lunedì 16 settembre 2019

Matteo Salvini - «Bacioni, amici!» - Einaudi 2067





«... ci è permesso pensare
che il suo sacrificio fu perfetto...»
Jorge Luis Borges, Finzioni

«... la verità viene sempre a palla...»
Panella-Battisti, Equivoci amici


Con la pubblicazione dei diari di Matteo Salvini (Milano, 1973 – Rio de Janeiro, 2041) abbiamo finalmente spiegazione delle ragioni che lo spinsero alla decisione cui gli storici hanno fin qui fatto cenno con la locuzione presa a prestito dal titolo della collettanea di autorevoli firme che Il Mulino diede alle stampe a due anni di distanza dai fatti (AA.VV., La grande puttanata, 2021), ed è spiegazione – occorre dire – che per mole e qualità dei documenti raccolti in appendice non consente smentite, rivelando, dietro la maschera grottesca che egli offrì ai suoi detrattori, il volto di un fedele servitore dello Stato, tanto più nobile perché capace di un sacrificio di cui decise di non avere riconoscimento in vita, viste le disposizioni relative alla pubblicazione di queste pagine solo venticinque anni dopo la sua morte. È così che solo oggi, a quasi mezzo secolo da quel lontano agosto del 2019, sappiamo come realmente siano andate le cose. Tanto più preziosa, in tal senso, l’ampia prefazione a questi diari, a cura di Cassiodoro Vicinetti, perché alla ricostruzione dello scenario politico in cui si svolsero i fatti e alla dettagliata cronistoria degli accadimenti, opportunamente richiamati al lettore, accosta le congetture che gli osservatori del tempo imbastirono a motivare quello che da tutti fu considerato un suicidio politico (doviziosa la messe di virgolettati, frutto evidente di una meticolosa ricerca in emeroteca).
Sul crollo della Terza Repubblica nella sanguinosa guerra civile che funestò lItalia tra l’autunno del 2020 e la primavera del 2022 (le stime ufficiali parlano di 6.036 morti) sono stati scritti tanti volumi da poter riempire cinque o sei scaffali, ma, com’era prevedibile, l’attenzione s’è appuntata soprattutto ai momenti salienti di quella che Gianfranco Pasquino definì «la strage dei millennials», sicché i prodromi della grande crisi, che prese i passi proprio dalla «grande puttanata» di Matteo Salvini, sono sempre stati troppo trascurati, sia dalla pubblicistica, sia dalla storiografia. Così la sua figura, gravata dal pregiudizio che finì per pesare sulla sua persona fin tra le fila della Lega, di cui perse la guida nel febbraio del 2020 in seguito alla cosiddetta «congiura dei giorgettiani», è a lungo restata nell’ombra, relegata all’emblematico ruolo dell’«ennesimo fesso che inciampa nella sua ὕβϱις», come sentenziò Massimo Cacciari (Corriere della Sera, 8 gennaio 2020). Quanto oggi emerge dalle pagine di questi diari impone una drastica revisione del giudizio cui tutti fino a ieri ci eravamo uniformati: il Matteo Salvini pubblico era un mero attore in scena, la parte che recitava era in funzione di un disegno che almeno fino al dicembre del 2019 ebbe la compiuta realizzazione prevista, e in favore ultimo delle sorti del Paese, espressione dunque di un altissimo servizio. Se le cose, poi, dun tratto, fuor dogni previsione, presero la piega storta, non glielo si può imputare: oltre a chiarire perché la sua non fu una «grande puttanata», ma una mossa progettata ben diciassette mesi prima, e in solido col Quirinale, il volume che oggi esce per i tipi della Einaudi nella collana dei Millenni ci dà modo di assolverlo in pieno, restituendogli lonore che tanto a lungo gli fu negato. Ma forse sarà il caso di lasciar voce a qualche passo di questi diari.
«4 maggio 2018. A colloquio da Sergio. Piena concordanza di vedute sulla situazione: il risultato delle elezioni mette il Paese in pericolo. O si ritorna alle urne, e allora avremo un M5S al 40%, oppure mettiamo in piedi un governo che lo normalizzi. Do piena disponibilità. Rimandiamo a lunedì per i dettagli».
«7 maggio 2018. Rivedo Sergio. Stavolta è solo per un pelo che riusciamo ad evitare di essere beccati a colloquio, sarà il caso di organizzare in altro modo i contatti. Mi espone i problemi: situazione economica insostenibile, clima sociale incandescente, lEuropa che non aspetta altro si faccia un passo falso con la finanziaria per mandarci la troika, la Libia è in ebollizione e il tappo messo da Minniti minaccia di saltare. Insomma, siamo nella merda. Concordo. Dice che in gioco è tutta la baracca, dobbiamo fare squadra, a ciascuno la sua parte. Concordo. Mi sembra indugiare nellespormi la parte che ritiene spetti a me. Gli risparmio limbarazzo: mi dico disposto a interpretare il nuovo Mussolini, faremo cagare addosso quelli di Bruxelles, poi, dopo le Europee, ci inventeremo una Liberazione e andremo a riscuotere il premio per aver salvato il continente dalla deriva sovranista, flessibilità sul deficit, indulgenza sul debito, revisione del Trattato di Dublino. Mi sembra assai positivamente sorpreso del fatto che avevo intuito dove volesse andare a parare. Dice che mi invierà via email un protocollo dintesa per punti, dovrò rispedirglielo al più presto con le osservazioni del caso. Cerco di stemperare la tensione buttando lì per scherzo un “mi raccomando, su carta intestata del Quirinale, voglio farmi bello coi posteri”. Non coglie lironia e mi risponde: Come preferisci”. Capisco che la merda in cui siamo è proprio merda, e rabbrividisco».
«25 maggio 2018. Tutto è definito al dettaglio, ho pronta la scaletta dei prossimi mesi. Sergio mi ha suggerito di non risparmiarmi, di andarci giù pesante: sarà opportuno che io calamiti il peggio del peggio che si muove nel Paese, per poterlo poi neutralizzare al meglio con la mia caduta”, incanalandolo nella speranza di una rivincita, poi, si sa, se ne perdono di beduini nelle lunghe marce nel deserto. Unaltra preoccupazione che sembra stargli molto a cuore è quella di dare alla Resistenza la sensazione di aver avuto peso sugli avvenimenti programmati, ma capisco che allo scopo ha già il sostegno di altri interlocutori. Gli faccio presente che il rischio di qualche incidente è ineliminabile perché lavoriamo sulla lunghezza dei cinque anni. Mi dice che va affrontato, non abbiamo altra scelta. Anche stavolta cerco di alleggerire la tensione con una battuta: Nella migliore delle ipotesi, ci caverò la figura del fesso; nella peggiore, tu sarai rieletto, tanto ormai con Napolitano si è rotto il tabù”. Mi fissa per un istante come offeso e tentato a dirmi che non se ne fa più nulla, poi mi cita il Borges delle Tre versioni di Giuda. Lhai letto?”, mi chiede. Non lho letto. “E leggilo”, mi fa. Gli prometto che lo farò».
«26 maggio 2018. Ma si può essere così cretini? Che mi vanno a tirar fuori, i grillini? Vogliono l’impeachment. Ma puttana di quella Madonna, dico io, è il caso di mandare tutto in vacca con queste girate di culo? Chiamo Sergio per sapere come muoverci al riguardo. “Niente – mi fa – sono petardi di scavezzacollo. Tu, piuttosto, sorveglia gli incisi, ché tra qualche mese dovrai affidarti al cuore immacolato di Maria-sempre-vergine, altro che puttana”. Non posso che ammirare la flemma. Cazzo, però, ’sti palermitani, che nervi d’acciaio!».
«1° giugno 2018. Si parte. Oggi al giuramento quasi mi scappava un occhiolino a Sergio. Ora comincia la parte più difficile: mese dopo mese accentuare i toni, portare a galla il sedimento profondo, concentrarlo in me... Credo di aver capito cosa intendesse Sergio nel suggerirmi quel racconto di Borges. Sì, vabbè, però mettiamoci un “si parva licet”».
«15 novembre 2018. Ho chiesto un incontro a Sergio per valutare il pericolo posto dai sondaggi sulla tenuta del governo: e se venisse in mente ai grillini di stracciare il contratto per mettere un freno alla perdita di consenso in favore della Lega? “Sta’ tranquillo, non lo faranno mai: delle elezioni anticipate hanno una fifa blù e poi a Fico ho fatto intendere che nel caso tu aprissi alla crisi, soprattutto se le Europee dovessero confermare che hai raddoppiato i voti del 4 marzo, sarebbe la maggioranza che loro hanno in Parlamento a fare la differenza: qualsiasi soluzione avrebbe il mio appoggio pur di sventare il pericolo che rappresenti”».
Tanto basti, lascio il resto alla scoperta del lettore per non guastargli la sorpresa che gli riveleranno le pagine scritte all’indomani delle Europee, quelle dell’agosto e del settembre a seguire e, soprattutto, quelle che coprono l’arco di tempo che va dallo scoppio della guerra civile alla sua precipitosa fuga in Brasile.
Sappiamo come andarono le cose: caduta del governo Conte I; accordo tra Pd e M5S per il Conte II, dopo il via libera di Renzi e Grillo; uscita dal Pd di Renzi nel settembre del 2019; caduta del governo dopo due mesi per il venir meno della fiducia dei parlamentari renziani in occasione della finanziaria; Mattarella costretto a sciogliere le Camere e a indire le elezioni per il 19 aprile 2020; «congiura dei giorgettiani» nel febbraio 2020; elezioni politiche, Lega al 41%, rapidissimo giro di consultazioni, Mattarella dà l’incarico a Giorgetti per la formazione del nuovo governo annunciando le sue dimissioni all’indomani del giuramento; torbidi di piazza il 25 aprile, con 7 morti a Milano, 11 a Roma, altrettanti a Firenze e ben 28 a Bologna. Il resto lo sapete.


13 commenti:

  1. trovo molto implausibile che nel 2067 qualcuno si chiami Cassiodoro. ciò potrebbe inficiare tutto il resto.

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  2. Lei sbaglia. Ignora che tra il 2040 e il 2045 si ha il boom di nomi desueti. La Quarta Repubblica, con la una straordinaria ripresa economica, stimola gli indici demografici, la media di figli per coppia sale a 2,7. Come nei '60 del secolo scorso pullulano le Patrizia, le Stefania, i Paolo e i Roberto, come nei '70 abbiamo cataratte e cataratte di Matteo e Andrea, di Barbara, Daniela e Alessandra, nei '40 di questo secolo prende piede la moda di nomi come Eustachio, Sempronio, Domitilla, Crocifissa, ecc. In questo periodo, in Italia, Cassiodoro è al 3° posto tra i nomi dati ai maschietti. Si informi.

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  3. Trovo Cassiodoro plausibile, per analogia a quello della Historia Gothorum.
    La cosa meno plausibile è che S. scriva un diario, per giunta in italiano, usando locuzioni latine, senza errori (ma possiamo immaginare un indefesso lavoro di cura editoriale), pubblicato da Einaudi nella collana dei Millenni. Ma si tratta appunto di un divertissement, di un pastiche, e dunque nulla inficerebbe più di un atteggiamento serio o anche solo serioso (a parte il richiamo al Kierkegaard della laguna che è di per sé un topos).

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  4. A questa precisa ricostruzione storica ,manca però la parte del ruolo che ebbe Matteo Richetti.

    caino

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  5. Dopo il governo Bolsonaro III, in Brasile torna al potere il Partito Socialista e Salvini è costretto a scappare in Bolivia. Dato che sul suo capo pende un mandato d'arresto internazionale emesso dal governo italiano (il quale, dall'indomani della fine della guerra civile, è saldamente nelle mani del PCI), Salvini viene subito catturato grazie a un'operazione congiunta delle due polizie, boliviana e brasiliana, a Santa Cruz. Dopo aver ottenuto l'estradizione, il governo italiano manda due rappresentanti di Stato a presenziare all'arrivo del terrorista ex-segretario della Lega all'aeroporto Pastine di Roma: il Ministro dell'Interno Luigi di Maio e il Ministro della Giustizia, Alfonso Bonafede.

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  6. scusi Malvino, perché dovrebbe scoppiare la guerra civile all'indomani dell' insediamento del governo Georgetti ?

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    1. Le proteste di piazza vengono trattate con decreto sicurezza ter. Se cerca su Google-Future, vedrà all'art. 7, comma 3, si legge: "Manifestazioni non autorizzate possono essere disperse con l'impiego di sprucidume".

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  7. ma i 49 milioni quindi non saltano fuori neppure dopo 70 anni?

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