Coi
tempi che corrono, pensare a un Codice della Comunicazione, alle cui
regole debba attenersi chiunque voglia prendere la parola nel
dibattito pubblico, pena il privarsene del diritto, è più folle che pensare a «un’Europa
libera e unita»
nel 1941. Più folle, perché le condizioni che diedero vita al
Manifesto
di Ventotene
oggi mancano.
Scrive Colorni, infatti, che la cosa prese vita in un
«ambiente
d’eccezione,
fra le maglie di una rigidissima disciplina»,
mossa da «un
processo di ripensamento di tutti i problemi che avevano costituito
il motivo stesso dell’azione
compiuta e dell’atteggiamento
preso nella lotta». In
più, c’era
che, a lui, a Rossi e a Spinelli, «la
lontananza dalla vita politica concreta»
era imposta dal confino, e dunque quello «sguardo
più distaccato»,
che avrebbe consentito loro di «rivedere
le posizioni tradizionali, ricercando i motivi degli insuccessi
passati non tanto in errori tecnici [...], quanto in insufficienze
dell’impostazione
generale»,
era quanto di necessità virtù. Un altrettale «ambiente
d’eccezione»
oggi è inimmaginabile.
A nessuno, infatti, manca il giga necessario
per fare – diciamo – «vita
politica concreta»,
e ogni «sguardo
più distaccato»
è generalmente percepito come imperdonabile insensibilità dinanzi
al dovere di schierarsi, nella migliore delle ipotesi, se non come
sostanziale solidità col nemico, nella peggiore. In quanto al
«rivedere»
le proprie «posizioni
tradizionali»,
manco a parlarne: si corre il rischio di essere marchiati a fuoco
come opportunisti, conformisti di ritorno, voltagabbana. Intoccabile,
poi, è ogni «impostazione
generale»,
se nel parallelo qui proposto così vogliamo definire l’armamentario
di pregiudizi coi quali si scende in campo, perché mettere in
discussione la ragione stessa del twittare pro o contro sovvertirebbe
la Weltanschauung
che a ogni passero, a ogni corvo e a ogni cinciallegra dà la
sensazione di avere occhio di falco, ali d’aquila
e becco di sparviero. Di «rigidissima
disciplina»,
infine, meglio non parlarne in tempi in cui i saggisti hanno pose da
romanzieri e, più che articolare concetti, argomentare analisi e
sistematizzare tesi, in libricini che raramente superano le 200
pagine frullano citazioni, fatterelli, immagini, suggestioni, con una
incoercibile tentazione all’intrattenimento.
Ciò nonostante, in ogni dove si è concordi sul ritenere che le
parole siano pietre, e che dovrebbero servire a costruire templi e
case, a lastricare piazze e strade, piuttosto che ad essere impiegate
in brutali sassaiole. Ti avvicini, guardi chi l’ha
detto, e in fronte ha un bernoccolo, e in mano una fionda: piange,
sanguina, e intanto prende la mira per restituire il colpo.
Sarebbe
ingiusto, tuttavia, farne una questione morale: quando la posta in
gioco è uccidere o morire – e poco importa se lo sia davvero o
come tale è percepita, perché è la percezione che apre la partita
– non si può biasimare che ogni mezzo giustifichi il fine: a
fallacia, dunque, fallacia e mezza; mistificazione contro
mistificazione, con l’attenzione
– quando c’è
– a fare in modo che la mia sia meno scoperta della tua.
E allora a
chi potrebbe mai venire la folle idea di credere possibile un Codice della
Comunicazione? Solo a chi, come a Colorni, Spinelli e Rossi, è fuori
dalla partita. Solo a chi, come loro, nutra l’illusione
che, affrescata l’utopia,
a nessuno possa venire in mente di spicconarla. Condizioni
incompatibili: chi è fuori dalla partita, lo è proprio perché non
nutre più alcuna illusione.
buona l'ultima e c'entrata quella sui libricini
RispondiEliminaIo però un romanzetto storico-erotico quasi quasi lo scrivo, ambientato a Ventotene. Naturalmente, ci sarebbe un trio di protagonisti, anzi una quaterna, con una storia di corna. Il finale è triste, e non solo perché il cornuto muore, ma anche e soprattutto perché, qualche anno dopo, Altiero non usò il preservativo.
RispondiEliminaChe le parole siano pietre..
RispondiEliminaEgr Malvino ,che le parole siano pietre è " fuor di dubbio".
Semmai si potrebbe dedicare un saggio sul come si sia giunti a tal punto.
Lungi da me volerci provare , ma una cosa può apparire evidente e cioè che esiste una logica di fondo ed è quella che se si mettono in mano al "popolo" generico le pietre allora può finire che come succede, "quelli" le tirino,soprattutto poi se qualcuno dei "capi" comincia per primo.
Ma esiste ancora una logica ancor più sottesa e cioè quella "diciamo economica".
Se qualcuno fabbrica una bomba atomica finisce che prima o poi qualche "buontempone" la tiri.
Così è avvenuto e per dire.. : computer ,cellulari, smartphone ,sono tante atomichette a prezzi popolari ,che messe insieme e opportunamente pilotate come sovente avviene ,provocano quello a cui assistiamo.
Cosa volete, la tecnologia da, la tecnologia toglie..legge di sviluppo..di una certe economia ..oh dio, e se poi vanno a farsi "friggere" etica e morale" pazienza!
E' democrazia in fondo, in fondo !
ma viene da chiedersi quale democrazia ?
caino
E io che pensavo di essermela cavata con "a nessuno manca un giga per..."
Eliminamah, a me le condizioni per un codice della comunicazione quale quello auspicato sembrano straordinariamente propizie. A patto che non si voglia imporlo al dibattito pubblico, cosa che leggo come una boutade. Perché non prova a scrivere le regole di questo codice e ad invitare quanti abbiano un idem sentire ad abbandonare il barbaro dibattito pubblico e ad autoconfinarsi su qualche forum on line. Chi lo sa, magari ne esce fuori un nuovo Manifesto 😊.
RispondiEliminaE io che pensavo di essermela cavata con "chi è fuori dalla partita non nutre più alcuna illusione..."
EliminaCapisco, ma mi sembrerebbe interessante sapere se per lei l'impossibilità di un Codice della Comunicazione sia di natura tecnica (impossibilità intrinseca di fissare regole cogenti in questo campo ) o di natura socio-politica (impossibilità che venga accettato). Io penso e con me molti altri che sia di natura tecnica prima che socio-politica, quindi penso che mostrare un esempio di un tale codice sarebbe opera altamente meritoria, a prescindere da una sua applicazione. Anche quella di non avere più illusioni può essere un'illusione...
EliminaC'è una difficoltà di natura tecnica, non un'impossibilità. Nell'ambito della logica proposizionale le regole ci sono, e sono condivisibili. Partendo da quelle, ritengo sia possibile un Codice della Comunicazione. Lo scoglio sta nella sua accettazione e, ancor più, nel dargli applicazione e nell'impedire che, "che, affrescata l'utopia, a nessuno possa venire in mente di spicconarla": criticità "di natura socio-politica", come dice lei. In quanto a "un esempio di tale codice", avrebbe necessariamente da essere opera collettiva. In forma frammentaria, su queste pagine, ho a lungo ragionato intorno a una sua Prefazione.
EliminaDunque, per chi avesse assistito al "dialogo"di iersera mughini- sgarbi ,direi che i Goti ormai hanno varcato il Danubio in modo pacifico ,e a noi non resta che Adrianopoli.
RispondiEliminaO sbaglio ?
Per cui val la pena di resuscitare Alberto Manzi ?
caino
Malvino, le faccio i miei complimenti, è riuscito in una impresa impossibile: rendere presentabile un commentatore come Erasmo famoso per i suoi comportamenti da troll.
RispondiEliminaNon faccio ironia, Malvino. Diamo ad Erasmo quel che è di Erasmo. Qui si comporta in maniera corretta, non scatena war of flames, rispetta gli interlocutori, non offende ed è, incredibili a dirsi, costruttivo.
Evidentemente, si è reso conto che stare con i suoi compari di merenda a lungo andare lo danneggia. Devo solo fare dei passi se vuole accreditarsi definitivamente, come ho detto nella sua pagina. Ovviamente non lo dico qui.
Cordiali saluti
JT
Ci prendiamo tutti un po' troppo sul serio, on line.
Elimina