martedì 4 settembre 2018

De tempore barbarico



Da mesi va diffondendosi, prendendo sempre maggiore consistenza, la sensazione di avere i barbari alle porte o addirittura già dentro le mura. Effetto del 4 marzo, ovviamente. Infatti, giacché sono le oche che fanno guardia in Campidoglio quando l’impero piscia come un colabrodo, un primo starnazzare s’ebbe già all’indomani delle Politiche, quando piangendo – così ci confidò Francesco Merlo – la Boschi si disperava – diceva – «non per la maldestra perdita di uno scudetto, e neppure perché finisce il sogno politico di questo Pd e della sinistra dei quarantenni, ma perché finisce un mondo che è fatto di letture e buone maniere, di educazione e di civiltà» (la Repubblica, 6.3.2018).
Volendo, poteva venire in mente la piccola Anja ne Il giardino dei ciliegi, ma chi poteva volerlo? Buone maniere, chi? Quali letture, poi? Campioni di quale educazione, i suoi compari, di quale civiltà? Bulli di provincia malamente ripuliti, smargiassi e gradassi della peggior risma, retroterra culturale da liceali, avevano per anni fatto oggetto dell’epiteto di «professorone» chiunque avesse un etto di cultura più di loro, mentre chi aveva anche soltanto un grammo di senso critico a porsi dubbi, e a porli in agorà, sul loro ipertiroideo fare per fare veniva rubricato senza appello a «gufo» o «rosicone». Fieri «rottamatori», armati di «lanciafiamme», sempre pronti a far roteare la mazza chiodata di un «ciaone» sulla zucca di chiunque osasse ostacolarne il baldanzoso passo. Piangeva, la Boschi, la cosa poteva – a piacere – intenerire o tirar via un sacrosanto «mafammoccammàmmete», e tuttavia era interessante considerare quell’autopercezione del sentirsi migliore espressione di un «mondo» ormai alla «fine». Nota, la «fine», ma che «mondo» era? Lasciamo sospesa la domanda.

Dal 4 marzo ad oggi lo starnazzare è diventato assordante. Tra i palmipedi da sempre rilevanti più per pâté che per pathos spicca oggi Il Foglio, che fino a all’altrieri ci invitava a guardare con sospetto tutti i «professoroni», a non dar troppa retta a Darwin e, più in generale, a nutrire i dovuti dubbi e le dovute paure sul faustiano mondo della scienza che per esempio col vaccino anti-hpv induceva alla troiaggine le ragazzine, sempre pronto a un liberatorio «e che palle!» ad ogni prepotenza del politically correct, sempre pronto a trollare con sublime crudeltà chiunque stesse sul cazzo al «signor direttore».
Oggi è irriconoscibile: d’un conformismo, ma d’un conformismo... Si rimpiangono quelle belle provocazioni da energumeno travestito da dandy che un tempo erano il marchio inconfondibile della casa. Oggi è pro-vax; si struscia con voluttuosità su ogni «parruccone» che gli capita a tiro; lamenta che i barbari giallo-verdi tendano vili agguati ai loro avversari su Twitter e su Facebook; dall’allarme perché sul barcone c’era il perfido jihadista s’è convertito a un open arms tutto zanotelliano.
Dico io: sei stato un precursore di questi zotici, e lo so che non ti sono venuti fighissimi, ma non essere incontentabile. Per un quarto di secolo hai vagheggiato il leader pop e dai modi spicci, e ora che fai, schifi il Truce? Ti ha eccitato fino allo squirting il giovane rampante, ignorante ma armato di fluente scilinguagnolo, e ora storci il muso a Giggino? E perché? Perché non usa il congiuntivo? Qualche anno fa te lo rimproverava Facci, per questo gli davi del fighetta, e ora, come San Quodvultdeus, ci ammolli il tuo dolente de tempore barbarico?

Nel qua-qua-qua che ci dà la sveglia dal Campidoglio non poteva mancare chi, sperando che Renzi durasse un ventennio, mirava a una carriera alla Maurizio Costanzo e che ora londa giallo-verde minaccia di far naufragare sullIsola dei famosi: lo senti strepitare che è «il secolo dello spegnimento dei lumi», e lo strepita dalla vetta del meglio di «filosofie, culture, correnti di pensiero, religioni» su cui onestamente verrebbe voglia di fargli un esamino per sapere con quale diritto ci sta sopra, per giunta più da pavone che da oca. Oh, niente di troppo difficile: basterebbe qualche domandina da Trivial Pursuit per vedere quanto tempo gli servirebbe per riempire un esangocino. Chessò, carino, dimmi: la virgola tra soggetto e verbo è barbara o ganza? Attenzione, prima rispondere: è di comune uso da parte di tutti falsi account che ancora non si è capito se a partorirli è Putin o Casaleggio, volendo potresti dire di aver fatto scuola.
Non si può fare, ha pure lui contezza del fatto che la vetta del meglio di «filosofie, culture, correnti di pensiero, religioni» altro non è che il tavolino del bar al quale si è dato appunto coi suoi amici al termine delle vacanze estive (per le «filosofie» ci sarà il buon Makkox, per le «culture» il buon Mantellini, per le «correnti di pensiero» il buon Bordone...), sicché non resta che «aspettare che le cose cambino in modi imprevisti – capita, nella Storia – o che a qualcuno venga un’idea geniale». E sì che da uno che si dà tante arie uno si aspetterebbe qualcosa in più di semplici sospiri.

La sensazione – ma è un po più di una sensazione, in certi istanti mi si para innanzi con la solidità di una certezza – è che a lamentarsi dellarrivo dei barbari siano solo – ripeto: solo – quelli che, in un modo o nellaltro, l’hanno sollecitato, finendo addirittura per spalancar loro le porte ed eccitarne la furia. Più dei barbari, che sono barbari, e non si può pretendere non lo siano, ritengo che sia loro la responsabilità del sacco che ora devasta la già peraltro devastata Urbe. Dovrebbero tacere, ma comprendo quanto sia difficile per chi non è capace di stare neppure ventiquattr’ore senza postare che è ancora vivo, e che per farcene gioire appieno allega apposita playlist: chi più, chi meno, avevano tutti conquistato una posizioncina, e ora la vedono in pericolo. In pericolo vedono soprattutto ciò che fino a ieri davano per scontato: poter continuare a lucrare rispetto da quella posizione. Perché nulla di peggio c’è per la famiglia mafiosa che si è ripulita, fa affari con le istituzioni e si è perfino comprata un albero genealogico che la dà d’antica nobiltà sveva o normanna, al netto d’un bisnonno semianalfabeta che stava tappato in un casolare a scrivere pizzini e a nutrirsi di cicoria e ricotta, che vedersi minacciato il salone degli arazzi, la biblioteca zeppa di volumi mai neppure sfogliati, da una mafia nuova, agguerrita, affamata, feroce come è sempre una mafia destinata a vincere su quella destinata a perdere. Saranno corleonesi, i grillini e i leghisti, ma onestamente a me pare che prima non ci fosse che Bontade.

Ad allargare il campo non mi pare sia troppo diverso. La globalizzazione trova sempre più numerosi oppositori, l’Unione europea trova sempre più scettici e critici, non è più di moda dirsi liberali, perfino sulla democrazia c’è qualche dubbio (diamo il voto solo a chi supera un apposito esamino o ci affidiamo a un leader cazzuto che sprizzi carisma da ogni poro?): e sì, ma a chi darne la colpa?
La globalizzazione – diciamocela tutta – non è stata guidata proprio da dio: si è data una manciata di riso a qualche miliardo di morti di fame, ma il riso si è comprato a spese del ceto medio, che medio ormai non è più, mentre sono aumentati i profitti di chi il riso lo distribuiva in cambio di forza-lavoro. Si è fatto di tutto per dar ragione a Marx, diciamo, anche se poi, per non dovergliela dare del tutto, si è mandato Fusaro nei talk show.
E l’Unione europea? Ci avevano creduto tutti, com’è che adesso trova critiche anche in chi continua a crederci? Non dev’essere venuta al meglio, tant’è che come unica virtù pare le resti solo la peraltro indimostrabile funzione di aver evitato lo scoppio di una guerra tra Francia e Inghilterra o tra Germania e Italia, come se poi quelle a colpi di spread, di casini in Libia e di Regeni uccisi al Cairo non fossero guerre guerreggiate in trasferta. Via, è venuta da schifo, questa Unione europea. E non si può certo dire che tutto vada storto perché alle elezioni europee la plebe ha messo sul trono un monarca stronzo. Se a surrogare un potere politico centrale che di fatto resta in mano ai paesi membri sono i delegati dei delegati, e se a reggere i cordoni della borsa è una Bce fatta com’è, ogni fesso che a due più due sappia rispondere tre o cinque mi diventa favorevole alla democrazia diretta, pronto a sentirsi sanculotto (supponendo che a proteggerlo sia San Culo).
E dove sono i tempi in cui perfino i miserabili sotto i ponti gridavano «meno stato, più mercato»? Funzionava: più pietanze alle élites, più avanzi al ceto medio, più briciole ai pezzenti. Poi la mano invisibile è sparita, e la compassione del capitalismo compassionevole è scemata: non è normale che gli schiavi che hanno costruito la piramide la vogliano nazionalizzare anche se dentro c’è posto per una mummia sola? Sarà ingenuo, ma vaglielo a spiegare.
E la democrazia? Com’è che m’è caduta in disgrazia, la democrazia? Sarà l’anaciclosi? Boh, di certo se un Sarkozy dà della «racaille» alla gente della periferia parigina e se un Hollande dà dell«édenté» a un poveraccio, un presidente della repubblica democraticamente eletto finisce per somigliare più a Luigi XVI che a Robespierre. Poi, sì, la plebe finirà per fare fuori entrambi, ma almeno sfoga il disappunto del momento. Non puoi considerarla bestia indomabile e poi considerarti l’unico in grado di domarla: prima o poi finisci male.

Questo post – avrete visto – apre con un video che riprende Salvini a Viterbo, qualche giorno fa. Nell’auriga – avrete visto – non aveva il servo a rammentargli «memento mori», è comprensibile che avesse un bel faccione sorridente, di quei bei faccioni che un linciaggio disfa in un niente. All’illuderlo di poter durare più di quanto al solito dura uno come lui e semmai a farlo in effetti durare anche un po’ di più – tranquilli, non si supera il ventennio – è il ceto politico che l’ha preceduto. Ciò che verrà da Salvini & c. – nulla di buono, c’è da credere – sarà il necessario momento di purificazione per chi, pur senza volerlo, lo ha lungamente incubato. Non c’è dubbio che sarà dura, che a farne le spese sarà pure chi non ne ha colpa alcuna, ma il mondo gira a questo modo, e così continuerà a girare, almeno fino a quando certi assunti rimarranno saldamente ancorati al senso comune. Che finora ha sempre fatto a pugni col buonsenso, e ha vinto sempre.

20 commenti:

  1. "Lo ha lungamente incubato" direi letteralmente. Dentro quella panza ci stavano tutti e a ragione possiamo chiamarlo padre di Salvini e di Di Maio

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  2. ho ritardato la cena (!!) per rileggerlo

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  3. Un piccolo neo in questo testo scritto così bene: i "sans dents" sono detti, da Hollande,in realtà, "les édentés".

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  4. Botte a tutti, ma il pezzo è bellissimo. Assoluto godimento estetico.

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  5. Eccellente pezzo su un aspetto marginale della società, ossia la politica. L'aspetto sostanziale essendo, naturalmente, la Pubblica Amministrazione e, soprattutto, i pubblici amministratori, detti anche burocrati: che non dipendono dai politici ma, semmai, governano i politici, come il caso di Genova, ma anche quelli di tante altre città, in primis Roma, dimostrano al di là di ogni ragionevole dubbio. Loro, i burocrati, la ghigliottina non la rischiano, e neppure il linciaggio.

    Non vorrei, però, dare l'impressione di cercare il pelo nell'uovo. Il post è eccellente, e dimostra anche che i blog sono assai meglio dei social network. Del resto, c'è un avallo autorevole: "i social network sono reti fecali, che trasmettono solo spazzatura".Se lo dice Sua Eminenza il Card.Maradiaga deve essere vero, perché nessuno più di lui si intende di quella materia e quel materiale.
    Spero quindi che, anche sulla scorta di questa qualificata opinione, lei (o tu, non ricordo) ritorni stabilmente al blog, che è, finora, l'unico luogo di incontro virtuale nel quale si possano sviluppare concetti articolati e discuterne in molti.

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    1. L'espresione più aderente e idealmente appropriata è quel "reti fecali", che richiama il complesso lurido e arzigogolato per definizionedeggli scarichi e delle condotte fognarie. Dove passa quel che passa.

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  6. È un po' che non la leggevo, sempre prezioso.
    Alessandro

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  7. Peccato per le fesserie sulla scomparsa del ceto medio causata dalla globalizzazione, sembra di leggere un estratto di Fassina.

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  8. Oh, riprendi a scrivere con una certa frequenza che poi ti seguo a ruota, che altrimenti mi tocca andare a donne, lo sai

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  9. Grandioso, imponente, superbo... ma impotente!

    Plinio il Vecchio

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  10. ...appresa la notizia da madame Olympe de Gouges mi son precipitato, non mi resta che ringraziarla per il breve pamphlet

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  11. "La globalizzazione – diciamocela tutta – non è stata guidata proprio da dio..."

    qui mi sembra ci sia un errore. Se per globalizzazione si intende la libera

    circolazione dei capitali, delle merci e (tendenzialmente) delle persone, non

    si capisce in che modo potesse essere guidata o anche solo governata. E' un

    classico errore "liberale": quando il libero mercato aumenta (come

    inevitabilmente fa senza neanche bisogno di scomodare Marx) le diseguaglianze,

    piuttosto di riconoscere questa inevitabilità si va a cercare qualche presunto

    errore di tipo "politico".

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    1. Le diseguaglianze devono avere limiti, la politica sta lì a definirli e a controllare che siano rispettati. Il liberalismo non è anarchia, l'impressione che lo sia può esser data solo da una lettura superficiale dei suoi classici.

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    2. Lei ha pienissima ragione, Malvino. E' pur vero, però, che oggi viviamo in un mondo dove, se provi a dire che il liberalismo ha delle regole - almeno che la tua libertà trova limiti nella libertà altrui, regola che persino gli anarchici idolatrano - sorge subito il trumpista, il berlusconiano o il semplice confindustriale avvezzo a picchiare il cittadino mentre lo stato lo regge a darti tout court del comunista ....
      La cosa davvero triste è che il più delle volte non sono l'interesse venale o la sete di arricchirsi alle spalle dei deboli a indurre una simile menzognera accusa. No, il più delle volte l'epiteto viene affibbiato per mera ignoranza. L'ignoranza, malefica dea che un tempo produsse Hitler, Mussolini e Franco e che oggi, di nuovo, muove tutto.

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    3. Anche i sistemi fascisti o sedicenti comunisti hanno avuto delle regole. Certo, diverse da quelle di un sistema liberale, e sul punto non c’è partita. Tuttavia e in ogni caso sono forme diverse e storicamente mutevoli con le quali vengono regolati i rapporti sociali, anzitutto i rapporti di classe, in modo da poter nascondere i conflitti d’interesse esistenti nello Stato e nella società. Dove finisce, per esempio, la libertà dei padroni di licenziare, e dove comincia il diritto dei lavoratori di non essere messi per strada? Capisco che è difficile trovare un coperchio per ogni pentola, ma quante buone idee e democratici principi si sono già guastati in nome del libero mercato?

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    4. Se con Kant si accetta che l'umanità è un legno storto, restano solo due vie: o l'utopia che la pialla a sangue (e non ne conosco una che, mirabile sulla carta, sia riuscita a raddrizzarla, riuscendo solo a dissanguarla) o i tentativi (mai perfetti, sempre perfettibili) di coprirla con quanto le tolga la possibilità di essere usata come randello. (Marx è ineccepibile nella pars destruens, purtroppo è vissuto troppo poco per darci pure un'eccepibile pars construens.)

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  12. il fatto è che, al di là delle intenzioni e delle capacità dei governanti, uno stato che non possa creare moneta e che rinunci per principio a investire nella produzione, non ha nessuna possibilità non dico di governare il mercato (ancor più glibale) ma neanche di difendersene. È una questione tecnica non di principio. Almeno secondo me.

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