lunedì 13 ottobre 2014

Ultima della serie, suor Gloria


Non consentono loro di dir messa, che alla fin fine non sarebbe neanche cosa tanto illogica, e allora si sfogano a far altro, poverine. Ultima della serie, dopo suor Germana coi suoi libri di gastronomia, suor Paola con le sue telecronache dall’Olimpico, suor Cristina coi suoi exploit canori a X-Factor, ecco suor Gloria, con le sue «letture sorprendenti e geniali» – così dice Sandro Magister (magister.blogautore.espresso.repubblica.it, 13.10.2014) – dei capolavori della storia dell’arte. Sorprendenti senza dubbio, geniali non direi, tutt’altro.
Sull’Ultima cena che è nella cella n. 35 del Convento di San Marco, a Firenze, e che si vuole del Beato Angelico, anche se più d’uno v’ha letto la mano di Benozzo Gozzoli, suor Gloria scrive: «Otto discepoli sono seduti a mensa, significando così gli invitati a nozze […] in profonda relazione con il Mistero del Salvatore siede alla stessa mensa. Vi sono però quattro sgabelli vuoti, lasciati da altri quattro chiamati alla mensa, i quali aspettano pazientemente il loro momento stando in ginocchio, cioè in atto penitenziale. Questi quattro simboleggiano quell’umanità che vorrebbe accostarsi alla mensa del Signore, ma ancora non può. Tra questi quattro, nella medesima postura, nella medesima attesa, sta anche Giuda. Lo riconosciamo per l’aureola nera e per la posizione un po’ arretrata. La posizione in ginocchio ci informa sulla qualità di questo cibo che vuole da noi un cuore perfetto e contrito. L’affresco fa meditare se confrontato con le tipologie di discorsi che si vanno facendo oggi sulla celebrazione eucaristica e il mistero in essa significato. Oggi ricevere la comunione è guardato, a mio avviso, con eccessiva scontatezza, come se l’eucaristia fosse il termine naturale della Messa e non piuttosto il coronamento per coloro che sono degni di accostarsi alla mensa del Signore» (lanuovabq.it, 13.10.2014), con più che implicito riferimento polemico a chi tra i padri sinodali è in favore dell’ammettere all’eucaristia i divorziati risposati, d’altronde fatto esplicito nel titolo (Il Beato Angelico smentisce Kasper).
Lettura sorprendente, ma perché assurda. Passi per Giuda, ma gli altri tre apostoli in ginocchio assieme a lui cos’hanno da farsi perdonare? Si tratterà, per caso, dei tre che seguiranno Gesù nell’orto del Getsemani e si addormenteranno invece di vegliare con lui in preghiera? I vangeli dicono si tratti di Pietro, Giacomo e Giovanni, ma quest’ultimo, che l’iconografia classica vuole sia l’unico apostolo senza barba, non è tra i quattro inginocchiati, ma insieme agli altri otto, all’estrema sinistra di chi guarda. Poco più basso alla sua figura, anch’ella inginocchiata, vi è la Vergine Maria: in atto penitenziale pure lei, anche se nata senza peccato? La cocuzza di suor Gloria non è neanche sfiorata dall’ipotesi che la distribuzione dei soggetti nel dipinto risponda a una banale esigenza pratica: seduti, i quattro ne avrebbero impallati altrettanti.
Basta avere un minimo di conoscenza dei problemi che nella storia dell’arte si sono posti a chi dovesse dipingere un’Ultima Cena, e alle soluzioni trovate, per porre in dubbio la tesi, ma basta considerare la variante che lo stesso Beato Angelico sceglie per lo stesso tema, raffigurato in uno dei pannelli dell’armadio degli argenti, conservato al Museo di San Marco, per escludere ogni intenzione motivata da significazioni teologiche: lì, gli apostoli seduti sono in sei, e gli altri sei sono in ginocchio, forse che tra un dipinto e l’altro sono cambiati i vangeli o il modo di leggerli come si deve? E questo ci risparmia il dover portare analoghe soluzioni a riprova (Mantegna, Giusto di Gand, ecc.).
In alcuni libelli libertini del Settecento si legge di suore che combattevano la noia conventuale con robusti ceri cresimali. Si sarà trattato di calunnie, di fatto a quei tempi le suore lasciavano in pace la critica d’arte.   

4 commenti:

  1. Chissà cosa dice suor Gloria di tutte 'ste teste bionde in quel di Gerusalemme.

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  2. per non dire dei 4 sgabelli, così scomodi, sicuramente penitenziali anche quelli, mentre la madonna è chiaro che servirà a tavola. l'eucaristia è già in forma "moderna". chissà come stupirebbe la suorina alla notizia che nel cristianesimo il banchetto rituale in origine segue dapprima le tracce del "refrigerio" e assumerà poi, nell’agape comunitaria, una funzione entro la pratica dell’evergetismo ecclesiale in risposta alla crisi degli antichi istituti di sussidio statuale, e poi man mano, con il consolidarsi della dottrina escatologica, una determinazione sempre più teologica. ora neanche più quella.

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  3. Se può dire la sua suor Gloria, credo di potermi avventurare anch'io in una lettura sorprendente e geniale. A me appare evidente che l'apostolo inginocchiato in primo piano si stia scambiando messaggi con la Madonna all'altro capo della stanza, entrambi protetti dalle aureole, in modo che il figlio non veda. Notare come l'apostolo sia proteso in avanti per facilitare la comunicazione. Sul tema della conversazione non mi voglio esprimere, ma mi pare di scorgere invidia negli occhi dell'apostolo alle spalle del primo. Ognuno potrà formulare le conseguenti ipotesi. Il resto dell'opera è invece chiaramente di contorno e serve solo a giustificare la disattenzione di Gesù alle intemperanze della madre. Mi perdonino il Beato Angelico e la storia dell'arte, ma non credo di aver fatto loro torto peggiore di Suor Gloria.

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  4. azzardo: secondo me da giovane 'sta suor Gloria era anche una discreta figa.

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