Si
può parlare di globalizzazione
prescindendo da cosa si intende con globale,
dal fatto che globale
viene da globus,
da quale significato si deve dare a quel glob-
che sta in globus,
del modo in cui quell’-us
lo sostantivizza. Così col liberalismo,
dove in effetti è assai raro che da liberale
si ritenga necessario risalire a liberus,
per darne ragione in quel lubeo
che sta per mi
aggrada,
e che sottintende una libertà di scelta. Idem col populismo:
se dobbiamo parlarne, chi riterrà necessario premettere che populus
viene da πλέως,
e dunque rimanda a un plenus?
Col comunitarismo
accade
l’esatto
contrario:
qui pare sia d’obbligo
richiamare il concetto di communitas,
per spiegare che viene da communis,
cioè con-munus,
per chiarire che munus
è insieme onus,
officium
e donum,
e che cum
implica un vincolo.
Come mai qui si ritiene indispensabile risolvere
in
radice
l’oggetto
della discussione? Credo che dipenda dal fatto che la communitas
dà conto della sua reale natura solo conferendo pienezza di
significato al suo etimo, il che potrebbe risultare perfino
fuorviante col liberalismo,
che in realtà non mi consente affatto di fare tutto ciò che mi
aggrada,
o col populismo,
che non implica affatto un plenum
di consenso popolare, tanto più con la globalizzazione,
che infatti resterebbe esattamente ciò che è, anche se il mondo
fosse piatto invece di avere forma sferica.
Da questa stretta
relazione tra etimo e significato corrente emerge un’altra
particolarità del comunitarismo:
a differenza di altri termini che nel corso del tempo si sono
adattati a descrivere realtà anche profondamente diverse da quelle
che descrivevano in origine (si pensi, per esempio, alla democrazia,
che per lungo tempo non implicò il suffragio universale), il
comunitarismo
mantiene intatto il significato col quale fece esordio nel discorso
politico, con Aristotele, anche se nelle sue Πολιτικά
compare
come κοινωνία.
Possiamo ragionevolmente ritenere, dunque, che si tratti della
ripresa di qualcosa che avanza la pretesa di essere sempre valida,
pur al variare dei tempi, ma su cosa poggia questa pretesa?
Innanzitutto, sul fatto che la natura umana sarebbe immodificabile;
in secondo luogo, sul fatto che essa sarebbe intrinsecamente
comunitaria,
con ciò che di organicistico
sarebbe intrinseco ad ogni comunità
propriamente detta; ne conseguirebbe che ogni altra forma di
convivenza umana sia da ritenersi contro natura, e dunque da
considerare – insieme – artificiosa e dannosa.
In tal senso non è
affatto strano che la ripresa di questo pensiero cada in un momento
storico che riconosce all’individuo
un’inaudita
«sovranità
sul proprio corpo e sulla propria mente».
È qui che la pretesa di disconoscergliela assume i tratti di ciò
che dunque non è conservazione,
ma reazione,
è qui che essa si dichiara per la prima volta comunitarista,
in esplicita polemica con ciò che dà fondamento ai diritti
dell’individuo.
Accade quando l’individuo
non riesce più a bilanciare la libertà con la responsabilità, e
viene tentato dal bisogno di protezione.
«Per
ciascun essere umano singolarmente preso è difficile liberarsi da
una minorità divenutagli quasi natura»,
scriveva Kant; e, «per
brillare, al pari delle lucciole, le religioni hanno bisogno di
oscurità»,
scriveva Schopenhauer. L’oscurità
dei nostri tempi dà occasione al comunitarismo
di
poter assicurare protezione all’individuo a patto che egli accetti come naturale lo stato di minorità dal quale si era emancipato. E l’individuo pare intenzionato a cedere.
Se tutti gli individui fossero liberi e responsabili sarebbe più un'anarchia nel senso nobile che una società liberale.
RispondiEliminaOk, giacché non è possibile, bastone e carota.
RispondiEliminaindubbiamente esiste un tipo di comunitarismo organicista, ma non è l'unico. Secondo me, per esempio, Aristotele e Rousseau non sono per niente organicisti. Il problema di Aristotele non è convincere gli Ateniesi a rispettare i costumi della polis (costumi che anzi giudica negativamente) ma a rispettarne l'ordinamento giuridico. Rousseau, d'altra parte, descrive la società in termini molto negativi. La "volonté générale" scavalca completamente la società come è storicamente data ed è piuttosto uno strumento atto a rivoluzionarla. Schematizzando, io credo che si possano distinguere 2 filoni all'interno della storia millenaria del comunitarismo, l'uno vuole che l'individuo ceda parte della sua sovranità astratta alla società, l'altro che la ceda allo stato. Sempre ipersemplificando si potrebbe dire che la Lega impersonifichi il primo tipo, il MsS il secondo tipo.
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