lunedì 6 gennaio 2014

In breve

Alcuni lettori mi hanno chiesto quale sia la mia opinione riguardo alla sperimentazione animale in campo medico. Rispondo loro che sono a favore, senza riserve, e che  ritengo assurde le ragioni di chi è contrario. Fosse in mio potere, costringerei costoro alla coerenza, negando loro la somministrazione di ogni molecola che abbia richiesto il sacrificio anche di un solo animale per i test necessari al suo impiego clinico.

62 commenti:

  1. ah si ve' che sarebbe bello
    Pio

    RispondiElimina
  2. Assolutamente a favore del registro anti sperimentazione, in cui il soggetto può liberamente iscriversi (o essere iscritto in modo coatto a seguito di suoi post su facebook) dichiarandosi quindi contrario alla SA. Poi però per avere accesso alle cure "ufficiali" dovrà fare pubblica abiura, altrimenti verrà curato a tisane, decotti, omeopatia, dieta fruttariana ... ah, e ovviamente pet-therapy!:-D

    RispondiElimina
  3. I due tratti che principalmente permettono di riconoscere i liberali sono questi:
    * vorrebbero sempre vietare o imporre qualcosa a quelli di cui non comprendono idee e motivazioni;

    * fatti salvi i casi che li pongono in minoranza, in posizione debole, sono sempre per il supremo diritto del forte di difendersi dal debole.

    RispondiElimina
  4. Vorrei sentire anche l'opinione degli animali.

    RispondiElimina
  5. Quindi il tuo argomento contro le tesi degli anti-sperimentazione è un appello alla coerenza?

    RispondiElimina
    Risposte
    1. non credo sia l'unico, ma comunque le pare un argomento da poco? E' come se io fossi un comunista autentico, a favore della redistribuzione più totale, e poi girassi in Jaguar. Quando vedrò un animalista farsi operare da un chirurgo alle prime armi che non ha aperto manco un ratto, ma s'è esercitato con 'surgeon simulator 2013' su xbox, allora potrò affrontare l'argomento con lui.

      Elimina
    2. E' l'unico che vedo ed è un argomento fallace. L'incoerenza stile "fate quello che dico, non quello che faccio" non inficia per nulla la verità di quello che viene detto ma solamente mina l'autorità di colui che lo dice. (prima mi sono dimenticato di firmare - Carlo)

      Elimina
    3. a mio avviso non regge. Il "fate quello che dico, non quello che faccio" classicamente è il tipico "voi Dio Patria e Famiglia, io vado a mignotte e bestemmio", ma presuppone che, al di là di colui che pronuncia queste parole, ci siano un sacco di persone che vivono davvero Dio Patria Famiglia oltre a propagandare la loro tesi agli altri.
      Mi sfuggono le masse di animalisti malati che si curano con erbe e radici, o che si fanno operare da amici e compagni di lotta perchè i chirurghi sono assassini.
      E' più un "fate come vi dico, perchè oggi sto in salute, domani è un altro giorno".

      Elimina
    4. ah, chiaro che non è l'unico argomento! Ma è l'unico, probabilmente, comprensibile per chi si sbatte su internet a fare campagne contro la sperimentazione. Si potrebbe certo provare a spiegare a costoro come funziona la chimica dei farmaci, le interazioni tra molecole e organismi viventi, a fargli capire quali difficoltà ci sono per studiare il funzionamento dei medicinali e i relativi rischi per le persone da curare. Si potrebbe invitarli a esercitarsi a fare i chirurghi operando persone vive senza prima aver provato su animali. Ma, sinceramente, dubito che abbiano tempo di mollare il mouse per dedicarsi a studiare queste -secondo loro- sciocchezze.

      Ftnt

      Elimina
    5. No, credo che l'argomento da coerenza si muova su ben altri piani e non sia affatto fallace: la posizione di chi si oppone alla sperimentazione dice di sé di scaturire da fondamenti etici. Questi fondamenti etici vanno però verificati sul campo e non trattati in astratto al circolo del libro. Orbene, nel momento in cui ci si cura con le stesse cure di tutti gli altri - ci si dimostra cioè disponibili a mettere la vita animale su un piano diverso da quella umana - si tende giocoforza a divellere il preteso fondamento etico e morale che si è appena sostenuto.
      In altre parole: il diffuso utilizzo di medicine e terapie da parte di tutta la popolazione indistintamente, ivi compresi individui pro e contro la sperimentazione, è indice molto forte a sfavore della tesi che l'essere umano consideri la vita animale ad un livello superiore (al punto da non essere in alcuna porzione sacrificabile) di quello che di essa ci è dato verificare all'atto pratico. Il tutto a meno di, ovviamente, pretendere che i principi etici non riguardino gli esseri viventi e senzienti ma questioni metafisiche o di filosofia astratta.

      Quindi: l'incoerenza inficia certamente la verità di quello che viene detto, perché essa è a tutti gli effetti un piccolo pezzo di dimostrazione della falsità del principio etico sostenuto. E sei miliardi di piccoli pezzi fanno la tesi opposta.

      Elimina
    6. La produzione di gran parte dei vestiti e delle scarpe che indossiamo coinvolge lo sfruttamento, fino alla riduzione in schiavitù di chi materialmente li produce.
      Secondo il tuo argomento, solo chi è ricco abbastanza da poter acquistare indumenti artigianali e chi va in giro nudo può dirsi contro la schiavitù; tutti gli altri sono incoerenti e la loro incoerenza dimostra la falsità del principio etico per cui si vorrebbe abolire la schiavitù.

      Elimina
    7. Non mi risulta che l' autore sostenga che la buone ragione a sostegno della sperimentazione animale sia l' incoerenza di chi e' contrario

      Elimina
    8. Non ho dubbi che l'autore abbia altri argomenti. Faccio solo notare che l'accusa di incoerenza è in ogni caso un errore argomentativo. Non tanto perchè mi piacciano le argomentazioni rigorose o formali, quanto perchè credo che il dibattito sulla sperimentazione sia sufficientemente importante da meritare una considerazione razionale (da entrambe le parti). Comunque mettiamo la cosa in questo modo. Consideriamo una affermazione vera tipo "lo schiavismo è sbagliato". Il fatto che io ne sostenga la verità ma nei fatti mi comporti in modo contrario rende lo schiavismo giusto? Carlo

      Elimina
    9. Dunque, ammettiamo per amore di argomentazione che i principi etici siano qualcosa di esistente in modo a sé stante, che prescindano integralmente dai nostri comportamenti. Io non a caso ho parlato di "pezzetto di dimostrazione", nel senso che un buon principio etico in tal senso potrebbe anche non essere mai stato messo in atto da un essere umano nella nostra storia, quindi i nostri comportamenti non saranno mai del tutto dirimenti.
      Ebbene, ritengo comunque il comportamento individuale come fortemente indiziario, perché è assolutamente arbitrario stabilire a priori che una certa scelta individuale sia operata per una non meglio precisata "incoerenza" invece che per una esplicita attestazione di principio etico (palesatasi all'atto pratico invece che a parole, quando tra loro contrastanti).

      Per esempio, se io mi curo con le medicine correnti, o mi compro scarpe a buon prezzo perché prodotte con la schiavitù, ritengo che io mi debba contare fuori dal novero di coloro che ritengano la vita animale inviolabile o la schiavitù umana inaccettabile. Nel momento in cui io sia consapevole dello stato di schiavitù di alcuni lavoratori e non regoli di conseguenza i miei comportamenti, non sono "incoerente" più di quanto io non dimostri che per me (mia posizione fattuale) lo stato di schiavitù sia del tutto compatibile con la società umana. Questo non dimostra che la riduzione in schiavitù sia eticamente accettabile in senso assoluto, ma certamente contribuisce a dimostrare che per me, come per molti altri, lo sia, anche se a parole sostenessi il contrario. E tornando all'esempio di Malvino, traslandolo, certamente nel nostro continente dovrebbe essere vietato comprare quelle scarpe a me che sostenessi che la schiavitù è inaccettabile, e dovrebbe esserlo per tutti se tale concetto fosse principio etico fondativo degli stati membri. Fino a che questi sistemi non verranno implementati, dirsi "etici" ma "incoerenti" non è distinguibile dall'essere coerenti con il principio etico opposto.

      Elimina
    10. Non ho dubbi che la schiavitù sia compatibile con la società umana. Di fatto, lo è stata per molto tempo. E non ho neppure dubbi sul fatto che l'effettiva incoerenza dimostri tale compatibilità. Il punto, tuttavia, non è l'incompatibilità fattuale. E' l'incompatibilità etica. Tra le due cose intercorre la volontà (debole) umana. Continuo a non vedere alcuna connessione tra la verità (o meno) del principio l'applicazione che se ne fa. Carlo

      Elimina
    11. Premesso che distinguere gli etici incoerenti, gli etici coerenti e gli antietici è molto poco interessante, e che facilmente si trasforma in la mia coerenza è più lunga della tua, ho qualche problema con quanto scrivi.

      Innanzi tutto, in che senso "certamente nel nostro continente dovrebbe essere vietato comprare quelle scarpe a me che sostenessi che la schiavitù è inaccettabile"? Chi dovrebbe stabilire e poi far rispettare il divieto? A chi mai sarebbe utile? Ciò non significherebbe necessariamente che chi ha più mezzi ha il diritto di esprimere opinioni etiche di chi è più indigente?

      C'è poi un altro piccolo problema: sugli animali è stato sperimentato tutto. Ma intendo dire proprio tutto, il pane, la pasta, il fumo di sigaretta, la birra, l'ozono, l'azoto, l'anidride carbonica, l'ossigeno...
      Devo smettere di respirare? L'universo è un catalogo di sostanze che, una volta marchiate dal primo che le sperimenta su un animale, sono precluse all'uso di chi non vuole sperimentare sugli animali?

      Elimina
    12. Caro Carlo, la discussione è interessante e spero che non si vada troppo fuori tema. Non mi sento di sottoscrivere pienamente che "tra le due cose [intercorra] la volontà (debole) umana". Credo che la differenza qui sia tra chi percepisce l'etica giusta come ricostruibile interamente con l'intelletto e chi, come me, ritiene che l'intelletto prosegua comunque costantemente per analogia, a partire da comportamenti osservati e schemi acquisiti. Per me ci deve essere sempre e comunque un punto di partenza e via via dei punti di riferimento: l'intelletto da solo non può quasi nulla, anche se spesso e volentieri ha illustrato ex novo l'esistenza di un valido problema (ma per analogia con altri).

      A mio avviso, la prima posizione (quella che esclude che dai comportamenti osservati possa dedursi alcunché di etico) ci porta alla seguente conclusione, che riterrei inevitabile: osservato che tra i componenti della specie umana, e tutt'al più anche tra qualche cane, troviamo gli unici soggetti viventi ad essersi sostanzialmente avvantaggiati della presenza umana nel pianeta, se devo applicare con rigore un discorso integralmente etico e basato su sole deduzioni intellettuali non posso che dedurre che l'unica scelta eticamente sostenibile per l'uomo sia un istantaneo, volontario ed entusiasta suicidio di massa. Se questo non avviene e non è di fatto nemmeno proposto dalla quasi totalità di individui, filosofi o pensatori, ciò avviene - a mio parere - perché di tanto in tanto ci ancoriamo ai comportamenti osservati e assegniamo ad essi la patente di comportamenti eticamente legittimi, come entità di riferimento. Così, piantare un frutto è eticamente legittimo, anche se a qualche animale creerà quasi certamente un danno e nonostante non ci sia necessario, perché "così l'uomo ha sempre fatto": ha sempre modificato il pianeta non ritenendo esservi controindicazione. Allo stesso modo, causare direttamente una sofferenza è sempre stato eticamente problematico, perché alcuni uomini hanno sempre evitato di farlo. È molto probabile che se non ci fosse stato un primo vegetariano vivo e vegeto, nemmeno mi sarei mai posto un problema etico sull'uso di animali nella dieta.

      Elimina
    13. @ giorgian
      Spero che tu comprenda che respirare l'aria non sia la stessa cosa che usare speciali miscele gassose a scopo terapeutico. E che le sostanze "a catalogo" di cui si parla non siano di norma reperibili dal fruttivendolo, ma vengono sintetizzate in laboratorio; ed è proprio per questo motivo in linea di massima che non ne conosciamo già gli effetti sull'uomo, nel bene e nel male. Non si può rimuovere questo dato dal reale, altrimenti è chiaro che la sperimentazione animale ci pare il gioco del ragazzino che taglia la coda alla lucertola o del padrone che dà l'acqua al cane.

      Elimina
    14. Avrei voluto dirglielo già in molte altre occasioni, caro Paolo De Gregorio, ma glielo dico adesso: lei argomenta sempre in modo ineccepibile.

      Elimina
    15. @paolo
      mi spiego altrimenti.
      Conosciamo le varie sostanze nutritive e gli effetti della loro carenza principalmente da esperimenti di deprivazione effettuati su vari animali fra la fine del diciottesimo secolo e il diciannovesimo secolo.
      Il resto lo sappiamo in buona parte grazie alla storia clinica, e in particolare alcuni dettagli sono stati osservati in determinati contesti di prigionia, su detenuti che o erano malnutriti dai propri carcerieri, o praticavano lo sciopero della fame.
      Non c'è niente che io possa fare per cambiare questo dato storico.
      Sono senz'altro contrario al maltrattamento dei detenuti, e tuttavia ritengo che sarebbe ridicolo strappare dai libri le informazioni ottenute in modo non etico.

      Avremmo potuto ottenere quelle informazioni senza che nessun essere umano subisse maltrattamenti? Da profano, sono tentato di rispondere che in gran parte sicuramente sì, in parte forse no, e probabilmente ci sarebbe voluto più tempo.

      Non vedo incoerenza nell'opporsi alla sperimentazione umana non etica e nel non rigettare le informazioni apprese, in passato, per suo tramite, né capisco perché l'estendere questa opposizione anche alla sperimentazione animale dovrebbe far sorgere dell'incoerenza.

      Elimina
    16. @ Luigi/Malvino
      Ben più che lusingato.

      @ giorgian
      Credo che risposi a questa argomentazione in un mio vecchio post nel mio blog intitolato: "Esperimento concettuale con l'embrione".
      Applico la formula al caso presente. Supponiamo che tu, tuo figlio o una persona affidata alla tua cura siano destinati a morte certa nel giro di un paio di giorni ed un medico prospetti: "vi è un unico rimedio certo noto alla medicina utile nei tempi contingenti, ma per conseguirlo occorrerà prelevare un organo vitale ad un topo vivo (dieci? cento? mille topi vivi?) che morirà all'istante". Quale decisione prenderai? Non potrai certo invocare il fatto che il sacrificio è ormai tuo malgrado compiuto. E se ti figuri che rifiuterai di salvare la persona che ti è affidata, ritieni di poter serenamente difenderti qui in questo luogo come persona etica? E se invece ti figuri che accetterai, come rendere compatibile questa posizione con quella contraria alla sperimentazione animale?

      Ecco, la fallacia del ricorso alla non rettificabilità del crimine commesso sta tutta qua. Non stiamo infatti parlando di rimedi del passato, ma di tecniche del presente. Né ci troviamo "fortuitamente" di fronte ad una conoscenza. È qui, ora e oggi che si sta sperimentando sugli animali ciò che qui e domani ti sarà somministrato. C'è un'innegabile attualità storica, e battersi per la soppressione della sperimentazione animale ha un'innegabile ricaduta, se battaglia perseguita con successo, sulla propria ed anche altrui salute nel domani più prossimo.

      Provo a dirlo ancora con altre parole paradossali: ritengo che ci siano così tante persone che possano permettersi il lusso di sostenere che si debba vietare tout court la sperimentazione animale proprio perché il fatto che sia consentita fa apparire la loro posizione eticamente sostenibile.

      Elimina
    17. È un'argomentazione che non porta lontano, perché forse (non mi ci sono mai trovato, e non escludo che) quando la vita di mio figlio fosse in pericolo, non c'è vicino di casa, sconosciuto, passante che non ammazzerei con le mie mani per salvarlo. È il motivo per cui non si fa decidere la pena per un assassino ai familiari della vittima, e per cui non è in genere consigliabile prendere decisioni a lungo termine sull'onda dell'emozione, ed è l'unica conclusione che si può trarre da questo genere di ragionamento.

      Elimina
    18. "forse (…) quando la vita di mio figlio fosse in pericolo, non c'è vicino di casa, sconosciuto, passante che non ammazzerei con le mie mani per salvarlo."

      Questo è comprensibile se la fonte del pericolo fosse la persona che lei si ritroverebbe a uccidere. Ma qui mi pare che il discorso sia leggermente diverso: lei ucciderebbe una persona qualsiasi - che non ha responsabilità di sorta - per sottrargli organi che salverebbero suo figlio? Se è incerto anche su questo punto ("forse", lei dice), non dovrebbe neppure preoccuparsi se è giusto o no utilizzare gli animali per la sperimentazione.

      Saluti

      Elimina
    19. Caro Paolo, stiamo di certo andando fuori tema, anche se, visti gli argomenti trattati, è una condizione necessaria. Ad ogni modo il mio commento iniziale era volto a mettere in luce la cattiva strategia argomentativa connessa all'argomento alla coerenza usato dall'autore e, tutt'ora, non ho ancora letto nulla che mi dimostri il contrario.
      Le obiezioni che tu porti, d'altra parte, sono interessanti anche se mi trovo in disaccordo. I punti sono molti ma lo spazio è poco, perciò noto solo una cosa. Credo infatti che il discorso etico SIA un discorso che ha a che fare con l'intelletto e basta anche se non ho ben chiaro cosa intendi tu con "intelletto". Ad ogni modo, è solo all'interno della specie umana che esiste l'etica (nonostante ci sia chi pretende di attribuire alcune scelte morali ai primati...). O meglio, è solo all'uomo che appartiene la proprietà di discutere delle proprie scelte e la morale è proprio questo, una pratica discorsiva basata sulle ragioni. Sta, cioè, nello spazio dei concetti. Abbiamo qui a che fare col classico problema dell'essere-dover essere di Hume o di Moore. Citando quest'ultimo direi che, a meno di voler sminuire la pratica morale, dobbiamo considerare l'etica come ciò che "desidereremmo desiderare", non ciò che (di fatto) "desideriamo". Questo non significa che l'appello ai "comportamenti" (che definirei, più correttamente, appello alle contingenze sociali e culturali) non c'entri per nulla. Solo che esso ha a che fare con l'ambito della giustificazione (o della responsabilità), non quello di ciò che è giusto. Carlo

      Elimina
    20. Marcoz, il diciannovesimo secolo è bello che finito, se pensa che ci sia una differenza intrinseca fra chi commette omicidi e chi non ne commette, ci ripensi.
      Un'imbarazzante mole di osservazioni ci dice che pressoché chiunque potrebbe, nel giusto modo, essere condotto a commettere qualunque azione.
      Chi non vi è stato condotto non ne ha necessariamente merito.

      Elimina
    21. @ Carlo
      Preciso che parlando di discorso etico interamente scaturito dall'intelletto intendevo grossomodo "a mo' di teorema matematico".
      Per il resto, rimando al film documentario "March of the Penguins": nel freddo dell'Antartico, mentre per le femmine è il loro turno di tenere caldo ciascuna il proprio uovo, capita che per pochissimi secondi di distrazione uno di essi si ghiacci e il cucciolo non nascerà. In una scena, una di queste madri, prima disperata nel vedere che il suo uovo non si schiude dopo la fine del gelo, si determina poi a rapirne uno ad un altra femmina. È a quel punto che un nugolo di pinguini femmina fa quadrato e scaccia a male beccate la compagna che voleva rapire un piccolo ad un'altra compagna.
      Cos'è questo? Non ho dubbi che se si fosse trattato di donne, di femmine della nostra specie, lo avremmo catalogato come comportamento morale, o scelta morale. Il punto dove voglio arrivare è che è secondo me abbastanza illusorio pensare di recidere con una cesoia la nostra etica dal nostro istinto innato, come fossero enti separati a sé stanti e indipendenti tra loro. Al contrario, noi siamo un sistema integrato.

      @ giorgian
      Con Carlo parliamo la stessa lingua ma non siamo d'accordo su tutto, noi due invece parliamo lingue diverse, quindi rispondo solo per evadere.
      Dobbiamo deciderci se vogliamo spostarci sul piano giuridico: perché in tal caso la sperimentazione animale è consentita, come la pena non è decisa dalla famiglia della vittima, entrambi in favore del bene comune e la discussione si chiude qui. Se invece rimaniamo sul piano etico, l'osservazione di ciò che (per consentire la buona convivenza) la legge prevede è semplicemente irrilevante. E se è su questo piano che dobbiamo muoverci, allora mi sembra chiaro che nessuna discussione razionale possa stare in piedi se l'etica si riduce a: "è eticamente sbagliato fare ciò che in opportune condizioni è la cosa più naturale che io faccia e che vi posso garantire che io farò". Non è più nemmeno incoerenza, ma semplicemente un pacco vuoto.

      Elimina
    22. Sì, parliamo lingue diverse. Il piano giuridico non mi sembrava di averlo toccato, e l'etica di fatto è proprio ed esattamente "è eticamente sbagliato (rubare, uccidere, altro), anche se potrei esserne tentato io stesso". Anzi, proprio questa è la base di partenza dell'etica: da un lato, la constatazione che alcuni comportamenti danno un vantaggio personale a svantaggio della collettività, e dall'altro che ciascuno può, di volta in volta, trovarsi dalla parte del manico o dalla parte della lama, e che quindi forse si può cercare una condotta che vada bene (o almeno non troppo male) in entrambe le circostanze.

      Il discorso etico è fatto da due parti: c'è una regola o un insieme di regole che, se applicate, migliorerebbero la vita di tutti o quasi? e, OK, come facciamo ad applicare queste regole?

      Il discorso etico deve tener conto della tentazione egoistica, altrimenti è chiacchiera: maggiore è la percentuale di persone che intorno a me si comportano in modo etico, maggiore è il potenziale guadagno individuale per me se scelgo di essere non etico, e quindi maggiore è la necessità di limitare il rischio.

      Elimina
    23. Capisco che come comunicatore faccio schifo: da giorni tento di far passare un argomento, che però non passa, altrimenti lo vedrei almeno confutare.

      Stiamo già rinunciando, e per motivazioni non mediche ma etiche, alla sperimentazione cruenta sugli umani, a un costo altissimo in termini di mancato progresso scientifico e tecnico. Se accettassimo di sperimentare nuove tecniche farmacologiche o chirurgiche sugli umani—eventualmente scegliendoli in base a un criterio arbitrario come etnia, ceto sociale, idee politiche o religiose—avremmo un enorme vantaggio in termini di avanzamento medico; ci rinunciamo, perché giudichiamo che il costo sociale sarebbe immenso, maggiore del beneficio.
      Ci rinunciamo, ma senza coerenza: continui scandali di sperimentazioni antietiche, cruente o comunque prive di consenso informato ricorrono nei notiziari, periodicamente veniamo a sapere di fatti, che giudichiamo orrori, ai danni di questa o quella minoranza, di questa o quella categoria marginalizzata, e ogni volta ci scandalizziamo, invece di ringraziare i perpetratori quali eroi del progresso medico.

      È una rinuncia così tanto interiorizzata che non la sentiamo come tale: anche quando una malattia incurabile colpisce noi o i nostri cari, non ci viene neanche in mente di maledire il divieto di sperimentazione sugli umani, di dire, se solo fosse permessa io forse potrei guarire.

      Non è una cosa innata, non è una cosa naturale, non è una cosa eterna: in certi ambiti, in certi periodi storici, si è ritenuto giusto, o almeno non sbagliatissimo, sperimentare su chi in quel momento aveva la sventura di essere considerato subumano.

      Potremmo tornare indietro, accantonando l'universalità dei diritti umani.
      Potremmo andare avanti, interiorizzando la rinuncia a sfruttare i non umani.

      Elimina
    24. Erratum: la perdita del piccolo dei pinguini imperiali, figlio della madre che tenterà di compensare con il rapimento di un altro, avviene durante una fredda bufera, quando era già un po' cresciuto.

      Elimina
    25. Giorgian, l'etica a mio parere deve informare prima di tutto la scelta individuale. Se spostiamo il discorso e la rendiamo informatrice delle regole comunitarie stiamo solo scansando il problema: un principio etico cui non sarei in grado di ottemperare faccio di tutto per renderlo una costrizione impostami dalla legge, in modo da rimuovere il problema del perché non sarei in grado di ottemperarvi e quindi di giustificare le mie azioni. Qui c'è un problema grosso: non ucciderò i miei simili nei paesi dove non mi è consentito farlo, mentre alla necessita lo farò impunemente dove non mi è consentito farlo (magari anche se la legge che me lo consente è contro le mie stesse convinzioni). Quindi la mia azione diventa, all'atto pratico, essenzialmente stocastica: dipenderà dal pensiero dalla maggioranza dei miei conterranei. Dove trovi spazio per l'etica in questa posizione non riesco a comprenderlo.

      Di più, la limitata efficacia della tua argomentazione si svela se la applichiamo ad una pletora di altre circostanze: "cosa faresti se tu scoprissi una donna adultera?"; «La lapiderei, per questo una legge dovrebbe impedirmelo» (riflessioni sui "bencapitati" dove ciò è consentito). "cosa faresti agli apostati?" «Li ucciderei, ma per fortuna una legge me lo vieta» (idem come sopra); "cosa faresti di un omosessuale?" «Lo impiccherei, ma ho appena votato una legge che me lo impedisce»; "se avessi un figlio moro invece che biondo cosa faresti per prima cosa?" «Lo affogherei, ma solo se me lo consentisse una brutale legge»; "come agiresti con chi ti contraddice"? «Lo incarcererei, ma sono comunque eticamente contrario»; "e se un tale non vuole dirti dove ha nascosto il biglietto vincente?" «Lo torturerei per dirmelo, ma sappiate che io aborro la tortura».

      Faccio ulteriormente notare che nella mia domanda non a caso facevo anche riferimento a qualcuno sottoposto alla tua cura. Semplifichiamo: il bambino è sottoposto alla tua insostituibile tutela, che sia morale o giuridica, e senza il tuo consenso il medico non può salvargli la vita. Ecco, dall'argomentazione proposta deduco che tu da tutore ti rifiuteresti di dare il consenso a salvare il bambino, ed è questa precisa posizione che qui ti chiedo di giustificare eticamente.

      Elimina
    26. Precisazione: per tutela intendasi "svincolata da legami affettivi".

      Elimina
    27. E' vero che la separazione tra l'etica e l'istinto è sempre una questione arbitraria. Ciò nonostante è una strategia necessaria. L'etica ha come scopo quello di ricercare i principi che è corretto perseguire e questo è un lavoro concettuale che deve prescindere per quanto possibile da ogni istinto dato. Dico "per quanto possibile" proprio perchè non è sempre facile separare le questioni. Diciamo che, di certo, il velo di ignoranza di Rawls è trasparente ed è difficile non portare con sè alcuni pregiudizi, molti dei quali, ovviamente, si rivelano tuttavia ineliminabili. Molte caratteristiche sono costitutive della nostra natura (mangiare, dormire), molte altre non lo sono (mangiare carne, uccidere) e possono essere "sacrificate". L'etica consiste semplicemente nel discutere le motivazioni che ci spingono a tenere o abbandonare certe caratteristiche. Riportando tutto alla questione della sperimentazione, il mio punto è questo: porre il discorso nei termini di "non esistono alternative" è sbagliato da principio. Alla base di una simile linea argomentativa c'è la mancanza di una seria indagine sulle motivazioni e sugli obiettivi della ricerca (una riflessione, se vogliamo "escatologica"). Semplicemente si pone come principio sottaciuto che la ricerca non deve essere limitata perchè l'uomo per sua natura (?) ha una qualche propensione necessaria verso la piena salute. Non dubito che sia così, ma la questione è proprio se questa necessità umana sia davvero così costitutiva da non poter essere messa in discussione in nessun caso (un po' come lo è la necessità di mangiare, ad esempio). Come affermi anche tu, la morale è una prerogativa umana, non dei pinguini. Ma perchè i pinguini non sono costruzioni culturali come lo siamo noi e non saprebbero separare, anche solo a titolo di ipotesi, ciò che è natura e ciò che non lo è. Carlo

      Elimina
    28. Per salvare la mia vita non ucciderei un topo, per gli stessi motivi per cui non ucciderei un umano.
      Perché entrambi non mi appartengono, non ho diritti su di loro e non posso disporne; perché in nessun modo valgo più loro.

      Le argomentazioni contrarie sono principalmente due.
      * perché possiamo, ne abbiamo la forza;
      * perché ci raccontiamo che, osservando e misurando con cura, abbiamo dimostrato di essere superiori. Ossia: perché abbiamo un'anima immortale, perché ce li ha dati Dio, perché siamo a sua immagine, perché siamo più intelligenti, perché siamo più sensibili, perché abbiamo il libero arbitrio e loro no, perché noi abbiamo sentimenti e loro no, perché noi parliamo e loro no, perché loro sono essenzialmente automi, mentre noi pensiamo e siamo liberi, perché le nostre vite sono tanto più significative, perché le nostre opere sono più grandi, perché le pubblicazioni scientifiche le pubblichiamo noi e non loro.
      Gli stessi argomenti della superiorità dell'uomo sulla donna, dei bianchi sui neri, di quelli per bene su quelli per male.

      È ovvio che noi apprezziamo le caratteristiche umane più che quelle dei topi, ma dobbiamo quanto meno riconoscere che il nostro giudizio potrebbe non essere del tutto imparziale.

      In particolare, non abbiamo alcuna ragione per credere di avere l'esclusiva sulle emozioni, le sensazioni, i sentimenti, né sull'empatia, che pure, innegabilmente, abbiamo, e ci permette di riconoscere questi fenomeni in molte altre specie.

      Elimina
    29. "se pensa che ci sia una differenza intrinseca fra chi commette omicidi e chi non ne commette, ci ripensi.

      Gentile Giorgian, non penso affatto che le due categorie - criminali e non - si distinguano necessariamente per ragioni antropologiche; inoltre, come diceva de La Rochefoucauld, sono consapevole del fatto che il non infrangere il patto sociale (cioè essere "buoni") il più delle volte è dovuto a impedimenti di vario genere, piuttosto che al desiderio e alla volontà ferrea di rispettarlo.

      Lei dice bene: la combinazione degli eventi ci può mettere nelle condizioni di delinquere. Però, ci dà anche l'opportunità di mettere alla prova i nostri prìncipi - se ne abbiamo - e scoprire una volta tanto se siamo davvero sani, anziché doverci accontentare di non aver ancora ricevuto la notizia che siamo malati.
      La combinazione animalista/farmaco/sperimentazione animale è, a mio avviso, proprio uno di questi casi.
      L'animalista, che fa evidentemente dei princìpi etici un motivo di vita, ne tragga le conseguenze o taccia, che di preti di vario genere predicanti bene e razzolanti male è già pieno il mondo.

      Saluti

      Elimina
    30. (Vedi Marcoz, io sono vegetariano. Mangio carne tutti i giorni? Ma è che è stata già macellata ormai.)

      Carlo, esattamente "la questione è proprio se questa necessità umana sia davvero così costitutiva da non poter essere messa in discussione in nessun caso". Mettiamo con ricorrenza alcuni paletti, anche qui ricordati, anche nella sperimentazione animale. Il punto è dove li si mette e perché e come lo si lo decide. Una cosa l'uomo di buono l'avrebbe fatta per una certa razza di topi: ha costruito città che sono habitat ideale dove proliferare quasi illimitatamente, ma poi che ti fa l'uomo? Ti fa le derattizzazioni. Quindi il motivo per cui si dice che la posizione di alcuni animalisti è ideologica discende da questa constatazione: come ragionavo, l'uomo dovrebbe auto eliminarsi perché virtualmente qualunque cosa egli faccia, distrugge la vita ad alcuni animali (alcuni li ha portati addirittura all'estinzione) e porre l'accento sulla medicina invece che sui raccolti di grano, o sulla produzione di carta, o sulla derattizzazione, o sulla plastificazione, o altro e altro ancora sa molto di arbitrarietà. Una regolamentazione già se l'è data e continua a darsela, ma in tutte queste circostanze non sta facendo altro che rendersi la vita più agiata e longeva, sempre.

      Elimina
    31. @Giorgian
      Per salvare la mia vita non ucciderei un topo, per gli stessi motivi per cui non ucciderei un umano.
      Perché entrambi non mi appartengono, non ho diritti su di loro e non posso disporne; perché in nessun modo valgo più loro.

      Concetti morali ammirevoli, ma a mio avviso impraticabili e contrai alla natura animale. Qualsiasi animale, anche l'erbivoro, è disposto a uccidere una altro animale per salvarsi la vita!

      Ancora @Giorgian
      Gli stessi argomenti della superiorità dell'uomo sulla donna, dei bianchi sui neri, di quelli per bene su quelli per male.

      Perchè non citare la superiorità degli animali sui vegetali? A me pare si fondi anche quella su argomenti simili.

      Elimina
    32. @il nano
      "Qualsiasi animale, anche l'erbivoro, è disposto a uccidere una altro animale per salvarsi la vita!"
      Cioè a te non risulta nemmeno un animale, umano o non umano, che abbia rischiato o sacrificato la propria vita per quella altrui, della stessa specie o meno? Non sarà che sei un pochino distratto?

      "Perché non citare la superiorità degli animali sui vegetali? A me pare si fondi anche quella su argomenti simili."
      Cioè, a te hanno raccontato che Dio ha creato l'armadillo a sua immagine e somiglianza, che l'avvoltoio ha un'anima immortale e che l'eucalipto è stato donato da Dio al koala?
      Ne frequenti, di gente bizzarra.

      Elimina
    33. Interessante, giorgian: assassinerebbei sull'onda delle emozioni, del che sospende il giudizio non sapendo cosa farebbe in gravi situazioni, ma fonda le sue convinzioni egualitarie per le specie... sull'onda delle emozioni suscitate di riflesso a ciò che hanno fatto alcuni animali (non coatti a fare quelle cose) sull'onda delle emozioni suscitate da un evento gravoso. Comprendo la sua posizione, ma (e di certo non mediterà molto per farsene una ragione) non mi piace.

      Non mi ritrovo nelle sue affermazioni su una nuova ricerca biomedica basata sul prendere campioni a caso di umani. Detta così sembra un impiego di persone e mezzi, appunto, a caso e potenzialmente inutile, non dissimile dalla messa domenicale. Era un'esca a cui ho abboccato?

      Elimina
    34. «In particolare, non abbiamo alcuna ragione per credere di avere l'esclusiva sulle emozioni, le sensazioni, i sentimenti, né sull'empatia, che pure, innegabilmente, abbiamo, e ci permette di riconoscere questi fenomeni in molte altre specie.»

      Dovevo scrivere, giorgian, che sospende il giudizio su "cosa farebbe lei" sull'onda delle emozioni cagionate nella concitazione del momento, ma fonda le sue convinzioni sull'egualitarismo degli animali a partire dalle emozioni che ha provato sapendo di cosa hanno potuto fare animali (non "obbligati" da addestramento e addomesticamento) nella concitazione del momento. Ma l'aveva già detto lei un po' sopra. Comprendo la sua posizione, ma (per quel che vale...) non mi piace.

      Elimina
    35. Sapùto, ci sono due ordini di domande: cosa faresti in una situazione X, e cosa pensi, mentre stai con il culo al caldo, che sarebbe giusto fare in una situazione X.
      Ad esempio credo che non sia stato giusto firmare il Manifesto della razza, o che, se un ufficiale mi ordinasse di sparare a persone inermi, minacciando di uccidermi se disobbedisco, non sarei giustificato a uccidere quelle persone inermi per salvarmi la vita. Non credo che sia giusto uccidere un innocente per salvare sé o altri.

      Io non riesco a credere che tutti quelli che queste cose le hanno fatte e le fanno manchino di etica, o che siano eccezionalmente vili.

      In tanti mi hanno contestato che non so onestamente cosa potrei arrivare a fare in preda alla disperazione; devo ritenere di essere l'unico, e che tutti gli altri s'inabissino periodicamente nel dolore, nella paura, nella rabbia, nell'angoscia, nella confusione, superando ogni volta la profondità precedente, per saggiare costantemente la propria forza, il coraggio, la stabilità emotiva.
      Mi confesso pusillanime, non ho nessuna di queste certezze.

      Elimina
    36. Giorgian, ma perché invece non rispondi alla domanda in cui figuravo il caso in cui tu sia il tutore del bambino in questione, senza vincoli affettivi? Penso che una risposta a questa domanda ci farebbe fare qualche passo in avanti nella discussione, senza avvitarci ulteriormente.

      Elimina
    37. Paolo, credevo di aver risposto, sebbene indirettamente.
      Se il medico mi dicesse che per salvare il tal bambino dovrei uccidere il tal altro animale, dovrei rifiutare, perché, per tutto quello che ho detto sopra, non è per me eticamente diverso dall'uccidere un'altra persona (sia chiaro che non stiamo parlando di autodifesa, né l'altra persone né l'animale stanno minacciando il bambino) per salvare il bambino.

      Naturalmente le due ipotesi sono molto diverse, ma la differenza non è fra l'animale e l'uomo, è nel resto della società: se rifiutassi di uccidere un uomo innocente per salvare un bambino, avrei la solidarietà di quasi tutti, gli amici e i vicini capirebbero il mio dolore e verrebbero a consolarmi; se rifiutassi di uccidere un animale altrettanto innocente per salvare un bambino, sarei un reietto, diversi amici mi toglierebbero il saluto, i vicini mi coprirebbero d'insulti e sputi e qualcuno mi minaccerebbe di morte. Tutto questo non ha niente a che fare con il merito della questione etica, ma non può essere ignorato.

      Per questo ho esitato a rispondere, cercando di separare la questione etica dal contesto sociale e psicologico.

      Elimina
    38. Io non minaccio di morte, né copro di insulti o sputi, ma posso dire che sono in disaccordo con questa posizione etica, marcatamente. Per esempio, è per me talmente preoccupante che eviterei in ogni modo che tu possa essere mio tutore, dovesse mai ipoteticamente presentarsi la circostanza (in realtà, spererei anche che non ti fosse mai data la responsabilità di decidere se ordinare o meno una derattizzazione in una scuola elementare). Vieppiù, tenuto conto che il concetto che ho io di "innocenza" è praticamente applicabile di default ad un animale ma non altrettanto ad un essere umano.

      Elimina
    39. Non è che ci tenessi poi molto, a far da tutore a te o a chiunque altro.
      Che sei in disaccordo l'avevo ben capito; quel che non mi è chiaro è come giustifichi il diritto di torturare e uccidere animali.

      Elimina
    40. "Per salvare la mia vita non ucciderei un topo, per gli stessi motivi per cui non ucciderei un umano.
      Perché entrambi non mi appartengono, non ho diritti su di loro e non posso disporne; perché in nessun modo valgo più loro."

      interessante abbiamo appena trovato l'unico uomo che non mangia o in alternativa ha un concetto di vita tutto suo.
      Una pianta e' una vita ergo anche se lei e' vegano distrugge una vita non sua. E anche se e' vegano la informo che le coltivazioni umane hanno distrutto e continuano a distrugge milioni di vite di animali erbitori e quindi carnivori.
      Aggiungiamo che vita e' quella dei batteri: magari lei e' un integralista quindi non prende antibiotici ma il suo infame sistema immunitario uccide ogni giorno miliardi di vite batteriche per farla sopravvivere.
      Ci rivediamo quando avra' una concezione della vita un attimo piu' corrispondente alla realta'.

      Elimina
    41. Simone grazie, sentivo tantissimo la mancanza di quello che arriva e spara i tre più ridicoli strawman della serie so tutto io e gli altri son coglioni.
      Primo, per favore, trovi in quale punto ho parlato in termini mistici di vita. Questo è il suo strawman, non il mio, ci giochi lei che a me non va. Io ho parlato di emozioni, capacità di sentire dolore, empatia.

      Secondo, se volessi minimizzare la morte dei vegetali (cosa che non m'interessa in sé; m'interessa invece moltissimo diminuire l'estensione delle coltivazioni), la cosa migliore sarebbe l'alimentazione vegana, perché per allevare un animale bisogna dargli (rullo di tamburi) cibo, che proviene dai vegetali, si parla, a seconda della specie e dell'età raggiunta, di un rapporto variabile fra i 100 a 1 e i 500 a 1 (ossia, 500kg di vegetali per ottenere 1kg di carne).

      Terzo, integralista sarà lei e infame una sua funzione biologica a scelta.
      In che modo il negare l'anima immortale o altri pseudoargomenti sulla superiorità dell'uomo sul topo vada a coinvolgere i batteri è cosa che sfugge alla mia limitata intelligenza.

      Infine, spero proprio di non incontrarla mai, né prima né dopo.

      Elimina
    42. @giorgian
      Lei stravolge le affermazioni altrui e pure le sue stesse:
      Scrive:
      "Cioè a te non risulta nemmeno un animale, umano o non umano, che abbia rischiato o sacrificato la propria vita per quella altrui, della stessa specie o meno?"
      Infatti, basta guardare qualsiasi documentario per avere esempi di essere che richiano la propria vita per qualle altrui, ma per lo più lo fanno per la propria progenie e praticamente tutti per la propria specie. Di solito la scelta per difendere i cospecifici comporta il sacrificio di qualcuno, di solito di un'altra specie, piuttosto che il sacrificio personale.
      E qui sta il salto logico che lei fa: io non sono pronto a sacrificare la vita (animale) altrui per salvare la mia. Ecco, questo è esattamente il contrario di quanto avviene in natura, dove per salvare la propria vita e quella della propria progenie ciascun essere e pronto a sopprimere tutte le vite che servono. Mi trovi un tonno che rinuncia a mangiarsi l'acciuga, mi trovi un elefante che non mangia l'erba per tema di ingoiare una cavalletta, mi trovi una volpe non disposta ad azzannare qualsiasi essere che si avvicini ai suoi cuccioli.

      Quanto al resto confesso di non aver capito la risposta, però attendo ancora con fiducia i suoi argomenti che ci spieghino perchè ritiene inaccettabile tirare il collo al pollo e accettabile raccogliere la verza.

      Elimina
    43. Qui dovevo ancora una risposta a Giorgian, quattro messaggi più addietro, ma non so quanto sarà utile questo mio commento, visto che nei nuovi due post si sta ben argomentando in questo senso.

      È un po' una forzatura dire che sono d'accordo che gli animali vengano torturati, soprattutto perché senza specificazioni il termine può far intendere cose diverse da come sono. Per esempio, io sono d'accordo sulla sperimentazione che viene fatta sugli uomini su base volontaria: ma quindi tu anche sei favorevole alla sperimentazione e quindi tortura degli uomini?

      Anche nel caso degli animali ci sono protocolli lunghi così, su cosa si deve e non deve fare: vogliamo eliminarli, così potrete più coerentemente accusarci di accettare la tortura? O volete che restino? Questo andrebbe chiarito, perché se non li ritenete giusti e utili allora muovetevi per cancellarli, così la battaglia animalista avrà più cartucce da impiegare e nel frattempo gli scienziati meno "sensibili" risparmieranno soldi e tempo.

      Perché ritengo accettabile il "diritto" a usare gli animali nella sperimentazione? Come spiegato nel post più recente di questo in questo blog, con le parole di Nane Cantatore, in realtà non è un diritto che mi riconosco. Ma mi sento in qualche modo moralmente legittimato a farlo? Evidentemente sì, e la spiegazione non è semplice, ma parte comunque proprio dall'esperimento mentale che proponevo: non sarei capace di risparmiare un topo e lasciar morire una persona malata, "al suo destino", se mi fosse attribuita la facoltà di decidere. Potrei, al limite, dire che ragiono così perché "potrei trovarmi io in quelle condizioni", o qualcuno a me vicinissimo potrebbe. Di conseguenza, non ritengo di poter vietare ad altri quello che io mi sentirei ("empaticamente"? "moralmente"?) obbligato a fare.

      Su un piano più allargato: dove finisce la regressione etica? Questo è l'altro argomento, che è già tra le righe di quanto ho scritto qui e sotto. Non vedo alternativa, ad accogliere l'argomento che è nostro dovere etico di riservare a ciascun animale ogni riguardo che abbiamo per la nostra specie, all'auto annientarci o, come minimo, ridurci nuovamente allo stesso stadio degli altri primati. Trovo semplicemente inevitabile questa conclusione. L'essere umano discende da ventimila individui, siamo una specie che senza la manipolazione dell'ambiente (e quindi sopruso su tutte le specie) sarebbe destinata, se non ad estinguersi presto, certamente ad essere composta (come gli altri primati) da "quattro gatti". Come tutti gli animali, competiamo con gli altri per riprodurci e sopravvivere. Un'etica che ci vieti di farlo è circolare, cioè ci riconduce allo stadio iniziale, e cioè ci ri-obbliga a sopraffare gli altri per la mera sopravvivenza.

      Paradossalmente, la storia al contrario insegna che l'uomo è in grado, se "lasciato fare", ti scoprire o inventare mano a mano strumenti più utili al rispetto delle altre vite (l'esistenza di anestesia, la specializzazione veterinaria). E, come nel caso dei protocolli sulla sperimentazione animale, dimostra di non voler necessariamente infliggere sempre la maggior sofferenza agli altri animali e di tendere a volersi muovere nel senso opposto.

      Penso anche che siano legittimi, ma non mi dilungo qui a richiamarli, tutta una serie di argomenti sui diversi stati sensoriali che distinguono l'essere umano da altre specie, o la presenza di specifiche aree del cervello deputate al controllo "sociale" che sono tipiche nostre: semplicemente, queste considerazioni illustrano anche che ci sono motivi ben specifici per cui consideriamo una "persona" degna di determinate attenzioni, e non tutte queste caratteristiche sono tipiche delle altre specie. In una parola, dire che un animale ha dignità pari all'umana declassa in automatico alcune delle motivazioni etiche che informano rispetto alla codificazione dei nostri diritti.

      Elimina
  6. Io lo farei coi sostenitore dell'omeopatia e delle altre cure alternativa, visto che si scagliano sempre contro la medicina ufficiale e la sperimentazione scientifica.
    In verità io conosco anche tanti animalisti che sono carnivori, quindi non ci vedo incoerenza tra essere contro la sperimentazione animale e giovarsi della medicina che ne ha fatto uso, perché loro ne chiedono/auspicano il superamento o la riduzione, cosa che invece quelli a favore né auspicano e a quanto pare sperano, visto che ha loro basta dire che la "scienza" ha già fatto quello che doveva essere fatto pare ridurne il ricorso, senza verificare o pretendere verifiche.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. sostituire la sperimentazione animale con altri metodi alternativi è al momento non fattibile. Metodi alternativi che nel frattempo procedono, visto che sarebbe molto più comodo per un ricercatore usare una tessuto coltivato piuttosto che pulire le gabbie dei ratti, eccetera.
      All'attualità delle cose, lei vorrebbe che un chirurgo apra lei senza avere mai provato ad aprire un animale? Io no. Se la sperimentazione animale mi garantisce anche solo un 2% in più di sicurezza su una determinata terapia, ben venga. Quando sarà 0%, va bene, concordo nell'abolirla.
      Inoltre c'è il discorso costi, le risorse non sono infinite, se per simulare un organismo vivente devo spendere 10x mentre il topo costa x, avere la simulazione vuole dire rallentare il lavoro della scienza medica, appunto perchè i budget a disposizione non sono infiniti, ovvero più gente si troverà senza cura quando ne avrà bisogno.

      A margine (ma non conta nulla, noi siamo esseri etici), sappia che se un qualunque animale avesse l'1% di probabilità di riprodursi in più a patto di sterminare ogni altra forma di vita nel raggio di 50km, lo farebbe senza esitazione. Questo dice l'evoluzionismo, almeno nelle sue forme correntemente accettate.

      Elimina
    2. Faccio sperimentazione animale quindi non posso essere contrario ma sentirla difende sulla base che un chirurgo debba prima dissezionare un animale di un paziente e' seriamente ridicolo!

      Elimina
  7. Sul merito

    Fosse in mio potere, impedirei agli abolizionisti di bere caffè e indossare cotone.

    Fosse in mio potere, ridurrei alla più totale indigenza chiunque si opponga allo sfruttamento: o vogliono, queste anime belle, vestirsi e mangiare dignitosamente e ciononostante avere da ridire sul sistema di produzione?

    Fosse in mio potere, manderei ai lavori forzati chi non loda le guerre per il petrolio: gentaglia che pretende di usare i mezzi pubblici, riscaldarsi, acquistare prodotti ma non vuole sporcarsi la bocca a benedire la guerra.

    E come non bruciare chi, dopo aver ricevuto un'istruzione da Santa Romana Chiesa, decide di non doverle totale obbedienza?


    Sul metodo

    Mai attaccare l'idea: prendersela sempre con la persona.
    Chi non la pensa come me, o è un coglione, o è un disonesto, o è un coglione disonesto.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Trovo le analogie lacunose, ma non del tutto impresentabili (tranne per me l'ultima). Comincio dagli aspetti negativi. Un paio di differenze vanno comunque richiamate, perché non di poco conto; allo sfinimento s'è detto che la sperimentazione animale oggi è l'unica via all'ottenimento di certi medicinali: senza, semplicemente non esisterebbero. Non c'è via di mezzo, un "costerebbe di più o di meno": c'è solo un curarsi od uno stare male, talvolta un crepare. Non c'è, oggi, un metodo secondario. In tutti gli esempi il dato è sostituibile, magari ad un prezzo, ma sostituibile.
      Seconda differenza: rinunciare alle medicine ha come effetto virtualmente diretto quello di diminuire in misura proporzionale le sperimentazioni animali: meno medicine vendute, meno introiti, meno esperimenti. Negli altri casi non è così, se non in via ipotetica o indiretta. Per esempio, lo sfruttato troverà un altro padrone, oppure lasciato persino a far la fame.

      Detto ciò, non colgo la polemica, perché condivido. Siamo sfruttatori di risorse e sfruttatori di uomini. Il benessere diffuso ne è il prodotto. Prima si diceva: ma allora si vuol dire che solo i benestanti possono permettersi scelte etiche? Sì, ..., e no. Sì, nel senso che il benessere non sarebbe diffuso senza il sacrificio di risorse e uomini sfruttati. No, nel senso che il discorso si mangia la coda: se il benessere cessa di essere diffuso, cessa anche la ricchezza dei benestanti. Questo è il mondo che ci siamo costruiti e che ratifichiamo ogni giorno, non è avulso a noi, lo stiamo determinando.

      Chiosa sul metodo: se dico "chi dice cacca" è un cretino, non me la sto prendendo con una persona in particolare, a meno che ci sia una singola e unica persona che abbia mai detto cacca. Basta dire un'altra cosa per uscire fuori dal bersaglio, quindi si può non condividere la critica, ma certamente non sostenere che è ad hominem.

      Elimina
    2. "Chi sostiene l'argomento X è incoerente" non è ad hominem? Non attacca l'argomento attaccando chi lo sostiene?

      Elimina
    3. A parte che magari è "chi sostiene X e fa Y è incoerente", è esattamente questo che sostengo: non è affatto ad hominem finché il "chi" resta generico (ripeto, a meno che non sia risaputo che al mondo esista un solo "chi" che dica X e faccia Y, da cui il sospetto di allusione). Se vogliamo, il soggetto in questione non attacca l'argomento X ma attacca l'argomento Z="chi sostiene X è legittimato a fare Y", ma non attacca certo alcuna persona come target individuale. Basta non fare Y, comunque tu ti chiami, e sei fuori bersaglio.

      Elimina
  8. Siamo giunti alle stesse (logiche) conclusioni quindi. Il nostro in fin dei conti è un appello alla coerenza. Coerenza che risolverebbe il problema alla radice. Perché alla fin fine quelli che protestano contro la sperimentazione animale lo possono fare grazie alla sperimentazione animale.

    RispondiElimina
  9. Avere a cuore gli animali e pretendere che ad essi siano risparmiate sofferenze immeritate e inutili è un atteggiamento che condivido assolutamente.
    Arrivare a pretendere parità di diritti e dignità fra uomini e animali mi pare un controsenso, una deformazione al limite del patologico, che, la cronaca insegna, sconfina non di rado nel fanatismo.

    La sperimentazione animale non ha al momento alternative credibili.
    Vorrei anche ricordare che esistono regole, a livello europeo e nazionale, che tutelano gli animale coinvolti nella sperimentazione e che limitano al minimo indispensabile le sofferenze a cui sono sottoposti.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Nessuno (tranne alcuni individui patologici) afferma pari diritti e dignità. Non si chiede, infatti, che ai maiali venga esteso il sussidio di disoccupazione o l'accesso alle strutture scolastiche. Sostenere che da una parte ci siano gli scienziati che aiutano l'umanità e dall'altra degli hippy-vegani-fattoni-olistici-omeopatisti-fruttariani significa buttare in vacca la discussione.

      Sul fatto che la sperimentazione non abbia alternative credibili credo che nessuno di noi possa affermarlo, nè affermare il contrario. Io mi rimetto a quanto afferma la comunità scientifica e dico che, in effetti, è innegabile che sia così. Credo che comunque il discorso vada al di là di una questione di utilità. Mettere la cosa in questo modo significa evitare di porsi il problema morale riducendolo ad una questione utilitaristica (con tutte le imbarazzanti implicazioni connesse). Carlo

      Elimina
    2. Probabilmente certo estremismo animalista lo vedo solo io e gli auguri di morte e sofferenze alla ragazza che recentemente sul suo profilo Facebook difendeva la sperimentazione animale sono un'invenzione degli sperimentatori per sputtanare chi si oppone alla sperimentazione animale.

      La certezza non esiste, ma come lei stesso dice, la comunità scientifica ci dice questo: senza sperimentazione animale non si può fare, al momento e probabilmente nei prossimi 5-10 anni, ricerca.

      Appurato questo il problema morale che lei segnala impone qualche scelta, giustamente, ci dica lei quale le sembra praticabile.
      Rinunciamo alla sperimentazione animale per non imporre sofferenza agli animali? Mi pare che anche lei abbia qualche dubbio.
      Poniamo dei limiti alla ricerca in funzione delle finalità? Già avviene, per sperimentare cosmetici mi risulta che sia poibito usare animali.
      Imponiamo l'uso di anestesia eccetto per i casi in cui rilevare il dolore è indispensabile? Idem come sopra, regole che già esistono.


      Elimina
  10. Ho l'impressione che la situazione attuale ponga di fronte domande che ci costringano a rispondere con argomentazioni ideologiche piuttosto che tecniche o comunque propositive nel merito.
    I temi pregnanti (bioetica,energia,ecc.) ci trovano - per la maggior parte di noi -assolutamente privi di strumenti di analisi e di scelta adeguati e dove il dogma scientifico ha trovato nuovi incondizionati 'fedeli'.

    RispondiElimina