martedì 17 dicembre 2019

[...]




C’è chi sostiene che la Sinistra ha perso tutto ciò che l’ha contraddistinta nella seconda metà del Novecento, che già era meno di quanto la contraddistingueva prima, sicché oggi sarebbe solo un guscio vuoto, un tanto per dire. Bene, un tweet di Luca Bizzarri ci offre modo di smentire questa tesi.
Perché, certo, la Sinistra avrà smarrito l’ideale di giustizia sociale, sostituendolo con quell’anodino solidarismo che di fatto è indistinguibile dal cosiddetto «capitalismo caritatevole».
Avrà, altresì, rinnegato quasi tutti i miti che un tempo considerava sacri, anche questo è vero, per non parlare del suo Pantheon, in cui oggi, al posto di Marx, Engels e Lenin, troviamo Saviano, Jovanotti e la Rackete.
E sì, anche il suo radicamento sociale non sarà più quello di una volta, come dimostra il fatto che ad una ad una sono cadute quasi tutte le sue storiche roccaforti, e ormai operai e pensionati votano in gran parte Lega.
D’accordo anche sul fatto che conseguentemente pure tutta la sua estetica è andata a farsi fottere: sono iperboli, è ovvio, ma si può convenire che «partito ztl» e «comunisti col rolex» rilevino comunque il tratto della mutazione cui è andata incontro l’etichetta che un tempo garantiva la genuinità del prodotto.
Tutto perso, però, no: in quanto a presunzione di superiorità morale e culturale, la Sinistra resta quella di sempre, la stessa di quando questa sua presunzione riusciva ad ottenere un ben più ampio riconoscimento, che tuttavia oggi residua in molte enclavi d’opinione pubblica (salotti, case editrici, centri sociali, nicchie televisive, conventicole digitali, ecc.).
Il tweet di Luca Bizzarri ha il pregio di essere emblematico di questa presunzione ed è per questo che merita attenzione.

Non credo sia necessario dar ragguagli sul contesto, noto ai più e peraltro tutto esplicito nel testo: Checco Zalone lancia la canzone-trailer che annuncia l’uscita del suo prossimo film e l’Italia si spacca tra chi ci legge quello che descrive, e cioè la molesta invadenza di un immigrato nella vita di un italiano medio, e chi dà per scontato che quella sia ironia, e cioè la figura retorica con la quale – qui non sarà superfluo rammentare – si dice il contrario di quel che in realtà s’intende dire.
Tertium non datur, com’è d’uso nelle guerre civili e nei suoi succedanei: o si capisce che quella è ironia, e che con essa Checco Zalone intende sbertucciare le risibili paure che l’italiano medio nutre per un immigrato che in realtà non è mai invadente, non è mai molesto, o si è ignoranti e xenofobi, cioè leghisti. Vedremo perché in realtà qui il tertium c’è, per il momento pensiamo ad analizzare il tweet.

Senza virgola tra invocazione e vocativo, che pure era ancora in uso ai tempi de l’Unità di «Scusasi, Principessa», Luca Bizzarri attacca con un «Scusaci Checco» che della presunzione di superiorità morale e culturale mostra la vocazione a farsi carico di colpe altrui, in questo caso di chi ha oltraggiosamente travisato il messaggio dell’artista, che, in quanto artista, è chiaro che ne avrà sofferto.
Un farsi carico di colpe altrui che è ulteriormente ribadito da quanto segue, quel «siamo diventati un paese che non capisce le battute, che ha perso il senso dell’umorismo e il senso del ridicolo», nel quale il «noi» rivela l’autoinvestura a rappresentare il paese nel suo insieme, come viene naturale a chi se ne sente paternalisticamente responsabile in virtù delle sue superiori virtù.
La psicoanalisi ci porterebbe nelle desolate plaghe del delirio di grandezza, e non è il caso, basti rilevare in questo atteggiamento il caratteristico sentirsi in missione permanente per l’emancipazione dell’Umanità dal bisogno e dall’errore. Del tutto comprensibile, quindi, la nota di dolente scoramento nel constatare che tanto ancora c’è da fare se dai più refrattari a emanciparsi s’è dovuto sentire: «Se non l’abbiamo capita in tanti[,] avremo qualche ragione». Altrettanto comprensibile l’amaro sfogo in chiusa: «Come se i deficienti, per definizione, debbano essere pochi».
Come non essere d’accordo con Luca Bizzarri? Siamo circondati da deficienti: deficienti che in «Immigrato» vedono rappresentato il malessere che in larghi strati della popolazione italiana è venuto sempre più ad acuirsi a fronte di un’immigrazione che le sottrae risorse e ne minaccia identità e tradizioni, cogliendo così in Checco Zalone chi trova una ragione della xenofobia che ne deriva, cui conferisce dignità costruendo un idealtipo che la rappresenta nella sua dimensione tragicomica; ma pure deficienti che invece ci vedono ironia.

Come, non è ironia, quella di Checco Zalone? Se le parole hanno un senso, e «ironia» ne ha uno ben preciso, no, quella di Checco Zalone non è ironia.
Il Treccani dice che si tratta di una «figura retorica che consiste nell’esprimere il contrario di ciò che in realtà si vuole significare» e che ha per scopo quello di «evidenziare l’insostenibilità di ciò che si simula di sostenere o la validità di ciò che si finge di disapprovare».
Per restare al genere canoro, un esempio di canzone perfettamente ironica è quella di Cappelletti e Lamberti, portata al successo da Ugolino, nel 1969 (non farete fatica a trovarla su Youtube): descrizione della giornata infernale di un tizio che a ogni strofa fa seguire a ritornello uno sconsolato e amaro «ma che bella giornata!», che dà titolo alla canzone. Qui sì che si evidenzia l’insostenibilità di ciò che si simula di sostenere, esprimendo il contrario di ciò che in realtà si vuole significare.
È così che accade con «Immigrato»? È ironico il lamento del protagonista che viene ritratto alle prese con un immigrato che, «alluscita del supermercato», «al distributore di benzina» e «al semaforo», lo assilla con la richiesta di «due euro per un panino»? È ironico lo sconcerto nel ritrovarselo, tornato a casa dopo una giornata di lavoro, «senza permesso nel soggiorno», con inequivoco indizio che si sia scopato la moglie?
Certo, con la tresca tra moglie e immigrato ci troviamo dinanzi a un luogo comune che da sempre nutre la xenofobia: gli immigrati vengono a rubarci le donne. Ma questo è proprio quanto accade al protagonista di «Immigrato», che tuttavia al fatto pare rassegnarsi con la stessa arrendevole passività che in precedenza ha offerto allinsistenza con la quale gli era richiesta la solita monetina, peraltro mai negata.

Dove sarebbe, qui, la validità di ciò che si finge di disapprovare? Dove sarebbe il contrario di ciò che in realtà si vuole significare? In tutta evidenza non c’è traccia di ironia. Siamo piuttosto alla rappresentazione delle paure dello xenofobo, alle quali si dà corpo con situazioni fattuali che descrivono l’invadenza/invasione dell’immigrato/immigrazione come oggettivamente molesta: avremmo ironia solo se assumessimo come pacifico che la molestia è in realtà cosa gradevole e che è piacevole trovarsi un estraneo nel letto coniugale. Temo sia difficile.

È per questo che «Immigrato» va letto in modo diverso da come si è voluto leggerlo da un lato (Checco Zalone ammicca agli xenofobi) e dallaltro (ma quale ammicco, smerda gli xenofobi): il tertium di cui dicevo è che resta nel mezzo, e lì, giocando con ambiguità ed equivoco, fa contenti tutti: allo xenofobo regala il tragicomico ritratto di un italiano in cui identificarsi come vittima, che all’antixenofobo rifila come caricatura dello xenofobo da sbertucciare.
Operazione assai sofisticata, che però non è detto sia stata scientemente elaborata, perché, come su queste pagine dicevo tempo fa riguardo al grattarsi il culo, per farlo non c’è bisogno di conoscere tutto il complesso meccanismo che coordina le almeno tre dozzine di muscoli interessati, né le sette aree neuronali implicate, nel grattarselo.

8 commenti:

  1. Tutto condivisibilissimo, ma mi permetto di osservare che Luca Bizzarri non mi sembra molto rappresentativo della Sinistra qui descritta: storico elettore dei Radicali, messo dal centro-destra ligure alla guida della Fondazione Palazzo Ducale di Genova, convinto sostenitore del "politicamente scorretto"... Mi ritrovo invece in pieno sulla lettura di Checco Zalone e aggiungo che proprio la sua insistita ambiguità su tanti temi che affronta (dall'omofobia al razzismo) me lo rende ormai sempre più indigeribile. That joke isn't funny anymore.

    RispondiElimina
  2. Non so quante aree neuronali abbia usato per leggere questo post, ma dal godimento tratto, fossero anche settemila, sarebbero tutte ottimamente implicate.

    RispondiElimina
  3. ho visto adesso il trailer. La lettura che ne da il post è molto suggestiva, tuttavia secpndo me la "vittima" è troppo vittima per favorire sia l'identificazione che il dileggio. A me ha fatto pensare a Fantozzi. Ci sarebbe una quarta lettura e cioè che il bersaglio sia l'italiano medio che diventa xenofobo non per insulsaggine o razzismo ma perchè incapace di farsi rispettare.

    RispondiElimina
  4. Come non accostare a questo episodio la deprecabile e deprecata incomprensione dei buzzurri di fronte all'opera di Simone Fugazzotto, commissionata dalla Lega Calcio contro il razzismo negli stadi? L'opera raffigura tre primati, e non tutti l'hanno capita. L'incomprensione dell'ironia ha fatto innervosire l'Artista, costretto a spiegare nel dettaglio il messaggio della sua opera: "Siamo tutti uguali, è inutile che continuate a rompere gridando ai neri che sono scimmie e lanciandogli le banane. Se non riuscite a capire che siamo tutti uomini, vi dico che siamo tutti scimmie: uguaglianza". Naturalmente, la prima persona plurale è artificio dialettico. L'Artista intende dire "siete scimmie". In ciò, scarroccia pericolosamente, avvicinandosi suo malgrado ai buzzurri della Curva Sud.

    RispondiElimina
  5. E pensare che qualcuno, giorni fa, aveva brontolato per una mia citazione di Zoolander.
    Grazie, stia bene: sempre utile passar di qua.
    Ghino La Ganga

    RispondiElimina
    Risposte
    1. A proposito di ironia o non ironia, non stavo affatto brontolando, ma ero sincero. Sono mio malgrado un estimatore di certa cinematografia demenziale (se d'autore, qualunque cosa voglia dire). Personalmente, non avrei mai trovato il coraggio di ammetterlo qui, su queste pagine. Giù il cappello, quindi.

      Elimina
  6. lucida analisi, però vorrei portare alla tua attenzione un elemento che non saprei se chiamare attenuante: Zalone per Salvini fa sempre rima con terrone.

    tra i sovranisti in via di secessione nordica, contraddizione sistematicamente ignorata da un'informazione ingessata, e trainata da quell'emilia punta di diamante del partito che vorrebbe pubblicizzarsi come avverso ma che finisce spesso per essere pioniere e protoleghista. Mi ricorda un certo Penati, il leghista proposto dal PD contro i leghisti.. meravisglioso

    RispondiElimina
  7. Non so se Bizzarri sia di sinistra. Quello che mi sembra di capire dal suo tweet è che i deficienti a cui si riferisce sono quelli che, da una prospettiva di "sinistra" e non cogliendo abbastanza ironia nel testo, si sono indignati con Checco Zalone per la sua canzone. Se Bizzarri si rivelasse davvero di sinistra, sarebbe un curioso caso di presunzione di sinistra che se la prende con un'altra forma di presunzione di sinistra. Sempre con la parola sinistra fra parentesi.

    RispondiElimina