mercoledì 25 maggio 2016

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«My whole life I’ve been a fraud. I’m not exaggerating.
Pretty much all I’ve ever done all the time is try to create
a certain impression of me in other people.
Mostly to be liked or admired. It’s a little more complicated than that,
maybe. But when you come right down to it it’s to be liked, loved.
Admired, approved of, applauded, whatever. You get the idea»

David Foster Wallace, Good Old Neon (2004)



3 commenti:

  1. Il tema del narcisismo dell'artista non è una novità, è anzi ormai un luogo comune che deborda nel cliché. Dando per assodato che il motore primo della creazione artistica sia la ricerca di riconoscimento, per urgenza romantica di espressione dell'interiorità, impulso frivolo di protagonismo o strategia di comunicazione dagli intenti commerciali, resta a qualificarne il risultato il lavoro sulla forma, la capacità di incidere nel linguaggio e di utilizzare il veicolo dell'espressione di sé per dire anche altro. E qui la fraud di Wallace si fa stile e cessa di essere tale per diventare qualcosa di vero, in altre parole arte: la sua brutale sincerità, la capacità di sintesi e il gusto della digressione, la lucidità impietosa e l'onestà intellettuale con cui va diretto al fondo della questione, la competenza con cui si usano gli strumenti della retorica per subito rovesciarli ironicamente (l'anafora-allitterazione con batos finale di "admired, approfed of, applauded, whatever" è un buon esempio) ne sono, proprio qui, altrettanti documenti.
    Basta un passaggio come questo per misurare la distanza tra DFW e la pornografia della sofferenza, la self-righteousness esibizionista e la sostanziale debolezza autogiustificatoria di Franzen.

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  2. Perché suocera intenda. Zagreo

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