In
attesa che la montagna partorisca il topolino, c’è un po’ di gente che accorre
alle sue pendici. Neanche tanta, in verità, comunque più di quanta se ne veda
di solito. Montanari, per lo più. Gente del luogo, solitamente rintanata nelle
baite o nelle case a valle, che neanche penseresti abitate quando la montagna
fa la montagna e non decide di far finta di essere un vulcano. Ma anche
semplici curiosi attratti dai sordi brontolii delle sue viscere, come ogni
tanto accade, come oggi. E turisti col binocolo a tracolla e seggiolino
pieghevole. E geologi e sismologi col loro armamentario. E qualcuno che era di
passaggio e ha deciso di fermarsi. Immancabile la troupe televisiva coll’aeroplanino
che volteggia e il cronista che cita brani da Wikipedia: «Di natura granitica, irta
di guglie e creste, la cima supera i duemila metri…».
Così,
più o meno, il sinodo sulla famiglia. Date ascolto a chi conosce un pochino
quell’inutile ingombro di pietra e di ghiaccio: non ci sarà eruzione, né terremoto,
non ci sarà valanga, né slavina. La pastorale familiare – così vien detto il loro
ficcar naso tra il solco balanoprepuziale di un marito e il fornice vaginale
posteriore di una moglie – non cambierà di una virgola, tutto si risolverà nel
mettere un asterisco accanto alla parola divorzio, scrivendo a pie’ di pagina
che, se un matrimonio cattolico fallisce, vuol dire che non era un matrimonio
valido, dunque può essere considerato nullo: pentitevi, teste di cazzo, e vi si
darà l’ostia. Andate in letizia, ordunque, e levate in alto il giubilo, ché la
Chiesa v’ha ammollato una gran bella mappazza di misericordia.
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