«L’italiano
non è l’italiano: è il ragionare»
Leonardo
Sciascia, Una storia semplice (1989)
Quando
si parla di analfabetismo funzionale, ci si limita a
considerare
l’incapacità
di comprendere un testo relativamente semplice, produrne
uno sufficientemente adeguato a esprimere quanto sia nelle intenzioni
di chi scrive, eseguire calcoli anche estremamente facili e risolvere
problemi non eccessivamente complicati – incapacità che per
ciascuna delle dette operazioni è opportunamente valutabile grazie a
test che ne rivelano la gravità caso per caso – come espressione
di un mero deficit di nozioni, che per quanto attiene al leggere e
allo scrivere sarebbero grammaticali, sintattiche e lessicali, quasi
che il problema debba ritenersi relativo solo al grado di istruzione,
e in sostanza all’acquisizione,
al corretto uso, alla
necessaria manutenzione degli utensili impiegati per comunicare,
dimenticando che a informare la struttura del linguaggio sono le
leggi della logica, sicché non è affatto azzardato affermare che a
ogni analfabeta funzionale corrisponda un individuo che non ragiona
affatto o che ragiona male.
Questo
primo capoverso poteva essere spezzettato in dieci frasi per renderne
più agevole la lettura? Senza dubbio, ma a che scopo? Per non
pretendere dal lettore una continuità di attenzione che già a un
terzo della sua lunghezza – concedo – può risultare faticosa. È
così che deve
aver preso piede la premura di costruire frasi brevi: dal tronco
della proposizione principale vengono potate le coordinate, le
subordinate e le incidentali, senza togliere efficacia comunicativa
al testo, sia chiaro, ma rinunciando a dargli una forma che
corrisponda all’articolazione
logica che lo sostiene. In altri termini, la scelta è quella di
disarticolare i processi logici, ritenendo che non sia essenziale
assicurarne la continuità per dar ragione del loro sviluppo.
D’altronde,
se si ha contezza del fatto che di analfabetismo
funzionale soffre oltre l’80% degli italiani (nella sua forma più
grave la percentuale è del 47%),
non c’è
altra scelta: occorre rinunciare a produrre testi che impongano al
lettore la fatica di ragionare. Non mi si fraintenda: con una
scrittura semplice, non faticosa, si possono adeguatamente esprimere
concetti anche assai complessi, senza che l’impianto
argomentativo venga a perdere solidità, né che venga meno la
possibilità di saggiarla. Di fatto, tuttavia, il saggiarla implica
dover ricostruire il processo attraverso il quale l’impianto
argomentativo è venuto a strutturarsi. Poco male, si dirà, in fondo
nulla andrà perso. Certo, ma solo per chi sarà in grado di
riattaccare i rami al tronco: l’analfabeta
funzionale non ne sarà capace, anzi, neppure ne comprenderà il
senso. Si saranno così create le premesse perché a persuaderlo
possa bastare ciò che pensa di aver capito, laddove il testo gliene
offra occasione, poco importa quanto reale. La breccia sarà fatta
per lasciare passare non solo paralogismi e tautologie, ma anche
argomenti validi, se però esposti in modo didattico, il che
giocoforza presuppone la disponibilità ad assegnare autorità senza
poterne valutare pienamente la legittimità.
Il
primato europeo di analfabetismo funzionale di cui l’Italia
continua ad essere l’incontrastata
detentrice fin dalla prima indagine effettuata sul fenomeno non è, dunque, solo un problema strettamente culturale, ma anche, e forse soprattutto, una questione
antropologica, tanto più rimarcabile in quanto tale per l’enorme
divario che la separa dagli altri paesi:
a dispetto degli autori che ci hanno scoraggiato dalla
costruzione di quegli idealtipi cui si dà il nome di «carattere»,
quello italiano
esiste, e ha una ben distinguibile cifra identitaria, che è l’incapacità di ragionare.
hai colpito il bersaglio nel cerchietto più piccolo. resta il tema, non certo collaterale, del perché. per quanto riguarda il mio veneto, specie quello delle province interne, ho un'opinione assai sintetica: retaggio di secoli di carenza di proteine e di sovrabbondanza clericale. insomma, se mi passi la battuta, una questione soprattutto di dieta: niente carne e troppe ostie.
RispondiEliminaCondivido. Mi permetto sommessamente di aggiungere che il "carattere" italiano considera, orgogliosamente, l'incapacità di ragionare come un brillante atto di ribellione: che trova un suo esempio pratico nell'attraversare i binari ferroviari assordati dalle cuffie, ad esempio.
RispondiEliminaStia bene, come sempre è utilissimo passar di qua.
Ghino La Ganga
Analisi scoraggiante ma molto condivisibile.
RispondiEliminaMalvino, ti invito a leggere documenti tecnici come le RFC sulle quali gran parte delle tecnologie comunemente adottate su Internet si basano per avere indizio che la paratassi ragionata, il dipanamento dei concetti, la suddivisione in elenchi puntati o sezioni o ancora la ridefinizione formale di termini comuni non sono necessariamente sintomo di analfabetismo funzionale ma piuttosto di economia del linguaggio e necessità di comunicazione precisa e scevra da preconcetti culturali che sono vieppiù necessarie qualora la platea dei denstinatari sia disomoegenea per provenienza, formazione o altri fattori o l'incorretta ricezione del contenuto sia potenziale fonte di perdita o mancato guadagno—e ciò sia detto da espatriato impiegato in una giovane azienda mitteleuropea a vocazione mondiale.
RispondiEliminaVenendo all'analfabetismo funzionale: parliamo di incapacità di seguire frasi convolute a discrezione del mittente o di dare senso a dati, concetti e rapporti di correlazione o causalità espressi pianamente?
Lei pensa che il mezzo sia una cosa e il messaggio un'altra, io invece penso siano la stessa cosa: tutta qui, l'impossibilità di trovare accordo. D'altra parte, nel post l'ho fatto presente: c'è chi ritiene che l'analfabetismo funzionale sia solo una questione culturale, io non sono d'accordo. Pensavo di aver ampiamente motivato questa mia opinione, ma forse l'ho fatto con frasi troppo convolute e - mea culpa, ovviamente - non le sarà arrivata. Neanche c'è n'era bisogno, in realtà, però è stato bello lo stesso trovarla confermata dalle ragioni che hanno sollevato obiezione. (Convoluta anche quest'ultima frase, ma non perda tempo a cercare quale logica glielo imponesse.)
EliminaTutto condivisibile, secondo me c'è anche una forma di analfabetismo al contrario, in certi casi: persone che, incapaci di dare un senso logico a ciò che vorrebbero esprimere, producono discorsi contorti, contraddittori, o semplicemente pieni di parole (corrette) ma vuoti di significato. Con il risultato di apparire colti e intelligenti, ma in realtà incapaci di ragionare - o comunque incapaci di comunicare il loro ragionamento in modo comprensibile.
RispondiEliminaVivo nel triangolo rosso, quindi poche ostie e molta carne, oltre che vino a fiumi, rigorosamente rosso, e l'ignoranza regna sovrana, quando a scuola ti fanno fare temi di 40 max 80 parole e non si correggono gli orridi tvb tvmmb e coglionerie del genere e solo il prof di matematica costringe ad usare la parola intera per invece della x, capisci che lo sfascio è completo, sono usciti report sul grado di capacità di scrittura e comprensione di testi fatti su laureati, lauree brevi, per carità, ma errori di sintassi e di ortografia da V elementare e allora? Sorvolo per carità di patria sulla conoscenza di una seconda lingua..... e mi tengo stretto. Bell'articolo, ormai per puristi e accademici linci o crusca fa lo stesso.
RispondiEliminaDa analfabeta vi posso assicurare che l'italiano non esiste.
RispondiEliminaLuigi
@Luigi:
EliminaGrazie, ora siamo tutti più tranquilli.
Stia bene.
Ghino La Ganga
:-D
EliminaSono alquanto scettico sul fatto che il fenomeno possa circoscriversi alla nostra penisola e all'italiano, negando di converso che risulti altrettanto frequente in altre realtà geografiche e linguistiche. Rispetto al passato, è ragionevole imputarlo ai nuovi mezzi di comunicazione di massa, soprattutto cinema e tv, che offrono un contenuto predigerito di facile assimilazione. Ma mi pare che ciò sia stato oramai detto e ridetto in qualche migliaio di simposi.
RispondiEliminaE' peraltro inconfutabile che l'italiano comune ami essere persuaso più che informato e che la persuasione necessiti di canali differenti e assai meno sofisticati dell'informazione e della comprensione per svolgere efficacemente il proprio compito, la quale ultima anzi ne rappresenta un sicuro ostacolo.
LB