sabato 30 maggio 2015

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«Io credo che questo non sia un voto che riguardi il governo, ma riguardi lEuropa... Non è un referendum sul governo», così la Boschi, il 20 maggio dell’anno scorso (*). Il mese dopo, allAssemblea nazionale del Pd, con alle spalle un fondale sul quale cera un enorme 40,8%, Renzi diceva che in quel risultato non ci fosse solo il buon risultato di un gruppo dirigente e del governo, ma il rinnovo di un mandato cui allegava lhashtag #italiariparte (*).
Il voto per il Quirinale? «Non è un referendum su di me o sul governo» (*), ma questo lo scorso 26 gennaio. Poi, quando Mattarella non ha avuto neanche il tempo di prestare il giuramento, ecco che la sua elezione deve leggersi come segno che il Parlamento abbia i numeri per approvare le riforme volute dal governo e il risultato ne rilanci l’azione (*).
Oggi, alla vigilia delle Regionali, «le elezioni locali hanno valenza locale» «il voto non è un test su di me» (*). Rammentarlo a futura memoria? Ma non diciamo sciocchezze. A un paese di merda, prima di tutto, manca la memoria. Quella a lungo termine, ma anche quella a breve. 

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