Manca
solo il Giuramento di Ippocrate fra i logori arnesi retorici che il
fronte clericale ha già tirato fuori dal suo armamentario per
riaccendere la polemica antiabortista, stavolta sul bando di concorso
che l’Ospedale
«San Camillo» di Roma ha indetto per coprire i due posti necessari
a rendere efficiente il servizio di interruzione volontaria di
gravidanza precludendone la domanda a chi fosse obiettore di
coscienza, ma vedrete che già oggi, sennò domani, al massimo
dopodomani, non mancherà il pretino a rammentarci che ancora una
volta la classe medica viola il solenne impegno che lo vincolerebbe,
fra l’altro,
alla difesa dell’embrione,
il che non è vero, perché il testo del giuramento attualmente in
vigore è quello redatto e approvato nel 2007 dalla Federazione
nazionale degli ordini dei medici chirurghi e degli odontoiatri, nel
quale
non compare più il passaggio relativo al divieto di praticare
interruzioni di gravidanza («a
nessuna donna io darò un medicinale abortivo»),
mentre il richiamo alla «difesa
della vita» e al «rispetto della persona» lasciano piena liceità
a garantire prioritariamente quella della donna, come è nello
spirito della legge 194, e tuttavia, vedrete, anche stavolta non si
rinuncerà a risfoderare come argomento l’arrugginito
spadone del «medico che viola il Giuramento di Ippocrate», che
neppure meriterebbe d’essere
degnato di attenzione, ma che una volta tanto – una volta per tutte
– può farci
rispondere: «Stronzone d’un
monsignore, vuole che per la fedeltà al testo di Ippocrate si giuri
pure “per Apollo, Asclepio, Igea e Panacea”?».
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