Che
il mondo sia impazzito è sensazione che ha sempre accompagnato tutti i disadattati,
fin dalla notte dei tempi. Converrà, dunque, non farci cogliere in castagna dinanzi
a quanto ci fa trasalire perché brutalmente o miserevolmente assurdo, facendo
finta di averne colto la ratio, di trovarla in qualche modo sensata o per lo
meno divertente, così sembreremo ottimamente incardinati nel secolo, che fin
dalla notte dei tempi è segno di un buon metabolismo. Evitiamo di strabuzzare
gli occhi, quindi, dinanzi alla notizia che la signora Gabriella Capra, in ciò
appoggiata dalla Fondazione Nazionale Consumatori, sia intenzionata a portare
in tribunale la Astley Baker Davies per ottenere un risarcimento di 100.000
euro perché in una delle puntate di Peppa Pig è comparso un personaggio che
aveva proprio il suo nome, e da allora tutti la sfottono. Evitiamo di star lì a
considerare che nella striscia originale Gabriella Capra era Gabriella Goat,
perché al pari di tutti i personaggi che vi compaiono il surname indica la specie animale e il name ne ha quasi sempre in comune l’iniziale (Delphine Donkey, Kylie
Kangaroo, Emily Elephant, Wendy Wolf, ecc.), e allertiamo la francese Gabrielle
Chèvre, la spagnola Gabriela Cabra, la tedesca Gabri Ziege, se esistono: hanno
danni da lamentare, non tardassero a farlo. E tanta solidarietà alle poverette,
nel caso i rispettivi tribunali non ne accogliessero le richieste mandandole a
depositare qua e là, in Francia, in Spagna, in Germania – insieme alla signora Gabriella
Capra qui in Italia – le note feci a palline.
domenica 16 novembre 2014
[...]
Tra
scienza politica e arte del governo passa tutta la distanza che c’è tra studio
e mestiere: si vorrebbe che il primo sia indispensabile al secondo, ma di fatto
non è affatto vero, anzi, come non si è mai visto un grande economista
diventare miliardario grazie a tutta la sua scienza – ma si sarebbe tentati a
un altro parallelo, assai più feroce: si ricava più denaro dal vendere numeri
da giocare al lotto che dalle vincite ottenute grazie alle puntate su quei
numeri – così non s’è mai visto un Platone tornare di qualche utilità a un
Dionigi, né un Tocqueville più fortunato di un Talleyrand. Sconcerta, può
arrivare a infondere sgomento, ma è di piana evidenza che, almeno in certi
campi, sia impossibile trasporre con qualche profitto le regole che fanno il
metodo della più perfetta scienza. Dovrebbe essere la prova che ogni scienza
sociale abbia un limite nel fatto stesso d’essere – appunto – scienza, ma più
probabilmente – e qui la probabilità si carica dell’investimento emotivo che
sta in una scommessa – è che nessuna scienza sociale ha ragion d’essere se non
accetta come irriducibile la grossolanità di ciò che ne è oggetto. Quando
apprendiamo che un mestierante di successo ascolta con la massima attenzione
tutto il collegio di illustri ed autorevoli periti ai quali ha chiesto parere, per
poi decidere di testa sua, spesso contro quanto consigliato da quei saggi, e il
risultato della decisione premia il mestiere contro la scienza, non dobbiamo trarre
l’affrettata conclusione che non ci sia squadra o pialla per il legno storto: è
nella più perfetta scienza politica che la più furba arte del governo trova le ragioni
di ciò che è da evitare, perché il miglior daffare raramente è un ottimo affare.
sabato 15 novembre 2014
Accedine
Può
darsi ch’io m’inganni e stia per dirne una tanto bestiale da dovermene vergognare
per mesi, perciò faccio affidamento, senza neanche contarci troppo, sull’indulgenza
di chi non avrà alcuna difficoltà nel dimostrarmi che lo stato d’animo che qui
mi appresto a descrivere – il mio, da qualche tempo a questa parte, quasi tutte
le volte che decido che questa pagina vada aggiornata, sennò che sia meglio
chiudere il blog – non sia affatto singolare, men che meno necessiti di un neologismo,
perché è di questo che si tratta: non è certo singolare la sensazione che nulla
valga la pena di un commento, questo lo so; né è singolare quella che induca a
credere che un commento, ancorché sprezzantemente liquidatorio o meticolosamente
decostruttivo, offenderebbe più chi lo fa, per il semplice fatto che così si
abbasserebbe a farlo, che quanto ne sia l’oggetto, così elevato dalla bassezza
della sua piatta insulsaggine o della sua brutale volgarità all’immeritata dignità
di un qualche interesse, e so anche questo; come so bene che nemmeno è
singolare che questa sensazione possa riguardare molto o tutto, per qualche
tempo, a tratti, o per un lungo periodo, senza remissioni; però dico che senza
dubbio abbia un connotato peculiare – un quid
con tanto di sui generis – il
sentire che tanta insulsaggine e tanta volgarità non possano scorrere senza
apporvi sopra il marchio dell’infamia, e nel contempo il sentire che sia
inutile, e soprattutto avvilente. Lo si sente necessario, quasi indispensabile,
ma si avverte che sarebbe fatica enorme, e mortificante, e vana. Si aggiunga,
inoltre, che non sarebbe fatica dovuta, se non a ciò che rende intollerabile la
fatica di lasciar perdere, far finta di non aver visto e di non aver sentito:
non è mestiere di scrivere, quello del commento, tutt’al più è abitudine affine
alla mania. Un guazzabuglio di malesseri, insomma, in cui si possono trovare –
variamente dosate e composte – una frenesia d’urgenza e una noia del ripetersi,
un’indignazione che può degenerare nella maniera e una spossatezza da
inconcludenza, una rabbia sorda da risentito e una resa che cerca nobiltà nella
sconfitta, alle quali va ad aggiungersi quel tanto di ridicolo che sta nel
poterne fare a meno, ma non volerlo, però costringersi a farlo, e poi non farlo:
evitare di scriverne, però sentendone in colpa, ma traendo una sorta di
sollievo da questa mancanza nel considerare quanto peserebbe l’accollarsene il
dovere, che poi è tutto verso se stessi. La direi accedine, un misto di accidia e acredine, ma il termine non mi
sembra del tutto adeguato, perché almeno nel caso di specie – il mio – è
relativo a uno stato d’animo che mi assale solo quando scorro la cronaca: tutto
mi sembra futile e mi irrita, a cominciare dal fatto che la futilità non
meriterebbe tanta irritazione, e tutto mi spinge a sputar bile ma sei volte su
sette me lo risparmio, e m’acconcio a una posa di disgustata alterigia, che io
stesso sento falsa, che io stesso mi rinfaccio.
Prendete
il caso della lettera che la Diocesi di Milano ha inviato a seimila insegnanti
di religione, stipendiati dallo Stato, ma idonei all’insegnamento solo se graditi
alla Chiesa, e inidonei quando le diventano sgraditi. Lettera che sollecita una
schedatura di quanti siano impegnati a combattere nella scuola pregiudizi e discriminazioni
relative alle libere e responsabili scelte di genere. Lettera che ha sollevato
qualche protesta e di cui subito la Diocesi di Milano si è scusata. Ora c’è chi
le manda lettere per farle presente che ha sbagliato a scusarsi. Quanto ci
sarebbe da scrivere sulla faccenda. E quanto sarebbe inutile. E quanto sarebbe
noioso ripetere quello che comunque sarebbe necessario ripetere, nel caso. E
quanto mi irrita il non volerlo fare. Più mi irrita quanto accade, e più è irritante il fatto che finirò per ritenerlo degno di disinteressarmene, metà soddisfatto per aver lasciato perdere e metà pentito per non averne scritto. È accedine, direi.
martedì 11 novembre 2014
lunedì 10 novembre 2014
[...]
All’apertura
dei lavori dell’Assemblea generale dei vescovi italiani, che oggi ha preso
avvio ad Assisi, il cardinale Angelo Bagnasco ha lamentato la persecuzione di
cui son fatti vittime i cristiani, «a
volte evidente e brutale, altre volte subdola e mascherata, ma non per questo
meno violenta», e si è chiesto se per caso questo non accada «perché i cristiani sono una presenza
scomoda». Non scomoda, Eminenza, ma molesta. Vada a qualche capoverso
indietro, rilegga ciò che ha detto riguardo alla «creazione di nuove figure» alternative alla famiglia tradizionale:
ha detto che vengono create «con
distinguo pretestuosi che hanno l’unico scopo di confondere la gente», con
ciò mettendo in discussione che possa esserci famiglia dove non ci sia famiglia
cristiana, e questo non è bello, perché è offensivo, puzza di intolleranza e di
prepotenza. Che ha da stupirsi, dunque? A questo voler dettar legge sulle vite
altrui, mi pare naturale che chi abbia zotico profilo antropologico s’irriti
come una bestia, e ci scappi il martire. A chi ha l’animo gentile, invece,
scappa tutt’al più un «vada a cagare»,
e questa, lei, me la chiama violenza? Via, sia cortese, non rompa il cazzo.
[...]
Sulle
voci di dimissioni che Giorgio Napolitano sarebbe intenzionato a dare entro la
fine di quest’anno, Marzio Breda, che in più di un’occasione si è prestato a
farsi portavoce di ciò che il Quirinale intendeva comunicare in modo ufficioso,
ci informa che «non vuole sciogliere lui le Camere nel caso di voto anticipato»
(Corriere della Sera, 9.11.2014), ipotesi che evidentemente considera assai
probabile, e con molti solidi motivi data la buona vista che si gode da quel
Colle. In pratica, rifiuta di ammettere il fallimento del mandato suppletivo
che si è dato dalla metà del primo settennato, rinnovandolo e ampliandolo
nell’accettare la rielezione: nessun Presidente della Repubblica è mai stato
tanto attivo quanto lui alla sceneggiatura, al casting e alla regia di quanto
andava in scena e, ora che la commedia rivela tutta l’inconsistenza della trama
e l’inadeguatezza degli attori, pare voglia svignarsela dall’uscita di
servizio, per non beccarsi i fischi, con ciò onorando la definizione che ne
diede chi di lui disse che «il suo stemma araldico dovrebbe essere un coniglio
bianco in campo bianco». Niente della grandezza d’un altro commediografo
napoletano, l’Eduardo De Filippo di cui proprio in questi giorni ricorre il
trentennale della morte, che una sera s’alzò dal posto che occupava in platea,
interruppe la commedia di cui era l’autore e il regista, e disse: «Signori
spettatori, l’attore qui ha recitato la battuta in modo diverso da come l’avevo
scritta e da come gli avevo spiegato andasse recitata: vogliate scusarmi,
adesso la ripeterà come si deve».
sabato 8 novembre 2014
[...]
La
descrizione che ne dà il giornale dei vescovi (Avvenire, 6.11.2014 – pag. 17)
fa della Casa di Cura «Santa Famiglia» il miglior esempio di quanto la dottrina
cattolica consente come soluzione all’infertilità: (1) «studiare il momento
della fertilità della donna per poterla aiutare, in assenza di farmaci e senza
diagnostiche invasive, a gestire al meglio la propria vita sessuale»; (2)
«individuare quelle persone per le quali, con un criterio non invasivo, ci sia
una reale possibilità di gravidanza»; (3) «insegnare metodi naturali per
aumentare le possibilità di concepimento» (tutto in virgolettato perché si
tratta di quanto illustra il responsabile di questo «centro per il concepimento
naturale»).
Eviteremo, qui, di contestare il principio etico che informa questa
strategia di attacco all’infertilità, peraltro ampiamente noto (Catechismo
della Chiesa Cattolica, 2373-2379). Ci limiteremo solo a chiederci a cosa serva
una Casa di Cura se non può andare oltre a quanto, come sopra esposto, è
consentito dalla dottrina cattolica: (1) per studiare i giorni fertili di un
ciclo, non basta un test per l’ovulazione, di quelli che a pochi euro si
possono reperire in ogni farmacia? (2) e non è con questo solo studio che,
dovendo rinunciare a metodiche non invasive, si possono individuare i casi in
cui ci sia una reale possibilità di gravidanza? (3) in quanto ai metodi
naturali per aumentare le possibilità di concepimento, poi, non bastano banali
conoscenze empiriche?
Può darsi che queste perplessità ci assalgano perché ci sfugge qualcosa. Per esempio, cosa sarà mai la «chirurgia medica non invasiva» che viene contemplata tra le prestazioni offerte alle coppie infertili? Può darsi che il giornalista abbia riportato in modo infedele le parole di chi ha intervistato, di fatto in ginecologia ogni momento chirurgico è invasivo. Peraltro, nel corpo dell’intervista, si fa cenno ad «approcci naturali di ridotta invasività», senza specificare quali siano: sarà mica che per «non invasività» si voglia intendere «ridotta invasività»? Ed è possibile, in tal caso, che così seri professionisti e così seri cattolici siano così trasandati nell’uso di termini attinenti ad argomenti così delicati? Ci rifiutiamo di crederlo. Per nostri limiti, ovviamente, dev’esserci qualcosa che ci sfugge. Conviene cercare lumi nelle parole di monsignor Zygmunt Zimowski, presidente del Pontificio Consiglio della Pastorale per gli Operatori Sanitari, dunque responsabile delle 117.467 strutture sanitarie cattoliche attive in tutto il mondo, compresa la Casa di Cura «Santa Famiglia».
Può darsi che queste perplessità ci assalgano perché ci sfugge qualcosa. Per esempio, cosa sarà mai la «chirurgia medica non invasiva» che viene contemplata tra le prestazioni offerte alle coppie infertili? Può darsi che il giornalista abbia riportato in modo infedele le parole di chi ha intervistato, di fatto in ginecologia ogni momento chirurgico è invasivo. Peraltro, nel corpo dell’intervista, si fa cenno ad «approcci naturali di ridotta invasività», senza specificare quali siano: sarà mica che per «non invasività» si voglia intendere «ridotta invasività»? Ed è possibile, in tal caso, che così seri professionisti e così seri cattolici siano così trasandati nell’uso di termini attinenti ad argomenti così delicati? Ci rifiutiamo di crederlo. Per nostri limiti, ovviamente, dev’esserci qualcosa che ci sfugge. Conviene cercare lumi nelle parole di monsignor Zygmunt Zimowski, presidente del Pontificio Consiglio della Pastorale per gli Operatori Sanitari, dunque responsabile delle 117.467 strutture sanitarie cattoliche attive in tutto il mondo, compresa la Casa di Cura «Santa Famiglia».
Sua Eccellenza ha detto: «La
Chiesa si fa vicina a questi nostri fratelli che soffrono, incoraggiando fortemente
la ricerca scientifica, volta al superamento naturale della sterilità. Ecco
perché questi centri sono molto importanti». Ricerca scientifica volta al superamento naturale, ecco, ora tutto è chiaro.
Proprio
Fin dall’adolescenza mi accompagna un imbarazzo che col tempo è diventato sempre più
tollerabile. Ma forse imbarazzo è termine improprio, e anche tollerabile non rende
a dovere. Per farla breve: tutte le volte che sento dei maschi parlare di
questa o quella femmina, e con pressoché unanime benevolenza di giudizio, soprattutto quando la benevolenza è espressa in modo particolarmente enfatico, non mi ritrovo quasi
mai in quel che dicono. Ma forse ritrovarsi non esprime bene il concetto, e perfino maschio e femmina sono locuzioni inadeguate. Potrei spiegarmi meglio con qualche esempio, forse. Potrei dire di Moana Pozzi: ho visto, e ancora vedo, che tutti le son devoti come fosse una dea dell’amor carnale, ma a me è sempre sembrata un pesce lesso, anche un po’ scotto. Per tenerci nel settore, dico, Luce Caponegro non la surclassava? Ma forse non ho scelto l’esempio migliore, potrei raccontare della volta che opposi Françoise Hardy a Rachel Welch – eravano nei primi anni Settanta – e fui sepolto dagli sghignazzi: «Ma che dici? Quella non ha neanche due etti di tette». Potrei stendere un elenco senza fine di casi analoghi, ma mi risolvo a dire di aver passato la vita intera a non trovare convincenti gli entusiastici elogi che praticamente tutti rivolgevano alle grazie di certe femmine che
a me non dicevano niente o addirittura sembravano dei veri cessi, e vengo ai
nostri giorni, e (mi) chiedo: ma la Madia può a qualche titolo sollecitare
fantasie sessuali? e la Boschi, con quel culone basso e quella faccia da
cavallo, è bella? e, giusto per tornare indietro a qualche capannello di
arrapati della passata stagione, la Minetti era ’sta gran cosa? Insomma, non ci siamo proprio.
giovedì 6 novembre 2014
Napolitano e l’amnistia
Il
Corriere della Sera pubblica brani dall’ennesimo
libro di Vespa, da oggi in libreria. Stralciando
quanto è irrilevante a porre i termini della questione che qui intendo
sollevare, riporto un passaggio che nel testo è attribuito in virgolettato ad Alfano.
«Nel
settembre 2013 chiesi un appuntamento al presidente della Repubblica e gli
preannunciai al telefono che volevo parlargli della grazia [a Berlusconi]. […] L’incontro […] avvenne nella tarda
mattinata del 24 […]. Il presidente mi dice quattro cose. 1) Se Berlusconi si
dimette prima del voto sulla decadenza evitando al Senato un grande trauma, lui
è pronto a concedergli la grazia, ovviamente secondo le norme di legge. 2) È
disponibile anche a rivederne le condizioni. Mentre finora Napolitano aveva
detto che avrebbe esaminato una domanda, ora si dimostra disponibile a riconsiderare
l’ipotesi di un gesto unilaterale. 3) Aggiunge di essere pronto a diffondere un
comunicato in cui dice che il giudizio penale sul caso Mediatrade riguarda il
Berlusconi imprenditore, ma la sua biografia è molto articolata e va valutata
nel suo complesso. 4) Si dice anche disponibile a fare un appello al Parlamento
in favore di un provvedimento generale di amnistia e indulto».
Ritengo
che quanto esposto al primo e al secondo punto non sollevi alcun problema: se la
condanna è definitiva, il presidente della Repubblica può concedere la grazia a
chi vuole; e può arrivare a volerlo per le vie che meglio crede; e non è tenuto
a concederla solo se gliene viene fatta domanda; e, nel caso sia inizialmente intenzionato
a farlo solo se gliene viene fatta domanda, può cambiare idea, anche in questo
caso senza dover rendere conto del perché l’abbia cambiata.
Anche
il terzo punto non solleva particolari problemi: il presidente della Repubblica
può diffondere tutti i comunicati che ritiene utile diffondere, tanto più se intende
spiegare le ragioni di una grazia che si appresta a concedere e che potrebbe
sollevare perplessità, sconcerto o contrarietà nell’opinione pubblica. Non ne
ha l’obbligo, né è detto che le spiegazioni possano soddisfare il fine, ma il fatto che ci provi, via, può perfino ritenersi encomiabile.
È
il quarto punto, invece, che dà da pensare, e sotto diversi aspetti. In
primo luogo, perché tirare in ballo un provvedimento generale di amnistia e
indulto nell’ambito di una discussione che verte sulle sorti personali e
politiche di un condannato in via definitiva, se non come alternativa alla grazia,
al fine di dargli quell’agibilità che di lì a poco la legge Severino gli
potrebbe sottrarre? L’indulto non estingue le pene accessorie come la prescrizione
dai pubblici uffici, ma l’amnistia estingue anche il reato, sicché, se
amnistiato, Berlusconi non sarebbe andato incontro alla decadenza da
parlamentare e soprattutto avrebbe potuto ricandidarsi in caso di elezioni
politiche. Non mi pare ci sia altra spiegazione per motivare la promessa di
interessamento che Napolitano offre ad Alfano in ordine all’attivazione di un
iter parlamentare per arrivare a un indulto e
a un’amnistia.
Qui
occorre tornare un attimo a ciò che Alfano racconta a Vespa: «Ero letteralmente entusiasta e corsi a
palazzo Grazioli, convinto di portare a Berlusconi una notizia clamorosa. […]
Berlusconi mi ascoltò senza formulare un giudizio definitivo. In quel momento entrò
Ghedini. Disse che, di fatto, la proposta di Napolitano equivaleva a far ritirare Berlusconi dalla politica e che
quello che a me appariva un grande risultato in realtà era il nulla. […] Berlusconi
disse: “Andiamo a pranzo”. E non se ne parlò più».
Sembra
pacifico che, in mancanza di una risposta positiva da palazzo Grazioli, Napolitano
dovesse ritenere chiuso il discorso sulla grazia. E tuttavia, dodici giorni
dopo, il tempo di scriverlo, arriva il suo messaggio alle Camere, nel quale, tra l’altro, solleva la
questione di eventuali «rimedi
straordinari» alla «drammatica
questione carceraria»: indulto e amnistia che si auspica siano «di sufficiente ampiezza, ad esempio pari a tre anni di reclusione». Incidentalmente, Berlusconi ne godrebbe i benefici.
Con l’occhio del dietrologo sembrerebbe che Napolitano offra a Berlusconi un’alternativa alla grazia, che, alle condizioni poste, non sembra riscuotere entusiasmo a palazzo Grazioli, fatta eccezione per Alfano. Ma noi non abbiamo l’occhio del dietrologo e vogliamo credere che il messaggio alle Camere fosse già pronto e che Napolitano l’abbia voluto spendere come offerta che non gli costava niente. Una notevole cazzimma, ma insomma.
Certo che l’occhio del dietrologo, anche quando non ce l’hai, te lo fanno venire. C’era, infatti, chi chiedeva quel messaggio a Napolitano da più di due anni – e chiedere è eufemismo, perché arrivò a dargli del criminale per il fatto che non esaudisse quella richiesta, arrivò a minacciare la messa in stato d’accusa per tradimento della Costituzione – e per due anni quel messaggio non arrivò. La questione carceraria era d’un tratto diventata ineludibile grazie all’incontro con Alfano. E poi c’è chi dice che è un uomo inutile?
Con l’occhio del dietrologo sembrerebbe che Napolitano offra a Berlusconi un’alternativa alla grazia, che, alle condizioni poste, non sembra riscuotere entusiasmo a palazzo Grazioli, fatta eccezione per Alfano. Ma noi non abbiamo l’occhio del dietrologo e vogliamo credere che il messaggio alle Camere fosse già pronto e che Napolitano l’abbia voluto spendere come offerta che non gli costava niente. Una notevole cazzimma, ma insomma.
Certo che l’occhio del dietrologo, anche quando non ce l’hai, te lo fanno venire. C’era, infatti, chi chiedeva quel messaggio a Napolitano da più di due anni – e chiedere è eufemismo, perché arrivò a dargli del criminale per il fatto che non esaudisse quella richiesta, arrivò a minacciare la messa in stato d’accusa per tradimento della Costituzione – e per due anni quel messaggio non arrivò. La questione carceraria era d’un tratto diventata ineludibile grazie all’incontro con Alfano. E poi c’è chi dice che è un uomo inutile?
mercoledì 5 novembre 2014
E così va bene
Non
sapevo che Mario Adinolfi scrivesse su Il
Mattino, d’altronde leggo raramente il quotidiano di via Chiatamone, e
quasi esclusivamente per consultare la pagina degli spettacoli, le rare volte
che mi prende l’uzzolo di andare al cinema o al teatro. La sorpresa, tuttavia,
non è stata quella di trovarvi un articolo di Mario Adinolfi, ma di dover
constatare una significativa metamorfosi stilistica nella sua scrittura, tanto
più sorprendente perché repentina e inattesa. Mario Adinolfi sembra aver messo
da parte il suo patognomonico becerume e mostra un tratto fine, perfino colto, da professorino di liceo classico. È sempre
lui, sia chiaro, le idee son sempre quelle, però bisogna dire che ora le
argomenta senza scoreggiare rumorosamente, flautando quasi, e con un
sorvegliato e affabile impiego della formula dubitativa che direi quasi
maieutico. Nel fondo, insomma, rimane il troglodita dal marcato profilo
comunitarista e organicista, ma occorre dire che i modi si sono sensibilmente
ingentiliti e l’utensileria retorica ha perso la volgare grossolanità che lo ha
sempre caratterizzato, peraltro accentuandosi proprio negli ultimi mesi, come non
potrà aver evitato di constatare chi abbia letto il suo Voglio la mamma, pamphlet che sembra quasi essere stato dettato dal
cardinal Ruini, sì, ma a un villico gradasso che si è concesso notevoli licenze.
Non so se questo articolo – segnalatomi da F.M., che ringrazio – debba essere
considerato un’eccezione, semmai dovuta al fatto che il lettore de Il Mattino è per lo più un borghesuccio strafottente,
pusillanime e conformista, che è meglio non turbare troppo con eccessi di
liberalismo o di illiberalismo, tenendolo a bagnomaria in un rassicurante
paternalismo, sennò arriva alle pagine sportive tutto imbarazzato, e non so nemmeno se a Mario Adinolfi potrà tornare utile la
svolta che questo articolo potrebbe voler annunciare, di fatto c’è che, a
leggere La dolce morte non è una
performance, il chiattone ferocemente ostile ai più elementari diritti
civili sembra morto e seppellito.
Parla di Brittany Maynard, Mario Adinolfi, e
con notevole furbizia non spara il solito no all’eutanasia perché la vita
appartiene a Dio, ma insinua il dubbio sul «come
bilanciare le determinazioni dell’individuo, la sua libertà e autonomia, con la
responsabilità e l’interesse della società, che non può rimanere indifferente –
se e finché è una società umana – al modo in cui i suoi membri muoiono»,
dando per scontato che il modo in cui un suo membro muore son pure cazzi suoi – della società, intendo dire – ed è dunque in diritto di metterci becco. Contrario, quindi, ad una legge che
consenta a ciascuno di decidere quando e come morire, perché «non sarebbe nel perimetro della legge che
troverebbe soluzione il problema del significato che ha la morte per l’uomo [visto che]
quel significato, come del resto ogni
significato, ogni parola, ogni concetto non è affatto nella disponibilità di
ciascuno», e qui io aggiungerei – perché Mario Adinolfi ha la tutta nuova delicatezza di non dirlo – che non può essere nella disponibilità di ciascuno se è alla società che spetta dare un senso a
vita, morte, eccetera, mentre a chi non vuole far la figuraccia di asociale spetta conformarvisi, giacché «la costruzione
del senso umano di una vita richiede qualcosa di più di un impegno meramente
individuale».
Ce n’è quanto basta per negare all’individuo la libertà e la
responsabilità di scegliere, ma in nome di un valore nobile – la socialità – e
chi vorrà mai essere così bestia da calpestarlo? Giusto chi è segnato da una tara psicologica. Perché Mario Adinolfi, qui, non fa
uso della sua solita arroganza dando della cretina a Brittany Maynard – e questo ci fa quasi dimenticare
tutte le sue sparate omofobe e antiabortiste – ma con l’acuminato strumento del
sofista solleva il dubbio se ella «abbia
voluto o no [dare pubblicità al suo gesto] per far avanzare la coscienza del problema dei malati terminali e dei loro
diritti» o per soddisfare un suo malsano esibizionismo con quella «spettacolarità che richiede necessariamente
un pubblico».
Roba da sputargli in faccia, se non fosse graziosamente offerta
in forma di dilemma etico. E qui il capolavoro: «È giusto naturalmente che il legislatore cerchi la misura, insegua il problema
morale, si interroghi circa il modo di non perdere definitivamente di vista il
destino dell’uomo, ma è un inseguimento su un terreno sul quale non può più
riuscire, avendo rinunciato ad ogni fondazione religiosa e non avendo altra legittimazione,
in sede politica, che quella individuale, a cui però non appartiene, non può
appartenere qualcosa come un senso».
Dio, insomma, può darsi non esista, ma cazzarola quanto tornerebbe comodo in questi casi. Fatto sta che, invece, il legislatore ha rinunciato a
farsi ispirare dai preti, non è riuscito a costruire un edificio etico in cui
stipare a forza, volenti o nolenti, gli individui e tutto va in vacca,
puttana Eva. Non c’è che dire: sempre lo stesso Mario Adinolfi, ma assai più
figlio di puttana.
Aggiornamento A pochi minuti dalla
pubblicazione di questo post, mi arriva un’altra email da F.M., il quale, costernato
per avermi inviato il testo dell’articolo che qui ho commentato aggiungendo
solo «leggi un po’ che dice Adinolfi»,
si affretta a farmi presente che il pezzo non è firmato «Mario Adinolfi», ma «Massimo
Adinolfi». Gli rispondo da qui: non ti preoccupare, ormai è fatta, e in più
non cambia niente, perché prima di scrivere il post sono andato a controllare
il testo originale, e avevo letto chi fosse l’autore dell’articolo, ma è
proprio grazie al fatto che avevi omesso il nome, citando solo il cognome, che
ho potuto costruire il commento nel modo in cui poi l’ho steso. E così va bene.
Wissenschaft der Logik
«Qualcosa è vitale solo
in quanto contiene in sé la contraddizione.
Solo quando sono stati spinti all’estremo
della contraddizione,
i molteplici diventano attivi e viventi l’uno di fronte
all’altro,
acquistando la pulsazione immanente dell’attività
e della vitalità»
Georg Wilhelm Friedrich
Hegel, Wissenschaft der Logik
Quando
tutto degenera al punto che la cultura di governo trova la sua più congrua espressione
in uno come Matteo Renzi, l’opposizione non può trovare più congrua espressione
che nella cultura di uno come Matteo Salvini. C’è bisogno di un piano comune
perché tesi e antitesi facciano dialettica, perciò non c’è alcun margine di
manovra per gli altri oppositori, tutti – anche se solo di un millimetro – a un
piano superiore.
[...]
Non
capisco perché il rinvio a giudizio di Verdini dovrebbe mettere a rischio il
patto del Nazareno, come si va cianciando. Se Renzi non si è fatto alcuno scrupolo nel cercare e trovare
accordo con un condannato in via definitiva, perché dovrebbe farsene ora
che il fiduciario della controparte è appena appena imputato?
martedì 4 novembre 2014
Nemmeno vola
Tra i
250 e i 230 milioni d’anni fa, mentre i grandi rettili del Paleozoico si
avviavano all’estinzione, dalla famiglia dei Dromeosauridi, cui appartenevano
terribili predatori come il Velociraptor, si staccò un ramo destinato a evolversi in
Archaeopteryx, che i paleontologi dicono essere il progenitore della gran parte dei pennuti. Robe
da dare le vertigini, a rifletterci: vedi un pollo, e mai immagineresti che era
un dinosauro, ma il tempo è un inesausto lavoratore, e riplasma ogni cosa, e
spesso sembra farlo solo per stupirci.
Così accade con monsignor Carrasco de
Paula. Non più di due o tre anni fa, quando la morale cattolica lasciava
impronte grosse e profonde ad ogni passo e a ogni roarrr! scopriva dozzine e
dozzine di denti aguzzi, di una suicida come Brittany Maynard avrebbe fatto un
sol boccone, ruttando una sonora condanna: «Siamo
gli amministratori, non i proprietari della vita che Dio ci ha affidato: non ne
disponiamo. […] L’eutanasia volontaria, qualunque ne siano le forme e i motivi,
costituisce un omicidio. È gravemente contraria alla dignità della persona
umana e al rispetto del Dio vivente, suo Creatore» (Catechismo della Chiesa Cattolica, 2280, 2324).
Potenza dell’evoluzione:
l’artiglio a falcetto oggi è una misera zampa di gallina, piume dov’era la pellaccia, e al
posto delle orride fauci c’è un simpatico becco giallo, corto, e quando s’apre scopre una linguetta pallida, e coco-cocodè, «il gesto in sé è da condannare, non
giudichiamo la persona». Certo, lo scheletro rivela analogie, ma che
simpatico volatile. Nemmeno vola, ma quanta tenerezza quelle alucce.
domenica 2 novembre 2014
[...]
Immaginate
d’essere ospite di un’anziana signora che vi infligge la tortura dei suoi album
di foto ingiallite, e su nessuna sorvola, e per ciascuna ha una parola, anzi
due, tre, quattro, perché è ciarliera oltre misura, devota assai all’uncinetto
del pettegolezzo. Pesanti tende un po’ tarmate, statuette di santi e di madonne
sotto campane di vetro, una lipsanoteca, un grammofono che gracchia in
sottofondo, e lì, sul tavolo, il bicchierino di rosolio che vi ha offerto con
un piattino in cui ci sono tre biscottini, su un centrino. Storie su storie, in
cui ovviamente è al centro anche quando i fatti l’hanno appena sfiorata, e facce,
nomi, ninnoli, manie ed idiosincrasie, e che tette aveva, quand’era giovane, e
quanti giovinotti l’hanno ingroppata – increspa le labbra vizze sulle quali il
rossetto s’aggruma a forma di cuoricino – e poi la carrellata di chi le ha
baciato la mano (tutti gran signori) e quella di chi non le ha ceduto il posto sul filobus (rozzi villani, tutti), e mammà ch’era una gran donna, e papà ch’era
un gentiluomo come non ce ne sono più…
Questa,
più o meno, la sensazione che si ha leggendo La virtù dell’elefante di Paolo Isotta (Marsilio, 2014), libro
pletorico, tristissimo, noioso e, quel che è peggio, zuppo d’ammicchi, sospiri
e improvvisi allucchi. Un chiattillo invecchiato male, si direbbe.
sabato 1 novembre 2014
In dubio pro reo
Credo
di aver capito che la sentenza che manda assolti quanti erano a vario titolo
imputati per la morte di Stefano Cucchi abbia come cardine d’argomentazione l’art.
530 c.c.p., al coma 2: «Il giudice pronuncia
sentenza di assoluzione anche quando manca, è insufficiente o è contraddittoria
la prova che il fatto sussiste, che l’imputato lo ha commesso, che il fatto
costituisce reato o che il reato è stato commesso da persona imputabile».
In pratica, se ho capito bene, il giudice, che poi è il solo legittimato a dare
un peso alle prove prodotte dall’accusa, le ha considerate insufficienti e ha
deciso per l’assoluzione. Non ha importanza cosa pensi io di questa sentenza, pongo
solo una domanda: chi si dice garantista non dovrebbe apprezzare che sia stato applicato
il principio per il quale in dubio pro
reo?
Sia ben chiaro che non
metto in discussione quanto d’altronde è autoevidente – un uomo è entrato vivo
in carcere e ne è uscito morto, qualcuno dev’esserne responsabile, almeno per
condotta omissiva – quello che mi preme sottolineare è il fatto che la
responsabilità penale è personale e che per accertarla in modo inequivocabile è
necessario che se ne riesca a produrre prova certa nel corso del processo. In
questo caso, il giudice ritiene che quella prodotta non sia certa, e assolve:
dov’è lo scandalo? Visto che della morte di Stefano Cucchi è altissimamente
probabile che la responsabilità sia da addebitare ad uno o a più d’uno degli
imputati, avrebbe dovuto condannarli tutti? Solo alcuni o almeno uno? E chi?
Sulla base di quale prova, se nessuna di quelle prodotte nel corso del processo
gli è parsa certa?
Alle più alte vette dell’espressione artistica...
Alle
più alte vette dell’espressione artistica si osserva non di rado un dato che
alle cime anche di poco inferiori per altezza quasi mai è dato osservare:
l’artista rinuncia a ogni rispetto per se stesso, se necessario, per farsi
semplice strumento della sua arte, come
a dimostrare che la sua vera vita, con quanto di prezioso ciascuno allega alla
propria, sia interamente trasfusa nella sua creazione. Poco al di sotto di
questi eccelsi livelli altimetrici troviamo l’artista che sa annullarsi, sì, ma
solo nel suo gesto creativo. Scendendo, poi, va sempre peggio, per giungere
alla quota dove l’artista è solito nutrire un gran rispetto per la propria
persona, spesso arrivando a farlo diventare un ossequioso culto che tributa a
se stesso, traendolo esclusivamente da
ciò che crea. Sia chiaro, anche a tali livelli l’arte può essere di
grande qualità e tuttavia la creazione artistica mancherà sempre di un’anima a
muoverla dal di dentro. D’altro canto, non è affatto detto che per essere
animata in questo modo l’artista debba necessariamente mettersi totalmente in
gioco fino allo sprezzo di se stesso. Ciò che intendo dire è che una
connaturata propensione ad annullarsi fino al sommo sacrificio, che per l’artista
sta nel ridursi a mero tramite di quel che vuole esprimere, rende l’opera d’arte
virtualmente sublime anche quando non è indispensabile pagare questo prezzo, e
tuttavia, se lo si paga, vuol dire che l’artista l’ha considerato necessario, e
con ciò stesso la sua creazione tocca il sublime.
Convince?
No, eh? Vabbe’, io ci ho provato. Era per presentarvi questo mio acrilico su
tela (180 x 180 cm - 2014) – lo so, sembra una foto, ma è che io sono di scuola iperrealista – che
vuol comunicare a chi lo osserva quanto di malsano ci sia in un selfie, in ogni
selfie.
giovedì 30 ottobre 2014
Non ha prezzo
Luciano
Canfora dice che «il tiranno è […] una
creazione politico-letteraria», e che, «quando
il suo potere si rivela durevole, si deve realisticamente riconoscere che ha
dalla sua un pezzo più o meno grande, talvolta molto grande, della società»,
e che «dunque il problema è di
sconfiggerlo politicamente, non di abbattere quella singola persona»,
perché «il tirannicidio è, a ben vedere,
un sottoprodotto del culto della personalità, della spropositata
ipervalutazione di un’unica persona, dalla quale verrebbe o tutto il bene o
tutto il male» (Il presente come
storia, Rizzoli 2014 – pagg. 47-48). Non gli si può dar torto, ma credo
sottovaluti l’aspetto etico-estetico del ficcare una spanna di lama nella
pancia di un prepotente: c’è chi prenderà il suo posto, se è della tirannia che
la società non può proprio fare a meno, questo è vero, ma spegnere su quella faccia,
che quasi sempre è un’invereconda faccia di cazzo, la mimica della sprezzante alterigia,
della beffarda strafottenza e della sorda arroganza – come si dice – non ha
prezzo.
Il registro dei brevetti
Qualche
giorno fa, nella cartella della mailbox in cui mi arrivano gli avvisi dei
commenti ai post, ne trovo uno a Tra gufo
e allocco, che è di quasi due mesi fa, col quale un gentile anonimo presume
di farmi cortesia segnalandomi che «oggi [è
il 26 ottobre] il foglio di giuliano
ferrara ha ripreso la tua metafora dei gufi e degli allocchi». È un
commento che mi infastidisce e mi imbarazza, e il fastidio nasce dal non capire
esattamente cosa voglia dar per implicito il messaggio (dovrei menarne vanto? dovrei
lamentare un furto?), mentre l’imbarazzo nasce dall’esitazione a ferire la
sensibilità di chi probabilmente ha creduto di farmi un favore col dirgli che
basterebbe un minimo di confidenza con la letteratura italiana per sapere che quel
combinato metaforico è vecchio di almeno quattro secoli (Giulio Cesare Croce) e
ripetutamente ripreso in quelli successivi (Ugo Foscolo, Ippolito Nievo, Aldo
Palazzeschi, Achille Campanile, Giovanni Guareschi), anche nei punti in cui la
letteratura si fa sciatta (http://www.barzellette.net/4895.htm).
Decido
per la pubblicazione del commento senza alcuna risposta, e dimentico la cosa,
per pentirmene un poco solo oggi, oggi che Il
Foglio segnala ai suoi lettori che Antonio Polito ha ripreso la sua metafora dei gufi e degli allocchi in
un editoriale apparso l’altrieri sulla prima pagina del Corriere della Sera. Mi pento di non aver preso spunto dal commento
del gentile anonimo per un post sulla fessaggine di chi vanta la paternità di
un ritrovato retorico come di nuovo conio, ma sarebbe stato un post
lunghissimo, perché per dimostrare che anche il fortunato espediente
linguistico in fondo non è che un fortunoso riscoprirlo, al meglio ripulendolo,
avrei dovuto produrre una congrua quantità di esempi, dalle brillanti arguzie di
tanti editorialisti che arrivano in pagina dalle garzantine di motti e sentenze,
fino a certe esplosive battute che sul web fanno venire a galla migliaia di like come quando si pesca con le bombe
di profondità. Ma ne sarebbe uscito un saggio, per giunta deprimente. Resti l’esortazione all’umiltà: prima di correre a brevettare l’invenzione, sfogliamo il registro
dei brevetti.
mercoledì 29 ottobre 2014
[...]
Qui
sotto ho riportato i 100 punti in 100
giorni che erano il programma elettorale di Matteo Renzi da candidato a
Sindaco di Firenze nel 2009 (a 100 giorni dall’elezione ne erano stati realizzati
solo 3, mentre al momento in cui lascia Palazzo Vecchio per Palazzo Chigi, 1.608
giorni dopo, ne erano stati realizzati solo 25, secondo alcuni solo 21, secondo
altri solo 16). Tutto sommato importa poco che promettesse molto più di quanto
sarebbe riuscito a fare, in fondo ogni candidato esagera – tutto sommato
importa poco pure se in buona o in cattiva fede – perché il prezzo da pagare, nel
caso non riesca a mantenere gli impegni, è sempre irrilevante. Quello che
importa, invece, è lo stile: a posteriori, il documento è un vero e proprio
uovo di serpente. «Pochi, ma buoni», «facce nuove», «cabina di regia», «stop», «basta
chiacchiere», «cambiare», «signori, si cambia», «radicale cambiamento», «rivoluzione
totale», «nuova stagione», «irrompere nel futuro», «pronti? via!», «cento
giorni», «legge speciale», «allargare il centro» – polivitaminici scaduti, tossici.
100 punti in 100 giorni
1.
Pochi, ma buoni. Faremo una giunta di sole dieci persone, con cinque uomini e
cinque donne. Il risparmio delle indennità confluirà nel fondo di cui al punto
59.
2.
Facce nuove in Palazzo Vecchio: non sarà possibile nominare persone che abbiano
già fatto gli assessori in due mandati. Bisogna avere il coraggio di cambiare
davvero, non solo negli slogan.
3. Una questione di merito: alla guida delle aziende pubbliche saranno nominate
professionalità indipendenti, a prescindere dalla tessera di partito.
4.
Servizi alla persona. Riduzione delle attuali quattro aziende per i servizi
alla persona a una sola. Il risparmio di indennità confluirà nel fondo di cui
al punto 59.
5.
Palazzo aperto. Il Sindaco stabilirà il mercoledì mattina come giorno di
ricevimento dei cittadini.
6.
La scuola è il futuro. Il Sindaco – per tutto il primo anno di mandato –
visiterà una volta alla settimana una scuola cittadina. Nella crisi educativa
che stiamo vivendo, la scuola va sostenuta e incoraggiata. Non dimenticata.
7.
Cambiare il modo di cambiare. La macchina amministrativa comunale subirà una
immediata riorganizzazione entro i primi cento giorni, in nome dell’efficienza
e del merito.
8.
Pronti? Via! Trenta dipendenti pubblici selezionati con bando si muoveranno
quotidianamente nei vari quartieri per segnalare piccoli interventi (buche,
scritte sui muri) e per garantire una risposta entro 48 ore da parte
dell’Amministrazione.
9.
Prevenire è meglio che sanzionare. Non sarà più possibile per “i vigilini” fare
le multe, ma saranno impiegati in funzione di segnalazione e antidegrado. Per
le multe bastano i vigili…
10.
Segui la multa. Su Internet saranno pubblicate le cifre delle contravvenzioni e
il loro utilizzo per rendere trasparente l’operato dell’Amministrazione coi
soldi del cittadino.
11.
Prezzi chiari, tempi certi. Una volta alla settimana gli uffici tecnici
scriveranno in modo chiaro un punto della situazione reso pubblico (anche via
email a chi ne farà richiesta) sullo stato di avanzamento di tutti i cantieri
aperti.
12.
Una nuova stagione di responsabilità. Chi sbaglia un’opera pubblica deve
pagare. L’Amministrazione si costituirà parte civile in tutti i procedimenti
giudiziari.
13.
Stop al degrado. Subito una grande campagna perché torni il piacere di
mantenere Firenze pulita: forte momento informativo iniziale e poi durissime
sanzioni per chi sbaglia.
14.
Niente alibi per chi sporca. Raddoppieremo nei primi cento giorni cestini,
posacenere e bagni pubblici.
15. Il buon esempio. L’Amministrazione stabilirà
un protocollo di intervento per dare per prima l’esempio. Semplificazione della
cartellonistica, razionalizzazione delle transenne, certezza dei tempi di
intervento.
16.
Ripartire dalla Zeta. Modifica entro i primi cento giorni della disciplina
della ZTL. Rivoluzione totale dell’attuale impostazione della ZCS.
17.
Crediti di mobilità. L’accesso alla ZTL di mezzi commerciali sarà ottimizzata
sul modello dei “crediti di mobilità” attualmente in vigore a Genova.
18.
Un segnale non un sacchetto. All’ingresso della ZTL posto degli attuali
cartelli – talvolta coperti da sacchetti della nettezza – metteremo segnali
luminosi che spieghino se si può entrare o meno.
19.
Rendi semplice il parcheggio. Il parcheggio costituisce oggi una delle maggiori
cause di perdita di tempo dei fiorentini. Un’unica azienda per la sosta
(anziché la frammentazione di aziende di oggi, alcune delle quali addirittura
col bilancio in rosso) e una carta dei servizi per il cittadino consumatore.
20.
Progetto per Novoli. Il trasferimento dell’Università e il futuro spostamento
del Palazzo di Giustizia e della Cassa di Risparmio impongono un particolare
occhio di riguardo e la presentazione entro i primi 100 giorni di un progetto
Novoli che comprenda anche la soluzione dell’occupazione della scuola di Viale
Guidoni.
21.
Un gesto di rispetto. Eliminazione del parcheggio a pagamento presso le
strutture ospedaliere. La città deve promuovere un gesto di rispetto verso i
malati e le persone che li vanno a trovare. Non chiedere un esoso pedaggio.
22.
Viva la mamma. Permessi temporanei a tutte le donne in stato interessante o con
bambini fino a due anni, con un contrassegno particolare per l’ingresso in ZTL
e per il parcheggio libero.
23.
Seri con noi stessi. Revisione e controllo dei permessi di invalidità.
24.
Cittadino avvisato… Infomobilità: sperimentazione di informazioni aggiornate
ogni tre secondi su navigatori satellitari, pensiline, automezzi, pannelli a
messaggio variabile. Programma di informazione sul traffico in tempo reale.
Nuova centrale di controllo del traffico.
25.
Semafori intelligenti. Presentazione del progetto di gestione semaforica
intelligente sulla base della situazione del traffico. Presentazione del
cronoprogramma per sostituire le lampade di semafori e lampioni con LED.
26.
Paline parlanti. Presentazione del programma dei lavori per sostituire le
paline presenti alla fermata dell’ATAF con strutture innovative e tecnologiche
sul modello di Parigi.
27.
Signori, si cambia. Radicale cambiamento delle linee ATAF come proposto dal
progetto della Provincia di Firenze attualmente in fase di consultazione coi
cittadini. Meno linee lunghe, meno mezzi in strada, più puntualità delle corse.
28.
Sul bus solo con il biglietto. Introduzione dei verificatori del biglietto a
terra. Non vogliamo più vedere il cittadino onesto pensare: “Ma sono l’unico a
pagare il biglietto qui dentro?”
29.
Uno scambio alla pari. Presentazione del piano operativo per rendere gratuiti i
parcheggi di scambio in connessione con l’abbonamento al trasporto pubblico
locale.
30.
Non c’è da spostare la macchina. Inizio della sperimentazione del lavaggio
delle strade senza bisogno di spostare la macchina, sul modello attualmente in
vigore a Milano.
31.
Fai sparire il cassonetto. Presentazione della tempistica dell’interramento dei
cassonetti, ma dando certezza con l’indicazione delle date effettive e delle
scadenze (se ne parla da anni, ma non si è ancora fatto).
32.
Stazioni ecologiche. Essere virtuosi nella raccolta dei rifiuti è importante.
Ma in alcuni casi è impossibile senza l’organizzazione di nuovi centri di
raccolta per rifiuti ingombranti o di difficile smaltimento.
33.
A BI CI. Abc di ogni intervento è una valorizzazione della bicicletta come
possibilità reale di mobilità alternativa. Presentazione degli interventi di
Bike sharing, di manutenzione e miglioramento delle rastrelliere.
34.
A posto le piste. Presentazione della riqualificazione delle piste ciclabili ad
oggi maggiormente dissestate. Presentazione dei nuovi interventi previsti nei
cinque anni di mandato.
35.
Stretta la via, larga la Banda. Completamento della copertura di Firenze con la
Banda Larga per Internet. Copertura con sistema wireless del Parco delle
Cascine e di dieci piazze nei primi cento giorni. Aumento delle informazioni
del Comune e delle Associazioni attraverso la web-tv tematica “Florence TV”.
36.
Sì alla residenza, no alla rendita. Presentazione di un modello sperimentale di
“Agenzia dell’alloggio” – realizzata con le associazioni del settore – per
favorire incontro di domanda e offerta, garantire proprietari e inquilini,
ridurre il numero degli alloggi sfitti.
37.
La bottega è il luogo del futuro. Una bottega aperta dà sicurezza. Una bottega
tipica valorizza l’appartenenza a Firenze. Affitti calmierati per chi vuole
restare in centro senza avere canoni di locazione troppo alti. Agevolazioni
fiscali per i proprietari di immobili che valorizzano il commercio.
38.
Piano speciale per i mercati. Atto d’indirizzo approvato in Giunta Comunale con
gli interventi puntuali su tutti i mercati cittadini. Tempistica precisa e
verificabile.
39.
Mettersi in ascolto di chi non sente. Dotazione agli uffici di apparecchi DTS
per sordi (URP).
40.
Edilizia residenziale pubblica: sbloccare il contenzioso Comune/Regione e
liberare le risorse attualmente bloccate per le ristrutturazioni e per i nuovi
alloggi.
41.
Cose in comune. Organizzazione di un sistema per mettere al servizio dei
cittadini auto, furgoni e parcheggi dell’Amministrazione Comunale in una logica
di car sharing. Perché quello che è del Comune è dei cittadini.
42.
Una legge speciale per Firenze. Se ne parla da anni. Alcune forze politiche
l’hanno proposta, autorevoli Ministri l’hanno pubblicamente promessa.
Mettiamoli alla prova! Presentazione della legge speciale fatta da quattro
articoli: creazione dell’anello Barberino-Incisa così da liberare il tratto
Firenze Nord-Firenze Sud dal traffico e dallo smog, interventi sui beni
culturali, recupero dei contenitori dismessi, agevolazioni fiscali per
interventi a Firenze fino al 2012. E vediamo chi è di parola.
43.
Una per tutti: Firenze Holding spa. Un’unica struttura per le aziende
partecipate, senza doppioni inutili e con vantaggi fiscali e di mobilità dei
dipendenti.
44.
Parallela è più semplice. Girare la pista per non far atterrare sulla testa dei
cittadini di Peretola, Brozzi e Quaracchi è l’unico modo per diminuire
l’inquinamento acustico e migliorare la funzionalità dello scalo. Non sarà mai
un hub internazionale, ma perché atterrare sulla testa della gente?
45.
Alta velocità. Presentazione nei primi cento giorni del piano di gestione della
fase di transizione tra la conclusione dei lavori nella tratta Bologna-Firenze
e la realizzazione complessiva dell’Alta Velocità.
46.
Binario Metropolitano. Alla luce del punto 45 predisposizione immediata di
concerto con la Regione Toscana di un piano di sfruttamento immediato delle
stazioni.
47.
Irrompere nel futuro. L’ambiente è la grande priorità politica del futuro. Nei
primi cento giorni approveremo la Green Card di Firenze, un atto di indirizzo
della Giunta con gli interventi previsti: modifica del regolamento edilizio per
agevolare il risparmio energetico e l’impiego di fonti rinnovabili per
riscaldamento, raffreddamento, produzione acqua calda, illuminazione.
Sostituzione dei rubinetti continui negli uffici pubblici. Termovalvole negli
ambienti pubblici. Piano di installazione dei pannelli fotovoltaici. Incentivi
sulla TIA per aumentare la differenziata. Pannelli solari termici negli
impianti sportivi. Monitoraggio telematico dei consumi sul modello di San
Francisco. Individuazione dell’Energy manager. Seguiremo il progetto della
Provincia per recuperare energia dalle briglie sull’Arno.
48.
Veicoli elettrici. Colonnine per la ricarica dei mezzi elettrica associate a
pensiline fotovoltaiche.
49.
Sede RAI. Presentazione nei primi cento giorni del progetto di riqualificazione
della sede RAI, oggi largamente sotto utilizzata: innovazione culturale,
intrattenimento, futuro.
50.
Allargare il centro. Presentazione nei primi cento giorni di un progetto di
rilancio di Piazza Beccaria. Passaggio alla parte esecutiva del progetto su
Sant’Ambrogio di Cassa di Risparmio e Camera di Commercio. Apertura di una fase
di confronto coi cittadini della zona.
51.
Il futuro è viola. Basta chiacchiere, si decida: indicazione definitiva entro
la prima giornata di campionato 2009/2010 della sede in cui l’Amministrazione
propone la realizzazione della Cittadella Viola. Particolare attenzione sarà
dedicata non solo alla qualità del nuovo stadio ma anche al parco a tema
proposto dalla Fiorentina.
52.
Campo di Marte. Presentazione contestuale del progetto di riqualificazione
della zona del Campo di Marte partendo dalla Stazione e dallo stadio.
53.
Tapis roulant. Predisposizione del progetto preliminare per la creazione di due
tapis roulant: una tra la Fortezza e la Stazione Firenze Santa Maria Novella;
uno tra la Stazione di Rifredi e Piazza Dalmazia.
54.
Progetto Oltrarno. Approvazione di un atto di indirizzo in Giunta Comunale:
valorizzazione artigianato, modifica percorsi turistici e culturali,
valorizzazione patrimonio ecclesiastico, presidio sicurezza in Piazza Santo
Spirito, cronoprogramma parcheggio sotterraneo Piazza del Carmine,
miglioramento della qualità della vita notturna, collaborazioni con vivace
associazionismo locale.
55.
Tramvia. Verifica del Lotto 2 e Lotto 3 della Tramvia per evitare gli
ingiustificabili ritardi dei lavori sul Lotto 1. Verifica contabile della parte
economica e della bigliettazione minima garantita. Verifica tecnica della
fattibilità dei tracciati proposti.
56.
Housing sociale. Atto d’indirizzo sull’utilizzo di questo innovativo strumento
per la residenza.
57.
Largo ai veri giovani. Presentazione del progetto operativo di azzeramento in
due anni delle liste d’attesa degli asili nido. Esplicita previsione
dell’utilizzo di strutture attualmente occupate abusivamente per ricavare spazi
per asili nido.
58.
La famiglia pilastro della società. Realizzazione di una carta dei diritti del
bambino-cittadino. Interventi fiscali a sostegno delle famiglie con figli.
Cronoprogramma degli interventi in ludoteche e in spazi per bambini. Programmi
ad hoc per far conoscere ai nostri bambini la vertiginosa storia di Firenze.
59.
Fondo di garanzia per 100 giovani coppie. Finanziato coi risparmi di cui al
punto 1 e al punto 4 costituzione di un fondo per garantire i mutui e riportare
in città cento giovani coppie residenti fuori dai confini comunali.
60.
Come ti cambio il viadotto. Progetto di riqualificazione delle due porte
d’accesso alla città attualmente non concluse: Viadotto del Varlungo, Viadotto
dell’Indiano.
61.
Contro la crisi. Istituzione di una cabina di regia guidata dal Comune contro
la crisi economica con le associazioni di categoria e gli istituti di credito
presenti sul territorio.
62.
L’Arno. Protocollo d’intesa con tutti gli enti interessati per chiarire
responsabilità e competenze. Approvazione progetto Riva Destra. Interventi
sulle sponde di vivibilità. Primi eventi già nell’Estate 2009.
63.
Le Cascine. Recupero centimetro dopo centimetro del nostro parco più bello del
mondo. Sblocco della struttura di gestione del Parco. Intervento sull’Anfiteatro.
Atto d’indirizzo sulla messa in sicurezza e sulla riqualificazione. Non saremo
credibili su nessun altro progetto sui parchi se prima non ci riprendiamo le
Cascine.
64.
Ma la notte sì. Approvazione in Giunta di un atto d’indirizzo sulla notte in
città. Spazi di libertà aperti alla cittadinanza. Apertura delle biblioteche
prolungata fino alle 24. Apertura notturna di una chiesa ogni sera e di un
museo diverso ogni sera. Coinvolgimento del sistema teatrale fiorentino attivo
e dinamico.
65.
M’illumino più intenso… Concorso per realizzare un diverso piano di
illuminazione, efficace per la sicurezza, esteticamente valido, sull’intero
territorio cittadino. Al piano luci sarà collegato un piano colori innovativo
ma rispettoso della tradizione fiorentina.
66.
La sicurezza valore primario. Trasporto pubblico notturno, comandi distaccati
in tutte le periferie sul modello di Brozzi, presenza di iniziative e
associazioni nelle piazze e per le strade.
67.
Solidi e solidali: i nonni fiorentini sono una ricchezza per questo territorio.
Sono fondamentali sotto il profilo economico e logistico per la vita delle
famiglie. Valorizzazione dell’apporto degli anziani e dell’associazionismo ad
essi collegato. Atto d’indirizzo in giunta per il rafforzamento dei centri
anziani.
68.
Passaporto studentesco. Istituzione della carta dello studente, fiorentino,
italiano e straniero, con i diritti e i doveri dei nostri ragazzi. Possibilità
di sconti sul trasporto e sui musei a fronte di un atteggiamento di rinnovata
responsabilità.
69.
Nessuno si senta escluso. Presentazione di un atto di indirizzo in giunta
comunale per rafforzare gli strumenti dell’associazionismo, d’ispirazione laica
e religiosa, per contrastare il dramma della solitudine in una logica di
sussidarietà.
70.
Società della Salute. Verifica del funzionamento della Società della Salute,
coinvolgendo l’associazionismo e le professionalità coinvolte in un momento di
confronto pubblico entro settembre 2009.
71.
Welfare e sussidiarietà. Apertura di una fase di ascolto delle centinaia di
associazioni operanti sul territorio e costruzione del Bilancio 2010 sul
Welfare in una logica di partecipazione. Forte valorizzazione del principio di
sussidiarietà.
72.
Sulle strade. Campagna di comunicazione rivolta ai più giovani sulla sicurezza
stradale unita all’informazione corretta sulle conseguenze dell’uso di sostanze
e dalle previsioni di navette discobus. Coinvolgimento dei gestori dei locali.
73.
Stati generali dello sport. Lo sport a Firenze è ricco di società, di progetti,
di persone con grandi qualità; è un po’ meno ricco di soldi e di strutture.
Entro i primi cento giorni convocheremo gli Stati Generali dello Sport
fiorentino per valorizzare il lavoro di migliaia di volontari appassionati e
tenaci.
74.
Giornata del fiorentino. Presentazione del progetto per far entrare una volta
al mese i cittadini gratuitamente nelle strutture del Polo Museale e di Palazzo
Vecchio.
75.
Leonardo Card. Presentazione del progetto per la card unica per i turisti,
comprendente anche i musei statali e le modalità di gestione del trasporto
pubblico.
76.
Belli e accoglienti. Semplificazione delle strutture territoriali che si
occupano di promozione. Presentazione di un atto di indirizzo con la
segmentazione dell’offerta specie per periodi di bassa stagione. Piano di
rilancio del turismo congressuale.
77.
2012 Vespucci. Costituzione del comitato promotore per l’Anniversario dei 500
anni della morte del fiorentino che ha battezzato il nuovo mondo: Amerigo.
Iniziative rivolte in modo particolare al pubblico americano, turistico,
universitario, economico, culturale.
78.
2019 Leonardo. Costituzione del comitato promotore per l’Anniversario dei 500
anni della morte di uno dei più grandi geni dell’umanità: Leonardo. Iniziative
rivolte in modo particolare alla comunità scientifica internazionale per tenere
un segno permanente a Firenze di questa celebrazione.
79.
La porti un bacione. Creazione di un programma ad hoc. Coinvolgimento dei
fiorentini che non abitano più a Firenze, dei fiorentini in Eramus e degli
studenti stranieri che fanno l’Erasmus a Firenze. Valorizzazione degli studenti
stranieri che lasciano Firenze come ambasciatori della bellezza della città nel
mondo.
80.
Pazze Piazze. Realizzazione nell’Estate 2009 del progetto di animazione delle
piazze cittadine per chi rimane in città.
81.
Vola al cinema. Atto di indirizzo in Giunta per i cinema del centro storico e
realizzazione di un filmato da proiettare al mattino per i turisti dove
illustrare la bellezza di Firenze.
82.
Il percorso di footing più bello del mondo. Realizzazione di un percorso di
footing di circa un’ora tra le meraviglie della nostra città. Per turisti e
residenti.
83.
San Lorenzo. Atto d’indirizzo che istituisca un itinerario ad hoc che colleghi
il Palazzo Medici Riccardi, la nuova Galleria delle Carrozze, via Ginori e la
via Taddea di Pinocchio, lo spazio di Sant’Orsola in questa fase di rilancio,
il rilancio del Mercato Centrale, la Basilica di San Lorenzo, le cappelle
Medicee e il rientro in Palazzo Medici.
84.
Sant’Orsola. Conclusione dell’iter di accordo con il Demanio. Via libera
tecnico ai lavori. Previsione del Liceo Artistico, di atelier per artisti
contemporanei.
85.
Luce sulla sinagoga. Illuminazione pubblica e innovativa di tutta l’area della
Sinagoga di Via Farini in funzione di sicurezza ma soprattutto per consentire
il godimento anche da lontano del luogo di culto.
86.
I convegni di Firenze. Presentazione di un’iniziativa internazionale sui temi
della laicità nel mondo. Sostegno alla proposta di creare a Firenze la “Davos
dei Beni Culturali”.
87.
L’Università. Presentazione di un atto di indirizzo nei primi cento giorni per
coordinare gli interventi sugli alloggi per studenti, la logistica specie dei
nuovi poli, gli eventi per promuovere la presenza di studiosi, la
collaborazione istituzionale tra Città e Ateneo.
88.
Chi più ne ha più ne metta. Bando di concorso annuale per raccogliere idee dai
cittadini, che liberino il talento e l’ingegno dei fiorentini e che rafforzino
il senso di un rapporto proficuo.
89.
Ah, che bello caffè! Atto di indirizzo con previsione di incentivi fiscali e
vantaggi economici per chi intende aprire caffè letterari o filosofici.
90.
Pari opportunità davvero. Percorsi odorosi con passeggiate per non vedenti alle
Cascine; modellini tattili costruiti in collaborazione con la Facoltà di
Architettura per chi la bellezza può soltanto toccare; aree di sosta per camper
con protocollo d’accoglienza per diversamente abili.
91.
La Fortezza. Acquisto dal Demanio e atto di indirizzo per effettuare lavori
semplici, rapidi e rispettosi delle attività già preventivate. Forte spinta sul
settore congressuale.
92.
Forte Belvedere. Organizzazione dei primi eventi nell’Estate 2009, dopo la
completa verifica sulla sicurezza.
93.
Fondazione Palazzo Strozzi. Presentazione del programma verso il 2015,
anniversario dell’Unità d’Italia. Valorizzazione del contributo economico del
privato.
94.
Distretto dell’innovazione nei beni culturali. Presentazione del progetto di
valorizzazione del settore dell’innovazione tecnologica nella gestione dei beni
culturali finalizzato a creare in due anni 500 posti di lavoro. Firma di un
protocollo d’intesa tra il Comune e l’Opificio delle Pietre dure per rafforzare
il ruolo di questa Istituzione punto di riferimento mondiale nel settore del
restauro.
95.
Musica, Maestro! Censimento di una serie di spazi dove valorizzare la musica
come forma di comunicazione: portare il Maggio formazione nelle piazze,
liberare sale per i ragazzi che suonano, valorizzare la Filarmonica Rossini e
in genere le bande.
96.
Firenze, città scientifica. Atto d’indirizzo di Giunta che colleghi la rete dei
musei scientifici fiorentini, gli incentivi per gli studenti che scelgono di
seguire materie scientifiche e le iniziative di promozione correlate, con
particolare riguardo alla ricerca e al polo tecnologico di Sesto Fiorentino.
97.
Festival della creatività. Collaborazione con Regione Toscana per fare
diventare questo appuntamento sempre più internazionale, specie nel 2009 anno
della creatività. Valorizzazione di eventi che attirino pubblico e rafforzino
identità sul modello delle Lezioni di Storia all’Odeon.
98.
Il migliore amico dell’uomo. L’uomo sia amico del cane. Sì a un canile a
Firenze, sì ad aree attrezzate per cani. Ma il padrone del cane sia amico di
tutti, partendo da bambini e disabili: multe severe per chi non pulisce gli
escrementi, rispetto rigoroso degli spazi per bambini.
99.
La casa delle culture. Individuazione di uno spazio per valorizzare la presenza
in Firenze di comunità straniere. Percorsi di confronto, condivisione, scambio.
Percorsi formativi sulla storia di Firenze e corsi sull’identità fiorentina.
100.
Gemelli davvero. Delibera d’indirizzo di interventi concreti sui gemellaggi
fiorentini perché siano occasioni di arricchimento economico e culturale e non
gite istituzionali. Particolare coinvolgimento delle scuole superiori.
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