Di
regola rinuncio a scrivere della città in cui vivo, perché per
farlo dovrei tradire l’impegno
alla discrezione che mi assumo nell’esser
messo a parte di confidenze che costituirebbero la sola fonte dalla quale potrei attingere. È
impegno che assumo innanzitutto dinanzi a me stesso, perché di
queste confidenze non sono in grado di accertare la piena veridicità,
anche se spesso dall’incrocio di
quel che mi dice Tizio con quello che mi dice Caio ricavo una
discreta verosimiglianza di quel che mi hanno detto entrambi, però sarei
disonesto se negassi che la discrezione mi è imposta pure
dall’interesse ad evitare noie e
a non guastare delle amicizie che in alcuni casi datano decenni.
È
che di quello che accade a Napoli so quasi esclusivamente quello che
mi raccontano a cena i miei amici: molti avvocati, due giovani
magistrati, un ufficiale della Guardia di Finanza, qualche medico,
un giornalista, due o tre capere che non ho mai capito come facciano
ad essere sempre aggiornatissime sulla vita erotico-sentimentale di
chiunque abbia un minimo di visibilità sociale, il responsabile di
un istituto di credito...
Una dozzina di anni fa – qui immagino che
il mio lettore storcerà il muso – mi onorava della sua amicizia
anche un Sempronio poi morto crivellato di pallottole a un’uscita
della Tangenziale: imprenditore edile, ufficialmente, ma
straordinariamente addentro a tutti i più minuti stracazzi delle
faccende politiche locali. Molto affezionato perché convinto che avessi salvato la vita a sua figlia – inutile ripetergli che si era trattato di una diagnosi di cui sarebbe stato capace chiunque – mi invitava alle sue feste di compleanno, e due o tre volte non ho potuto fare a meno di andarci.
Più che per il vino e per la grappa, che
peraltro cogli anni reggo sempre meno, è per l’enorme
mole di fatti e nomi che vengono riportati in queste occasioni che da tavola mi alzo ogni volta come stordito,
spesso senza aver capito nulla degli intrecci che temo si dia per scontato io non possa non aver colto al volo. Non ho mai retto i
romanzi corali, non riesco a seguire storie che contengano più di
cinque o sei personaggi, dunque il giorno dopo è tutta merda che
ritorna nella fogna.
Brunella mi sfotte: dice che, se non avessi
sprecato tutto il mio tempo libero a leggere e a scrivere, se avessi
messo a frutto tutte le informazioni dalle quali entravo e uscivo,
sapendo far buon uso di una così ben assortita gamma di conoscenze,
ora sarei sempre un Luigi, ma di cognome farei Bisignani. Le dico che
sbaglia, che non sarebbe bastato: occorreva un interesse vero per
questa città, e invece io non sono mai riuscito a farmela piacere
troppo, guardando sempre con sospetto chi dichiarasse di amarla
tanto.
Sospetto mai sprecato invano: quasi sempre era volgare
campanilismo, un campanilismo non di rado simile all’amore
che lega un figlio a sua madre anche se quella è affetta da sindrome
di Münchausen per procura, e gli
mette candeggina nel latte, pezzi di vetro nelle polpette, per
potersi mettere in posa da Addolorata, col cuore trafitto da sette
spade, intascando la colletta organizzata per mandarlo a curarsi
all’estero, spesa tutta per
giocare numeri al lotto, senza beccare mai neppure un ambo; sennò
tonto candore di turista tornato a casa senza aver subìto scippo tra
il «wonderful!» davanti al Cristo
velato della Cappella di Sansevero e il «wow!» davanti a una
sfogliatella di Scaturchio; oppure, e neanche tanto di rado, perché
Napoli può davvero sembrarti il paradiso nel quale il tuo disturbo
antisociale di personalità sia meritatamente considerato amore per la libertà, la
tua totale mancanza di dignità trovi dovuto apprezzamento come arte del
sapersi arrangiare, la tua sguaiataggine passi per spigliata disinvoltura.
La
nascita del mio ultimo figlio – un figlio concepito a 55 anni –
ha inevitabilmente rinverdito la cerchia delle conoscenze e delle
amicizie, dandomi modo di aggiornarmi su quanto va accadendo
ultimamente in città attraverso gli occhi dei trentenni e dei
quarantenni coi quali mi intrattengo a margine dei compleanni dei
nostri bambini. Niente, sempre tutto uguale, a conferma di quanto si
è detto la sera prima, a cena con l’avvocato cinquantenne.
Ecco,
ancora una volta sono partito pensando a una breve premessa che mi
consentisse di introdurre il tema – tutto quello che è accaduto a
Napoli alla vigilia del primo turno delle Amministrative, e quello
che sta accadendo in questi giorni che precedono il ballottaggio tra
De Magistris e Lettieri – ma, per cercare di spiegare perché il
racconto dovesse necessariamente essere zeppo di allusioni, il brodo
m’è venuto così lungo che al
riassaggio mi decido a rinunciarci.
pasolini diceva 'parlo perchè so ma non ho le prove'
RispondiEliminatu dici 'so e ho le prove ma non parlo'
a palermo ti troveresti molto meglio
Domine, non sum dignus.
EliminaQuesto brodo è un delizioso fumetto.
RispondiEliminaPerò il titolo è parliamo un po' di Napoli. Comunque ha detto bene Luca "un delizioso fumetto".
RispondiEliminaPerò, almeno un commentino su De Magistris? Mi fa piacere che tanti napoletani abbiano confermato (aumentato?) la fiducia a un (ex) magistrato.
RispondiEliminaTroppo ex.
EliminaTra i tanti Luigi, oltre a Malvino e Bisignani, c'è
RispondiEliminahttp://www.lastampa.it/2016/06/11/italia/cronache/pelaggi-lavvocato-innocente-scagionato-solo-dopo-tre-anni-1YGtvUoe7ZSb7Sqewz3NtI/pagina.html
Dovresti vivere un buon numero di anni in un'altra città. Questo porterebbe a smussare certe comprensibili asperità rancorose e a rimpiangere certa partecipazione emotiva, scarsamente disponibile altrove. Scrivo per esperienza personale.
RispondiEliminaCapisco tutto, ma sulle 16 preferenze totalizzate da Giuseppe Alviti mi aspetto almeno qualche riga.
RispondiEliminaEh.
Stia bene.
Ghino La Ganga