martedì 17 maggio 2016

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In un dibattito politico quasi sempre urlato, spesso degradato a rissa, ormai da troppo tempo intollerabilmente intossicato dal ricorso pressoché costante a pratiche di mistificazione e di impostura, una voce che ci invita a ragionare, ad affrontare una questione armati solo di buon senso, non può restare inascoltata. In questo caso, poi, si tratta di una voce che chi sa apprezzare la sempre più rara virtù dellonestà intellettuale non può non considerare amica, dunque porgiamo orecchio.
Linvito di Massimo Bordin – chi lo conosce potrà tranquillamente chiudere un occhio sul fatto che il suo invito parta dalle pagine del quotidiano più schifosamente renziano – è a far uso del solo buon senso per discutere di quella che a molti è parsa esplicita intenzione di Matteo Renzi – ora da lui risolutamente negata: gli sarebbe stata disonestamente attribuita dai suoi avversari – di trasformare il referendum di ottobre in un plebiscito sulla sua persona.
Questione interessante di là dal caso che la solleva, perché attiene al più generale tema della comunicazione in ambito politico. Qui, in sostanza, ci troveremmo di fronte a un clamoroso misunderstanding. Ne sarebbe stato fatto oggetto proprio luomo politico che da tanti è considerato il più abile comunicatore attualmente sulla piazza, sicché tertium non datur: o a Matteo Renzi è stata disonestamente attribuita unintenzione che davvero non aveva, e allora cè da denunciare un odioso complotto ai suoi danni, o quanto ha detto in numerose occasioni rendeva chiara ed inequivocabile lintenzione che gli è stata attribuita, e allora cè da segnalare la ritirata strategica di uno sbruffone, bugiardo matricolato, spudorato quaquaraquà.
Prima di passare allanalisi degli argomenti che portano Massimo Bordin a concludere che «se perdo, vado a casa» non intendesse affatto snaturare il senso del referendum sulla riforma costituzionale, ma solo «anticipa[re] una conseguenza logica del voto di ottobre» nel caso di una vittoria dei no, cè tuttavia da segnalare un motivo di perplessità riguardo al metodo che egli ci propone: che significa «con mente sgombra da sovrastrutture teoriche»? Per «sovrastruttura teorica» dobbiamo intendere quanto pretende di conferire sostanza veritativa a un principio meramente assertivo, come quando l’espressione è usata nei commentari di Diritto per richiamare a un’interpretazione più consona allo spirito che alla lettera della norma, o invece parliamo della costruzione ideologica che impone alla realtà lastrazione dei modelli analogici da cui procede, come accade nella più comune violazione del metodo scientifico? Tutto sommato, è problema marginale, forse il richiamo è solo a non vedere necessaria confliggenza tra senso comune e buon senso. Continua a perplimere, ma passiamo al testo, sennò ci impantaniamo.

«Proviamo a immaginare – propone Massimo Bordin – che il referendum di ottobre si concluda con una inequivocabile sconfitta della riforma voluta dal governo. Cosa succederebbe?», si chiede. «Di sicuro l’opposizione chiederebbe con un certo vigore che il governo, sconfitto su una questione certo non marginale, levasse il campo. Non ci sarebbe obbligo, secondo Costituzione, ma visto che già oggi non passa giorno senza che qualche esponente autorevole della minoranza parlamentare intimi a Renzi di dimettersi, sarebbe a dir poco singolare che, sconfessato dal popolo, il governo si sentisse dire dall’opposizione: “Avete perso ma guai a voi se non restate al governo”. Non si capisce allora perché sia così grave che Renzi abbia anticipato una conseguenza logica del voto di ottobre».
È qui che il dover dare per scontato che Massimo Bordin sia in buona fede – mi è impossibile fare altrimenti – mi costringe alla sorpresa del constatare che il suo celebrato acume non riesca a cogliere la differenza tra il dover far fronte alle conseguenze di una sconfitta, come sarebbe la bocciatura di una riforma sulla quale Matteo Renzi ha più volte detto di volersi giocare la faccia, fra le quali vi sarebbe senza dubbio una richiesta di dimissioni da parte delle opposizioni – dimissioni di cui comunque non ci sarebbe obbligo – e il fare di questa eventualità una vera e propria posta in gioco nel lanciare una sfida. Il dover dare per scontato che Massimo Bordin sia in buona fede mi costringe alla sorpresa nel leggere che tale sfida sarebbe già tutta implicita dellimpossibilità che si realizzi il caso «a dir poco singolare che, sconfessato dal popolo, il governo si sentisse dire dall’opposizione: “Avete perso ma guai a voi se non restate al governo”». Da che mondo è mondo, quandè che un governo è tenuto a ritenere fondate le richieste delle opposizioni, se queste sono al di fuori delle condizioni poste dalla Costituzione? È legittimo che, anche al di fuori di tali condizioni, le opposizioni dicano «se perdi, vai a casa», ma dire «se perdo, vado a casa» da Presidente del Consiglio cambia inevitabilmente il senso della partita.
È il caso che si ebbe con le Amministrative del 2000: nessuno obbligava Massimo DAlema a lasciare Palazzo Chigi dopo la batosta presa dal suo partito, ma prima del voto aveva ripetutamente legato la sopravvivenza del governo da lui presieduto al risultato di quelle elezioni, personalizzandone il significato. Forse non ne aveva neppure voglia, ma accadde che un giornalista gli gettò il guanto e lo sventurato raccolse la sfida. È probabile che, dopo quella batosta, le opposizioni avrebbero comunque chiesto le sue dimissioni, ma, se non le avesse messe nel piatto, chi avrebbe potuto pretenderle come atto dovuto?
Se è vero, daltronde, che Matteo Renzi è legittimamente alla guida del governo – non ha mai avuto tale investitura dallesito di elezioni politiche, ma la Costituzione non la rende necessaria per andare a Palazzo Chigi – non è altrettanto vero che ha più volte preteso che tale investitura gli sarebbe stata conferita dal risultato delle Europee del 2014? È errato affermare che ci troviamo di fronte a un tizio per il quale la Costituzione a volte è tutta letterale e a volte è tutta materiale? Nega, oggi, di aver voluto, fino a ieri, fare del referendum di ottobre un plebiscito sulla sua persona, ma è evidente che questo sia dovuto solo al timore di aver caricato la sfida di un peso che non è più sicuro di poter reggere.
Nel voler legare il risultato del referendum di ottobre alla sua permanenza al governo vi era la convinzione che le urne gli assicurassero lapprovazione della sua riforma costituzionale per scongiurare una crisi dagli sviluppi incerti e dalle conseguenze potenzialmente gravissime, prima fra tutte la tremendissima ingovernabilità, che oggi fa più paura dell’anarchia: era un modo per dire che a lui non cerano alternative credibili, ma adesso, con i guai giudiziari in cui annaspa il suo partito, sente di non poterlo più dire. E dunque, sì, non ha mai detto testualmente «dopo di me, il diluvio», ma lha abbondantemente dato a credere, in ciò sostenuto anche da chi non gli ha risparmiato critiche: meno peggio di Berlusconi, meno peggio di Grillo, meno peggio di Salvini – così, più o meno, si argomentava – e altri in giro non ce nè, dunque teniamocelo. Ma comincia a farsi strada, seppur molto lentamente, troppo lentamente, che in realtà, peggio di lui, nessuno. Matteo Renzi lo ha capito: «Personalizzare lo scontro non è il mio obiettivo...», dice; con una faccia tosta che ormai non ci stupisce più, aggiunge: «... ma quello del fronte del No». Quale buon senso, quale logica, quale mente sgombra da sovrastrutture teoriche può tollerare questa patente menzogna?

Manderei a cagare chiunque provasse a dimostrarmi che Matteo Renzi non avesse intenzione di personalizzare il referendum di ottobre, ma qui, forzandomi a quella signorilità tutta eufemismo ed ironia che è la sua cifra inconfondibile, a Massimo Bordin mi limito a dire: direttore, ma sa che non mi ha convinto? 

11 commenti:

  1. " Quale buon senso, quale logica, quale mente sgombra da sovrastrutture teoriche può tollerare questa patente menzogna?"
    Ahimè, sembra che Bordin possa tollerarla, dal momento che non ce la fa, non dico a denunciarla, ma anche solo ad adombrarla.

    Ahimè, da tempo (lo dico con tristezza) Bordin non mi convince.
    Da tempo, ahimè (lo dico con tristezza), le sue rassegne-stampa mattutine non mi convincono.

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  2. L'ho sentita la rassegna stampa, a me era parso che intendesse: se Renzi vuole personalizzare lo scontro rischiando la carriera (si fa per dire), non vedo perché criticarlo sul punto visto che l'azzardo farebbe comodo a chi vuole toglierselo dalle palle, è tutto un gioco delle parti, è solito teatrino della politica. Poi magari ho capito male io. Va da sé che se Renzi fiuta che l'azzardo gli sta sfuggendo di mano ovvio che farà dietrofront, quello mica è fesso (magari io manterrei la parola data per specchiarmi nelle mie virtù, ma infatti non durerei un mese).

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    1. Non ho sentito la rassegna stampa, mi sono limitato a leggere il pezzo pubblicato su Il Foglio, nel quale, anche dopo questo tuo contributo esegetico, non riesco a cogliere né l'intendimento che a te pare lo ispiri, né la morale che gli starebbe a sostegno. D'accordo invece sull'ultima frase, d'altronde nel post qui sotto ho ipotizzato anch'io la stessa cosa.

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    2. Bah, a quanto par di capire l'insegnamento che dovremmo trarne è che Zagrebelsky esagera la portata di un gesto che è politicamente logico prima ancora che improntato alla correttezza.

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    3. Questo, sì, lo leggo. D'altronde, Zagrebelsky è un gufo, un professorone, un moralista, ecc.

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    4. applicando il buon senso dato dalla logica (cit.) aggiungerei che Zagrebelsky è pure un rosicone

      Antonio

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    5. Era giorni che rimuginavo, mi sa che ha preso un granchio Dotto', a fucilate...

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  3. No, le tiene corte per il fist fucking, igene, cortesia e cura nei nostri confronti (cinguettio offtopico fuorisede, un po' di inventiva non nuoce...).
    Saluti

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  4. Sono un tipo moderato, rifuggo dagli attacchi personali e credo che ci si debba sempre esprimere misurando le parole. Mi limito quindi a dire che Renzi è Il più grande cazzaro della storia repubblicana.

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    1. Voglio essere ancora più moderato: diciamo che se non è il più grande cazzaro è come minimo sul podio...

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  5. Condivido le argomentazioni dell'articolo e aggiungo una considerazione: la riforma di Renzi interessa una parte cospicua della Costituzione, credo pertanto che sarebbe più corretto sottoporre ai cittadini più quesiti referendari relativi alle diverse articolazioni della riforma. Ma questa ipotesi non sembra interessare il Governo. A me sembra che anche questo sia un segno dell'intenzione di Renzi di trasformare il referendum confermativo in una consultazione sulla sua persona.
    Per quanto mi riguarda voterei forse affermativamente per alcune parti della riforma, ma se le condizioni sono "prendere o lasciare l'intero pacchetto" sarò costretto a votare no.

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