venerdì 24 febbraio 2017

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Don Pietro Savastano (Fortunato Cerlino) tira giù la zip dei pantaloni, fa pipì in un flute e lo porge a Ciro Di Marzio (Marco DAmore), chiedendogli di bere, di bere tutto, come prova di piena obbedienza e incondizionata sottomissione: «Devo capire se mi posso fidare di te», gli dice. Siamo nel bel mezzo della seconda puntata della prima stagione di Gomorra (Stefano Sollima – Sky Atlantic, 2014), e Ciro Di Marzio beve. Indugia, per qualche istante sembra essere sopraffatto dal disgusto, poi accosta le labbra al bicchiere e manda giù il primo sorso, e sembra scosso come da un conato di vomito, ma lo frena, e beve ancora, beve tutto.
Scena di grande impatto drammatico, ma a Roma, in quello stesso istante, se ne sta girando una molto più forte. È accaduto che una sera Gennaro Migliore è andato a dormire pseudorivoluzionario e s’è svegliato pseudoriformista, è uscito da Sel ed è entrato nel Pd, ma sono passate già due settimane e Matteo Renzi tarda a saldare. Probabilmente deve ancora capire se si può fidare di lui. Starà pensando a quale prova di fedeltà chiedergli. Gli si sarà inceppata la zip. Poi ecco che la cosa si sblocca. A Renzi devessere tornato in mente quello che Migliore ha twittato qualche mese prima («Quello che viene chiamato Italicum ha lo stesso orrendo odore del Porcellum che arriverà a impestilentire tutto il Paese»), e allora riempe il bicchiere e glielo porge: il relatore dellItalicum a Montecitorio sarà lui. Nessun indugio, la relazione va giù come acqua della salute.
«Cambiare idea – scrivevo quattro anni fa – è legittimo, addirittura salutare, perché rivela duttilità mentale, capacità di elaborazione autocritica e rifiuto della coerenza come rappresentazione di un Io infallibile, perciò immutabile. A un patto, però. Che cambiare idea non sia motivato da un tornaconto e che si sia in grado di spiegare in modo adeguato cosa ce l’abbia fatta cambiare, meglio ancora chiarendo il come, cioè in che modo gli argomenti che sostenevano la vecchia sono caduti sotto il peso di quelli che sostengono la nuova» (Cambiare idea Malvino, 3.9.2013).
Comè evidente, formulavo la questione senza far cenno alla questione tempo, perché per «idea» intendevo «opinione»: prendevo in considerazione il cambiare idea su qualcosa, non la radicale trasformazione di un pensiero, soprattutto poi se di un pensiero strutturato su uno schema dottrinario rigido come ci si attenderebbe in chi si dichiara tanto comunista da volerlo addirittura rifondare, il comunismo. Mi si obietterà che il comunismo è una fede, e che una fede si può acquistare o perdere in una frazione di secondo: controbietterò che si può sostenerlo solo giocando sull’ambiguità di un termine come fede, perché è vero che un credo politico può esprimersi in forme assai simili a quelle dellappartenenza ad una confessione religiosa, ma non può darsi in forma di rivelazione.
Passi, dunque, per il cambiare idea sullItalicum, daltronde la legge aveva subìto pure qualche ritocchino. Ma quanto tempo ha impiegato, Migliore, per rifarsi la Weltanschauung? Perché una cosa è chiara, e pare evidente fuor di ogni dubbio dal raffronto tra quanto Migliore ha sempre detto e scritto fino ai primi mesi del 2014 e quello che si legge nella lettera che Il Foglio gli pubblica mercoledì 22 febbraio: si tratta di due idee di «sinistra» completamente diverse. Chiariamo, dunque: se Migliore sfiora la nostra attenzione, non è perché ci prende il gusto di impiccarlo a quel che affermava due o tre anni fa su Renzi e sul Pd, tanto meno per sbellicarci dell’accusa di «gattopardismo di una classe dirigente sempre pronta a riciclarsi» che muoveva a chi lo anticipava nel cambiare campo. Quello che ci interessa è altro: qual è il tempo minimo necessario per poter cambiare idea su cosa sia davvero «sinistra»?
Ecco perché sarebbe estremamente utile che Migliore trascurasse un po’ le sue peraltro scialbe comparsate televisive per dedicarsi alla stesura di un saggio, o almeno di un pamphlettuccio, che ci edifichi su come ha fatto a sbrigarsi tanto in fretta.

Postilla Nella lettera che Migliore scrive a Cerasa c’è un passaggio che desta una perplessità assai pungente: «Per me è di sinistra provarci, magari fallire, riconoscere l’errore e tornare a provarci. Come fece quel sarto a Ulm, appassionato di meccanica, che si schiantò al primo tentativo, ma non rinunciò a provarci. Come ha fatto Renzi». Il riferimento è alla nota poesia di Bertolt Brecht, nella quale il sarto prova a volare lanciandosi dal tetto della cattedrale di Ulm, ma precipita, e muore, andando a sfracellarsi sui «duri, duri selci del sagrato», senza alcuna possibilità di poter riprovare. Pare evidente che, al ritorno di Renzi a Palazzo Chigi, Migliore debba essere sottoposto a un’altra prova di fedeltà. 


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