lunedì 11 marzo 2019

Perdendomi l’armonia del tutto


Fra i tanti miei difetti metto al secondo posto quello di non riuscire a dare alla visione dinsieme neanche un decimo dellattenzione che do ai dettagli (al primo posto, invece, metto quello di concedere pubblicamente che siano difetti quelli che nellintimo considero essere pregi), e questo accade sempre, da sempre, di fronte a un quadro, nella scelta di un capo di abbigliamento, nella lettura di un testo...
Il «bellissimo pezzo» di Luca Sofri segnalato ieri da Massimo Mantellini, per esempio: mi sarò certamente perso larmonia del tutto, ma a tre quarti del pezzo, che fin lì sera risolto per metà nel riportare brani di un articolo di recente apparso sul Washington Post e per metà nel farne leco, lattenzione sè appuntata su un dettaglio, e di lì non sè più mossa.
«Ci sono in Italia – ho letto – almeno cinque giornali, per restare ai quotidiani, la cui priorità è l’avvelenamento dei pozzi e la costruzione di un continuo risentimento nei propri lettori da indirizzare contro qualcosa o qualcuno».

Almeno cinque? E quali? Libero, La Verità, il Giornale... E poi? Il Fatto? Ok, pure Il Fatto ci sta, ma poi? Quale sarebbe il quinto quotidiano che semina zizzania a larghe mani e aizza i propri lettori al linciaggio di chi gli sta sul cazzo?
A me non viene in mente altri che Il Foglio, e manco tanto Il Foglio diretto da Claudio Cerasa, che, poverino, cerca di ferrareggiare, ma con risultati assai scadenti, quanto Il Foglio sul quale scriveva pure Luca Sofri, mai sapremo se perché facesse andare in estasi il direttore per la sua prosa o se perché raccomandato dal papà.

Era Il Foglio che massacrava dimproperi il politically correct, che lamentava lattacco a Dio, Patria e Famiglia sferrato dalla lobby gay e laicista, che denunciava la pretesa della scienza a dire sempre lultima parola su temi che solo i cretini potevano ritenere fossero scientifici, e invece erano teologici, che definiva bufala il global warming e che tuonava contro levoluzionismo.
Era Il Foglio che chiamava a raccolta i suoi lettori per bersagliare di frizzi, lazzi e fumanti palle di letame ora Roberto Benigni, ora Furio Colombo, ora Emma Bonino, e a chi faceva centro era assicurato un affettuoso occhiolino, ma soprattutto era Il Foglio che si sperticava in lodi per la figura del leader dai modi spicci, schmittianamente inteso come signore dello «stato deccezione», e fanculo alla lettera della Costituzione, ignorante del tanto da poterlo dire cazzuto, volgare del tanto da poterlo dire pop, gaffeur del tanto da poterlo dire al di là del bene e del male.
Poi era pure Il Foglio che di fronte ai barconi di migranti invitava a frenare la pietà perché «il sentimento benigno fa in questo caso la piaga purulenta» (12.1.2010 – pag. 3), e per il quale ogni politica dintegrazione era pia illusione destinata piuttosto a spalancare le porte allinvasore musulmano...
Un giornale salviniano e trumpiano ante litteram, direi.

«Tollerare gli avvelenatori di pozzi – scrive oggi Luca Sofri – permette di chiudere un occhio sulla propria parte di avvelenamento». Pienamente daccordo, ma quante volte, su quelle pagine, sè ritrovato pubblicato accanto a un Camillo Langone che denunciava lingravescente meticciato che sempre più affliggeva il popolo italiano, e ha chiuso un occhio? Gradiremmo avere la lista di quei cinque giornali per capire se quell’occhio, poi, l’ha riaperto.

5 commenti:

  1. Se n'è discusso su hookii, il quinto è Il Tempo.

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  2. Oggigiorno, signora mia, il passato prossimo diventa facilmente archeologia.

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  3. C'è da dire che Luca Sofri ha una prosa talmente zoppicante e aggrovigliata che la sua, gentile Malvino, al confronto pare Gianni Rodari.

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  4. Io sinceramente pensavo che il quinto fosse Repubblica

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