lunedì 13 marzo 2017

Corrispondenze


Caro Castaldi, [...] quando laltro giorno, alla kermesse dei renziani riuniti al Lingotto, ha preso la parola Massimo Recalcati, non ho potuto fare a meno di pormi una domanda, alla quale però non ho saputo dare una risposta, e che perciò le giro: come è possibile che vi sia pure uno psicoanalista fra i fedelissimi di chi lei ritiene essere affetto da un grave disturbo della personalità? Ci legga pure una puntina di polemica, ma non mi tratti male, perché credo che la questione non sia affatto oziosa, anzi sono certo che debba essersela posta anche lei. [...] Con stima,

Mariano Russo


Caro Russo, non ritengo affatto oziosa la questione che mi sottopone: mi sono posto la stessa domanda anchio, ma alcuni mesi fa, quando Massimo Recalcati calcò il palco della Leopolda. Senza essere in grado di dirle quale sia la più attendibile, credo che due siano le risposte possibili.
La prima prende forza da alcuni dati che sono incontestabili, e che provo a esporle in modo sintetico, rimandandola ai lavori degli autori che citerò per i riscontri che le dovessero sembrare necessari.
Inizierei col farle notare che la figura del leader politico affetto da gravi disturbi della personalità è sempre stata di grande interesse per il mondo della psicoanalisi, a fronte di una pressoché costante impossibilità di poter studiare il caso da vicino, tanto meno di poter dar luogo a un setting. Prenda, per esempio, quel che Walter Langer mette in premessa alla sua analisi della personalità di Adolf Hitler: non farà fatica a leggere, in sottotraccia allavvertenza sui limiti di uno studio a distanza, un «cosa non avrei pagato per poter avere un tizio così sul mio lettino tre volte a settimana per dieci anni!».
Bene, sia carino, riconosca a Massimo Recalcati quellincoercibile amore per la ricerca che in lui è evidente fin dalla montatura degli occhiali, e dica: cè un caso psichiatrico più interessante di quello di Matteo Renzi sulla piazza?
Ernst Ticho dice che i narcisisti costituiscono un«indicazione eroica per la psicoanalisi», mentre Joan Riviere sostiene che essi «non possono sopportare lidea di migliorare, perché in tal caso dovrebbero ammettere di essere stati aiutati» ed Herbert Rosenfeld si spinge a sostenere che «considerano intollerabile la stessa idea di guarigione»: sfida affascinante, soprattutto dopo essersi fatto massacrare i coglioni per anni da anoressiche e bulimiche.
E quale altro espediente aveva a disposizione, Massimo Recalcati, per studiare Matteo Renzi tanto da vicino come certamente starà facendo di meeting in meeting? Vedrà, caro Russo, che volumone ne verrà fuori, occorre solo attendere qualche annetto.
Mi sembra di poter già cogliere le sue obiezioni. Massimo Recalcati le sembra appena un po meno stronzo del tipico renziano, ma ne ha tutti i tratti distintivi. Vero, ma Heinz Kohut è chiaro: nellapproccio al narcisismo paranoide è indispensabile che lo psicoanalista faccia uno straordinario investimento empatico per assicurarsi che il paziente lo idealizzi, consentendo in tal modo quel transfert speculare che è indispensabile allo studio del caso. Anche su questo punto direi che Massimo Recalcati abbia fin qui dato il meglio di sé: geniale, per esempio, la trovata di paragonare Matteo Renzi a Telemaco per accreditarsi come un Omero pronto a cantarne le gesta.
Lha sentito, poi, al Lingotto? Parlava delle necessarie correzioni alla riforma della scuola, ma è evidente che parlava a lei, caro Russo, e a chiunque aveva a porsi la stessa domanda che lei ha girato a me. «In Matteo Renzi – ha detto – cè una ferita aperta»: lui è lì a cercare di guarirla, incurante del rischio di poter essere fotografato tra un De Luca e un Rondolino e così essere sputtanato a vita, coraggioso come deve essere uno che indefessamente si è votato alla cura e alla ricerca. Non so a lei, ma a me questo pare molto bello.
Laltra ipotesi è che la psicoanalisi non centri niente, che al pari di tanti carrieristi Massimo Recalcati abbia fatto una scommessa, che quanto è nella prima ipotesi gli servirà da scusa se la perde. In fondo è lacaniano, e Jacques Lacan è chiaro: «Larte dell’analista dev’essere quella di sospendere le certezze del soggetto finché se ne consumino gli ultimi miraggi».



8 commenti:

  1. Scusi Castaldi, può un arte essere scienza?
    Rp

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  2. Post semplicemente meraviglioso :-)

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  3. "L’altra ipotesi è che la psicoanalisi non c’entri niente, che al pari di tanti carrieristi Massimo Recalcati abbia fatto una scommessa".

    Quest'ultima è senz'altro l'ipotesi nel caso più probabile e verosimile, vivendo in un paese di fiutatori dell'aria che tira, o se-credenti tali, dove questa sottospecie di paraculi viene da sempre incentivata e favorita da un alzheimer politico epidemico e permanente: si può dire e fare di tutto, di nulla e a nessuno dovremo render conto, a meno di essere comunissimi e volgarissimi mortali.
    Però proviamoci, per una volta. Propongo una cosa: almeno noi qui, facciamo per Recalcati uno sforzo di archiviazione intelligente, magari - chessò - coinvolgiamo un notaio o compiliamo un atto norio o incarichiamo qualcuno che un giorno, immancabilmente, ricordi a noi e atutti di sputtanarlo ben bene, grazie a particolari dirimenti e ben conservati in neretto, quando un giorno - tramontata la sua attuale stelluccia e persa la sua "scommessa" - al noto luminare venga in mente di squagliarsela tomo tomo cacchio cacchio con la "scusa" di sicurezza "della prima ipotesi". E' dura, lo so, in un contesto che ci impedisce di ricordarci finanche della promessa di un signorino, spiattellata a più riprese, fino a spiattellarci i coglioni, di andarsene affanculo se avesse perso un certo referendum. Ma, anche solo come fosse un gioco, proviamoci.

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  4. ... "soprattutto dopo essersi fatto massacrare i coglioni per anni da anoressiche e bulimiche" ...

    impagabile!

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  5. Ha chiamato Occam, rivuole il suo rasoio.

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  6. Buongiorno a tutti, vi ringrazio dell'invito, ringrazio i colleghi e ringrazio l'ordine dei narcisisti. Permettetemi dunque d'iniziare questo mio intervento con un paradosso teologico e una provocazione: non si può discutere di psicologia se non si parte dal mito fondante: se l'umanità è figlia di caino e non di abele allora solo un bullo può riformare la scuola.
    (qui è previsto un breve break e poi la ripresa dell'intervento: “Mettersi l'anima in pace e la mente in mezzapensione”)
    Nessuno vieta quindi ad uno psicoanalista di aver a sua volta un disturbo di personalità poichè anche lo psicoanalista ha raggiunto l'emancipazione. Per conquistare i diritti di cui oggi godiamo molti pasicoanalisti hanno richiato il martirio e questo non può e non deve essere dimenticato. Questa, permettetemi, è la sfibrante polemica populista dei luddisti meccanici contro la moderna rivoluzione liberale di Silvio Berlusconi. Come può uno scoglio arginare il Big Bang? E se di vera rivoluzione si tratta, di Big Bang: perchè quindi dal palchetto i rappresentanti politici del potere cercano di convincere i lavoratori inferociti che si tratta solo di un'egemonia culturale involontaria? Come si può ridurre a semplice egemonia questo travolgente ottimismo rivoluzionario ed espressione della piena emancipazione? Emancipazione dall’avidità prima di tutto. Certo nessuno vieta ad uno psicologo avventure imprenditoriali, e c'è nell'aria voglia d'impresa per nuove esaltanti crociate, ma cari colleghi: dov'è la 'sobrietà' che qualcuno ha imposto a tutti gli altri cittadini con le lacrime e col sangue e dettando i contenuti informativi ad una televisione controllata e quindi con il terrorismo mediatico? Quali effetti avrà sulla psiche un terrorismo mediatico di quella portata e pervasività emozionale?
    "Non siamo stati abbastanza convincenti" dopo aver ripetuto a nastro il messaggio in TV. "Non è colpa nostra, è l'egemonia culturale”. E liberi tutti. “Non siamo stati bravi a comunicare, è stata comunicata male, non siamo riusciti ad inculcare bene". Ed è comprensibile quindi lo sfogo di Poletti: "Conosco gente che è bene non avere tra i piedi".

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