L’esperienza
della pandemia dovrebbe aver reso chiaro anche al più ingenuo degli
onesti che la radicalizzazione delle opposte fazioni sottrae
inevitabilmente spazio a ogni posizione terza che intenda prendere in
considerazione gli argomenti di qua e di là messi in campo. Per più
d’un verso, questo è inevitabile non meno di quanto sia
comprensibile. Sulle questioni che toccano le parti più sensibili
della nostra sfera emotiva, infatti, non si è disposti a considerare
con obiettività gli argomenti che ci pare le feriscano, sicché
diventa necessario, vitale, fatale, respingerli con forza, negandone
ogni validità, quand’anche n’abbiano, con le più comuni
fallacie logiche, che hanno aquistato così radicato uso da sembrare
legittime, purché efficaci. Intervenire nel dibattito a segnalarle
come tali, oltre che inutile, è pericoloso, anche nel caso si
intenda farlo con equanime imparzialità con quelle impiegate
dall’una e dall’altra fazione, perché, ora l’una, ora l’altra,
si sentiranno entrambe minacciate da chi si avverte come chi voglia
disarmarle. Mazza, coccio di bottiglia, morso al polpaccio, tutto è
legittimo nella rissa: a segnalare che si tratti d’armi improprie
non si ricava altro che la reputazione di essere insensibile alle
altrui sacre ragioni, nel migliore dei casi, se non addirittura, nel
peggiore, il sospetto che così si voglia favorire l’odiato nemico,
e a lui si sia nascostamente, subdolamente, nequiziosamente solidale.
Perciò dobbiamo essere infinitamente grati a chi ci risparmia la
premura di segnalare che il tale abbia fatto uso di un ad hominem, il
tal altro di uno strawman, ed entrambi siano in patente
contraddizione con quanto affermato un anno, un mese, una settimana
prima, e non di rado anche con quanto sostenuto nella stessa frase.
Tanto più grati se a risparmiarcelo è proprio uno dei partecipanti
alla rissa. Meglio, poi, se nella rissa ha ruolo di rilievo e fama di
persona dabbene.
Sulla
questione ucraina, perciò, la mia personalissima gratitudine va a
Giampiero Massolo, uomo dal prestigioso curriculum diplomatico e oggi
presidente – tutt’insieme – di Fincantieri, Ispi e Atlantia,
nonché autorevole membro della Trilateral e del comitato esecutivo
dell’Aspen Institute, oltre che insignito delle più alte
onorificenze della nostra amata Repubblichetta. Superfluo dire, dato
il profilo, a quale fazione il buon Massolo offra i suoi preziosi
servigi: da quando virologi, epidemiologi e pneumologi hanno lasciato
il posto a generali, esperti di geopolitica e di relazioni
internazionali, è tra i più assidui tra gli ospiti di quei talk
show monotematici, che tra un blocco pubblicitario e l’altro, anima
e scheletro verace dello spettacolo che cannibalizza la realtà
espellendo immagini, quasi sempre corredate da pregnanti soundtrack
di sottofondo, assicurano al cittadino trasformato in spettatore il
bolo della cosiddetta informazione. Filogovernativo, il buon Massolo,
anzi filissimo, e ovviamente pro-Usa e pro-Eu, a dispetto dei contrasti di interesse ormai sempre più evidenti tra Usa ed Eu, e però pro-Nato, a
tappeto sotto cui celare i contrasti, perché la sala del trono
d’Occidente risulti pulita e linda.
Nel
corso dell’ultima puntata di DiMartedì (La7,
26.4.2022), a Fulvio Grimaldi e ad Alessandro Dibattista che agli Usa
rinfacciavano d’essersi macchiati, in largo e in lungo per il
mondo, degli stessi, e anche peggiori, crimini oggi imputati alla
Federazione Russa, col che all’ambasciator toccava portar la pena
di double standard addebitato all’Occidente tutto, il buon Massolo
ha replicato: «Il mondo non è fatto come noi lo vorremmo, ma è
fatto così come è fatto. Bisogna ammettere che il double standard
esiste e quindi è molto difficile paragonare le singole situazioni,
perché ogni situazione riflette quello che è un contesto delle
relazioni internazionali, dove non esistono le buone intenzioni, ma
esistono degli interessi che si contrappongono o si sposano».
Lessico
convoluto solo allo sprovveduto, ma franco e schietto, nei limiti
ovviamente posti nel porgerlo come perla nel bivalve grigiume della
diplomatica ostrica: sì – ha ammesso – accusiamo Putin degli
stessi crimini commessi dagli Usa da Hiroshima in poi, e Putin lo
vogliamo condannato, e gli Usa assolti, e sì, questa è doppia
morale, oltre che morale doppia, ma non starò qui a dire che agli
Usa l’assoluzione è dovuta perché l’impero americano
rappresenta il Bello, il Buono e il Giusto; no, vanno assolti perché
ne abbiamo sposato gli interessi, che oggi si contrappongono a quelli
russi.
A
fronte delle patetiche macchiette che ci rifilano la solita e ormai
logora bubbola di un matrimonio stretto per affinità elettive, viva
Massolo, che dice chiaro e tondo che quello con gli Usa è un
matrimonio d’interesse. Via le bellurie di libertà e democrazia,
ché più le guardi da vicino e meno le trovi dove i gonzi sostengono
stiano: siamo tenuti alla fedeltà nuziale, perché ci conviene; e,
in subordine, perché sennò lo sposo ci mena; di divorzio neanche a
parlarne, quand’anche il comune interesse scemasse, sennò, oltre a
menarci, lo sposo ci ammazza, o eventualmente ci fa ammazzare,
assoldando un sicario.
È
così che andrebbero condotti i talk show: un Dibbattista, un Orsini
o un Canfora a lamentare il double standard, e un Massolo a
ribattere: «Sì, è un double standard, embè?»; e fine lì. Ma non
si può: ne soffrirebbero i blocchi pubblicitari.