In voveo
c’è
un esplicito offrirmi a quel che dichiaro di vovere (del tutto assente in volo, desidero, cupio, opto, postulo, coi quali
esprimo il tratto eminentemente attivo della volontà che aspira, ambisce, brama,
preferisce, richiede), sicché col suo participio passato, votum, esprimo una sollecitudine che, per intensità di investimento
emotivo, è inferiore solo alla devotio che implicherei in devoveo: col votum non mi limito a dichiarare quel
che desidero, ma mi do in pegno perché si realizzi. In altri termini, dichiaro
un impegno che connota le motivazioni ideali del bisogno che esprimo, conferendo
al mio desiderio il valore di un servizio prestato a un’istanza superiore... Dio, come fila tutto liscio nel cavare il significato
di un termine dal suo etimo. Si rimette ordine al mondo, direi.
I partiti, per
esempio, quelli che chiedono il nostro votum,
tanto per intenderci: partitus è
participio passato di partiri, partiti sono le partes in cui la società viene a farsi plurale nell’esprimere
aspirazioni diverse, ovviamente confliggenti fra di loro, e nel numero dei rispettivi vota si
appalesano le loro forze, sicché votare significa… Meglio riporre il dizionario etimologico, il mondo si è fatto refrattario all’ordine.
Ammesso e non concesso, infatti, che i partiti esprimano bisogni dettati da istanze superiori, è pressoché
impossibile trovare coincidenza tra le aspirazioni che dichiarano e quelle mie:
mi è negato il votum, tutt’al più mi resta un cupitum, un optatum (peccato che velle
non abbia participio passato, sarebbe l’optimum). Volendo conservare al votum quel che di etimo residua in esso, quindi, non resterebbe che
votare il menopeggio, il minimo di votum, sennò
astenersi. Per l’irrisorio peso di un
singolo voto, tuttavia, resta una terza via: il disimpegno attivo, il voto che sancisce la rassegnazione al disordine, votare il peggio del peggio.
ed è quello che pensarono non pochi nel 1924
RispondiEliminaNon abbiamo il favore della controprova, ma, stante il contesto, qual era il voto giusto?
Eliminasappiamo qual era il voto sbagliato in un contesto di legge acerbo; dunque, eccetto quel voto, tutti gli altri andavano bene; ad ogni modo votare grillo o chiunque altro non cambia nulla nel contesto attuale e mi pare che il tuo orientamento fosse l'astensione. hai tutto il diritto di cambiare idea ma o era sbagliata quella o è sbagliata questa. e comunque il punto, lo sai bene, non è questione di M5S o Union Valdôtaine, e al di là della battuta che si fa apprezzare, sai altrettanto bene che nel tuo orto puoi condizionare il raccolto, per quanto modesto in rapporto ai grandi numeri. ma poi perché ti scrivo queste cose non lo so nemmeno io: mistero.
EliminaSe mi dici chi sei, provo a svelartelo.
EliminaOrmai ogni enne post uno lo dedica a spiegare ogni volta da un punto di vista diverso la sua intenzione di votare M5S alle europee e ok, ci sta.
RispondiEliminaMa la domanda che la prego di leggere come pura curiosità è:
La decisione è presa e i post sono quindi rivolti a chi leggendola potrebbe sentire la necessità di qualche elemento utile a non considerarla scelta superficiale, quindi fa leva sull'orgoglio, oppure la scelta è ancora in fase di valutazione e i post sono quindi dialoghi con sé stesso fatti ad alta voce per procedere passo passo verso la decisione solo dopo aver valutato ogni implicazione più o meno filosofica possibile, così che l'eventuale voto sia a quel punto esente dal rischio di scoprirsi (dopo) capace di fare scelte di pura pancia, quindi fa leva sull'autostima?
A margine e per puro colore:
Fino al post precedente il percorso mi era chiaro mentre leggendo quest'ultimo la comprensione mi è tornata più difficile.
Seguendo la logica che fa da matrice a quest'ultima analisi, in sostanza, il "peggio del peggio" non dovrebbe (più) essere il M5S.
L'analisi dell'intervista a Mentana la concluse con
"Penso che rassegnarsi al peggio sia infruttuoso, tanto vale assecondarlo per affrettare i tempi."
Quindi il M5S fino al post precedente era per lei l'identificazione del concetto di "peggio".
A questo punto se il voto dev'essere dato al peggio del peggio, se ne dovrebbe ricavare un voto a quel peggio che la portò a valutare peggiore il M5S e quindi all'anello definitivo della catena involutiva del senso del concetto di Peggio.
Seguendo questo suo ultimo post però alla fine di quella catena che va percorsa a ritroso non dovrebbe trovarsi Grillo, ma Renzi stesso.
Che fatto l'M5S il "peggio" è appunto il "peggio del peggio".
Non sarebbe quello il vero e unico realizzarsi del desiderio di contribuire al disordine, votare esattamente chi l'ha portata a spingersi ad assecondare ciò che per lei è il peggio?
Votare quindi chi è peggio di quel peggio?
No eh.
Mh.
Ci ho provato.
(non a convincerla a votare PD, ma a dissuaderla dal regalare quel peso irrisorio di un singolo voto al M5S)
Ragionamento un po' paradossale che mi può star bene, tranne che per un "piccolo" dettaglio: quello che tu indichi come 'il peggio del peggio', a mio avviso non lo è.
RispondiEliminaPoi, se si vuole una cosa più ammodo e pulitina, molto d'élite, c'è l'opzione Tsipras, lista che fa un discorso molto simile a quello del M5S ed è sostenuta da personalità importanti (i famosi "professoroni- parrucconi"): io la guardo con simpatia e le auguro di superare l'assurdo sbarramento del 4%, ma non me la sento di votarla.
Preferisco mandare in Europa molti, molti, molti alieni 5Stelle, penso che ne abbiamo un gran bisogno.
In realtà pensavo all'Union Valdôtaine.
RispondiEliminaLei sta rivalutando Forza Italia,( non c'è quel simpaticone di Dell'Utri ), preferenza Mastella o Mussolini.
RispondiEliminaRogra
"Per l’irrisorio peso di un singolo voto, tuttavia, resta una terza via: il disimpegno attivo, il voto che sancisce la rassegnazione al disordine, votare il peggio del peggio."
RispondiEliminaCiò mi ha ispirato i seguenti interrogativi/obiezioni.
1) Rassegnarsi al disordine è rassegnarsi al disordine, non necessariamente al "peggio del peggio". Infatti, fra l'altro, per quanto reazionari e fascisti la pensino diversamente, non è detto che il disordine sia necessariamente qualcosa di negativo, figurarsi il peggio del peggio.
2) Anche rassegnarsi rientra in genere in un disegno teleologico. Lei intende forse dire che votare il peggio del peggio servirebbe a far scoppiare finalmente la pentola, dopo di che si potrà ricominciare da capo, con sani e saldi principi? Oppure che, nell'impossibilità di esercitare un autentico "votum" - piuttosto che ammattire - sia meglio tout court fuggire e concedersi alle sirene del "cupio dissolvi" (la famosa lobotomia di "Qualcuno votò sul nido del cuculo"?)
A parte tutto devo dire che, con la scusa del significato intimo etimologico di "votum", il suo post rende un mirabile resoconto dello stato d'animo in cui si ritrova una certa parte di elettorato italiano (ma non solo italiano). La parte di quelli più attenti ai nostri guai socio/politici e più consapevoli dei propri diritti. Quelli perciò che più degli altri percepiscono il degrado e l'impossibilità di poterli esercitare davvero. Quelli che nelle imminenze del "votum" propendono per il "vo-mi-tum".
Caro Malvino, Il movimento 5s si contende il titolo del peggio del peggio con FI.
RispondiEliminaè una bella (?) partita tra "amici" della legalita'(?) e amici del fanatismo(!).....
Da un lato abbiamo un partito "azienda-clan", che al netto dei pochi in buona fede(?) è impregnato di fascistelli e inquisiti, dall' altro un movimento organizzato come una setta, con l' idea della democrazia diretta sui server della casaleggio associati, che fa della demagogia, della falsificazione "forwardata", attraverso catene di san antonio sui social il proprio principale "metodo" politico; un movimento fatto di persone per cui se non sei d'accordo con loro o sei un colluso o un idiota è un movimento che ha la testa che puzza; puzza quanto il partito-azienda-clan del tramontante silvietto.
Per crescere come cittadini e come classe politica non abbiamo davvero bisogno del metodo 5s, omettendo sull' improvvisazione, disomogeneita' e contradittorieta' di molte proposte nel merito(non tutte,ma purtroppo la maggioranza)
la rivoluzione in Italia la si fa con la passione e la razionalita', non con le grida e le sceneggiate, anche quelle 2.0; inoltre nonstante le teorie del 5s, destra e sinistra esistono e non è stato ancora inventato nulla migliore della democrazia rappresentativa
azzilandro
Mezzo O.T.
RispondiEliminaMi appresto ad acquistare un dizionario di latino, e mi piacerebbe andare oltre IL Castiglioni Mariotti del liceo, che ho prestato senza speranza di riaverlo indietro; mi piacerebbe averne uno che contenga almeno dei cenni all'etimologia dei vocaboli latini. Cosa mi consigli?
Difficile trovare un dizionario di latino che dedichi questa attenzione in modo sistematico (più facile trovarla in un dizionario di italiano, e allora Treccani e Devoto-Oli possono andar bene), ma quello che vi risponde meglio è forse il Badellino-Georges-Calonghi. Se l'interesse è quello emintemente etimologico, però, c'è il Pianigiani che ha più di cent'anni ma, a mio modesto avviso, è ancora insuperato. Mettendoci vicino il Nuovo etimologico della Zanichelli, si copre gran parte dello scibile.
EliminaGrazie delle indicazioni; il Pianigiani per nostra fortuna è tutto on-line, e ci ricorro spesso, come seconda lettura, dopo il Nuovo etimologico che possiedo cartaceo. Parliamo del Cortelazzo, penso. Devo dire che non sempre mi soddisfa, mi appare prudente o rinunciatario su alcuni etimi dove ho l'impressione di intuire qualcosa in più con i miei scarsi mezzi.
EliminaSpesso ho trovato più ricco, o meno prudente, lo Zingarelli, che - sempre per l'Italiano - approfondisce molto l'etimologia delle parole.
Molto interessante mi pare il Badellino-Georges-Calonghi, che spero di visionare al più presto in biblioteca, prima di affrontarne l'acquisto, tuttaltro che semplice, dato che risulta non disponbile in tutte le librerie on-line che ho consultato. Mi rimane ebay, ma i prezzi sono alti e le edizioni molto vecchie.
Grazie comunque per le indicazioni.