lunedì 31 marzo 2014

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Al netto degli annunci di riforma, che anche i soffici eufemismi della Sala Stampa Vaticana non riescono a negare nasca dalla necessità di bonificare una Curia da tempo ridotta a intricata rete di avide lobby (e passi per quella massonica e quella gay, ma corre voce ve ne sia pure una satanista), a un anno dall’elezione di Bergoglio al Soglio Pontificio la merda venuta a galla durante il pontificato del suo predecessore sta ancora tutta lì, ma è assai meno appariscente, come se con gli annunci la riforma fosse già a regime. Si farà pulizia, si annuncia, ma si fa presente che la Chiesa ha il passo lento e meditato, che Bergoglio ci pensa e ci ripensa, al momento ci si accontenti del fatto che si sia preso atto del fatto che se ne senta l’urgenza. Non è affatto poco, in realtà, perché è premura che in qualche modo incrina quella fiducia di poter durare nonostante tutto fino alla fine dei tempi, che in altre epoche storiche ha consentito la più ampia strafottenza. Sarà che negli ultimi tempi gli scandali fanno più rumore o che l’orecchio ovino è diventato più sensibile, va’ a capire. Continuare a costare ogni anno quanto una manovra correttiva di bilancio, allora, sia, ma puzzare come una fogna a cielo aperto impone qualche misura. Si farà pulizia, si annuncia, intanto ci sia accontenti del fatto che il nuovo papa sia simpatico e pare non abbia intenzione di rompere troppo il cazzo come Ratzinger. E rispettosamente lo si lasci condannare la corruzione dei politici.
Tutti in silenzio, i politici a messa in quel di Santa Marta, al fervorino di Bergoglio sulla corruzione, chi a far finta di non esserne toccato, chi a sentirsene bastonato ma a non accennare un lamento per non attirare troppa attenzione. Non uno che si levasse a rammentargli la parabola laica della vacca che dice al mulo: «Ti puzza il culo». E mentre Sua Santità apriva le porte dell’inferno a chi intasca una mazzetta, la Cei licenziava le linee guida sulla pedofilia: non rivestendo la qualifica di pubblico ufficiale – vi poteva leggere – il vescovo non ha l’obbligo giuridico di denunciare all’autorità giudiziaria notizie riguardanti casi di abuso sessuale nel confronti di un minore da parte di un prete, «salvo il dovere morale di contribuire al bene comune». Contribuirvi come? Comune a chi? Domande impertinenti, soprattutto se rivolte a un papa riformatore. Tutti zitti, dunque, neanche una testa calda di Sel o della Lega a chiedergli: «Santità, ci racconti quella della trave e della pagliuzza».

3 commenti:

  1. " ...al momento ci si accontenti del fatto che si sia preso atto del fatto che se ne senta l’urgenza. Non è affatto poco ..."
    Non mi prenda per uno che guarda il dito anziché la luna o l'altrui pagliuzza piuttosto che la propria trave, ma a volte la fretta o i ripensamenti improvvisi giocano brutti scherzi alla forma.
    Mi scuso se mi sono permesso un'eccessiva confidenza, ma seguendola assiduamente da parecchi anni so bene che Lei è persona ricercata e soprattutto delicata su questi particolari.
    LB

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    1. Il volvolo è voluto: sottolinea l'accontentarsi della mera preintenzione di riforma.

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    2. ma infatti, rendeva perfettamente l'idea dell'intenzione di allungare il brodo senza fare nulla. Sempre grande Malvino

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