Gianluca
De Feo (la
Repubblica,
4.5.2016) scrive di aver letto le carte e di non aver bisogno che si
celebri il processo per esser certo che Simone Uggetti abbia commesso
«un
reato grave»,
ma di ritenere eccessiva la misura cautelare della sua detenzione in
carcere in attesa che il processo si celebri. In linea di principio,
direi che fili, perché chi ha certezze da giudice di Corte di
Cassazione può ben permettersi di fare un cazziatone a un gip. In
pratica, però, direi non fili troppo, perché De Feo è solo un
giornalista. Garantista, si potrebbe aggiungere, se non fosse che non
attende neppure il primo grado di giudizio per dichiarare fondato, e «tutto
fondato», l’impianto
accusatorio del pm.
In realtà, nemmeno aspetta che l’avvocato
difensore di Uggetti apra bocca per aver modo di dimostrare che eventualmente non lo sia: per esser certo che Uggetti abbia commesso «un
reato grave» –
un reato «che
mina la competitività del sistema economico, favorendo
l’arricchimento di cricche e camarille»
– gli basta «la
denuncia di una funzionaria, che ha registrato le riunioni con il
sindaco, le email che la testimone ha consegnato, le intercettazioni
telefoniche [che] descrivono con chiarezza la manipolazione del bando e la
spregiudicatezza con cui un professionista interessato all’appalto
entrava negli uffici e partecipava alla stesura del capitolato».
Ma neanche è tutto, perché riesce a produrre perfino un argomento
in favore della misura cautelare del carcere, che però –
incomprensibilmente – contesta: riconosce che «Uggetti
e il professionista riescono a venire a conoscenza dell’indagine e
tentano di cancellare le prove»,
ma cosa recita l’art.
274 del Codice di Procedura Penale?
La misura cautelare è legittima – si legge – «quando
sussistono specifiche ed inderogabili esigenze attinenti alle
indagini relative ai fatti per i quali si procede, in relazione a
situazioni di concreto ed attuale pericolo per l’acquisizione
o la genuinità della prova».
Perché non gli arresti domiciliari, invece del carcere? Nel suo
dispositivo il gip lo spiega, e De Feo ne prende atto – «con
l’attuale progresso tecnologico è impossibile monitorare e
controllare gli indagati»
– ma sembra che la spiegazione non lo convinca troppo, anche se poi
non riesce ad obiettare altro che allora si tratterebbe di «una
valutazione sull’obbligo del carcere che può essere applicata a
chiunque».
E
anche qui sbaglia, perché non
tutti gli indagati vengono pizzicati a confabulare al telefono sul
miglior modo per far sparire dai loro pc le prove del reato che hanno
commesso e del quale in sostanza si autoaccusano: è con questa
condotta che si realizza un «concreto
ed attuale pericolo» a
danno di un giusto processo, condotta che direttamente o
indirettamente può essere agevolmente reiterata avendo a
disposizione anche i più elementari strumenti elettronici di cui ogni casa è ormai piena.
Un garantista un
po’
confuso, direi, ma è ancora niente a confronto di Francesco Merlo
(la
Repubblica,
5.5.2016), che riprende gli stessi argomenti e li pompa a dismisura,
senza per questo renderli più convincenti. Vale la pena, tuttavia,
di farsi largo nella lussureggiante selva del suo articolo per
affrontare un altro tema che pure era stato sollevato
da De Feo, ma non con gli stessi toni febbricitanti. Dove, infatti,
il gip ha scritto che «la
personalità negativa dei due imputati porta a ritenere con decisa
verosimiglianza che gli stessi abbiano potuto sistematicamente
gestire la cosa pubblica con modalità illecite»,
a De Feo sembra che «si
pass[i]
dalla presunzione di innocenza alla presunzione di colpevolezza,
senza che negli atti ci sia anche una sola traccia di altri crimini».
In realtà, una «verosimiglianza»,
ancorché «decisa»,
non fa capo di imputazione, mentre è del tutto evidente che una
pratica illecita resa possibile da un ruolo o da una funzione sia
illimitatamente reiterabile al persistere delle condizioni che
rendono attivi quel ruolo o quella funzione. Così per quanto si
porrebbe con l’affermare
che i due imputati abbiano dato segno di «personalità
negativa» o,
come tiene a sottolineare Merlo citando un altro passaggio del
dispositivo firmato dal gip, «abietta
e negativa»: robe – scrive Merlo – che «avrebbero
spaventato Robespierre e confortato Stalin».
Un giudizio morale o, peggio, psicologico? Manco per niente:
l’aggettivo
«abietto»
è d’uso
comune nel Codice Penale, mentre il termine «personalità»
vi
ricorre con analoga frequenza senza che abbia alcun riferimento
all’ambito
morale o psicologico del soggetto interessato, ma solo a quello relativo all’esercizio
della sua capacità giuridica. Merlo si straccia le vesti per uno
scandalo che non sussiste: il gip si è limitato a considerare che il
reato di cui i due indagati si sono autoaccusati «desta
notevole allarme sociale»
in forza della «sua
gravità
e negatività, per le ricadute pubbliche che comporta»,
e che, commettendolo, essi «hanno
dimostrato assoluta
spregiudicatezza non
solo nelle modalità concrete tenute nel delinquere, ma portando
avanti con protervia i loro fini, intraprendendo attività volte a
distruggere ed eliminare tracce del loro accordo
illecito».
E che c’è
di tanto scandaloso nell’affermare
questo?
Benedetto sia il garantismo, sempre, ma cerchiamo di non
ridicolizzarlo a questo modo. A differenza di De Feo e di Merlo, per
i quali pare scontato che Uggetti e il suo compare siano colpevoli
del reato loro ascritto, anche se poi si tratterebbe solo di poche
migliaia di euro, quindi basterebbe una tiratina d’orecchio
ciascuno perché la società possa sentirsi risarcita del danno inflitto alla credibilità delle istituzioni, prim’ancora che all’erario pubblico – a differenza di De Feo e di Merlo –
io non so se quei due siano colpevoli o meno. Per meglio dire, ne ho
una mezza idea, ma aspetto un’eventuale condanna definitiva per dire che sono
due mariuoli. Perché sia una condanna giusta, se condanna avrà da
essere, voglio che gli elementi di prova non siano inquinati o
addirittura sottratti alla formazione di un corretto giudizio, sarebbe altrettanto grave che se ne producessero di falsi per condannarli ingiustamente: ogni
garanzia in favore degli indagati non può e non deve ostacolare la formazione di un corretto giudizio. Benedetto il garantismo, dunque, ma evitiamo che il garantista si riduca alla patetica macchietta del
portaborse dell’avvocato
difensore.
Stavolta non mi convince. «con l’attuale progresso tecnologico è impossibile monitorare e controllare gli indagati» (ai domiciliari) è, per dirla fantozzianamente, una cagata pazzesca. Se sai dove guardare con l'attuale progresso tecnologico è proprio il contrario,il vantaggio per il malandrino si manifesta solo quando la propria telefonata o connessione internet si perde in milioni di altre. Oppure l'indagato è Kevin Mitnick, ma non mi pare questo il caso.
RispondiEliminaE come impedire col progresso tecnologico attuale che l'imputato agli arresti domiciliari cancelli tramite un qualunque smartphone i documenti presenti sul proprio account dropbox?
EliminaSopratutto in fase di raccolta delle prove, quando ancora non si è a conoscenza di quell'account.
De Feo e Merlo sono solo giornalisti.Giusto,ad ognuno il suo mestiere.
RispondiEliminaRogra
Abbia pazienza, ma se lei invoca "dieci, cento, mille Davigo" (cit.) poi deve aspettarsi dieci, cento, mille De Feo, nonché dieci, cento, mille Merlo.
RispondiEliminaEh.
Stia bene.
Ghino La Ganga
Solo, mi permetta, che Davigo è Davigo, mentre De Feo e Merlo sono lacchè che vestono la livrea "garantista" solo con i culi alla cui pulizia sono addetti. Anche senza fare i nomi dei proprietari dei culi, con termini ispirati a principi di eguaglianza e di libertà, alti, sacri e imprescindibili. Sono bravi loro a dar ad intendere che si riferiscono a tutti i cittadini. In realtà, naturalmente, non prendono neanche la penna in mano quando non si tratta dei loro padroni. Se ne strafregano bellamente, cioè, dei cittadini adusi a farselo da soli il bidet o dei rubagalline, degli ingenui e degli innocenti che quotidianamente possono andar soggetti agli abusi, alla severità o semplicemente agli errori della macchina giudiziaria, come di quella fiscale. Dovendosela poi meritare in ogni occasione la loro prelibata pagnotta, del culo dei loro padroni protestano garantisticamente, sempre e comunque, l'immacolato candore. Anche quando sono proprio i loro stessi padroni a riconoscere - cosa invero sempre più rara - gli atti contra legem che li hanno condotti ar gabbio, addirittura prima ancora che parlino gli avvocati. Sono fatti così, i lacchè: credere, obbedire e slinguazzare.
Elimina@Top Ganz:
Eliminasul fatto che Davigo sia Davigo ho i miei dubbi, ormai non riesco a distinguerlo dal personaggio della fiction "1992" (interpretato tra l'altro dal comico Natalino Balasso).
Sul resto invece stia pure tranquillo, ho ben chiaro da dove vengono i due tizi: con il mio commento qua sopra intendo ribadire che, se a fare il giustizialista è una caricatura di giustizialista, a fare i garantisti non possono che esservi due caricature di garantisti.
Dei cittadini italiani non è mai fregato nulla a nessuno, nemmeno a loro stessi.
Stia bene.
Ghino La Ganga
Mi scusi, Ghino, se devo confessarle, però, la mia sostanziale inadeguatezza sul tema, in merito al quale mi sono sempre dimostrato piuttosto tardo. Mi spiego.
Elimina1) Non sono mai riuscito - pur essendomi sorbito per oltre vent'anni (di recente mi sono un po' disintossicato, a dire il vero) il variegato e governativo minestrone "antigiustizialista" ammannitoci da giornali, telegiornali, dibattiti e quant'altro - a dare un significato plausibile e univoco al termine "giustizialismo". Fatta naturalmente eccezione per il giustizialismo peronista, vicenda politica - lei ne converrà - tuttavia storicamente definita e circoscritta, nonché - mi pare - del tutto avulsa dal senso che al termine in questione si vorrebbe affidare oggi in Italia.
Non ho cioè mai capito cosa mai significhi "giustizialista". Forse propugnatore del rispetto della legge? Egalitario? Ma allora siamo tutti "giustizialisti", ci mancherebbe che uno non lo fosse. Oppure lei ha mai conosciuto qualcuno, fra i pretesi nemici del giustizialismo, che neghi il primato della legge o l'uguaglianza fra i cittadini? Forcaiolo? Linciaiolo? Ma, suvvia, chi mai ammetterebbe o menerebbe vanto di essere "giustizialista" nel senso esplicito di forcaiolo e linciarolo?
2) Non riesco poi minimamente a seguirla - e di ciò mi perdoni - quando scopro che Davigo ora non sarebbe manco più un giustizialista (termine per me, come chiarito sopra, già piuttosto ostico e impenetrabile), ma bensì "una parodia di giustizialista", concetto che - se possibile - penetro ancora meno.
Cordiali saluti. Top Ganz.
@Top Ganz:
Eliminarispondo brevemente, temendo che il padrone di casa ne abbia le palle dimolto piene di questi scambi.
1) Il termine giustizialismo, a mio avviso, consiste nella certezza che il sistema giudiziario non sbagli mai. Davigo ne è fermamente convinto, basta leggersi i suoi pensieri riportati cumulativamente sul blog di Grillo: http://www.beppegrillo.it/2011/03/la_via_del_guerriero_-_piercamillo_davigo.html#*dav2*
specie nella parte ove afferma che chi viene processato al 99% è colpevole, e "non potrebbe essere altrimenti".
2) che Davigo sia convinto di tale principio, nonostante vi siano stati frequenti quanto clamorosi casi a confutazione, lascia perplessi: non appare sfiorato dal dubbio, questo fa di lui una caricatura del principio che egli ritiene incontestabile.
Non so se Le ho risposto in poche righe, ma meglio non riesco a fare, del resto io sono una persona di cultura ed intelligenza modeste.
Dunque se non l'ho convinta me ne farà una ragione, anche perché non mi va di restare in casa altrui troppo tempo, ed anzi mi scuso con Malvino per la troppa invadenza.
Stia bene.
Ghino La Ganga
Nessuna invadenza. Quando sono cortesi, apprezzo molto le discussioni tra i commentatori.
Elimina@anskijeghino
EliminaGamba tesa, cartellino rosso. Se prima potevo essere interessato a capire il suo giudizio negativo su Davigo, ora è evidente il suo pregiudizio nei suoi confronti.
Mi corregga se sbaglio.
La frase che lei riporta in questo modo:
"[Davigo] afferma che chi viene processato al 99% è colpevole, e "non potrebbe essere altrimenti""
è per caso questa?
"... perché bisogna tenere conto che statisticamente, e non potrebbe che essere così, il maggior numero degli imputati sono colpevoli perché non si può pensare che il maggior numero degli imputati siano innocenti, ..."
Se così è, non penso sia neppure necessario commentare la differenza tra le due frasi: non voglio sembrare scortese, ma quando il senso di una frase viene stravolto in questo modo non posso che sospettare ci sia malafede
E aggiungo che se la frase di Davigo incriminata è quella che ho riportato io, diventa priva di senso anche la sua considerazione riportata nel punto 2: come possono "frequenti quanto clamorosi casi" confutare l'affermazione che statisticamente il "maggior numero degli imputati sono colpevoli"?
EliminaMi rispondo io: possono soltanto se statisticamente avviene il contrario, ovvero se il maggior numero degli imputati sono innocenti. Sento di non aver neppure bisogno di perdere tempo a verificare, confido che Davigo abbia parlato a ragion veduta.
Carissimo Ghino, mi spiace doverle rispondere con tanto ritardo. Non condivido minimamente le opinioni che lei ha espresso sul tema del post, ma come sempre apprezzo molto la sua disponibilità e la sua pacatezza, pur se abbinate ad una radicalità che mi appare estrema. Puntualizzo anch'io.
Elimina1) Se il giustizialismo è avere "la certezza che il sistema giudiziario non sbagli mai", non credo che esistano giustizialisti a questo mondo, ossia persone disposte a sottoscrivere una simile assurdità. Le confermo cioè le mie impressioni circa il termine, ovvero che esso - pur indeterminato - continui immancabilmente ad essere usato come una clava e che nessuno sia disposto a beccarselo in testa sic et simpliciter, almeno fino a che qualcuno non gli spieghi anche cosa significhi e in ciò lo convinca (ipotesi invero di genere utopistico).
2) Anche Davigo, che non sarà il padreterno, d'accordo, non mi sembra così invasato da avallare espressamente la teoria che la giustizia non sbaglia mai. A quale giustizia ci si riferisce, poi: a quella italiana? Ma su .... Le opinioni che lei gli attribuisce piluccando fior da fiore credo che da parte di Davigo non troverbbero neppure un'ombra di conferma, ove le gliele sottoponessimo. Lei, cioè, sul conto di Davigo esprime legittimamente le sue opinioni. Dal canto mio ho però - non meno legittimamente, spero - la netta impressione che sia lei e non Davigo a costruire quella caricatura di cui parla. Per dirla tutta, fossi io Davigo, mi sentirei banalizzato prima ancora che offeso dalle sue presunzioni e interpreterei il suo discorso come una dichiarazione di chiusura a qualasiasi confronto.
Beh, a questo punto non resta che chiedere a Piercamillo Davigo l'interpretazione autentica del suo pensiero, pensiero che Lei ritiene così male rappresentato, nonché poco geograficamente chiarito, dalle frasi che il magistrato ha pronunciato nelle interviste ( frasi che tra l'altro il Davigo, a differenza del Morosini, non mi risulta abbia smentito).
EliminaIo sono già abbastanza impegnato a fare la caricatura di non ho capito cosa, dunque le chiedo una cortesia: lo chiama lei?
Così può chiedergli tutto quel che vuole.
Grazie, stia bene.
Ghino La Ganga
@Stefano:
EliminaGuardi: contento Lei, contenti tutti.
Se mai Le capiterà di avere a che fare con la giustizia, i dati di Davigo saranno dalla Sua parte: Lei rientrerà senz'altro nella minoranza di casi nei quali gli imputati sono innocenti.
Dunque cosa teme?
Se Lei si sente tranquillo nel confidare che Davigo abbia parlato a a ragion veduta, non capisco perché si perda dietro alle mie parole.
Stia bene.
Ghino La Ganga
La presunta "intervista a Morosini" su il Foglio di Ferrara è solo l'ultima spiaggia, il colpo di coda dela Talia mafiosa degli amici degli amici, quindi anche quella del Giuliano berlusconiano, ora tutta raccolta nel PD di Renzie, che è solo l' ennesima accozzaglia, e nel contempo l'ultima spiaggia dei taliani mafiosi e amici degli amici, dell' Italia della mafia della corruzione delle tangenti del clientelismo e del familismo, del tutto ignara della "cultura della legalità".
RispondiEliminaa me risulta che abbia confessato... quindi non serve attendere, è colpevole, punto.
RispondiEliminaPoi c'è la conferenza stampa Maniaci,Ingroia,Parrini e godi come un riccio.
RispondiEliminaRogra
o un'avviso di garanzia a un sindaco Grillino, e vedi i Robespierre diventare Ghedini.
EliminaVero.
EliminaNiente,ora mi tocca elogiare Davigo.Non si riesce a tenere una posizione in santa pace per ventiquattro ore.
EliminaRogra
Sottoscrivo i commenti di @Top Ganz.
RispondiElimina@annamaria
EliminaNon sa che dispiacere provi io nel non poter sottoscrivere i suoi.
Stia bene.
Ghino La Ganga
Annamaria ha sempre ragione, è inutile che fai il figo
EliminaBeh, essere rimproverati da un emulo di Leo Longanesi è un onore.
EliminaGrazie, stai bene.
Ghino La Ganga