Se
non si fa proprio l’atto di fede
che nella Chiesa afferma essere permanente l’azione
dello Spirito Santo, si pone il problema di come la sua istituzione
abbia potuto sfidare i secoli superando crisi spesso drammatiche.
Senza sottovalutare affatto la straordinaria serie di fattori che nel
tardoantico le hanno consentito di germinare, radicarsi e crescere,
c’è da chiedersi come abbia
potuto resistere all’usura che
intanto andava dissolvendo tutto ciò che le era d’intorno,
per giunta riuscendo sempre a parare i colpi micidiali che intanto le
venivano inferti da potenti antagonisti esterni e interni,
rinnovandosi costantemente, pur riaffermando di essere sempre uguale
a se stessa, per trovare modo di perpetuarsi in un continuo
adattamento al secolo. È questione sulla quale gli storici sono
concordi: la Chiesa ha avuto il merito di saper costantemente
sfruttare al meglio, facendole proprie, le eccellenze che da subito
ha coltivato nei campi del sapere, prima in concorrenza e poi in
regime di monopolio. Con l’oculata
scelta di farsi detentrice unica del lavoro intellettuale in tutti i
campi della conoscenza umana, ha presto acquisito strumenti
insuperabili per selezionare le migliori intelligenze che fiorivano
nel vasto impero che le era assoggettato, indirizzandole al servizio
cui sarebbero state destinate fin dai primi segni che esse davano di
sé, per edificare il prototipo di quell’intellettuale collettivo,
strutturalmente e funzionalmente organico, magistralmente descritto
da Antonio Gramsci nel Quaderno XII. Perché questo fosse possibile
era necessario che fosse possibile la promozione sociale dei più
dotati, e che questa promozione fosse scrupolosamente programmata,
attentamente curata lungo tutto il suo gradiente, per assicurare un
continuo apporto di energie fresche. È così che si spiega la
costruzione di una élite in continuo adeguamento ai tempi e, allo
stesso tempo, in grado di condizionarli. In tal senso, il celibato
del chierico acquisiva un significato ulteriore rispetto all’esigenza
primaria di non disperdere il patrimonio della Chiesa: impediva la
costituzione di linee ereditarie nella detenzione di cariche,
rimettendo al merito la loro attribuzione. In sostanza, l’élite
ecclesiastica si dava regole che la rendevano strettamente funzionale
al più generale interesse di un’istituzione
che fin dall’autocomprensione
e dall’autorappresentazione
di corpo mistico del Cristo vivente non poteva darsi altra struttura
che di tipo organicistico. Regole ben diverse da quelle dell’élite
che si strutturano in caste impermeabili all’apporto
di meriti esterni a quella che si dà forma in cerchia che tutela un
interesse di classe, e che tende a trasmettere alla progenie, col
patrimonio materiale, anche quello della conoscenza. Siamo dinanzi al
problema che affligge in radice il liberismo per la facoltà concessa
all’individuo
di poter trasmettere la proprietà privata ai propri eredi, di fatto
abolendo la condizione di parità in partenza che in teoria dovrebbe
coniugare al meglio libertà e uguaglianza: problema sostanzialmente
irrisolvibile, data la natura del contratto umano che lega padri e
figli. Il pericolo più grosso corso dalla Chiesa nel corso della sua
storia fu quello che col nepotismo rese liberamente trasferibile la
carica ecclesiastica lungo l’asse
ereditario naturale, negazione in principio di quello della dinastia
apostolica. Così per l’élite
che blocca l’ascensore
sociale: per quanto possa essere feroce la difesa delle proprie
prerogative e dei propri privilegi, il sistema col quale nega
l’accesso
a chi ne ha merito è il dispositivo a tempo che ne causa
l’autodistruzione.
RispondiElimina1) la chiesa ha perso da secoli il monopolio o semplicemente il primato nella cultura. Al contrario, non mi sembra che all'attuale élite finanziaria manchino mezzi e modi per cooptare i più bravi...
2 ) per risolvere il problema irrisolvibile del liberalismo ha mai considerato ad una bella tassa di successione ? Diciamo del 40 % ?
1) cooptarli come manovalanza
Elimina2) 40% sarebbe ancora poco
1 ) in un certo senso. Ma anche Tommaso d'Aquino era, in questo stesso senso, "manovalanza". La maggioranza dei Dottori della Chiesa, quando erano in vita, contavano come il due di picche in termini di potere.
Elimina2 ) questo è marxismo pratico. Come dire: o la rivoluzione o niente.
1) temo ci sia ambiguità sul concetto di "potere", comunque anche il rozzo pastorello poteva diventare cardinale.
Elimina2) sta cercando di spaventarmi, vero?
la probabilità che un pastorello diventasse cardinale è andata soggetta a notevoli alti e bassi nella storia. Come la probabilità che quel pastorello diventasse un imprenditore di successo ( fase del capitalismo shumpeteriano ). Ma il punto è una altro. Con quali criteri era selezionato quel pastorello ? Era preponderante l'intelligenza o la capacità/attitudine a farsi "organico" ? Pur dando per scontato che non potesse essere scemo, io credo che nella storia sia stata sempre preponderante la seconda. Se questo è vero significa che alla durata della chiesa abbia contribuito non tanto la la permeabilità esterna ( che in astratto non viene affatto negata dalle élite moderne ), quanto la scelta del metodo comunitario e il ripudio dell'individualismo.
Elimina2 ) non colgo il riferimento. Lei aveva dato per irrisolvibile il problema della successione. Io ho notato che, pur tenendo presente che "il legno storto difficilmente diventa dritto per legge", tuttavia una bella tassa sulle successioni contribuirebbe a rendere accettabile la contraddizione tra uguaglianza e libertà. Dire che il 40 % è poco e quindi, di fatto, neutralizzare la possibilità stessa di una riforma in tal senso, ricorda, secondo me, l'atteggiamento di molti marxisti che ad ogni idea di riforma contrappongono la necessità della rivoluzione.
ma chi la spaventa a lei?
Eliminabasta ricordare tra le tante, le sue "perle" piu' recenti"
- terzomondismo d' accatto e sensibilità notevole a strage appena avvenuta ( post sul massacro di Dacca)
- utilizzo improprio dei "ferri" del mestiere ( categorie diagnostiche psichiatriche)a fini di polemica politica ( post sul narcisismo di Renzi)
per comprendere che tanta "spregiudicatezza" intellettuale, no, non ha paura di niente
alessandro riccio
@chissacosera
Eliminail problema del '40%', ma può essere 4 o 80 non importa, è che non intacca la _dinamica_ dell'accumulazione di capitale che uccide ogni meritocrazia. I soldi tendono a farsi da soli, in due righe non riesco ad argomentarlo come si deve, tenga conto che in parecchi ci hanno scritto libri interi (di argomentazioni).
La crisi del capitalismo è qualcosa di veramente strutturale, anche senza invocare rivoluzioni è necessaria una bella virata.
@ chissacosera
Elimina1) Era certamente preponderante la capacità/attitudine a farsi organico, l'ho scritto, come ho scritto pure che non siano mancati momenti in cui col nepotismo si "rese liberamente trasferibile la carica ecclesiastica lungo l’asse ereditario naturale". Ma che oggi l'ascensore sociale sia bloccato - o comunque funzioni pochissimo - mi pare sia indiscutibile.
2) Ho scritto che il "problema [è] sostanzialmente irrisolvibile, data la natura del contratto umano che lega padri e figli", ovvio dunque che ogni intervento legislativo atto a metter mano sull'eredità sia di fatto "rivoluzionario", "violento", anche se mitigato in forma di tassa di successione. Interveniva l'ironia a darmi modo di schermirmi da ogni possibile critica in tal senso.
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@ alessandro riccio
Nel post sul massacro di Dacca mi sono limitato a porre la questione, ampiamente ignorata dagli organi di informazione, del cosa ci facessero in Bangladesh degli imprenditori italiani nel campo tessile. Lei dice sia terzomondismo, e per di più d'accatto. Sono dolente, ma non colgo gli estremi della sua critica. Né riesco a coglierli nell'accusa del ricorso agli studi in campo psicoanalitico per trattare uno stile di leadership: è strumento d'uso corrente anche quando il leader non paghi regolare parcella. Quando la leadership è di tipo personale, la persona non può sottrarsi all'analisi. Mi contesti nel merito la diagnosi, se ne è capace, ma lasci perdere l'accusa di "utilizzo improprio", perché è estremamente debole, e comunque non mi ferisce. In quanto alla "spregiudicatezza" intellettuale, me l'appunto al petto come medaglia a un umile soldatino che fa la sua umile parte nella grande guerra ai pregiudizi.
Ho risposto a chissacosera prima di leggere il commento di Stefano, che ora sottoscrivo. In questo faccio mia l'analisi che la scorsa settimana era sull'Economist: il liberalismo non ha saputo dare adeguata responsabilità alla libertà, non ha saputo darsi regole che impedissero il furto di libertà.
EliminaLa verità è che San Paolo ce se magna ancora a tutti, checché ne dica lei o Blumenberg.
RispondiElimina'basterebbe' l'imposta progressiva sul capitale teorizzata da Piketty (la faccio brevissima: fino a che la rendita da capitale è molto più alta di quella da lavoro la disuguaglianza si accentua).
RispondiEliminaMolto meglio.
EliminaDa qualche tempo, per la Chiesa si pone il problema che l'ordinazione non è più vista come luogo di promozione sociale dai "più dotati" (perlomeno in Occidente). Di questo passo, domando, riusciranno a mantenere elevati i criteri di selezione? Francesco I - nonostante il gradimento mediatico e una buona resa pastorale per il gregge - non è, forse, un segno evidente di declino?
RispondiEliminaOT (ma mica tanto)
Occorre rendere pieno merito a una prosa argomentativa di rara eleganza, con una struttura periodiale che accarezza la mente del lettore. La lingua italiana scritta rende grazie.
Credo che ogni soluzione alternativa all'ordinazione (l'apostolato diffuso, per esempio) riuscirà probabilmente a mantenere un certo livello. Il problema è il calo relativo (ma anche assoluto) della qualità della formazione seminariale, a fronte dell'istruzione di massa che ha sottratto alla Chiesa il monopolio. In quanto a Bergoglio, sì, siamo in piena crisi. E tieni presente che si tratta di un gesuita: le cazzate che spara sono davvero imbarazzanti, anche a interpretarle come furbate, come in buona misura sono.
Elimina(Complimento esagerato.)
veramente interessante e ben articolato, complimenti
RispondiEliminaMatteoZ
La cazzata più bella dei commenti è quella del" marxismo pratico".
RispondiEliminaUna chicca, degna del sorgere di un nuovo "intellettuale "organico a se stesso.
Sembra il sorgere di una nuova corrente filosofica.
L'alba di un nuovo mondo .
caino
RispondiElimina@ Malvino
capito, grazie. Malvino, le confesso che il motivo che mi spinge a seguire questo blog è, oltre alla maestria della sua prova, il desiderio di capire l'atteggiamento liberale verso le diseguaglianze sociali e la povertà. Mi è sempre sembrato molto ambiguo, non sono mai riuscito a capirlo.
@ Stefano
sì, su questo sono d'accordo. Il vero problema è che "i soldi tendono a farsi da soli". Ma non è una novità. Già Keynes auspicava la morte del rentier. Probabilmente ciò che occorrerebbe adesso è un keynesismo depurato dalle sue debolezze politiche.
@ Caino
scusi, ha fatto caso che tutti i marxisti benestanti sono contro l'uscita dall'euro ?