«Il
popolo confonde ogni cosa
e dice esser bella la commedia
se è bella
la recitazione»
Francesco M. Zanotti, Paradossi
Dopo
aver tanto festeggiato la «morte delle ideologie», ci vuole una
bella faccia tosta per lamentarsi del livello cui si è abbassato il
dibattito politico. Quando le idee che si offrono a soluzione dei
problemi del presente si fanno refrattarie ad articolarsi in un
sistema che dia coerente solidità di struttura ad una visione del
futuro – quando si arriva addirittura ad affermare che la coerenza
sarebbe un intollerabile limite imposto alla politica – quello che
sarebbe auspicabile come confronto tra due o più progetti di società
è giocoforza destinato a frammentarsi in una incessante serie di
scontri polemici su questioni tutte contingenti, ciascuna con una
posta in gioco spesso anche miserrima, e tuttavia ragione di contesa
sulla quale è vitale spendersi interamente, perché fuori da ogni
ampio disegno strategico vince la logica che fa di ogni battaglia una
guerra e di ogni dottrina un impaccio.
Sia
chiaro: al pari delle religioni rivelate, di cui sono riproduzioni
più o meno ben riuscite, anche le ideologie – tutte le ideologie –
altro non sono che espressione di interessi materiali, peraltro
sempre ben riconoscibili come particolari, e spesso mal dissimulati
come generali. Qui si è ben lungi, dunque, dal piangere sulla «morte
delle ideologie» come per lo smarrimento del concetto di «bene
comune» – sempre sineddoche, dacché mondo è mondo – intendendo
solo richiamare l’attenzione sulla differenza che corre tra l’epica
dell’egemonia culturale e l’avventurismo che ormai segna
trasversalmente tutta la politica, per chiedere: con quale
sfrontatezza si può lamentare la paurosa ignoranza dimostrata di
continuo dai leader politici che oggi sono sulla piazza? Si è
preteso fossero agili, duttili, pragmatici, disinvolti nel cambiare
idea in corsa: si può pretendere, adesso, somiglino più a fini
intellettuali che a volgari piazzisti?
Con
quale faccia tosta si pretende, poi, che questi leader rinuncino
all’attacco
personale come arma più efficace nell’agone
politico, dopo aver festeggiato l’avvento
del partito che si identifica nella persona del proprio leader? Ne ho
già parlato: «Se
prima era il partito alla continua ricerca dei propri quadri
dirigenti e di un leader che riuscisse ad incarnarne il portato
etico-estetico, oggi chi ha la vocazione di farsi leader la persegue
e la soddisfa nel riuscire a fare di un partito lo strumento del suo
Io narrante, sicché in buona sostanza si può dire che egli è
veramente leader quando il partito riesce a far propri i tratti di
quel narrato. [...] Ieri il leader era la sintesi simbolica di un
quid
che
oggi è sintesi simbolica del leader» (Appunti per una «Psicologia
del Supercazzola» – Malvino, 16.7.2014).
L’imbarbarimento del dibattito sulla cosa pubblica, dunque, sta molto più a monte di quanto si lamenta. Se la politica non è più tenuta a esprimersi come progetto, se chi regge le leve del comando non è tenuto a render conto di quanto possa aver tradito il programma col quale ha chiesto e ottenuto consenso, se le sorti di un partito sono indissolubilmente legate a quelle del suo leader, ogni cruccio è ipocrisia.
ergo siamo in un cul-de-sac.
RispondiEliminaora che si fa?
si scava, si torna indietro o l'arrediamo?
Però, alcune piccole conclusioni, a mio parere, si possono già trarre !
RispondiEliminaSolo che mi sembra inutile parlarne, visto che l'evidenza parrebbe non avere ascolto in questo disastrato pianeta !
Le cose troppo facili, sono le più difficili da digerire, però, sempre a mio parere ,il vero problema è che la dissenteria , anziché colpire l'intestino, parrebbe colpire i cervelli.
Questo nuovo virus, in realtà è vecchio di un paio di alcuni secoli !
caino
Forse però i fini intellettuali hanno fallito: non sono riusciti a muoversi alla velocità con cui viaggia il mondo negli ultimi anni, sono stati travolti dagli eventi mentre ancora cercavano di comprenderli e a questo punto le masse tra un intellettuale che non ne azzecca una e un cazzaro che dice fesserie sceglie il secondo perchè almeno si diverte un po'.
RispondiEliminaL'ideologia è indispensabile, ma deve adattarsi al contesto. Quello che vedo invece è che quasi tutti gli intellettuali cercano di adattare il contesto all'ideologia. Ho voglia di tintarella, facciamo come se il sole fosse alto nel cielo anche se sono le tre di notte.
"Quelli cittadini che appetiscono onore e gloria nella cittá sono laudabili e utili, pure che non la cerchino per via di sètte e di usurpazione, ma con lo ingegnarsi di essere tenuti buoni e prudenti, e fare buone opere per la patria; e Dio volessi che la republica nostra fussi prima di questa ambizione. Ma perniziosi sono quelli che appetiscono per fine suo la grandezza, perché chi la piglia per idolo non ha freno alcuno, né di giustizia, né di onestá, e farebbe uno piano di ogni cosa per condurvisi.".
RispondiEliminaFRANCESCO GUICCIARDINI, Ricordi (incipit).
RispondiEliminac'è un errore nel post: quello di confondere l'utopia con il progetto. Le ideologie, come le religioni rivelate, producono utopie non progetti.