non ricordo male avrebbe utilizzato un aggettivo più duro: " La riforma è uno schifo [sic!].
    Se la riforma è uno schifo, fa orrore e non funziona, diventa ancora più inspiegabile la posizione masochistica di chi è consapevole della porcata politica per poi votarla deliberatamente, a meno che Cacciari per dispetto al principio di non contraddizione si sia dedicato alle letture del pensiero nichilista di Gorgia da Lentini.

    JT

    RispondiElimina
  4. Spesso, molto spesso, il Male Minore è il portinaio del Peggio.
    Andrea

    RispondiElimina
  5. chissà perché Cacciari viene preso così sul serio...Forse perché è un filosofo ? Non ricordo una sua esternazione che sia mai stata meno che delirante. Malvino mi meraviglio un po' anche di lei.

    RispondiElimina