domenica 15 marzo 2020

«nulla sarà più come prima» / «tutto sarà come prima» (2)


2. Incrociando le affermazioni fatte laltrieri da Massimo Galli (MG), primario del reparto di Infettivologia dell’Ospedale Sacco di Milano (Circo Massimo, Radio Capital) e da Maria Rita Gismondo (MRG), che presso lo stesso presidio ospedaliero è direttrice del dipartimento di Microbiologia Clinica (Laria che tira, La7), trovo conferma di quanto scrivevo la scorsa settimana sulla base dei dati noti al momento. Meglio farlo dire a loro, oggi, piuttosto che ripetermi: «il numero reale dei contagiati dal coronavirus è più alto di quello ufficiale» (MG); «almeno il 60% della popolazione ha avuto o avrà contatto con il coronavirus» (MRG); «non scambiamo il numero dei positivi col numero dei malati: il 90% dei positivi non ha sintomi o ha sintomi molto lievi» (MRG); «la percentuale di letalità [fin qui attribuita al virus] è più alta di quella reale, perché stiamo facendo i calcoli solo sui casi sintomatici e non sulla stima globale» (MG) (probabilmente – aggiungeva – anche inferiore allo 0,88% riscontrato nella Corea del Sud, dove i test sono stati effettuati a tappeto e comunque non sullintera popolazione); «più che la gente, questo virus uccide la sanità» (MRG).
Direi si possa trarne qualche conclusione. Poca roba, sia chiaro, perché del Covid-19, allo stato, «sappiamo ancora troppo poco» (MG, sempre ieri, ma a Ottoemezzo, La7). Proviamo.
Si tratta di un virus aggressivo e con un alto coefficiente di riproduzione (un R0 valutato tra 2,1 e 2,6). Letà media dei soggetti deceduti dopo esserne stati contagiati è di 80,3 anni, diceva, sempre laltrieri (agenzianova.com), Silvio Brusaferro (SB), presidente dellIstituto Superiore della Sanità (ISS). Perché non dico «uccisi dal Covid-19», ma uso la perifrasi «deceduti dopo esserne stati contagiati»? Perché proprio SB rivelava che «soltanto due persone non sono risultate al momento portatrici di patologie». Su questo punto, tuttavia, non è il caso di essere precipitosi, perché quelle «due persone» fanno parte di una quota assai ristretta dei 1.266 decessi al 13 marzo («poco più di cento», le cui cartelle cliniche sono arrivate alla sua attenzione «dagli ospedali di tutta Italia»): se il dato fosse significativo, potremmo al più inferire che più del 98% dei decessi non si ha senza presenza di altre patologie, quasi sempre molto serie, spesso associate (dal report dellISS del 5 marzo: «Il numero medio di patologie osservate [nei soggetti deceduti] è di 3,4»).
Come è evidente, è qui che nasce la questione che oppone chi sostiene che i decessi siano dovuti al Covid-19 e chi invece ritiene che da solo il virus ammazzi poco o niente. Si tratta della questione che la semplicistica sintesi giornalistica ha reso con le locuzioni «morti da» e «morti con», ma che in realtà esprime due diversi modi di approcciare lo stesso fenomeno: quello microbiologico e quello clinico. Il contenzioso che ne nasce è evidente al grande pubblico solo adesso, perché lemergenza lo porta in proscenio, ma, dietro le quinte, microbiologi e clinici si sono sempre presi a pugni.
Si prenda il caso dellinfluenza stagionale che, come illustravo nel precedente paragrafo di questo «nulla sarà più come prima» / «tutto sarà come prima», ogni anno fa qualche centinaio di morti, per i microbiologi, ma diverse migliaia, per gli epidemiologi, che sono i clinici dei grandi numeri. È del tutto comprensibile, infatti, che il microbiologo tenda a concentrare tutta la sua attenzione sullagente patogeno, sulla sua morfologia, sulle sue caratteristiche chimico-fisiche, sulle sue modalità dazione, ecc. Del tutto comprensibile, altresì, che questo lo porti alla costruzione di un modello della sequenza degli eventi che dal contagio porta alla malattia, conferendole una linearità che tende a trascurare tutto ciò che può accelerarla, fino a farla precipitare, o frenarla, fino a interromperla. Non così il clinico, e ancor meno lepidemiologo, che fanno i conti con le diverse coniugazioni del paradigma: sul campo – nel singolo paziente, in una data popolazione – virus e batteri trovano fattori che esaltano o deprimono la loro azione. Per certi versi, siamo dinanzi alla stessa discrepanza che normalmente, quandanche trascurabile, si ha tra risultati «in vitro» e «in vivo» nella sperimentazione di un farmaco.
Ecco, dunque, perché oggi i millequattrocentoedispari morti fatti dal Covid-19 fanno molto più rumore degli oltreottomila fatti lanno scorso dallA(H1N1)pdm09 e dallA(H3N2), i virus che sostennero la solita influenza stagionale: stavolta i virologi hanno preso la scena, e il vocione del più borioso, del più arrogante, del più vanesio della categoria – il famigerato Roberto Burioni (RB) – è diventato assordante. È accaduto che la notorietà acquisita grazie alla polemica coi no-vax gli ha causato la tristemente nota sindrome da sovraesposizione mediatica, che ineluttabilmente porta a straparlare, quasi sempre con effetti tragicomici, come in questo caso è avvenuto col dar per certo che «in Italia il virus non cè», «cè più pericolo in un meteorite» e neanche dieci giorni dopo uscirsene con un instant book che nel sottotitolo associava il Covid-19 alla «peste».
Le leggi dello spettacolo sono categoriche: perché lintrattenimento abbia la massima copertura, ogni Burioni devessere bilanciato da un Vittorio Sgarbi (VS), e le posizioni in campo, per meglio far presa, devono essere esasperate. È un po come col porno, dove si impone che il pene sia lungo almeno quanto un avambraccio e leiaculato sia nellordine dei litri. E così in campo abbiamo visto le ragioni della microbiologia e quelle dellepidemiologia, ma mostruosamente distorte nei loro precipitati: lallarmismo e il negazionismo. Nel caso di Sgarbi, per esempio, affermazioni che nella loro sostanza erano in tutto coincidenti con quelle di MG ed MRG riportate nel primo capoverso di questo post hanno subìto una torsione nello sproposito.
Veniamo al dettaglio. VS afferma che, «sulla base di un unico dato vero, [e cioè] il numero limitato di posti negli ospedali per la terapia intensiva […], si vuole convincere gli italiani che cè un pericolo che non cè»: fa eco al «più che la gente, questo virus uccide la sanità» di MG, ma per dargli un di più di forza, di cui francamente non ha bisogno, deve arrivare alliperbole che un pericolo «non cè». Si compari questo atteggiamento a quello di Ilaria Capua (IC), che, rimproverata da un burioniano di aver paragonato il Covid-19 al virus influenzale, ha risposto: «Io non minimizzo affatto. [...] Ho lavorato decenni con linfluenza e trovo che ad oggi paragonare [il] Covid-19 [a una] “sindrome simil-influenzale” sia corretto ed esplicativo. Io sinceramente linfluenza lho sempre presa sul serio». Come non farlo, con una media di 8.000 morti ogni anno? Morti – sia chiaro – perché il virus influenzale ha trovato condizioni favorevoli soprattutto in pazienti anziani e affetti da altre patologie.
Questo significa che il Covid-19 non può uccidere anche un 39enne? Ovviamente no, ma può ucciderlo anche il virus influenzale e al momento non ci sono evidenze statistiche che segnalino un maggior rischio da Covid-19, perché tra gli 8.000 morti per influenza non mancano i 39enni e soprattutto, molto ma molto più rispetto ai morti da Covid-19, i bambini, e i neonati.
Anche qui, però, cè da segnalare un paradosso nelle argomentazioni di quanti storcono il muso a sentirsi dire che il Covid-19 impone misure di contenimento, sì, ma non autorizza allisteria, né a provvedimenti che, per evitare 100.000 contagi, 15.000 ricoveri in terapia intensiva e 6.000 decessi, possono far morire di fame mezza Italia. Da un lato, infatti, pare che essi tengano molto a sottolineare che il virus non ammazza solo anziani carichi di acciacchi (cè addirittura chi ha proposto di dare enfasi al dato, diffondendo immagini di qualche giovanotto in terapia intensiva, così, tanto per sensibilizzare i meno sensibili), con ciò rivelando, tuttavia, di attribuire un diverso valore alla morte in relazione a che età si muoia. Su ciò potremmo pure chiudere un occhio, solo però facendo nostro il parametro della vita media attesa, sul quale evidentemente essi contano di poter rappresentare agli insensibili più tragica la morte di un giovane che quella di un vecchio. Costoro, però, sono gli stessi che inorridiscono alla sola idea che, con un solo posto in terapia intensiva, si favorisca il giovane, penalizzando il vecchio.
Ma siamo prossimi a questo orrore? Impossibile prevederlo, di fatto i posti in terapia intensiva sono solo 5.300 in tutta Italia, e al momento 1.300 sono occupati da soggetti affetti da Covid-19. Per meglio dire: in gran parte si tratta di soggetti affetti da patologie che hanno favorito la vulnerabilità al Covid-19, rendendo così drammatica la polmonite che esso causa.
E così torniamo al punto di partenza: «più che la gente, questo virus uccide la sanità» (MRG). Con ciò che la sanità rappresenta in termini di protezione che uno stato assicura all’individuo e alla collettività. Ma di questo – e di quanto questo implichi in un momento in cui tanti mettono in discussione la democrazia – al prossimo post.

33 commenti:

  1. Sempre un piacere leggerla per la lucidità delle analisi e lo stile che la contraddistingue.
    Grazie

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  2. In generale, tanto esperti clinici che virologi ignorano la matematica (affermzione certificata da una lunga serie di indagini). Fatto che rende sostanzialmente inutile disquisire di popolaizoni, con gli uni o con gli altri. Suggerirei però giusto un secondo di andare a vedere la distribuzione di età di chi finisce in terapia intensiva.
    P.S: in Corea del Sud si è già saliti al 0.92%, da quelle dichiarazioni, numero destinato a salire ancora, per le non addomesticabili ferree leggi della matematica e della statistica.

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  3. Caro Luigi, grazie.
    Ti si dovrebbe clonare ed inserirne uno in ogni redazione.

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  4. Grazie, sì, per quanto scritto che lenisce, in parte, l'ipocondria con la quale ci stanno pasturando da giorni.

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  5. Ammesso che il numero dei decessi "da/con" COVID-19 rimanga inferiore a quello di una "normale" influenza (nel punto successivo però fare una precisazione importante su questa statistica), il fatto di non avere un vaccino per contrastare questo virus non ne giustifica, purtroppo, la sua esposizione mediatica?
    Possiamo parlare, come sempre, di sovraesposizione, di fake news, di inutili allarmismi e demagogia cantante, ma davvero dovremmo far passare sotto silenzio questo problema?


    Attenzione anche quando facciamo i calcoli (1809 morti ad oggi): per adesso si stanno escludendo i decessi per altre sindromi influenzali (quindi non COVID-19); gli 8mila morti in 121 giorni (1 dicembre/31 marzo) da te citati nel post precedente tengono conto di qualsiasi forma virale purché sfoci appunto nella "comune" influenza.

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    1. Ma si figuri se intendo dire che non si debba parlare di questo coronavirus, tutt'è decidere come e quanto, così come lo è decidere le competenze al riguardo. Le faccio un esempio? Dovessi condurre una trasmissione televisiva sul tema, darei la voce a un virologo perché spieghi al pubblico come è fatto un virus ad Rna, che differenza fa con un virus a Dna, com'è fatto il capside del Sars-cov-2, ecc. Appena si azzardasse a parlare di polmonite, lo bloccherei e direi: "Scusi, faccia il virologo. Sulla polmonite facciamo parlare lo pneumologo". E così con lo pneumologo: sintomi, decorso clinico, ecc. Ma appena si azzardasse a parlare di statistica: "No, guardi, per questi aspetti abbiamo l'epidemiologo". Cui toglierei la parola appena si azzardasse a fare il politico. Qui, invece, c'è un pochino di confusione, non crede? E questa confusione è immersa in un mix di melensaggine e isteria, di sentimentalismo e di panico.
      No, i numeri da me citati nel post precedente fanno riferimento all'infezione da A(H1N1)pdm09 ed A(H3N2), i virus che sostennero la sindrome influenzale del 2018-2019.

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  6. Due brevi osservazioni.
    1) Non mi sembra corretto paragonare il Covid-19 a un virus influenzale. Contro i virus influenzali esistono i vaccini. Purtroppo molti, troppi non possono o non vogliono vaccinarsi. Ma se lo facessero il numero dei morti sarebbe molto inferiore.
    2) Se l'età media dei deceduti è di 80,3 anni, è ovvio che la maggior parte dei decessi riguardi persone portatrici di altre patologie.
    Difficile che un ultraottantenne non abbia qualche altro problema di salute.

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    1. (1) Sulla copertura vaccinale anti-influenzale ho i dati dell'Iss relativi alla stagione 2017-18: circa il 57%. Poco, ha ragione lei, e con lei me ne cruccio. Ma sa quanti ne sono morti in quella stagione per influenza (morti dirette + morti indirette)? 7.800 circa. Suppongo che, se non ci fosse stato un vaccino, ne sarebbero morti molti di più, concorda? E dunque perché non le sembra corretto paragonare il Covid-19 a un virus influenzale? Glielo dico io: perché per lei l'influenza è una bazzecola. Ma non è colpa sua. Ogni anno non è bombardato dai media sulle quotidiane morti da influenza. Poi c'è che in quel caso non hanno due o tre epicentri come accade col Covid-19, e dunque non vede bare accatastate tutte a Lodi o a Bergamo: sono sparpagliate in tutta Italia e la cosa non le dà il sobbalzo d'angoscia.
      (2) Certo, è "difficile che un ultraottantenne non abbia qualche altro problema di salute" e di conseguenza "è ovvio che la maggior parte dei decessi riguardi persone portatrici di altre patologie". E quindi? Dovremo pur morire di qualcosa. Anche quando si è soliti dire "è morto di vecchiaia", la morte è sempre stata provocata da un quid, quasi sempre cardiovascolare.

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  7. La frase "più che la gente, questo virus uccide la sanità" l'ha pronunciata MRG, non MG.

    MG, invece, ha pronunciato una frase che non vedo nel post: "In 42 anni di professione non ho mai visto un’influenza capace di stravolgere l’attività dei reparti di malattie infettive".

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    1. Vero, grazie per la correzione. La frase di MG che lei riporta, invece, credo si spieghi col fatto che l'influenza fa ricoveri e morti ben distribuiti in tutta Italia, mentre il Covid-19 s'è concentrato tutto (almeno fino a qualche giorno fa) in Lombardia. E in Lombardia è l'ospedale Sacco ad essere il punto di riferimento per le malattie infettive. Ed MG lavora all'ospedale Sacco. Sì, tutto sommato dice che "questo virus uccide la sanità", come MRG, ma in modo meno ellittico e con un po' più di pathos.

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    2. Ma Covid-19 è concentrato in aree limitate perchè si sta cercando in tutti i modi di contenerlo. Si può dedurre che, senza provvedimenti di contenimento, si diffonderebbe rapidamente ovunque, portando al collasso tutto il sistema sanitario, e i morti a queli punto sì, sarebbero molti di più rispetto alla normale influenza. Quindi ok c'è una certa esposizione mediatica, ma non del tutto immotivata!

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  8. Faccio il medico infettivologo ospedaliero da 30 anni, lavoro a Piacenza, ho visto l'AIDS quando 2 morti la settimana era la norma al ribasso (Sono di Milano), ma mai durante nessun epidemia influenzale, ho visto decine di persone arrivare quotidianamente in PS in severa insufficienza respiratoria, 3 presidi ospedalieri dedicati solo a pazienti con Covid19, rianimazioni, che hanno raddoppiato i posti e che non intubano i 70enni, perché si preferisce tentare di salvare il 40enne, centinaia di casi gravi, decine di morti, decine di operatori sanitari contagiati. No per noi che viviamo al centro dell'epidemia stanno cambiando tutti i paradigmi. Noi (primi casi 21/2) dovevamo chiudere tutto il 23/2. Mi auguro vivamente che le tardive misure salvino le grandi città da situazioni come la nostra altrimenti se ne uscirà devastati non solo economicamente
    Grazie
    Alessandro

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    1. gentile dott. Alessandro R.,
      ho letto le dichiarazioni del commissario regionale ad acta Sergio Venturi, il quale sostiene che "non mettiamo a repentaglio tutto questo per fare la corsetta mattutina: se sarà necessario, toglieremo la possibilità di farla”.
      le chiedo, se mi faccio una corsetta al mattino senza venire in contatto con alcuno, ossia rimanendo a debita distanza, quale pericolo di contagio c'è? rispetto a quello nei supermercati, nei luoghi di lavoro, sui mezzi di trasporto pubblici?
      un'altra curiosità: i numerosi pazienti ricoverati che non sono sottoposti a terapie intensive, quali sintomi presentano? grazie

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    2. Quello che lei scrive è molto interessante. Dunque lei ha visto personalmente "rianimazioni, che hanno raddoppiato i posti e che non intubano i 70enni, perché si preferisce tentare di salvare il 40enne". E quindi ha visto attuare, in palese violazione dell'art.32 della nostra Costituzione, il documento degli anestesisti e rianimatori: “Può rendersi necessario porre un limite di età all’ingresso in terapia intensiva". E così gli anestesisti si sostituiscono alla politica e decidono della vita e della morte delle persone, sospendendo alcune garanzie costituzionali. Capisco lo stress, il sacrificio, la dedizione con cui si dedicano alla cura dei pazienti ma qui mi pare che si superino i limiti della convivenza civile.

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  9. E suvvia pero', non facciamo convergere Galli sulla posizione della Gismondo. Non la cita mai, ma poco poco la manda a cagare in ogni sua intervista:

    https://www.la7.it/aggiornamenti-sul-coronavirus/video/emergenza-coronavirus-linfettivologo-massimo-galli-lo-sciocchezzaio-da-talk-show-del-e-come-11-03-2020-312644

    Ne potrei linkare altre.

    Comunque, come lei suggerisce nei commenti, facciamo parlare gli epidemiologi/esperti di modelli statistici per quel che riguarda i numeri: Capua non lo e', Gismondo non lo e', Galli neppure.

    Fatico a trovare epidemiologi che equiparino il rischio posto da questo virus a quello posto dall'influenza ma sarei contento di leggerne un po'.

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  10. Sulla differenza tra virus a DNA e a RNA, nonché su certe leccornìe asiatiche e molto altro, segnalo un articolo del CdS ripreso qui:

    https://lozittito.blogspot.com/2020/03/spillover.html#more

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  11. Lei ha perfettamente ragione, i numeri sono numeri e come dice lo statistico, se li si tortura abbastanza diranno qualsiasi cosa.
    Lavorando in sanità lombarda le posso assicurare che, sebbene la saturazione dei posti letto in terapia intensiva non si sia raggiunta su scala nazionale, è stata raggiunta e superata su scala locale e regionale.
    Da qui una probabile causa della mortalità elevata rilevata in Italia.
    Mi sono chiesto più volte se la differenza tra questa influenza e la normale influenza sia da attribuire solo alla distribuzione dei casi (concentrata qui, diffusa e quindi meno evidente lì) e credo che Lei ci abbia azzeccato, per così dire.
    é il carattere epidemico ed a focolai della distribuzione dei casi che mette in crisi il sistema (qualunque sistema) che si trova costretto ad attuare logiche di guerra (aumento dei posti letto, selezione stretta dei casi sui quali investire).
    se così non fosse, anche gridando "al lupo, al lupo", non ci sarebbe lo stato di crisi evidente in Lombardia.
    L'epidemiologo ed il clinico dovrebbero accordarsi, sinceramente non so bene come.

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  12. Nel frattempo nella lontana Albione, dove Burioni non sanno nemmeno chi sia, il governo nel giro di manco una settimana è passato dalla posizione "lasciamo che il virus faccia il suo corso" alla possiblità che sia necessario prendere provvedimenti eccezionali, sullo stile di quelli già adottati qui in Italia (ed anche in Spagna, Francia, Germania etc).
    Anche loro fuorviati da un ingiustificato clamore mediatico?
    https://www.bbc.com/news/health-51915302

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    1. Ma no, semplicemente hanno anche loro un'opinione pubblica a cui dover rendere conto, e l'opinione pubblica è tanto più ondivaga quanto più disinformata: non le fai vedere gli 8.000 morti che ogni anno fa l'influenza, e l'influenza è una sciocchezza; le fai vedere 3000 morti che fa il Covid-19, ed è peste.

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    2. L'articolo della BBC linkato parla di uno studio dell'Imperial College, la cui opinione ha di certo un peso diverso della semplice opinione pubblica,
      (studio disponibile qui
      https://www.imperial.ac.uk/media/imperial-college/medicine/sph/ide/gida-fellowships/Imperial-College-COVID19-NPI-modelling-16-03-2020.pdf )
      che prospetta questi risultati in caso di risposta "soft" in UK:
      - Do nothing: 510,000 morti entro Agosto
      - Mitigation: 250,000 morti entro Agosto
      Non proprio numeri da influenza.

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    3. Come opportunamente lei fa presente si tratta uno studio prospettico. Ora tenga presente che in Italia tra il 2007 e il 2017 abbiamo avuto da un minimo di 5,3 ad un massimo di 13,6 milioni di individui affetti da influenza stagionale. Calcolando un tasso di mortalità tra lo 0,01 e lo 0,02 %, nella stagione in cui abbiamo avuto il numero massimi di affetti da virus influenzale (2013-14), avremmo dovuto avere - in prospettiva - tra i 13.600 e i 27.200 morti, ma ne abbiamo avuto poco più di 8.000. Ora, c'è che il tasso di letalità del Covid-19, che è ovviamente ballerino in relazione alla popolazione che lei prende in considerazione (composta da quanti sicuramente lei può dire infetti ---> positivi al tampone), risulta alto dove di tamponi se ne fanno pochi (2,6-3,4%) ma basso dove se ne fanno tanti (in Corea del Sud, per esempio, parlano di un tasso di letalità dello 0,88%). Inoltre, c'è che un oltre 90% di affetti asintomatici o paucisintomatici tra i positivi al tampone (rectius: che non muoiono e che non hanno bisogno di terapia intensiva, talvolta nemmeno di tachipirina) lascia pensare che il numero totale degli italiani che fin qui ha avuto un infezione da Sars-cov-2 (e cioè un Covid-19) sia molto maggiore di quelli che risultano come "contagiati". Ne consegue che lo scellerato azzardo inglese farebbe parecchi morti, sì, ma molto molto meno dei 510.000 prospettati. "Non proprio numeri da influenza"? No, ma l'influenza non ne fa pochi, e non ho capito perché nessuno sembra sbattersi troppo degli 8.000 morti che in media fa ogni anno. Poi, a far chiarezza sulla mia posizione (non mi cruccio di essere frainteso, so bene che, quando lo scontro si radicalizza, ogni posizione non radicalizzata - qui tra panico e negazionismo - corre il rischio di essere assimilata a quella cui pare - ripeto: pare - essere più prossima), io non ho mai pensato, né ho mai scritto che il Covid-19 sia un raffreddore: fin dal primo paragrafo di questo «nulla sarà più come prima» / «tutto sarà come prima» ho puntato l'attenzione sul modo in cui i media hanno trattato la faccenda, in vista di puntarla sulle derive cui strumentalmente potrebbe portare. Non sente quanti avanzi di Italietta anni '50 ripetono "è venuto il momento di obbedire"? Tra autorevolezza e autoritarismo c'è un'interfaccia molto viscida.

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  13. Rispondo brevemente a Olympe e Mariolino: personalmente non credo che uscire a passeggiare soli all'aperto sia un comportamento rischioso per sè o per altri. Solo 20% circa pazienti richiedono ospedalizzazione, gli altri sintomi di un influenza pesante, tuttavia purtroppo successo di pazienti rimandati a casa da PS e rientrati dopo 3 giorni con severa insufficienza respiratoria.
    Il mio reparto è diventato una sub-intensiva: tutti i pazienti in NIV (ventilazione con O2 ad alto flusso senza intubazione), 2 volte al giorno passa. Rianimatore per decidere chi prendere: con 2 posti e 4 da intubare la scelta non può essere che anagrafica e anamnestica (in base copatologie) Drammatico ma inevitabile
    Grazie
    Alessandro

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  14. ringrazio anch'io per il post. Da profano del settore la butto lì: alla luce delle considerazioni di cui sopra e che trovo convincenti, non sarebbe più logico: 1) lasciare libertà di circolazione 2) puntare tutta l'attenzione e gli sforzi (mediatica e del SSN) sui soggetti più a rischio (ultrasettantenni con patologie), 3) fare il possibile e l'impossibile per aumentare i posti in terapia intensiva (riconversione anche forzata delle industrie in grado di produrre certi macchinari medici, bandi internazionali per medici etc. ?).

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  15. Aggiornamento statistico. Nel mio messaggio precedente replicavo all'affermazione della dottoressa che "la percentuale di letalità [probabilmente è] anche inferiore allo 0,88% riscontrato nella Corea del Sud", e precisavo che "in Corea del Sud si è già saliti al 0.92%, da quelle dichiarazioni, numero destinato a salire ancora, per le non addomesticabili ferree leggi della matematica e della statistica". Ad oggi in effetti quella percentuale in Corea del Sud è puntualmente salita all'1,17% (e salirà ancora).

    Nella provincia di Bergamo, in un mese dai primi casi, con la spinta propulsiva ancora di tipo simil esponenziale all'oggi, siamo arrivati ad una stima di morti che posso tradurre su scala nazionale con l'equivalente numero di 45.000 unità (nel senso che questo sarebbe il numero se tutte le province avessero subito la stessa dinamica). Un numero chiaramente maggiore degli 8.000 dell’influenza, che sono peraltro il totale in un anno e non la somma parziale in piena epidemia, il quale numero non è stato raggiunto dal Covid-19 su scala nazionale, al momento, semplicemente perché le epidemie hanno carattere eterogeneo spazialmente.

    Confrontando il trend di crescita iniziale, senza misure di contenimento, con un tempo di raddoppio che era di circa due giorni, con quello attuale dopo le misure di contenimento di circa sei giorni, potremmo affermare non solo che questo numero sarebbe già stato già raggiunto su scala nazionale, ma anche che quel numero “equivalente” bergamasco sarebbe oggi stato circa dieci volte maggiore.

    Altro indicatore è che nel bergamasco i decessi sono ormai lanciati verso le quattro o cinque volte la media stagionale, per qualunque causa.

    In altre parole, come prevedono (secondo me ottimisticamente) i britannici, il numero atteso dei decessi che si avrebbe lasciando passare l'epidemia con modeste misure di contenimento è dell'ordine di svariate centinaia di migliaia di morti. Visto l'impatto che sta avendo sulla sanità Lombarda, e l'idea utopistica di garantire le migliori cure anche in assenza di efficace contenimento, mi sentirei di dire che nello stivale la conta dei morti arriverebbe almeno all'ordine del milione, o più (vedi confronto provincia di BG con media stagionale per qualunque causa).

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    1. Lei proietta Bergamo su tutta l'Italia: ha qualche sostegno nel ritenere che il Covid-19 abbia nel resto del paese le condizioni ambientali di Bergamo?Altrettanto fa con gli 8.000 morti da influenza della stagione invernale 2018-2019, che invece spalma su tutto l'anno. Insomma, mi pare che restringa lo schermo e allarghi l'otturatore del proiettore. L'effetto è sorprendente, glielo riconosco, ma al momento abbiamo 5.000 morti contro 8.000. E si fa largo il sospetto che l'epidemia abbia trovato nel panico un formidabile alleato, visto che gli ospedali della Lombardia sono stati un'occasione di assembramento particolarmente favorevole al coronavirus: per una "banale" influenza l'anno scorso non si andava al pronto soccorso.

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    2. Credo che abbia fatto confusione, postando il commento in risposta a questo mio in coda al 4° paragrafo. Ho approvato il suo commento e risposto lì.

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    3. Non è stato un errore. Ho scritto qui perché era qui sopra che avevo fatto una previsione rivelatasi corretta. È qui che è più agilmente riscontrabile un fatto misurabile.

      Nel frattempo saremmo arrivati a 47.000 in proiezione. Lei ha ragione in teoria che non possiamo proiettare Bergamo a livello nazionale. Tuttavia, qui, chiamo ancora una volta in causa i numeri e le statistiche: i tassi di aumento delle epidemie da Covid-19 nei vari paesi toccati in tutto il mondo sono identici, perfettamente sovrapponibili, dal Manzanarre al Reno. Posso concedere, certamente, che possa esserci stata una maggiore incidenza nell'emisfero boreale, forse più per condizioni di umidità che di temperatura o inquinamento. Dopodiché le curve si discostano tra di loro in maniera coerente con le date e contenuti delle diverse misure intraprese.

      Le curve in Italia dei decessi e dei positivi, regione per regione, sono anch'esse grossomodo sovrapponibili. Ciò che cambia è il momento di inizio. Anche le misure di contenimento mostrano variazioni in perfetta armonia tra loro. Stiamo cioè parlando di una pianta che cresce con le sue caratteristiche, se viene annaffiata, e non si tramuta né in un fundo né in un'automobile. Cresce, come Dio l'ha fatta.

      Guardi, io mi sto volutamente astenendo del tutto da considerazioni sociali o politiche, di metodo, o di economia globale. Riconosco perfettamente che è un problema di una complessità elevata. Potrei persino compendiare le sue considerazioni con la valutazione sulla salute collettiva di tutte queste restrizioni al movimento, alla vita sana sia fisica che mentale, col finire col rischio che future crisi economiche vadano un domani a causare più morti di quelle scampate oggi, magari però tra i più giovani. Quello che a me appare freddamente al limite della inconfutabilità, e lo dice persino chi apparentemente ha deciso di lasciarsi investire dall'onda epidemiologica, è che stiamo parlando di almeno centinaia di miglia di decessi come potenziale gittata del Covid-19 in un paese come il nostro. Possiamo anche disquisire, se vogliamo, sul suo target, su quale popolazione verrebbe realmente colpita. Ma non comprendo come si riesce ancora adesso a negare numeri che nessun epidemiologo, statistico o matematico serio oggi negherebbero più.

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    4. Ma io non contesto i numeri e arrivo anche ad accettare come scientifiche, dunque falsificabili, le inferenze (preferisco questo termine a "interpretazioni" in ossequio al metodo che le produce). Contesto il modo in cui si è affrontato il problema, sul piano mediatico e su quello delle misure prese, a cominciare dal rifiutarsi di comprendere che l'amplificatore dell'epidemia (qui in Italia, ma anche altrove) erano gli ospedali, dove si correva in preda al panico causato da un'informazione isterica e contraddittoria (prenda Burioni: "c'è più rischio di beccarci un meteorite" e 6 giorni dopo l'instant book che fa link tra coronavirus e peste).

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    5. E aggiungo: ho impostato la questione in questo modo fin dal primo dei paragrafi di questo «nulla sarà più come prima» / «tutto sarà come prima».

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