Questo
post stia a disclaimer per i quattro gatti che mi seguono su Twitter
(un link di là, nel caso, rimanderà a questa pagina), risparmiandomi di precisare ogni volta in quale curva io segga: non sto
in nessuna delle due curve, sto in tribuna numerata, e neanche trovo
la partita molto interessante, anche se devo dire che la poltroncina
è assai comoda. Mi distraggo spesso, diciamo, anche se in campo ne capitano di orride e di sbellicanti, il che potrebbe pure essere eccitante, ma il fatto è
che il sangue scorre così male, per non parlare delle volte in cui nemmeno è
sangue, ma sugo, mentre la merda è proprio merda, questo è vero, ma schizza in modi imprevedibili.
Non è
terzismo, sia chiaro: non sono indifferente alla partita, o comunque non del
tutto. Di leghisti e grillini ho orrore e paura quanto basta (non di
più, però), ma il fatto è che proprio non riesco a far mia la
logica del fronte, che per il superiore interesse patrio mi dovrebbe
costringere a fianco di un forzitaliota, a destra (a destra?), o di
un piddino, a sinistra (a sinistra?). È solo colpa loro se i gialloverdi
sono ormai consistente maggioranza in un paese che non era certo meglio
prima, e che molto probabilmente non sarà meglio dopo (a
proposito, chi è che si candida ad alternativa?).
Mi sia
consentito di cedere al patetico (vedeteci anche una puntina di
autoironia, però): ho sul groppone più di 61 anni e sugli scaffali
più di 12.000 volumi, gli uni e gli altri mi impediscono di
illudermi circa le virtù degli italiani, plebe sempre contenta
d'esser plebe, sempre pronta a crocifiggere se stessa, ma solo in
effige, per poi resuscitare sempre, ma solo in simulacro di popolo, per prontamente trasformarsi in canaglia.
Mi
sento greco, giapponese, tedesco – perfino esquimese, talvolta –
più di quanto mi senta italiano. Per meglio dire, credo di
appartenere a quella snaturata sottospecie di italiani da sempre
destinati a essere perseguitati (o almeno dileggiati, che forse è pure peggio) per il cattivo gusto di dire oneste sgradevolezze in
pubblico o, più saggiamente, evitando dileggio e persecuzione, in
privato. Il web mi è venuto a far confusione tra i due piani, e io,
che non sono nativo digitale, mi ci sono trovato incastrato nel mezzo
e, sfilato un piede dalla blogosfera, ho incastrato l'altro in
Twitter, dove peraltro non sei padrone neppure della punteggiatura
che usi, figurarsi della sintassi.
Mi
piace la polemica, m'è sempre piaciuta, ma solo quando è seriamente
argomentata (meglio se pure brillantemente argomentata), non quando
scade a mero menar le mani, per esser reclutati da questa o quella
banda.
Ora
c'è che ultimamente vedo il fronte anti-gialloverde argomentare
assai a cazzo di cane la sua polemica (e, se lo faccio notare, passo
per gialloverde), mentre mi pare perfino avvilente stigmatizzare
l'argomentare a cazzo di cane che è quasi connaturato ai gialloverdi (e
tuttavia ci casco, la stigmatizzo, beccandomi regolarmente l'epiteto
di “renziano”, che mi offende più che m'avessero toccato l'onore
di mamma): e in entrambi i casi mi pento, e ci ricasco, e mi ripento. Per la prossima volta che dovessi cascarci, tanto stia a precisazione.
Baci
RispondiEliminaBaci Baci. Muzio. P.S. Non ho Twitter, ma ora cerchero' di installarlo
RispondiEliminaAbbracci
RispondiEliminaMammà con l’accento forse
RispondiEliminaForse è meglio buttarlo giù lo stadio.
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