mercoledì 8 gennaio 2014

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Cerco di seguire il dibattito sulla libertà di espressione sul web con tutta l’attenzione che riesco a impormi, ma confesso che mi infligge una noia indicibile. Senza dubbio dev’esser colpa mia, evidentemente non sono ancora riuscito a capire quale sia il problema nello specifico, perché almeno una cosa mi è chiara, e cioè che in tanti danno per assodato che sul web la libertà di espressione ponga questioni del tutto peculiari, che invece a me pare siano in tutto analoghe a quelle poste dalla comunicazione veicolata da altri mezzi.
Voglio dire che a mio modesto avviso dovrebbero valere anche per l’agorà virtuale le regole vigenti per quella reale: abbiamo un codice civile e uno penale per sanzionare quanto abbia gli estremi dell’illecito, tutto il resto potrà eventualmente buscarsi la condanna morale di chi non ne condivida il portato etico-estetico, ma è bene che resti intoccabile.
Nel caso che ha riacceso il dibattito in questi ultimi giorni – i commenti all’ictus occorso a Pierluigi Bersani – io davvero non riesco a capire dove sia il problema, e leggo il lamento di Michele Serra, la sennata risposta di Massimo Mantellini, ma l’impressione è che si metta insieme il tutto e il niente. Augurarsi la morte di qualcuno è un reato? Non mi risulta. È cosa disdicevole sul piano morale? Può darsi. In ogni caso, se non vogliamo uno Stato etico, dobbiamo rinunciare a tradurre in sanzione giudiziaria una condanna morale o a pretendere sia censurato quanto non incontri il nostro gradimento.
Si obietta: sul web si può essere attivi in forma anonima, dunque l’eventuale illecito non è attribuibile in modo diretto e immediato, sicché il controllo deve essere effettuato in via preliminare sul mezzo. Non sono d’accordo, anche perché alla responsabilità personale di un abuso della libertà di espressione si può arrivare con gli strumenti di cui è ampiamente fornito chi è deputato a far rispettare la legge.
Rimane possibile, ovviamente, che in rete si urli: «Devi morire!», come accaduto nei confronti di Pierluigi Bersani, proprio come si urla allo stadio nei confronti – faccio per dire – di Mario Balotelli. Può disturbare la sensibilità di qualcuno, ma ritengo improponibile la soluzione di far disputare le partite a porte chiuse o quella di negare l’accesso agli spalti a chi urli a questo modo. Altra cosa è l’ingiuria, specie se motivata da pregiudizio razziale, ma in questo caso siamo dinanzi a un reato. Ben venga, allora, la sanzione a chi a Mario Balotelli urli: «Negro di merda!». Allo stadio torneranno utili le telecamere per individuare i colpevoli da punire, sul web non sarà più macchinoso individuarli dall’IP.
Virtuali o reali, le piazze sono piene di ogni cosa: qui si può pretendere che le leggi garantiscano la repressione dei reati, non che assicurino un’atmosfera di nostro gradimento. Questa pretesa può trovare soddisfazione nell’iscrizione a un club privato, in cui di solito vigono regole liberamente accettate da chi ne chiede l’ammissione e che rispondono a standard di comportamento opportunamente normati, ma l’idea che il web debba dotarsi di analoghi requisiti, prim’ancora che irrealizzabile, è inauspicabile. D’altronde, chi trovi fastidiosa la piazza può restare a casa. Chi in rete s’imbatta in qualcosa che lo irriti, può cambiare pagina.              

7 commenti:

  1. non sono d'accordo. Il web ha due peculiarità rispetto alla vita offline
    1-visibilità: scrivere 'Balotelli negro di merda' su un blog lo rende visibile alla totalità della popolazione dotata di connettività, mentre scriverlo sulla porta del bagno di un autogrill farà in modo che al decimo avventore qualcuno protesti e faccia magari pulire il muro, non al decimilionesimo.
    2-tracciamento: l'IP non dice molto. Lasciando perdere gli hacker (pure quelli in erba, del tipo 'mi connetto con la wifi del vicino'), essendo appunto la responsabilità penale personale, in caso di reati telematici la polizia postale ha il compito di stabilire chi ha effettivamente compiuto il reato. "Mio figlio ha usato il pc", e non è una battuta, le indagini sono spesso lunghe e, per i reati minori, a meno che non coinvolgano qualche mammasantissima non sono proprio effettuate, per mera questione di priorità. Rimuovere e perseguire tutte le frasi razziste trovate sul web sarebbe una follia, anche quelle dette al bar mi si può rispondere, ma al bar, vedi punto 1, non ci sono milioni di ascoltatori, al massimo qualche ubriaco.

    DI fatto si cerca di applicare una norma che nella vita reale è applicabile nella maggior parte dei casi in un contesto dove la sua applicabilità tende a zero.

    Soluzioni? Non ne ho mezza. Tutti quelli che propongono filtri a livello di fornitore di servizio (provider oppure applicativo) non hanno la più pallida idea di come funzionino la maggior parte dei sistemi informativi, convincere un crawler automatico che 'brutta negra' è razzista mentre 'pintura negra' è Goya è ben al di là degli attuali algoritmi e anche dei prossimi futuri. E avere un esercito di moderatori sarebbe possibile giusto se gli utenti accettassero di pagare 100 euro al mese per poter usare google. E un altro centinaio pure a FB, e così via.

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    1. (1) Se esiste un fenomeno di trascinamento che fa di "Balotelli negro di merda" un invito a ripeterlo, dobbiamo reintrodurre il reato di plagio. Ma anche senza reintrodurlo, chi lo ripete si rende personalmente responsabile. In quanto alla "visibilità alla totalità della popolazione dotata di connettività", direi che si tratta di dato potenziale: anche nel cesso dell'autogrill può entrarci chiunque, e anche tu, se leggi da qualche parte sul web qualcosa che ritieni degno di sanzione, puoi farlo cancellare.
      (2) Ma ti pare che un hacker usi le sue competenze per scrivere su un social network "Balotelli negro di merda"? In quanto a "mio figlio ha usato il pc": se è minorenne, ne sei responsabile tu per lui; se è maggiorenne, ne risponde come ogni altro maggiorenne.
      Bene, invece, sul fatto che tu non abbia neppure mezza soluzione: può darsi ti convinca che lasciare tutto com'è, e fare in modo che il web abbia sempre meno (apparenti) peculiarità, sia quella migliore.

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    2. credo che le normative esistenti siano insufficienti per coprire il contesto nuovo, ma che nessuna nuova normativa con gli strumenti attuali possa farlo. Quindi avanti così,

      PS
      quella sul figlio è un po' più complicata. In caso di frode informatica, la polizia postale deve risalire all'ip, verificare tutti i pc che hanno potuto avere accesso (viene un amico a casa mia e mi chiede la password del wifi? La mia compagna e io siamo due persone giuridicamente indipendenti), poi verificare l'utilizzatore di tale pc. Le indagini sono piuttosto lunghe e quindi vengono fatte solo in caso, appunto, di reato non minore.

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  2. Gentile Malvino, non potrei essere più d'accordo con lei, sopratutto nell'evidenziare la tentazione di far passare come penalmente rilevanti fatti che sono solo moralmente deprecabili. Con la postilla che questa tentazione a volte ce l'ha anche la Cassazione, con sentenze fin troppo emotive in cui afferma che augurare la morte a qualcuno, se detto con particolare disprezzo, configura il reato di ingiuria (n.32978/08).

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    1. Ah, vabbe', questo è normale, ed è perciò che io dico sempre: se devi augurare ad uno di morire, fallo senza disprezzo, come se la sua morte fosse un bene anche per lui.

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  3. Il bello dell'anarchia di Internet : chiunque ha diritto di manifestare la propria irrilevanza. Se dovessimo applicare regole oltremodo restrittive,con le stesse modalità in tv resterebbe Carosello e,forse, il meteo. E' molto che non la guardo, ma per due a caso come Sgarbi e Brunetta il discorso di Basaglia è da buttare alle ortiche o potremmo riaprire Ventotene alle custodie.
    Poi del resto, per le cose serie, la polizia delle comunicazioni cosa ci sta a fare ?
    Leo

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  4. Concordo. Ormai non c'è più niente da scrivere, se non annotare di tanto in tanto come certi maître à penser (tipo Serra), una volta che entrano a contatto col volto, pretendano di irreggimentarli ed "educarli" a essere meno volgo.

    Citando un bellissimo passaggio di Newsroom: "You know why people don't like liberals? Because they lose. If liberals are so fuckin' smart then how come they lose so goddamn always?" Ecco, la stessa cosa si applica a questi maître à penser.

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