martedì 14 ottobre 2014

Non sa di cosa parla, e tuttavia straparla


Sandro Magister dice che «suor Gloria Riva ha ricevuto un buon numero di obiezioni» all’articolo a sua firma pubblicato ieri da lanuovabq.it e prontamente ripreso da magister.blogautore.espresso.repubblica.it, ma non fa cenno alcuno a quali, né a chi gliele abbia mosse, però oggi pubblica una risposta dell’interessata ai rilievi che le sono stati rivolti, e anche qui non v’è traccia di chi abbia contestato la sua tesi, né di quali argomenti abbia prodotto. Basterebbe questo per mandare a cagare Sandro Magister e suor Gloria Riva, perché chi polemizza con qualcuno senza fornire elementi circostanziali relativi alla natura della polemica e al suo sviluppo sottrae a chi legge ogni possibilità di formarsi una libera opinione sulla materia del contendere, ma un’accurata ricerca mi rivela che nessuno ha mosso obiezioni alle stronzate scritte dalla religiosa a commento dell’Ultima Cena che il Beato Angelico affrescò nella cella n. 35 del Convento di San Marco, a Firenze, tranne il sottoscritto (Malvino, 13.10.2014): non un commento critico al post su lanuovabq.it, né a quello su magister.blogautore.espresso.repubblica.it che lo riprendeva quasi integralmente, non un post sulla questione su uno dei 39.366 blog iscritti a Blogbabel, non un articolo sulle 21 testate che ho nella mia mazzetta quotidiana. Mi ritrovo ad essere il solo ad aver sollevato obiezioni a suor Gloria, sicché, prima di mandarla a cagare in compagnia di Magister, mi vedo costretto a prendere atto di ciò che scrive nella sua risposta. Chiedo scusa al mio lettore, che probabilmente oggi si aspettava un post su Luxuria ad Arcore, ma sono costretto ad annoiarlo.
Nell’articolo su lanuovabq.it, suor Gloria scriveva: «Otto discepoli sono seduti a mensa… Vi sono però quattro sgabelli vuoti, lasciati da altri quattro chiamati alla mensa, i quali aspettano pazientemente il loro momento stando in ginocchio, cioè in atto penitenziale. Questi quattro simboleggiano quell’umanità che vorrebbe accostarsi alla mensa del Signore, ma ancora non può. Tra questi quattro, nella medesima postura, nella medesima attesa, sta anche Giuda». Comprensibile vi sia Giuda – obiettavo io – ma gli altri tre a cosa devono il loro dover stare in atto penitenziale? Chi sono? I vangeli ci danno qualche indicazione relativa a questi tre apostoli che, a differenza dei rimanenti otto, non sono degni di essere seduti a mensa? Suor Gloria non ha una risposta, quindi svicola: «Nelle predicazioni del tempo dell’Angelico il sacramento della confessione e il sacramento dell’eucaristia erano strettamente legati, non c’era l’uno senza l’altro. Da qui lo stare in ginocchio viene inteso come disposizione al pentimento, condizione necessaria per essere in grazia di Dio (anche per chi si confessa). Certamente anche gli apostoli dovevano avere questa disposizione, pena la sorte di Giuda, la cui colpa non fu il tradimento (giacché in diverso modo e misura tradirono anche gli altri apostoli compreso Pietro) ma disperare della salvezza e non disporsi al pentimento». Bene, ma allora perché questo tocca solo a quattro apostoli su dodici? E perché tra i quattro inginocchiati non c’è Pietro, che proprio suor Gloria ritiene di poter identificare nell’apostolo a fianco a Giovanni, primo da sinistra tra i seduti alla mensa?
Altra obiezione che sollevavo sul significato penitenziale che suor Gloria annette allo stare in ginocchio è il fatto che anche la Vergine sia raffigurata in quella postura. Qui la spiegazione data ha del fantastico: «La Madonna non si trova dallo stesso lato degli altri quattro commensali che sono in attesa di ricevere la comunione», questo farebbe la differenza tra genuflessione e genuflessione. Ma non è tutto, perché, a fare la differenza, il Beato Angelico ci avrebbe messo anche il fatto che «le vesti della Vergine sono identiche a quelle del Cristo». Come foggia, in realtà, niente affatto. In quanto al colore, non ne ha uno diverso da quello che hanno anche le vesti del secondo e del terzo apostolo da sinistra a destra.
Terza questione: «Qualcun altro ha attributo agli sgabelli vuoti e agli apostoli inginocchiati una funzione puramente estetica perché “quale sarebbe stato l’effetto prospettico di avere tutte le figure in piedi schiacciati sulla parete, oppure avanti coprendo alcune delle figure retrostanti?”. Forse potremmo credere che accingendosi a un compito così grande l’Angelico non conoscesse Giotto? O Duccio da Boninsegna nella vicina Siena, dove la problematica era stata risolta benissimo e senza alcun imbarazzo? E che dire allora dello stesso soggetto realizzato dall’Angelico negli Armadi degli Argenti dove la prospettiva è totalmente diversa (ma dove gli sgabelli vuoti ci sono ugualmente anche se non ce n’era un bisogno specifico dal punto di vista compositivo)?».
Qui, onestamente, c’è da trasecolare. A parte il fatto che in rete non c’è traccia del virgolettato riportato, e che l’Armadio degli Argenti è uno solo (il plurale tutt’al più è da riferire ai suoi pannelli), come si può insistere nel dare un significato simbolico che il Beato Angelico avrebbe voluto dare agli apostoli inginocchiati se proprio l’altra versione dell’Ultima Cena vede un numero diverso di soggetti seduti e soggetti inginocchiati? E cosa obbligava l’artista a scegliere una soluzione analoga alle due citate (Giotto e Duccio di Boninsegna) e non una alternativa? Ma poi ci sarebbe stato spazio per ritrarre senza ingombro tutti e dodici gli apostoli seduti nell’Ultima Cena ritratta sul pannello 15 dell’Armadio degli Argenti? Lascio giudicare al lettore, il dipinto è riprodotto in apertura al post.
Mi sembra di poter concludere dicendo che suor Gloria non sa di cosa parla, e tuttavia straparla. 

3 commenti:

  1. Infatti gli inginocchiati qui sono 5, due dalla stessa parte della Madonna. Vediamo cosa escogita suor Gloria ...

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  2. Non so come si possano attribuire alla stessa mano i due dipinti. Potrebbe essere, è vero, che il disegno del secondo sia dell'Angelico e che poi il dipinto sia stato affidato agli allievi. Ciò renderebbe possibile disquisire degli aspetti simbolici connessi con la disposizione delle figure. Ma non dimentichiamo che l'intento complessivo dei due scritti è contrapporre l'autorevolezza del Beato Angelico a tesi contemporanee non condivise. Occorrerebbe, allora, la certezza di quale sia l'autore. Certezza che manca.

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    1. Infatti, come ho scritto nel primo dei post dedicati a suor Gloria, sull'Ultima Cena della cella n. 35 non c'è unanimità di attribuzione e c'è chi dice sia probabilmente di Benozzo Gozzoli (se non del tutto, in buona parte). In quanto agli aspetti simbolici contenuti in un dipinto del periodo, la disposizione della figure è l'elemento che, almeno a quanto è stato scritto (penso ai Diari di lavoro di Federico Zeri), ne supporta assai meno di altri, com'è per il colore, per i gesti (soprattutto delle mani e degli arti superiori) e per le espressioni (soprattutto quelle rese dalle rughe mimiche frontali e da quelle periorali), per oggetti dal tenore evocativo (per attinenza logica, ma anche per associazioni assai più labili, almeno ai nostri occhi), per soggetti del mondo animale e di quello vegetale, ecc. In sostanza, è lecito supporre che, in questo specifico caso, la disposizione degli apostoli nella scena delle due Ultime Cene risponda ad esigenze di mero equilibrio compositivo. Quelle di suor Gloria, dunque, sarebbero illazioni, per giunta intrinsecamente incongrue, nel senso che le sue argomentazioni, prima di non essere convincenti, smentiscono quanto intenderebbero dimostrare: nella sua lunga risposta non c'è una sola spiegazione a x che non trovi smentita in y, dove x e y dovrebbero invece essere reciprocamente relazionati e sullo stesso piano logico-simbolico.

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