Qualche
giorno fa, nella cartella della mailbox in cui mi arrivano gli avvisi dei
commenti ai post, ne trovo uno a Tra gufo
e allocco, che è di quasi due mesi fa, col quale un gentile anonimo presume
di farmi cortesia segnalandomi che «oggi [è
il 26 ottobre] il foglio di giuliano
ferrara ha ripreso la tua metafora dei gufi e degli allocchi». È un
commento che mi infastidisce e mi imbarazza, e il fastidio nasce dal non capire
esattamente cosa voglia dar per implicito il messaggio (dovrei menarne vanto? dovrei
lamentare un furto?), mentre l’imbarazzo nasce dall’esitazione a ferire la
sensibilità di chi probabilmente ha creduto di farmi un favore col dirgli che
basterebbe un minimo di confidenza con la letteratura italiana per sapere che quel
combinato metaforico è vecchio di almeno quattro secoli (Giulio Cesare Croce) e
ripetutamente ripreso in quelli successivi (Ugo Foscolo, Ippolito Nievo, Aldo
Palazzeschi, Achille Campanile, Giovanni Guareschi), anche nei punti in cui la
letteratura si fa sciatta (http://www.barzellette.net/4895.htm).
Decido
per la pubblicazione del commento senza alcuna risposta, e dimentico la cosa,
per pentirmene un poco solo oggi, oggi che Il
Foglio segnala ai suoi lettori che Antonio Polito ha ripreso la sua metafora dei gufi e degli allocchi in
un editoriale apparso l’altrieri sulla prima pagina del Corriere della Sera. Mi pento di non aver preso spunto dal commento
del gentile anonimo per un post sulla fessaggine di chi vanta la paternità di
un ritrovato retorico come di nuovo conio, ma sarebbe stato un post
lunghissimo, perché per dimostrare che anche il fortunato espediente
linguistico in fondo non è che un fortunoso riscoprirlo, al meglio ripulendolo,
avrei dovuto produrre una congrua quantità di esempi, dalle brillanti arguzie di
tanti editorialisti che arrivano in pagina dalle garzantine di motti e sentenze,
fino a certe esplosive battute che sul web fanno venire a galla migliaia di like come quando si pesca con le bombe
di profondità. Ma ne sarebbe uscito un saggio, per giunta deprimente. Resti l’esortazione all’umiltà: prima di correre a brevettare l’invenzione, sfogliamo il registro
dei brevetti.
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