È
comprensibile che la complessità generi il bisogno di semplificare.
Per certi versi, e fino a un certo punto, è giusto che il bisogno
abbia ristoro, ed è giusto che qualcuno se ne faccia carico,
soprattutto se in favore di chi non abbia mezzi propri per difendersi
dallo sgradevole stato d’ansia che la complessità infligge a
tanti. Lodevole, perciò, lo spirito con quale Angelo Panebianco
dev’essersi messo davanti alla pagina bianca per scrivere
l’editoriale che ieri apriva la prima pagina del Corriere della
Sera, sta di fatto che semplificare è sempre operazione a rischio, e
il risultato, in questo caso, illustra quanto possa esser grosso.
«Un
paio di islamici radicali va a sgozzare un sacerdote e un’altra
persona in una chiesa cattolica francese»: di che si tratta? Guerra
di religione, dice Angelo Panebianco: è «guerra santa islamica».
Ma allora perché vedere un «salto di qualità» nel passare dal
massacro indiscriminato all’«assassinio mirato degli
uomini-simbolo dell’odiata cristianità occidentale»? Se con gli
ammazzamenti che da qualche tempo insanguinano l’Europa siamo in
presenza di un attacco che l’islam ha sferrato al cristianesimo,
l’episodio che si è consumato nella chiesa di
Saint-Etienne-de-Rouvray non segna affatto un innalzamento del
livello di offensiva, anzi, c’è da chiedersi perché qualcosa del
genere non sia accaduto prima. A considerare, come correttamente
Angelo Panebianco non manca di fare, che fino all’altrieri le
stragi abbiano avuto per vittime per lo più «atei, agnostici o
cristiani di fede molto tiepida», e aggiungeremmo anche musulmani
(oltre un terzo fra i morti a Nizza), regge la tesi che tutti questi
tragici eventi siano segmenti di offensiva mossa da «cristianofobia»?
No,
nel tentativo di semplificare ad Angelo Panebianco dev’essere
scappata una stronzata, lasciate che si spieghi meglio: non è una
guerra di religione, è uno scontro di civiltà, perché, «pur quasi
scomparsa dalla coscienza di tanti europei, forse la maggioranza, la
religione cristiana ha comunque forgiato il mondo europeo e
occidentale [e] anche se molti europei non possiedono più gli
strumenti per comprenderlo, le categorie culturali che essi usano
derivano da quella tradizione». Bene, ma allora come si spiega che
la gran parte degli autori delle stragi sulle quali l’Isis appone
la sua vidima, oltre a non aver mai nemmeno letto il Corano, oltre a
non aver mai frequentato una moschea, oltre a non rispettare il
Ramadan, a bere alcol, consumare droga, mostrare estrema disinvoltura
nella loro vita sessuale, hanno un profilo culturale per nulla
differente da quello di tanti altri disperati che sono il vero e
proprio scarto sociale della nostra superiore civiltà
giudaico-cristiana? Non è più verosimile che l’islam, o almeno
quel che dell’islam è utilizzabile allo scopo, sia solo il vestito
che attualmente è considerato più elegante per presentarsi a
chiedere il saldo delle proprie frustrazioni, dei propri fallimenti,
della propria rabbia?
Angelo
Panebianco non lo esclude, anzi, concede che chi «si vota
all’assassinio di persone inermi sia affetto da gravi tare», non
diversamente da «colui che entrava nelle SS per il gusto di
commettere omicidi o [da]l bolscevico che scannava contadini ricchi o
tutti quelli che il Partito definiva nemici, o [dal]la guardia rossa
impegnata in azioni criminali per conto di Mao Tse Tung», ma questo
– dice – «non permette di occultare il rapporto fra le loro
azioni e il totalitarismo». Certo, ma non varrebbe la pena di
definire meglio questo rapporto? Se è vero, infatti, che «dire che
il tale o talaltro jihadista ha problemi mentali non consente di
negare il legame che c’è fra la sua azione e la guerra dichiarata
dall’islamismo radicale contro l’occidente», è chiarire la
natura di questo legame che consente di appurare se davvero quel che
assume il connotato di «islamismo radicale» sia primariamente
interessato a colpire l’occidente o piuttosto non si serva del
terrore che semina nelle città europee per farsi forte nella resa
dei conti con le opposte fazioni che in seno alle società di
tradizione musulmana hanno preso corpo dopo la destabilizzazione
dell’area che dalla Tunisia si estende fino al Pakistan,
riprendendo i tratti delle antichissime contese che periodicamente si
scatenano in seno all’islam a copertura di contese che per posta in
gioco hanno da sempre il controllo di territorio e risorse
economiche. O davvero vogliamo far finta che a muovere fenomeni di
tali dimensioni possano essere contenziosi tutti teologici? Possibile
che, pur di semplificare, Angelo Panebianco non riesca a trovare una
formula diversa da quella cara a Oriana Fallaci, a Magdi
Cristiano Allam e a Giuliano Ferrara? A quanto pare, è possibile.
Anche a lui – soprattutto a lui, almeno lui ha studiato –
occorrerà concedere che non accada in malafede. D’altra parte,
quanti lucidissimi cervelli hanno pisciato dinanzi a quello che non
si era mai visto prima?
Certo,
qualche sospettuccio viene: se non di malafede, almeno di una certa
qual pigrizia intellettuale. Perché, a suo dire, non essere convinti
che quanto va accadendo non possa trovare altro paradigma che quello
dell’assedio di Vienna sarebbe segno che si è «impantanati nelle
trappole del politicamente corretto». Argomento che palesemente
sembra voler eludere il merito della questione, per giunta
trascurando la pacifica evidenza che porre la questione di quanto la
religione e la cultura siano mere sovrastrutture di fenomeni e
processi che, seppure solo se e quando si riesca a enuclearli dalle
passioni in cui sono avvolti, immancabilmente rivelano tutt’altra
natura non è affatto far loro omaggio, anzi.
Il mito politico-religioso del califfato e l'abolizione delle distanze ci portano alla presente crisi. Condivido quanto sostiene Giorello: possiamo attaccare l'entità statale insediatasi in Siria e Iraq,abbattendo le pretese regali del presunto califfo.
RispondiEliminaMarx analizzò il mito di Napoleone III: il conflitto sociale e il mito politico di Napoleone I hanno permesso a un mediocre di governare per vent'anni la Francia.Crollò con Sedan , con la disfatta militare.
RispondiEliminagli interessi di una parte decisiva della società francese che viveva alle spalle del proletariato e che continuò a farlo anche dopo Sedan alleandosi coi prussiani.
EliminaFu proprio Marx ad aver scoperto per primo la grande legge dell'evoluzione storica, la legge secondo la quale tutte le lotte della storia, si svolgano sul terreno politico, religioso, filosofico, o su un altro terreno ideologico, in realtà non sono altro che l'espressione più o meno chiara di lotte fra classi sociali; secondo la quale l'esistenza, e quindi anche le collisioni, di queste classi sono a loro volta condizionate dal grado di sviluppo della loro situazione economica, dal modo della loro produzione e dal modo di scambio che ne deriva.
E comunque, ieri hanno espulso dall'Italia due presunti reclutatori dell'ISIS. Nella perquisizione a casa loro hanno trovato cocaina e bilancini.
RispondiEliminaNon ci sono più i salafiti di una volta: Bin Laden era un terrorista serio, se due dei suoi avessero arrotondato spacciando coca lui li avrebbe sgozzati di persona. Dove andremo a finire, signora Contessa.
Professor Malvino, mi conceda che se un islamista integralista assassina un prete cattolico in una chiesa, pretendere che la religione non c'entri nulla è quanto meno surreale. Il Corano ha abbondanza di sure che comandano di ammazzare gli infedeli. Il Daesh si definisce "Stato Islamico" e l'Islam è una religione, non una setta che adora i Pokemon. Insomma, è come quando in italia ci si rifiutava di credere che le Brigate Rosse fossero, appunto, rosse.Che poi la religione sia un utile pretesto per mascherare dietro la sua pretesa rispettabilitò odio etnico, razzismo, lotte di potere, avidità, sono d'accordo con lei. Ma il fanatismo religioso è una realtò, negarlo è fare come si crede facciano gli struzzi. I quali, più intelligenti di certi buonisti politicamente corretti umani, se attaccati rispondono.
RispondiEliminaMagari qualcuno un giorno mi spiegherà perchè cercare di difendere i pilastri dello Stato di diritto che viene attaccato da 'sti tagliagole viene chiamato 'buonismo'.
EliminaSì, potremmo incarcerare gente a cazzo e per un periodo indeterminato, potremmo ripristinare la pena di morte, la tortura per farli confessare, levare la libertà religiosa. Saremmo indubbiamente più sicuri. Poi però mi spieghi la differenza tra svegliarsi a Milano o in territorio sotto il controllo dell'ISIS.
Ci si puo' difendere rispettando lo stato di diritto.
EliminaPer la cronaca sono contrario alla tortura
EliminaSecondo l'Islam, è musulmano chi recita il Tawhid (la "professione di fede") con convinzione, anche una sola volta nella vita: in pratica, una sorta di auto-battesimo. Poi, certo, deve comportarsi da musulmano rispettando le varie regole e precetti.
RispondiEliminaLa faccenda mi è tornata in mente vedendo come i simpaticoni dell'IS si precipitano a mettere on line i giuramenti di fedeltà dei vari mentecatti che vanno a far danno. A questo punto, mi chiedo: non funziona, nelle loro care testoline, come una sorta di analogia? Il giuramento di fedeltà non è forse una sorta di Tawhid, l'adesione all'IS come una sorta di religione, e gli ammazzamenti successivi la messa in pratica di questa fede?
Lo dico perché, se fosse così, tutte le questioni sulla conformità o meno dell'IS all'Islam avrebbero ancor meno senso di quanto sembrino averne ora, dato che l'IS stesso si configurerebbe come una religione a sé stante, una sorta di variazione scismatica (benché, come ogni scisma che si rispetti, nel nome dell'ortodossia più rigorosa).
nel 2004 lessi due romanzi a firma Y.B. (in effetti Yassir Benmiloud): Zero kill e Allah superstar.
RispondiEliminaall'epoca li trovai di una luciditá impressionante, a differenza di diversi amici che non ne capivano il senso, trovandoli solo sgradevoli e surreali.
purtroppo li ho in un qualche baule a 1500km da dove vivo per cui non posso rileggerli e non li ricordo nei dettagli, ma dalla sensazione che mi hanno lasciato mi sento di consigliarli caldamente, direi che non solo siano molto attuali, ma che siano una analisi impietosa e lungimirante del fenomeno del terrorismo islamico, se non li ha letti spero di averla incuriosita, se invece li conosce mi piacerebbe sapere il suo punto di vista