giovedì 3 febbraio 2022

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Il fatto che nel Novecento la dittatura abbia assunto quasi ovunque la forma del totalitarismo ci rende assai difficile, oggi, avere idea di quale sia la sua reale natura, che non è necessariamente totalitaria, non fossaltro perché listituto della dittatura nasce nella Roma del V secolo a.C., mentre il totalitarismo nasce solo ventiquattro secoli dopo: in questi ventiquattro secoli la dittatura non ha mai mostrato il ben che minimo interesse ad avere quel pieno controllo sullinterezza dellindividuo che il totalitarismo mostra di avere sulla sua vita pubblica e su quella privata, sul suo agire e sul suo pensare, con quella pervasività che è suo più precipuo carattere e che infatti, non a caso, troviamo anche in un ambito non propriamente politico, come quello religioso (si prenda a esempio un papa come Pio XI, il quale afferma che, «se c’è un regime totalitario, totalitario di fatto e di diritto, è il regime della Chiesa, perché l’uomo appartiene totalmente alla Chiesa, deve appartenerle, dato che l’uomo è la creatura del buon Dio»). La ragione sta nel fatto che non si può avere totalitarismo prima che la storia abbia prodotto il concetto di individuo, e lindividuo, come ci ha insegnato Durkheim, è prodotto che non data più di due o tre secoli, nasce nel momento in cui la società occidentale lo configura come entità autonoma, slegata dall’appartenenza a quei gruppi (famiglia, corporazione, classe, etnia, ecc.) in cui prima era dato indistinto, conferendogli uno statuto morale e giuridico proprio: solo da quel momento in poi diventa, insieme, soggetto e oggetto politico; solo da quel momento in poi può agire ed essere agito negli ambiti del costituente e del costituito.
Lesperienza del totalitarismo ha di fatto reso impossibile, almeno ai più, di cogliere la reale natura della dittatura, che è quella di istituto. Le cose, daltra parte, non vanno molto meglio neppure a voler far distinzione, come sennatamente raccomandato da alcuni, tra totalitarismo e autoritarismo: anche se la dittatura, infatti, è sempre autoritaria, non sempre lautoritarismo assume forma di dittatura. È di piana evidenza, dunque, che anche con la dittatura è accaduto quel che accade spesso quando laccezione di qualcosa diventa metonimia di qualcosaltro: perde il suo significato originario e recuperarlo finisce per assumere carattere velleitario, in qualche modo antistorico, quasi a voler cristallizzare un concetto nel momento che lo ha prodotto o in uno dei passaggi storici che gli hanno conferito un significato diverso da quello che esprimeva originariamente, ma nel quale ha assunto caratteri grazie ai quali è stato più frequentemente riconoscibile di lì in poi, non di rado metonimizzando uno o più tratti della sua metaforizzazione. È inevitabile, così, che il termine in oggetto finisca per veicolare un concetto che trova definizioni diverse, ambigue, spesso controverse, come è dato rilevare in una locuzione come «dittatura sanitaria». Vedremo per quali ragioni, essa è corretta per definire quel che è accaduto dal marzo del 2020 ad oggi, ma non lo è affatto per significare linstaurazione di un regime totalitario, come lascia intendere chi ne fa uso per contestare le politiche di contrasto allepidemia di Covid-19 e chi, a questi opposto, ritiene che la locuzione sia impropria anche a definire misure che di fatto hanno sostanziato listituto dittatoriale. Dittatura, infatti, non è nientaltro che sospensione dello stato di diritto in ragione di uno stato di eccezione: definizione che impone un chiarimento riguardo a cosa siano lo stato di diritto e lo stato di eccezione, ma anche il senso di una locuzione come «in ragione di».
Facciamoci aiutare da Carl Schmitt: «Ciò che negli Stati del continente europeo, a partire dallOttocento, si è chiamato Stato di diritto era in realtà soltanto uno Stato legislativo, e precisamente Stato legislativo parlamentare. […] Uno Stato legislativo è un sistema statuale dominato da normazioni di contenuto misurabile e determinabile, impersonali e perciò generali prestabilite e perciò pensate per durare: uno Stato in cui legge e applicazione della legge, legislatore e organi esecutivi sono separati. In esso regnano le leggi, non uomini, autorità o magistrature. O meglio: le leggi non regnano, valgono semplicemente in quanto norma. Dominio e potere in quanto tali non esistono più. Chi esercita il potere e il dominio agisce in base a una legge o in nome di una legge» (Legalità e legittimità, 1932). La dittatura non è altro che la sospensione dello stato di diritto e si sostanzia, come Schmitt chiarisce altrove (La dittatura, 1921), in quel «tipo di ordinamento che prescinde in linea di principio da un’intesa e da una consultazione con chi la deve subire e tantomeno ne attende l’approvazione». Perciò non deve necessariamente attendersi resistenza, per quanto sia costretta a metterla in conto. Il suo rapporto col consenso, dunque, è disarticolato, sia sul piano causale, sia su quello temporale, e questa è un altro elemento che la caratterizza rispetto al totalitarismo, che invece nel consenso, e incondizionato, ha il fine primo e ultimo. Di qui, il trovare la dittatura anche dove parrebbe non esservi, e cioè in tutti quei momenti in cui lo stato di diritto cede allo stato di eccezione nella modalità del commissariamento.
Le pagine di Rousseau al riguardo sono illuminanti: «L’inflessibilità delle leggi, che impedisce loro di adattarsi agli eventi, può in certi casi renderle dannose e causare, per opera loro, la rovina di uno Stato in crisi. L’ordine e la lentezza delle procedure richiedono uno spazio di tempo che qualche volta le circostanze rifiutano. Si possono presentare mille casi ai quali il Legislatore non ha provveduto; e costituisce una previdenza quanto mai necessaria quella di essere consapevoli che non si può prevedere tutto. Non bisogna dunque voler irrigidire le istituzioni politiche fino a sottrarsi il potere di sospenderne l’effetto. Anche Sparta ha lasciato dormire le sue leggi. Ma esclusivamente i più grandi pericoli possono bilanciare quello di alterare l’ordine pubblico e si deve sospendere il sacro potere delle leggi unicamente quando si tratta della salvezza della Patria. In questi casi rari e manifesti si provvede alla sicurezza pubblica attraverso un atto particolare, con cui se ne affida la responsabilità al più degno. Questo mandato si può conferire in due modi, secondo il genere di pericolo. Se per porvi rimedio è sufficiente accrescere l’attività del governo, lo si concentra in uno o due dei suoi membri; così non si incide sull’autorità delle leggi, ma soltanto sulla forma della loro amministrazione. Se invece la minaccia è tale che l’apparato delle leggi costituisca un impedimento a garantirsi da essa, allora si nomina un capo supremo che faccia tacere tutte le leggi e sospenda provvisoriamente l’autorità sovrana; in un simile caso la volontà generale non è dubbia ed è chiaro che la prima intenzione del popolo è che lo Stato non perisca. In tale maniera la sospensione dell’autorità legislativa non l’abolisce assolutamente: il magistrato che la fa tacere non può farla parlare e la domina senza poterla rappresentare; può fare tutto salvo che delle leggi» (Il contratto sociale, 1762).
Non deve, dunque, lasciare sgomenti il fatto che nello stato di diritto vi sia sempre un punto in cui la gravità (qui da intendere in tutte le sue accezioni) possa aprirsi in un buco nero. Spingersi a dire che tra democrazia e dittatura vi sia isomorfismo di potere forse è troppo, di fatto ogni costituzione liberaldemocratica prevede, ancorché implicita, la possibilità di una sospensione dello stato di diritto. Occorre, tuttavia, che vengano tirati i fili fin qui descritti come sostanza dell’ordito. La traccia da seguire, credo, sta nella stranezza di ciò che accade per il corso che Foucault tiene al Collège de France nel 1978-79 e a cui dà per titolo Naissance de la biopolitique: non si parlerà altro che di ordoliberismo, il neoliberismo di scuola tedesca. Alla fine del corso, Foucault ammette: «Il corso di quest’anno, alla fine, è stato interamente dedicato a ciò che doveva essere soltanto l’introduzione. Il tema in origine stabilito era dunque la biopolitica, termine con il quale intendevo fare riferimento al modo con cui si è cercato, dal XVIII secolo, di razionalizzare i problemi posti alla pratica governamentale dai fenomeni specifici di un insieme di esseri viventi costituiti in popolazione: salute, igiene, natalità, longevità, razze... Mi è sembrato che questi problemi non potessero essere dissociati dal quadro della razionalità politica entro cui sono apparsi e hanno assunto il loro rilievo, vale a dire il liberalismo, dal momento che è in rapporto a quest’ultimo che essi hanno assunto l’aspetto di una sfida...». La tesi di fondo è che l’ordoliberismo non si è limitato a chiedere «meno stato, più mercato», ma, dovendo conservare allo stato le funzioni minime che anche il più sfrenato liberismo gli riconosce, ha finito per risolversi a chiedere di trasferire allo stato le regole del mercato. Ed è così che prende forma il dispositivo.

[segue]

7 commenti:

  1. la dittatura nasce come istituto previsto dal diritto romano ma in epoca moderna acquista il significato di stato di fatto che sovverte il diritto. E questo indipendentemente dal fatto che abbia un carattere totalitaro o meno.

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    1. Lei parla di significato, che è altra cosa dal significante. Non accade certo solo la dittatura che un istituto cambi significato (pensi al pontificato nel diritto romano e nel diritto canonico), ma il suo significante sta lì a dichiararne l'isomorfismo. Perciò, consenta, la dittatura non "sovverte", come dice lei, il diritto, ma lo sospende. Può essere "dittatura commissaria" o "dittatura sovrana", ma il fatto che la prima si ponga come scopo quello di restaurare la condizione di stato di diritto dopo aver superato la condizione di stato di eccezione, mentre la seconda si limita soltanto a dichiarare insuperabile questa condizione, rende il suo potere isomorfico a quello della democrazia, basti pensare che, netto del farsi chiamare Fuhrer e Duce, Hitler e Mussolini furono fino alla fine Cancelliere e Primo Ministro, senza bisogno di abrogare Costituzione della Repubblica di Weimar e Statuto Albertino per prendere il potere. Augurandomi che lei possa farmi passare il paradosso: divennero dittatori democraticamente.

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    2. Buongiorno Luigi, forse mi sfugge qualcosa: divennero dittatori democraticamente, quindi mi par di capire che, se il totalitarismo è fondato sul consenso, possiamo ritenere queste dittature totalitarie. A meno che non vi sia la prerogativa di un consenso assoluto: nel caso del consenso diretto è più semplice ma nel caso in cui questo mediato da corpi intermedi (che cambiano il mandato e la ragione del consenso) in quel caso si può ancora parlare di consenso? (nonostante il mandato sia per legge libero e svincolato dal consenso)

      Un secondo dubbio è - può fare tutto salvo che delle leggi» - ma se invece fa le leggi? e leggi che vincolano stabilmente lo stato di diritto come ad esempio modificare una Costituzione e inserire una leva che vincola così non temporaneamente tutti gli altri diritti, come il 'pareggio di bilancio': in questo caso sarebbe, se deduco bene, 'dittatura sovrana'

      un altro problema è stabilire il consenso, problema oggi centrale: prendiamo l'affermazione "il popolo ucraino ci chiede armi" ma non c'è modo di stabilire il consenso anche perché è stato subito imposto uno stato di eccezione e una legge marziale: la guerra non come volontà dell'individuo (ad esempio chi decide di partire per combattere), ma come obbligo. Questo vale ovviamente per tutti i popoli, e potrebbe poi valere anche per il nostro visto che è molto semplice trovare una ragione per intervenire e costringere poi una popolazione

      MB

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  2. ...e pensare che c'è stato un tempo in cui ero un hooligan cattolico, tipo gli insopportabili catto-nerds, fan di Ferrara, e puntavo a convertirla a botte di sarcasmo ed ironia. La rileggo dopo tanto tempo, ora che ho passato quella sbornia (e anche il post sbornia) e provo un po' di vergogna. Paolo da Maccarese.

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  3. Devo dire che all'inizio ho fatto molta fatica a considerare il concetto di 'nazisti buoni' che salvano bambini proposto dalla televisione di Stato con Gramellini, grande giornalista della Stampa della FIAT storica azienda di Stato produttrice di armi e di bombe inesplose per bambini, bambini ricuciti da Gino Strada (che sull'invio di armi aveva forse qualche idea radicalmente opposta a quella di chi ora usa il suo nome per altri scopi, magari inviare armi e bombe per la pace)

    per un attimo confondendo Gramellini con l'altrettanta amorevole comunicazione nazionalista di Goebbels sui bambini, bambini ariani da preservare prima di tutto dalla barbarie propagandistica del nemico

    Con altrettanta fatica sono quindi passato alla valutazione del concetto conseguente: 'pedofili buoni'

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  4. aspettiamo da due mesi la seconda puntata

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  5. Dette D1 e D2 le distanze fisiche fra un soggetto S e due oggetti O1 e O2, percepiti come dominanti, la probabilità (P) che S adotti un doppio standard nel giudizio su O1 e O2 è tanto maggiore quanto più differiscono D1 e D2. In pratica P è grande se D1>>D2 oppure D2>>D1. Questa, in termini matematici, la ragione per cui Svezia e paesi limitrofi vogliono entrare nella NATO 😊
    Braccobaldo

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