«...
der Pietist schwingt jetzt den Säbel
damit
des Selbstes Exzellenz
nicht
büße ein die Existenz...»
Ludwig
Feuerbach, Reimverse
auf del Tod
Stanno
lì, le affermazioni sgradevoli, in attesa che qualcuno dica loro
perché non reggano sul piano logico, in cosa siano fallaci, perché
non facciamo argomento valido, ma, niente, tutto ciò che ottengono,
poverine, è sentirsi dire che sono sconvenienti, inopportune o,
peggio, provocatorie, e cioè intenzionalmente sgradevoli, il che le
rende ancora più intollerabili, odiose. A me, in questi ultimi mesi,
ne è scappata più d’una.
Ho
detto, per esempio, che «il
virus uccide, ma anche la fame».
Non mi sembrava affermazione sgradevole, giuro, e poi pensavo che la
cosa rimanesse tra noi. Niente, qualcuno di voi ha fatto lo stronzo
ed è andato a dirlo a Bersani, che da Piazza
pulita
m’ha fatto un cazziatone, ma un cazziatone, che, se avessi messo in
dubbio l’integrità morale della sua mamma, me la sarei cavata
meglio: «Di
virus, qui in Italia, si muore, eccome, ma di fame non muore
nessuno».
«Ce
l’ha con te
– fa mia moglie – è
chiaro».
«Vabbè
–
le dico – non
sono stato il solo a scriverlo».
«Sarà
–
fa lei – però
lo sguardo era rivolto a te, e hai visto com’era incazzato? Guarda
che per fare incazzare Bersani ce ne vuole, è evidente che l’hai
sparata grossa».
«Brune’
– a provo a difendermi – il
tuo Bersani intende dirmi che per le strade non vedremo mai bambini
scheletrici e con le mosche sugli occhi? Che una minestrina dalla
Caritas ci sarà sempre? E allora vuol dire che gioca sporco e mi
impicca a un termine, “fame”, che nella mia affermazione aveva
manifesta accezione estensiva. Io volevo dire che è cosa buona e
giusta, nostro dovere e fonte di salvezza, strappare agli artigli del
virus il novantenne cardiopatico, diabetico, iperteso e col carcinoma
prostatico, per farlo vivere quegli altri 6-18 mesi che gli sarebbero
spettati se non avesse avuto il Covid-19. A scanso di equivoci,
ripeto: dobbiamo farlo, ne va del poterci guardare allo specchio
senza scoprirci in una divisa delle SS. E tuttavia mi pare chiaro che
questo obbligo morale abbia un costo, e che a pagarlo sia giocoforza
chiamata tutta la società. Ora tu pensi che sia fuori luogo porre il
problema di questo costo sociale? Non è un costo che per un ventenne
o un trentenne implicherà condizioni di vita assai più disgraziate
di quelle di cui ha goduto il novantenne di cui sopra? Non ci saranno
quarantenni e cinquantenni che si suicideranno perché senza lavoro?
E quand’anche la fame, quella vera, non uccidesse nessuno, la
“fame”, quella dell’accezione estensiva, quanta miseria, quanto
degrado, quanta disperazione, ci costerà?».
Flette
leggermente il capo come a prendere la mira col suo simpaticissimo
fucile a pompa e mi fa: «Ma
anche a novant’anni la vita è il bene supremo».
«E a centoventi no? –
le rispondo – E però di qualcosa bisogna pur morire prima o poi».
E
lei: «Ecco
un’altra
affermazione sgradevole. Per caso, hai fatto pure questa?».
Non
ho risposto.
L’ho
fatta, ho scritto proprio che, alla fin fine, «bisogna
pur morire di qualcosa».
Beh, anche qui non so proprio cosa ci sia di sgradevole. Forse è
quel «bisogna»,
probabilmente suona spietato. E però mi pare che quel «pur»
sia tanto, tanto, tanto solidale. Forse sarebbe stato meglio usare un
«noi»
di quelli leopardiani, chessò, avrei potuto dire: «Infin
moriamo, e tutti: sì vuol l’umana nostra condicio».
Ok, ma quanti ce ne sono che a sentire La
ginestra si
grattano le palle? Diciamola com’è: della nostra morte non si deve
parlare, è tabù. Per quanto sia argomento di ineccepibile solidità,
per quanto sul piano logico non faccia una grinza, che a tutti tocchi
morire è affermazione sgradevole. Sappiamo che ci tocca, ma è
brutto sentircelo dire, chissà che a non sentirlo si possa coltivare
la speranza di essere eterni.
Oh, sia chiaro, in questo non c’è
niente di male, e poi viene spontaneo desiderare di non morire mai.
Non solo: tutti vorremmo vivere in eterno, possibilmente in perfetta
salute. E tanta speranza investiamo in questa prospettiva che ai
primi acciacchi dell’età ci sentiamo traditi. Per fortuna c’è
la medicina, e la medicina ci garantisce una cura per ogni acciacco,
sicché, se poi la garanzia vien meno, è chiaro che non siamo
vittime dell’età e dei guai che quella inevitabilmente si tira
dietro, ma della medicina: non ha il vaccino bell’e pronto per ogni
virus, per esempio, e soprattutto è troppo lenta ad allungare la
vita media attesa che oggi è di soli 80-84 anni.
Una vergogna, no?
Si vive, si vive assai più lungo che in passato, e meglio, ma non ci
basta mai. E tu che fai, vieni a dirmi che «bisogna
pur morire di qualcosa»?
Cane, stai per caso mettendo in discussione l’assunto che la vita è
il bene supremo? Ieri ne son morti 964, oggi 413: puoi dire «meno
male, va’,
si mette al meglio»,
ma solo se precisi – e meglio se lo fai prima – che anche un solo
morto è una tragedia. Ma certo, ci mancherebbe altro, però si mette
al meglio o no? Sì, si mette al meglio, ma dirlo è sgradevole.
Più
o meno sgradevole dell’affermare che, «come
c’è chi alla morte preferisce ogni forma di sopravvivenza, c’è
chi alla sicurezza è disposto a sacrificare ogni libertà»?
E già, perché ho affermato pure questo, e pure questo – m’è
stato detto – era sgradevole. Ora, a parte il fatto che la frase
era moralmente neutra nei confronti di quel «chi»,
si può forse negare che c’è chi a morire preferisce anche lo
stato vegetativo? Tubi infilati dappertutto, elettroencefalogramma
piatto, ma sul testamento biologico ha lasciato scritto: «Accanitevi
pure, ma non mi private del vegetare: se mi staccate la spina, fate
peccato mortale».
Massimo rispetto, è chiaro, ma mi pare evidente che «alla
morte preferisce ogni forma di sopravvivenza».
Anche per lui, la vita – qualunque tipo di vita – è il bene
supremo. Un bene supremo – abbiamo visto – al quale prima poi
dobbiamo rinunciare. E tutto questo non vale pure nel rapporto che c’è
tra libertà e sicurezza? Non c’è
chi ritiene che la sicurezza sia un bene prioritario rispetto alla
libertà? E c’è
da stupirsene, visto che la sicurezza assicura la vita? Se per lui
ogni forma di sopravvivenza è preferibile alla morte, non ne
consegue che possa ritenere indispensabile sacrificare ogni libertà
alla sicurezza?
Massimo rispetto anche in questo caso, ovvio, ma è così difficile capire
che allora la questione sta tutta nel personale punto di vista
riguardo a ciò che prioritario, se libertà o sicurezza, e a cosa
sia bene supremo, se vivere o sopravvivere?
Per caso sto per fare
un’altra
affermazione sgradevole, e cioè che «i
valori sono punti di vista»?
No, l’ho
già fatta. Anche in questo caso non pensavo fosse cosa tanto
sgradevole, e invece anche ad amici e conoscenti, che ai tempi del caso Welby e del caso Englaro la pensavano
esattamente come me, mi hanno fatto presente che gradevole non era. Ma non si era detto che bene supremo non è la vita tout
court,
ma una vita che non abbia perso dignità di essere vissuta, che è
valore sul quale a dire l’ultima
parola può essere solo chi la vive? Di prioritario c’è
solo il suo punto di vista, no? Funzionava con Welby e con Englaro, quando il tentativo di imporgliene un altro, dicendogli: «Spiacente, l’indisponibilità della vita è un valore assoluto», ma oggi non più: la vita è da considerare un valore assoluto, da tutti.
Così pure coi valori di libertà e di sicurezza: amici e conoscenti
che, come me, sospettavano che il terrorismo islamico stesse
diventando una scusa per conculcare libertà e diritti (ci fu
addirittura chi arrivò a dire che per difendere l’Occidente
dovevamo avere fede, o almeno far finta, ricordate?), mi hanno detto
che hanno hanno trovato bello che dai balconi si cantasse in coro
l’Inno
di Mameli,
che si facesse a gara a chi più s’inzaccherava di retorica e di
sentimentalismo, che
il fenomeno della delazione era comunque espressione di senso civico;
come me, temevano che le misure antiterroristiche potessero celare il
tentativo di controllare le nostre vite, i nostri movimenti, ma
stavolta mi hanno detto che era stato sgradevole twittare: «Giacché
non è obbligatorio, non installerò Immuni. Diventasse obbligatorio,
l’installerei, ovvio. Ma chi potrà mai impedirmi di lasciare lo
smartphone a casa dopo aver provveduto a programmare la deviazione
delle chiamate a un altro cellulare, di quelli da venti euro?»;
come me, hanno votato No al referendum del 2016, perché nella riforma
costituzionale voluta da Renzi intravvedevano anche loro un pericoloso
strabordare dell’esecutivo
nel legislativo, ma stavolta hanno trovato sgradevole che nelle
iniziative del governo Conte vedessi anch’io
la sospensione della Costituzione che vedeva anche, faccio per dire,
un Paolo Mieli (cioè che la vedessi, come Paolo Mieli, ma a
differenza sua non aggiungevo: «Vabbè,
ma è necessaria»).
Meno
male che a risultare sgradevole sono abituato, sennò quest’epidemia
mi ammazzava. Capirete, allora, che consolazione è stata
l’intervista
che Wolfgang Schäuble ha concesso a Der
Tagesspiegel:
«Lo
stato deve garantire la migliore assistenza sanitaria possibile a
tutti, ma è assolutamente sbagliato subordinare tutto alla
salvaguardia della vita umana, perché c’è
un valore, peraltro ancorato alla nostra Costituzione, che è quello
della dignità delle persone, che è intoccabile. Questo, tuttavia,
non esclude che prima o poi tutti dobbiamo morire».
Mi sono sentito meno solo, ecco. Ma già so che pure questo risulterà
sgradevole: «Schäuble?
Dio mio, Malvino, Schäuble?».
Ma no, non sei cattivo, è che ti disegnano così
RispondiEliminaMi pare che lei - e Schaeuble - non consideriate due aspetti: il primo è che, come segnalato in precedenti commenti da parte di altri lettori, anche lasciare "correre" una pandemia comporta degli impatti economici notevoli. Il secondo riguarda il fatto che, se le misure di tutela sono adottate dalla stragrande maggioranza dei paesi, è irrilevante mantenere aperto in uno di questi ai fini della crescita economica.
RispondiEliminaLa Svezia ha evitato misure di lockdown, e comunque vedrà il suo PIL contrarsi di un significativo 7-10% nel 2020, stando alle previsioni della loro Banca Centrale. Paradossalmente, l'impatto potrebbe essere anche maggiore rispetto a quello che si avrà in Danimarca, dove invece hanno chiuso tutto e avuto decisamente meno casi e meno decessi.
Insomma, non ne farei una dicotomia morti di COVID-19 vs. morti di fame perché mi pare che non esista nella realtà la possibilità di fare una scelta tra queste due opzioni. Questa pandemia agisce e agirà da amplificatore di problemi già esistenti. I paesi con istituzioni politiche ed economiche forti non avranno grandi scossoni, qualunque siano le misure adottate. Quelli meno attrezzati soffriranno terribilmente. Superfluo sottolineare che tra questi ultimi, ahinoi, rientra la Repubblica Italiana.
Un bel riassunto della faccenda , non c'è che dire: bello anche il fatto di non esporre le conclusioni con la patina di infallibilità che ha caratterizzato fino a ora il dibattito.
EliminaQuello che mi lascia un po' allibito è che la nostra magnifica società rischi ( o forse pretenda di rischiare) il fallimento dopo un blocco produttivo - parziale - di due mesi .
speravo meglio
Aderisco al saggio commento-succo di The fool or the scholar?
EliminaNon si meravigli troppo, Anonimo: gli è che era lei a sperare troppo da un paese in braghe di tela come il nostro. Del resto, come si dice, a l'omm scarugnato chiovene caxx'n c. pure si sta'ssettato, e questa di pioggia è stata e forse è ancora davvero brutta.
signor Estaban,
Eliminal'anonimo in questione vive in francia, e le posso assicurare che vista da lì , l'italia non fa poi così schifo: abbiamo il nostro bel numero di difetti - questo è chiaro.
L'italiano però, a differenza di altri popoli, ha la strana abitudine di trovare piacere nello sputarsi addosso: forse come stimolo per migliorarsi, non so.
Prima di darsi per spacciati e trovare scuse per mollare - e non mi riferisco a lei -, forse sarebbe bene considerare la realtà
@ Anonimo.
EliminaNon si riferisce a me? Grazie. Beh, ma allora, a meno che non abbia frainteso io, lei è fuori tema, per quanto su argomenti interessanti. Io non ho affatto una pessima opinione della mia Italia (anzi, detesto l'esterofilia di maniera). Mi preoccupa molto, invece, la nostra grave situazione economica (che è figlia di altre nostre carenze, ha radici piuttosto lontane e ababrbicate nel tempo e solo in parte al "nostro bel numero di difetti"). E a me pareva si stesse appunto parlando della situazione economica.
Per il resto sono d'accordissimo con la sua chiosa, sebbene da parecchi anni sono molto pessimista. Senza, ahimé, che la realtà mi conforti un poco e mi risolelvi lo spirito.
La sgradevolezza della frase «il virus uccide, ma anche la fame» deriva dal fatto che l’ha pronunciata Renzi. Non me ne voglia.
RispondiEliminaIo tre settimane prima.
EliminaE qui occorre fare una cronologia. Lasciamo perdere Renzi. Non ho difficoltà a confessare che, pensandola sostanzialmente come lei, ho avuto una temporanea perdita di fede intorno alla fine di marzo. Secondo me, pure lei ha vacillato. Ma già nella settimana di Pasqua ero ben certo che si dovesse riaprire, tutto e subito.
EliminaGuardi, esimio, è talmente sgradevole come affermazione che non ho osato metterla in pagina e la infratto tra i commenti hic et nunc, ma io fin dall'inizio ho pensato che la cosa più saggia fosse l'isolamento e la protezione dei soggetti a rischio (età e patologie croniche), da monitorare costantemente con tamponi ed esami sierologici, lasciando fare il resto all'immunità di gregge. E Olympe m'è testimone, perché in privato ci scambiamo un sacco di sgradevolezze.
EliminaNon so se posso chiedere ospitalità per la dichiarazione che segue, ma apprezzo la tolleranza di Olympe nei miei confronti. Altre cose apprezzo di Olympe, ma la tolleranza fa premio.
EliminaDottore, permettimi di aggiungerne un'altra.
EliminaUfficialmente ad oggi gli infetti in Italia sono 210.717, pari allo 0,33 per cento della popolazione. Per fortuna sono molti di più. Ripeto, per nostra grandissima fortuna, perché se dovessimo dar retta al dott. Burioni potremmo riaprire solo nel 2036, in coincidenza con l’asteroide Apophis.
Solo? No, giammai, caro Mälvino. Baci a distanza
RispondiEliminaCondivido, la vita ha senso se può essere vissuta liberamente. Provo allora a offrirle una via d’uscita all’impasse, che la vuole su sponde diverse rispetto a chi ha condiviso le sue stesse idee e battaglie dei casi Welby ed Englaro. Forse per quelle persone, con cui ora non si trova d’accordo, qui non stiamo parlando di stato vegetativo, ma di anestesia, e per questo non stanno applicando le stesse modalità di ragionamento al caso attuale. Troverei questa posizione con un fondamento di legittimità, poiché le privazioni di libertà, e quindi di vita, cui siamo sottoposti sono transitorie.
RispondiElimina... eh niente, poi oggi sono usciti i numeri dell'Istat. Impietosi. No! Non era una semplice influenza come sostenevano i soloni di Confindustria a spada tratta mentre strattonavano il governo. Manco un dubbio. Niente. Alla centrale del sole24 nemmeno a matita un calcolo probabilistico, statistico, stocastico. Un cazzo. Quando si fa sul serio.
RispondiEliminaE d'altra parte, cosa vuoi, è decenni che detta legge e strattona governi, si è ritagliata una certa posizione di potere un metro sopra la Scienza. Ad essere ottimisti risulta ad oggi la peggiore Confindustria d'Europa, e questo è inspiegabile in un Paese costituito prevalentemente da piccole e medie imprese, non certo grandi come avrebbe voluto Prodi (schiacciando le piccole con forza, per unirle s'intende, a bastonate verso il modello francese). Parafrasando la pubblicità: il potere è tutto, la rappresentanza è zero.
E inspiegabilmente ne esce sempre indenne, mentre gli altri si accapigliano e se ne danno di santa ragione. La trasmissione radiofonica più ascoltata e promossa del network confindustriale è, non casualmente, la berlusconica "la zanzara": giornalisti che fanno i pagliacci sostenendo di voler castigare i costumi. E la cosa divertente è che tra i costumi ci hanno messo pure la scienza! (Ma soprattutto la democrazia, e su questo si potrebbe aprire un altro capitolo) E sai che risate.
Soprattutto se la Scienza è, sfiga vuole, in un momento di crisi, presa d'ostaggio da uno sburionato, a metà strada tra un burione, uno sbullonato e uno sborone.
E comunque, caro Luis, a dirla tutta (il burione) non dovremmo ringraziarlo nemmeno per il discorso vax-no-vax (che ha contribuito a gonfiare i personaggio fino a farlo esplodere: e mo' chi lo ferma più!), non tanto per la banalizzazione scema, ma perchè il virologo non è lo specialista dei vaccini, e non è l'epidemiologo, nemmeno l'infettivologo: è il farmacologo, lo scienziato Silvio Garattini, fondatore dell'Istituto farmacologico Mario Negri di Milano forse unico (o uno dei rarissimi) istituti scientifici di ricerca indipendenti d'Occidente. Rigorosamente no profit, non un San Raffaele qualunque con la sua bella sborona cupola d'oro a benedire uno zoo di scimmie.
In particolare vorrei qui, in tutta modestia, rispondere non tanto a Bersani (e alla bellissima idea del Democratic Party ai maccheroni, o quella di farsi rappresentare da uno sburionato) ma direttamente a Trump, e soprattutto all'OMS che prontamente sta cercando di scaricare il barile dando la colpa alla Cina, e anche al simpatico che su twitter sfotteva la derivata seconda e le astrusità matematiche: lo studio scientifico dell'Istituto Mario Negri è stato pubblicato sulla rivista Lancet, il 17 Aprile (e quindi scritto e concepito ottimisticamente almeno una settimana prima), MODELLI MATEMATICI che si sono rivelati precisi quanto la lama di un samurai, hanno "indovinato" l'andamento della famosa curva, questo indipendentemente quindi dai numeri comunicati, da Cina ma anche da Germania e dagli altri Paesi considerati "onesti" (l'università di Bonn in questi giorni stima che, diversamente dai dati comunicati dalle istituzioni tedesche, le persone contagiate in Germania sono almeno dieci volte tanto)
Non so se rendo l'idea del casino, e anche di qualcuno che in alto sta prendendo la palla al balzo per fare il furbetto (e non ho detto stronzo).
Anche perchè, tra le altre cose: «L'amore vince sempre sull'invidia e sull'odio» (25 maggio 2010) è un copyright politico di Silvio Berlusconi e quest'anno c'è esattamente il decennale: Mantellini deve pure pagare la SIAE.
Pensa solo al combinato disposto: Burioni + Mantellini, uniti per amore contro l'odio, a colpi di denunce e chiusure di spazi internet. Fascistissimi nei metodi ma per il nostro bene s'intende.
Dicevi?
No.. meglio di fame! Meglio di fame!
sig.moon
err: 17 aprile > 12 marzo
RispondiEliminaPublished March 12, 2020 su the Lancet
"COVID-19 and Italy: what next?"
PIIS0140-6736(20)30627-9.pdf
Ciò che si legge sopratutto è l'immensa preoccupazione. Certo già da molti giorni si parlava di guerra. Termine adeguato per la scelta di chi accettare o no in terapia intensiva, parola giustificatrice per atti di per se osceni. Come giustificati erano i camion dell'esercito con le bare. Certo, se fossi stato tra i lavoratori delle agenzie funebri mi sarei fermato anch'io, avrei voluto assicurazioni, protezioni, protocolli, anche se questi poi si è venuto a sapere inesistenti anche all'interno di strutture sanitarie, case di cura, figuriamoci nelle fabbriche. E comunque in tempi di guerra e non, sotto una minaccia di virus letali altamente contagiosi, non dovrebbe essere prassi che a maneggiare corpi e sigillare bare sia personale altamente qualificato e protetto? Trovo ci sia stata una grave responsabilità dal comportamento conseguente la paura. Anche la fretta, ha fatto abortire quella che doveva essere tempistica. Inoltre credo che il grave stato di degrado nella salute degli ultrasessantenni di alcune regioni italiane, stia a dimostrare qualcosa nell'eccellente sistema sanitario, nell'eccellente desiderio di prevenzione, e non faccio del sarcasmo, credo davvero potrebbe essere eccellente. Forse Kafka ci potrebbe aiutare. Non sono all'altezza dei pensieri di Malvino e dei suoi commentatori, mi sfuggono sempre troppe cose, ma trovo il tutto molto, molto interessante, quindi non ringrazio solo lui.
RispondiEliminaL'unica cosa che mi è chiara è il mio non aver capito una mazza del commento di Bonste, ma non ne faccio un dramma: mi capita spesso leggendo i commenti in vari siti negli ultimi due mesi.
RispondiEliminaPassar di qua è comunque utile, uno dopo si sente meglio.
Stia bene, caro Malvino.
Ghino La Ganga
Scusate, anch'io non ne ho mai fatto un dramma, e tanto meno mi è mai interessato farlo sapere, comunque se questa è una richiesta, ma io ne dubito, mi riferivo alla lettura del file PIIS0140-6736(20)30627-9.pdf, ma non solo, forse anche al riferimento ad un post di Olympe cosiddetto equilibrato ed encomiabile. Ma lei simpatico Ghino, come afferma, conosce sicuramente i sentieri di questi ultimi due mesi e l'importante nel passare di qui sta proprio nel sentirsi meglio, poco importa se non lo capisce. Oggi sentirsi meglio è molto più raro ed utile
RispondiEliminaScrive Luigi Malerba (Che vergogna scrivere, Mondadori 1996) "Ogni libro finisce per tradire i segreti dell'autore, per rivelarne le debolezze,
RispondiEliminale incertezze le ansie le malinconie i disagi i rimpianti i rimorsi. E' dunque una sfida alla propria intimità averli dati alle stampe e rimane sempre il sospetto che la loro vera e definitiva sistemazione fosse un cassetto profondo".
Se "con "manifesta accezione estensiva" consideriamo come "libro" anche una collezione di post e come "dare alle stampe" anche il pubblicare sul web allora ,caro Malvino, l'interesse, anzi il fascino, dei suoi scritti sta proprio nello svelare i segreti di quel cassetto profondo. La messa in scena della propria interiorità nel teatro psichico personale, lo scrivere come investimento narcisistico, la civetteria nell'uso di vocaboli desueti e di citazioni in lingua originale, il gusto per una spruzzata di cinismo qua e là, uno stile ben distante dal "basic italian", tutto concorre a rendere piacevole la lettura dei suoi post. Lettura che mi ricorda un po' il piacere che provavo all'ascolto di Massimo Bordin. Continui così.