lunedì 30 gennaio 2012

Come non essere d’accordo?

“Nomi noti si applicano a fenomeni contingenti per incrementare il proprio stipendio e intrattenere le masse”: è il “bluff” della “filosofia pop”, quella dei Ferraris, dei Regazzoni, dei Galimberti, che “applicano dotte analisi alla cultura popolare”, cosa che una volta si faceva o con stile (Roland Barthes) o per scherzo (Umberto Eco), poi lo scherzo è stato preso sul serio e il rischio è ora di morire di noia magari senza stile sicché “dalla cosmologia siamo passati alla cosmetica dell’attualità, dove non conta che i concetti siano lucidi ma ben lucidati”.
Come non essere d’accordo? Lo scrive Edoardo Camurri (La Lettura - Corriere della Sera, 29.1.2012), laureato in filosofia teoretica con una tesi sulla contesa che Alexandre Kojève e Leo Strauss ingaggiarono sulla tirannide, e poi finito a condurre Mi manda Raitre, via Vanity Fair.

Semplice

In occasione della morte di Scalfaro ci si domanda per l’ennesima volta – con rinnovato stupore, vedo – come mai a Pannella venne in testa di proporre proprio lui alla Presidenza della Repubblica. Ovviamente è inutile chiedere a Pannella, così abituato a mentire a se stesso da incazzarsi se non lo si trova convincente.
Io credo di aver trovato una spiegazione che ha il solo difetto di essere assai semplice, troppo semplice per chi immagina che Pannella sia un tipo estremamente complicato. Non lo è affatto, anzi, una cozza ha psiche più complessa.

Ordunque, mancavano solo pochi mesi all’annunciata scadenza anticipata del settennato di Cossiga, quando…


sabato 28 gennaio 2012

Il Consiglio d’Europa, per Avvenire

È facile far confusione tra Consiglio Europeo, Consiglio dell’Unione Europea e Consiglio d’Europa, ma si tratta di tre cose assai diverse. In sostanza, il primo ha funzione di indirizzo circa le priorità politiche in ambito comunitario, il secondo detiene col Parlamento Europeo il potere legislativo e il terzo non conta un cazzo: col soffice eufemismo scelto dal giornale della Cei, una risoluzione approvata a maggioranza dal Consiglio d’Europa “non è vincolante per gli Stati membri”. Non potrebbe essere altrimenti, d’altronde, perché del Consiglio d’Europa non fanno parte solo i membri delegati dai 27 paesi della Unione Europea, ma anche – tanto per dire – quelli di Russia, Ucraina, Armenia e Azerbaigian.
Una risoluzione del Consiglio d’Europa non è di per se stessa autorevole neppure sul piano morale, almeno secondo il giornale dei vescovi, sul quale, in occasione dell’approvazione di un documento che condannava l’omofobia, leggemmo: “Il documento, in nome della lotta alla discriminazione contro l’orientamento sessuale e il cosiddetto gender, opera una forte azione di lobbying giuridica, politica e culturale per aprire la strada nel vecchio Continente al matrimonio gay e alla possibilità di adozione per le coppie omosessuali prefigurando anche una sorta di reato di opinione per chi osi esprimere valutazioni etiche o religiose in merito”. Oltre a non contare un cazzo, insomma, il Consiglio d’Europa dovrebbe essere pure un covo di tipacci. 
E tuttavia Avvenire ora ne canta le lodi per una risoluzione votata a maggioranza, peraltro risicata, contro la scelta eutanasica. Ora il Consiglio d’Europa è il “consesso che riunisce parlamentari di ben 47 Stati del Vecchio continente (venti in più della Ue)”, come se bastasse questo a renderlo perciò più autorevole. Seguono le euforiche dichiarazioni di Luca Volontè e Renato Farina, per i quali “il documento può avere un grande valore sui pronunciamenti della Corte di Strasburgo e, di rimando, sulle leggi nazionali”. Quello contro l’omofobia non poteva e non doveva, quello contro l’eutanasia, via, perché no?

venerdì 27 gennaio 2012

1555

In occasione della Giornata della Memoria, il ministro Lorenzo Ornaghi sottolinea il valore altamente didattico della rassegna allestita al Vittoriano sull’orrore dei ghetti. Come dargli torto? La mostruosità dei lager è tutta in nuce alla segregazione nei ghetti. Perciò avrebbe potuto aggiungere che l’istituzione del ghetto risale al 1555, grazie alla bolla Cum nimis absurdum di papa Paolo IV, che l’antisemitismo razziale ha radici solidissime nell’antigiudaismo teologico, che l’odio contro l’ebreo arriva al Mein Kampf partendo dalle Omelie contro gli Ebrei di San Giovanni Crisostomo. Un uomo di cultura come il nostro ministro della cultura non dovrebbe ignorarlo e farebbe bene a non nasconderselo. Ma è quel che è, ed è dove è, per aver consumato la rotula baciando la mano a tanti cardinali: il poveretto non può, deve rimuoverlo, e il ghetto gli si materializza innanzi, dal nulla, nel 1939. 

mercoledì 25 gennaio 2012

Il wagneriano che è in voi

I membri del Comitato nazionale eletti all’ultimo congresso di Radicali italiani (Chianciano Terme, 29 ottobre-1 novembre 2011) si sono riuniti per la prima volta, lo scorso week end, nella storica sede di Via di Torre Argentina. Non lo sapevate? È colpa del regime partitocratico che ve l’ha tenuto nascosto, sciocchini. Niente panico, da radioradicale.it potete recuperare l’evento nella sua interezza, di durata solo di poco superiore (21h 14' 39") al ciclo wagneriano de L’Anello del Nibelungo. Non vi piace Wagner? Tranquilli, basta un intervento a riassumerli tutti, e a buon diritto, perché si tratta del denso quarto d’ora di Angiolo Bandinelli, radicale – come si dice – “storico”, già allievo di Pantaleo Carabellese (se non lo conoscete, cazzi vostri), già segretario del Partito radicale (1969-1972), già deputato (1986-1987). Insomma, un monumento. Di quelli che sono cari ai piccioni. E tuttavia da questo Comitato era rimasto fuori, lui e il piedistallo: non eletto. Poi – com’è, come non è – ripescato.
[Sbobinarlo è come descrivere a parole il sublimato di naftalina, praticamente impossibile: consiglio di sniffare alla fonte.]

«Sono qui per rispetto verso questa assemblea, della quale sono divenuto membro per un caso, non essendo stato eletto democraticamente tra i 60 che sono stati scelti in congresso. Devo dire che questa cosa non l’ho gradita, ma non voglio parlare del mio caso privato: il caso è politico. Subito dopo la non elezione, andando a cercare e finalmente trovando la lista degli eletti, quelli veri, e vedendo che non c’ero, mi sono dispiaciuto. E allora c’è stato uno scambio di opinioni sulla faccenda ed io ho dato una definizione della elezione del Comitato nazionale che ho definito “di stampo camorristico”. Da un autorevolissimo personaggio del partito mi è stato detto: “Ah, ma tu dici che qui siamo camorristi?”. No, ho detto che questo metodo è camorrista e qui voglio spiegare perché ritengo tecnicamente di aver ragione. E lo dico per mettere in guardia, perché questa situazione venga modificata radicalmente…»

Basta una chiave accennata da un corno all’inizio dell’atto, e del Valhalla wagneriano si respira l’aria a pieni polmoni. Così è in questo dramma.
Il Comitato nazionale è l’unico organismo radicale eletto democraticamente, democraticamente il Bandinelli è escluso dal Comitato nazionale, ma non basta che venga pietosamente ripescato: urge modifica statutaria perché questo non accada più. C’è una falla nello Statuto, dunque? Può darsi, il fatto è, a redigerlo materialmente, indovinate chi fu. Bravi, non sarete wagneriani di testa, ma di stomaco andate forte: fu il Bandinelli istesso.
Dal Regolamento del Congresso di Radicali italiani, art. 9: «Ciascun congressista iscritto può candidarsi a membro del Comitato nazionale su base individuale, comunicando la propria candidatura alla Segreteria di Presidenza entro il termine previsto dall’ordine dei lavori. La Segreteria di Presidenza, dopo aver validato le candidature, ne dà pubblicità».
Qui, alla candidatura di Bandinelli, non sarebbe stata data la pubblicità dovuta: in questo riposerebbe il germe camorristico che ha generato la mostruosità che orripila il nostro. Tutta colpa della Segreteria di Presidenza, dunque, che risponde alla Presidenza. Ora provate a indovinare chi fosse membro, tra gli altri, della Presidenza del Congresso. Ecco, bravi, avete fatto centro: il Bandinelli istesso.  

Suppongo abbiate pensato che esagerassi dicendo che si potesse avere il polso della cosa pannelliana anche da un mezzo intervento di un solo membro, peraltro fortuito, del Comitato nazionale di Radicali italiani. È che ignoravate il wagneriano che è in voi.

Insomma

L’apologo morale era cristallino e ricco di suggestioni allegoriche. Un apologo assai invitante, insomma. Tuttavia sono bastati pochi giorni per capire che i personaggi non erano all’altezza dell’antonomasia nella quale si è cercato di insaccarli: Schettino non era Capitan Codardia, De Falco non era quintessenza del Senso del Dovere. La pratica dell’“inchino”, che all’Isola del Giglio ha trovato l’infortunio che prima o poi doveva trovare, era incoraggiata dall’armatore e tollerata dalle Capitanerie di Porto. Sul ritardo nella segnalazione del guaio, intanto, comincia a configurarsi l’utile della Compagnia: Schettino cercava di pararsi il culo, ma non era un culo tutto suo. È vero, non è rimasto sul Concordia fino all’evacuazione dell’ultimo naufrago, ma la tempistica si va chiarendo: è sceso dalla nave quando già oltre l’80% dei passeggeri erano in salvo e quando rimanere a bordo non avrebbe reso più agevole portare a termine l’operazione. Morire, certo, l’avrebbe reso un eroe, facendo passare in secondo piano la manovra errata. Senza dubbio ha le sue colpe, ma diventa sempre più difficile cimentarle con l’onore di un Capitan Coraggio che impartisce lezioni di etica marinara dalla poltrona del suo ufficio.
Sugli esiti. Non più di due dozzine di vittime, nella peggiore delle ipotesi. Tenuto conto del fatto che i passeggeri del Concordia erano più di 4.200, siamo dinanzi ad un naufragio dagli esiti assai fortunati. Mai tanto chiasso per gli zatteroni di turisti per caso che vanno a fondo tra Tunisia e Lampedusa.

venerdì 20 gennaio 2012

In generale, io detesto le categorie

Gentile dottor Castaldi,
mi chiamo Chiara Bruni e sono una farmacista titolare di parafarmacia. Sono membro dell’associazione Essere Farmacisti che tutela appunto la nostra categoria e, in questo caso, ne sono il portavoce. Il presidente, dott. Alessandro Mazzacca, mi chiede di contattarLa per esprimerLe un sincero ringraziamento per il post del 30 dicembre intitolato “Le facciamo chiudere in tre mesi”, dove, con chiarezza, riporta la discussione ascoltata in una farmacia tra il titolare e i suoi amici. Ovviamente tale discussione ci indigna, non solo per i toni e i modi con cui veniamo apostrofati, ma anche e soprattutto perché siamo purtroppo coscienti del fatto che tali manifestazioni di spavalderia sono assai frequenti da parte dei farmacisti titolari nei riguardi di colleghi che hanno investito i loro soldi, e fatto dei sacrifici per guadagnarsi un piccolo posto nel mondo, senza ereditare, né chiedere niente a nessuno. Putroppo c’è da dire anche che il farmacista, pur nella sua cafoneria, ha una parte di ragione nel dire che le aziende farmaceutiche sono in accorto con le farmacie per praticarci prezzi più alti e che le farmacie stesse hanno accordi con i medici di base nell’“anticipare” i farmaci salvavita, pur di tenersi il cliente. Pertanto sono oggi a chiederLe due cose: la prima, di continuare ad occuparsi di questo argomento, come solo un blog sa fare, denunciando l’atteggiamento di onnipotenza delle farmacie, forti della loro continua impunità, e di clientelismo delle case farmaceutiche, magari (e se la cosa La interessa, in questo La potremmo aiutare) toccando anche altri aspetti di questa situazione spesso nebulosa per il cittadino; la seconda, di fornirci il nome del farmacista del Vomero, per inoltrare una denuncia per diffamazione, perché... poveri sì, ma fessi non tanto, mi consenta questa battuta.
Noi, da parte nostra, stiamo dando tanta rilevanza a questo suo articolo. Se fosse interessato alle nostre vicende, ieri alcuni nostri rappresentanti si sono incatenati davanti a Montecitorio e oggi saremo presenti in tanti a Roma, per una manifestazione a favore della liberalizzazione del farmaco. Se volesse contattarci, le lascio il mio recapito, non esiti a chiamarmi, per qualsiasi chiarimento. Ancora grazie.

Gentile dott.ssa Bruni,
sono il solo testimone di quanto riportato in quel post ed è proprio per questo motivo che ho evitato di riportare il nome del farmacista. Lei pensa che sarebbe disposto a confermare ciò che ha detto? In ogni caso, dove sarebbe la diffamazione della quale vorreste incolparlo? No, mi creda, penso di non potervi essere utile nel modo che mi offre, peraltro il mio post non aveva alcuna intenzione di colpire una categoria per favorirne un’altra. In generale, io detesto le categorie: in un modo o in un altro, mirano a tutelare interessi particolari, ben al di là e ben al di sopra dell’interesse generale, che è l’interesse di tutti e di ciascuno. In tal senso, mi pare che anche la vostra non faccia eccezione e la sua lettera me ne dà conferma. Saluti.

mercoledì 4 gennaio 2012

Oratori nei centri commerciali

L’arcivescovo di Torino, monsignor Cesare Nosiglia, lancia l’idea di aprire oratori nei centri commerciali. Anche se si tratta di un caso isolato, siamo dinanzi a una decisa inversione di tendenza che, con l’albergo nel convento e la libreria in sagrestia, prima o poi avrebbe portato all’apertura di centri commerciali negli oratori, per non pagare l’Ici. Tuttavia rimangono seri interrogativi sulla proposta, primo fra tutti: la diocesi pagherebbe lo spazio da destinare ad oratorio? A prezzo di mercato o con qualche agevolazione?