domenica 9 febbraio 2014

Senza titolo, al momento

« La polis è più importante delle sue parti.
La parte è più importante dogni sua parte»
Eugenio Montale, Gerarchie

Riprendo la riflessione sui sistemi elettorali che ho interrotto in questo punto: «In mancanza di una base elettorale che per sua natura sia incline a bipartirsi, e che anzi abbia inclinazione a frammentarsi, considerare assolutamente preminente il principio di rappresentatività porta ineluttabilmente all’ingovernabilità, mentre ritenere assolutamente preminente il principio di governabilità porta ineluttabilmente a limitazioni del diritto di rappresentanza» (Una premessaMalvino, 23.1.2014). Qui pongo la seguente questione: con la forte limitazione del diritto di rappresentanza che si è avuta coi sistemi elettorali in adozione dai primi anni ’90, si è ottenuta la tanto agognata governabilità?
Ad evitare che sul termine governabilità si possa cadere in fraintendimento, cerchiamo di metterci d’accordo sul suo significato affidandoci a ciò che Gianfranco Pasquino afferma nell’omonima voce dell’Enciclopedia Treccani: parrebbe che in se stessa la governabilità sia concetto assai vago, ma che acquisti un senso a considerare il suo rovescio, l’ingovernabilità, intesa come instabilità del quadro politico cui consegua l’impossibilità di una salda azione di governo da parte di una maggioranza democraticamente designata a quel ruolo. E tuttavia questa stabilità è in se stessa garanzia di governabilità? Non ancora, perché anche una stagnazione è stabile. Quanto alla salda azione di governo, poi, siamo dinanzi ad un concetto politicamente neutro, perché non dà alcuna misura della sua efficacia.
Potremmo azzardare che la governabilità sia il miraggio più frequente nel deserto della ingovernabilità: un mito che nasce dal bisogno di dare allo Stato la forza che lo giustifica in quanto Stato (sull’assunto troviamo singolarmente d’accordo Lenin, Schmitt e Weber), e di trarla, quando la democrazia non riesca a ricavarne dalle urne una adeguata, da un’applicazione del principio maggioritario che la renda tale sottraendo proporzionalità alle opzioni espresse, facendo così prevalere artificiosamente la maggioranza relativa (spesso assai relativa) con un premio aggiuntivo per il numero di eletti. In pratica, si crea forza di governo sottraendone alle opposizioni nella misura necessaria a renderla adeguata alla governabilità.
Non occorre un occhio di lince per scorgere che in questo modo la forza di governo è frutto di un mero artificio, e che la sua legittimità è surrettizia. 

[segue] 

7 commenti:

  1. (refuso: "affidandoci a ciò a Gianfranco Pasquino" credo volesse essere "affidandoci a ciò che Gianfranco Pasquino"

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  2. A dire il vero, Berlusconi ha ottenuto spesso maggioranze bulgare che gli hanno permesso di governare facendo il bello e il cattivo tempo, salvo eccezioni, tipo un Gianfranco Fini che s'è reso conto che mai avrebbe potuto sperare in una successione.

    Che poi quell'enorme consenso (corretto a premi di maggioranza) gli sia servito per scudi fiscali, lodi vari, falso in bilancio, legge sulle TV etc etc è discorso a parte, d'altronde non credo ci sia nessuno talmente disonesto (intellettualmente) da affermare che basta una buona legge elettorale per avere una buona classe politica.

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    1. "Salvo un Gianfranco Fini" (per il centrodestra), come "salvo un Fausto Bertinotti" (per il centrosinistra), è appunto la dimostrazione che non bastano "maggioranze bulgare" che possano assicurare l'agognata "governabilità", quando "una base elettorale per sua natura sia incline a bipartirsi, e anzi abbia inclinazione a frammentarsi". E questo, come hai giustamente richiamato, di là da ogni considerazione sul merito dell'azione di governo.

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    2. sì, ma le motivazioni erano sempre "una base elettorale per sua natura sia incline a bipartirsi, e anzi abbia inclinazione a frammentarsi"? Nel caso di Bertinotti non c'è dubbio, la riforma (inevitabile) delle pensioni andava osteggiata, altrimenti si sarebbe perso il consenso di tutta la sinistra estrema, ma nel caso di Fini no, era una mera questione di leadership, visto che l'elettorato di centrodestra, diversamente da quello di sinistra, non si scinde tra quelli che vogliono la stella sopra falce e martello e quelli che la vogliono sotto.
      Inoltre i politici più in voga al momento (Grillo, Berlusconi e Renzi) mi portano a pensare che, per evitare la frammentazione, basta l'uomo forte al comando, perchè l'italica massa applaude la foga piuttosto che il contenuto. Per Berlusconi è stato così, per Grillo e soprattutto Renzi vedremo col tempo. Di sicuro, senza Beppe i deputati cinquestelle ora sarebbero un gregge di pecore sparse, e gli elettori sarebbero andati a ramengo, cosa che ancora non è avvenuta. Per Renzi beh, è ancora molto meno potente di quanto vuole fare credere.
      Quindi, potrebbe la combinazione maggioritario+uomo forte consentire la governabilità?

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    3. Se la governabilità è il fine ultimo (ma questa serie di post tenta di dimostrare che si tratta del dito, ma non della luna), molto meglio la combinazione "dittatore+carrarmati per le strade".

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    4. "Quindi, potrebbe la combinazione maggioritario+uomo forte consentire la governabilità?"
      "molto meglio la combinazione "dittatore+carrarmati per le strade".

      Domanda magnifica, risposta perfetta.

      Surreale? Mica tanto, eh: con quello che oggi sta "venendo fuori" ( e che tutti, ma proprio tutti-persino io, che è tutto dire-sapevamo benissimo, solo che un giornalista vero, oggi, ci sbatte in faccia la pistola fumante) carri armati magari no, ma insomma, ammetteremo che qualcosina negli ultimi due anni e passa è accaduto?

      Si chiama 'sospensione della democrazia': nel mio piccolo lo dico, lo scrivo, lo ripeto, lo grido da più di due anni, perché era tutto chiaro dall'inizio anche senza pistola fumante.

      E per come siamo messi, temo che andrà anche peggio: la "nuova" schifezza elettorale violentemente anticostituzionale che si apprestano a somministrarci, va nella direzione di una stretta autoritaria sempre più soffocante.

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