«Il
diario sa di nebbia»
Julio
Cortázar, L’esame
Ho
sognato che era morto Battiato. Niente di diverso dalle solite morti
dei Grandi: titoloni dappertutto, lunghissima coda per dargli
l’ultimo
saluto, speciali in prima serata, rimasterizzazione dell’Opera
Omnia a cadavere ancora caldo, e tutta la nazione a fare il compito
in classe, chi con l’autorevole
necrologione da cinquemila battute, chi con un anonimo r.i.p. via
tweet. Niente di diverso, tranne il fatto che ad un tratto si
spargeva voce che il corpo del Grande era sparito, e alcuni
sostenevano che fosse stato trafugato per la richiesta di un riscatto
(pesanti i sospetti sulla ’ndrina
di Rosarno), per altri era fin troppo ovvio che il Maestro fosse
risorto (Buttafuoco l’aveva
buttata lì come metafora, ma gli erano andati dietro a frotte),
mentre Alice sosteneva che si fosse reincarnato in Pippo, il cucciolo
di armadillo venuto alla luce nello zoo di Catania proprio il giorno
dopo il suo decesso, e tutti avevano torto, ma tutti in qualche modo
avevano ragione.
Qui mi son svegliato, e in mano mi son ritrovato un
evidenziatore. Donde fosse piovuto, boh.
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