Nell’edizione
cartacea dell’intervista che Gennaro Nunziante ha concesso a Luca
Telese (Libero,
11.1.2016) va perso un passaggio che invece è riportato in quella on
line,
e sul quale credo sia interessante soffermarci.
«“Sole
a catinelle” –
dice Nunziante – era,
sotto l’apparenza giocosa, un film sulla crisi. “Quo vado?” è
un film sulla terribile condizione di questo tempo, vivere con la
precarietà».
«Cioè?»,
chiede Telese.
Nunziante
dice: «Guardare
il futuro provando paura. Una condizione che ti paralizza e che
scatena i lati peggiori degli umani. L’imprenditore vede come
minaccia il suo dipendente invece che considerarlo una risorsa, il
dipendente che non prova attaccamento per la sua azienda,
l’imprenditore che cerca di speculare il più possibile, il
lavoratore che non s’impegna nel lavoro perché avverte
l’imprenditore come uno speculatore».
«E
cosa può accadere con questo scenario?»,
chiede Telese.
«Può
accadere qualcosa di straordinario
– risponde Nunziante – se
parte una stagione riconciliante. In questo senso la politica deve
mostrarsi illuminante, dialogando con le parti, tutte le parti,
altrimenti non si va da nessuna parte».
È da rilevare che nell’edizione
cartacea compare, invece, un passaggio che è assente in quella on
line:
«Non
puoi far passare il mercato del lavoro da ipergarantito a
iperselvaggio, dalla mattina alla sera –
dice Nunziante – Servono
tutele, garanzie, non puoi lasciare la gente nel nulla e dirle:
“Arrangiati!”».
Tralasciando le ragioni che possano spiegare la differenza tra le due
edizioni, c’è da supporre che i due passaggi vadano integrati, con
ciò ricomponendo quello che a pieno diritto può dirsi un manifesto
politico. Ed è qui che trovo conferma di quella «insana
aspirazione a farsi Partito della Nazione»
(Malvino,
1.1.2016) che nel «fenomeno
Zalone» a
me pare più che evidente.
La «riconciliazione»
è intesa come sospensione della dialettica dei conflitti sociali,
come reductio
ad un unum
delle partes che giocoforza non possono esprimere altro che
interessi contrapposti, con la conseguente omogeneizzazione dei
partiti su un progetto senza alternative, sostanzialmente di tipo
organicistico. È il ritorno al corporativismo, ma ovviamente in
versione light, col tanto di vago che lasci nel dubbio se
l’intenzione
sia quella di andare a pescare nel Compendio
della Dottrina Sociale della Chiesa
o nella Carta
del Lavoro
del 1927.
So che solleverò perplessità con quanto dico: credo che siamo dinanzi al progetto di blocco sociale che abortì in
mano a Silvio Berlusconi, ma che, con la dovuta operazione di
restyling, è riproposto da Matteo Renzi. Con maggiori possibilità
di buona riuscita, occorre dire, perché stavolta il paternalismo è
assai meno arcigno: «Noi
vorremo dire, anche attraverso la maschera beffarda di Checco, che
non puoi colpire i più deboli».
Si dia inizio, ordunque, alla «stagione
riconciliante»:
promettano di non rompere il cazzo e chi di dovere riuscirà a
mostrarsi «illuminante». (Qui, forse, Nunziante intendeva dire «illuminato»,
ma Checco ha preso il sopravvento.)
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