Fra
i tanti miei difetti metto al secondo posto quello di non riuscire a
dare alla visione d’insieme
neanche un decimo dell’attenzione
che do ai dettagli (al primo posto, invece, metto quello di concedere
pubblicamente che siano difetti quelli che nell’intimo
considero essere pregi), e questo accade sempre, da sempre, di fronte
a un quadro, nella scelta di un capo di abbigliamento, nella lettura
di un testo...
Il «bellissimo pezzo»
di Luca Sofri segnalato ieri da Massimo Mantellini, per esempio: mi
sarò certamente perso l’armonia
del tutto, ma a tre quarti del pezzo, che fin lì s’era
risolto per metà nel riportare brani di un articolo di recente
apparso sul Washington
Post
e per metà nel farne l’eco,
l’attenzione
s’è
appuntata su un dettaglio, e di lì non s’è
più mossa.
«Ci
sono in Italia
– ho letto – almeno
cinque giornali, per restare ai quotidiani, la cui priorità è
l’avvelenamento dei pozzi e la costruzione di un continuo
risentimento nei propri lettori da indirizzare contro qualcosa o
qualcuno».
Almeno cinque? E quali? Libero,
La
Verità,
il
Giornale...
E poi? Il
Fatto?
Ok, pure Il
Fatto
ci sta, ma poi? Quale sarebbe il quinto quotidiano che semina
zizzania a larghe mani e aizza i propri lettori al linciaggio di chi
gli sta sul cazzo?
A me non viene in mente altri che Il
Foglio,
e manco tanto Il
Foglio
diretto da Claudio Cerasa, che, poverino, cerca di ferrareggiare, ma
con risultati assai scadenti, quanto Il
Foglio
sul quale scriveva pure Luca Sofri, mai sapremo se perché facesse
andare in estasi il direttore per la sua prosa o se perché
raccomandato dal papà.
Era Il
Foglio
che massacrava d’improperi
il politically
correct,
che lamentava l’attacco
a Dio, Patria e Famiglia sferrato dalla lobby gay e laicista, che
denunciava la pretesa della scienza a dire sempre l’ultima
parola su temi che solo i cretini potevano ritenere fossero
scientifici, e invece erano teologici, che definiva bufala il global
warming
e che tuonava contro l’evoluzionismo.
Era Il
Foglio che
chiamava a raccolta i suoi lettori per bersagliare di frizzi, lazzi e
fumanti palle di letame ora Roberto Benigni, ora Furio Colombo, ora
Emma Bonino, e a chi faceva centro era assicurato un affettuoso
occhiolino, ma soprattutto era Il
Foglio
che si sperticava in lodi per la figura del leader dai modi spicci,
schmittianamente inteso come signore dello «stato
d’eccezione»,
e fanculo alla lettera della Costituzione, ignorante del tanto da
poterlo dire cazzuto, volgare del tanto da poterlo dire pop,
gaffeur
del tanto da poterlo dire al di là del bene e del male.
Poi era
pure Il
Foglio
che di fronte ai barconi di migranti invitava a frenare la pietà
perché «il
sentimento benigno fa in questo caso la piaga purulenta»
(12.1.2010 – pag. 3), e per il quale ogni politica d’integrazione
era pia illusione destinata piuttosto a spalancare le porte
all’invasore
musulmano...
Un giornale salviniano e trumpiano ante
litteram,
direi.
«Tollerare
gli avvelenatori di pozzi –
scrive oggi Luca Sofri – permette
di chiudere un occhio sulla propria parte di avvelenamento».
Pienamente d’accordo,
ma quante volte, su quelle pagine, s’è
ritrovato pubblicato accanto a un Camillo Langone che denunciava
l’ingravescente
meticciato che sempre più affliggeva il popolo italiano, e ha chiuso
un occhio? Gradiremmo avere la lista di quei cinque giornali per capire se quell’occhio, poi, l’ha riaperto.
Se n'è discusso su hookii, il quinto è Il Tempo.
RispondiEliminaMa va'?
EliminaOggigiorno, signora mia, il passato prossimo diventa facilmente archeologia.
RispondiEliminaC'è da dire che Luca Sofri ha una prosa talmente zoppicante e aggrovigliata che la sua, gentile Malvino, al confronto pare Gianni Rodari.
RispondiEliminaIo sinceramente pensavo che il quinto fosse Repubblica
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