È
assai probabile che l’Italicum
passi alla Camera, e le probabilità aumentano col contingentamento
degli interventi cui si ricorrerà nel caso in cui la discussione in
aula slitti davvero di una settimana, come sembra nelle intenzioni di
Matteo Renzi, che pensa, e a ragione, di poterla utilizzare anche per
far cambiare idea a qualche deputato della minoranza interna del
Partito Democratico, che d’altronde
è assai poco compatta e ha già dato numerose prove di ambiguità
morale prima che politica verso il segretario del partito, oltre che
per raccattare consensi dalla fronda che in Forza Italia ha nostalgie
per il Patto del Nazareno, così sfruttando a suo vantaggio
l’eventualità
di un voto segreto.
Matteo Renzi, dunque, non ha torto nel sentirsi
relativamente sicuro che il mostro sarà infine partorito: nelle sue
smargiassate c’è
un bluff assai ben calcolato sull’evidenza
che i suoi avversari non hanno in mano carte forti. Certo, con una
straordinaria concordanza di eventi a suo sfavore potrebbe anche cadere
sul voto, e nel caso si trattasse di un voto di fiducia perderebbe
Palazzo Chigi, il che potrebbe pure ridimensionare in modo drastico
il suo peso all’interno
del suo partito, ma tutto questo, sulla base delle forze in campo, è
ipotesi che può coccolare solo chi pensa che Matteo Renzi sia un
mero accidente.
In realtà, si tratta del prodotto di una crisi della
democrazia che investe buona parte del mondo occidentale: se in
Italia assume il volto di un arrogante gradasso dai modi spicci, è
solo perché da noi la democrazia è sempre stata assai debole, tutta
formale, e a volte neanche. Un paese di merda merita per premier un
uomo di merda, tutto qui, e se è vero che le prove più dure
saggiano la reale natura di un popolo, rivelandone le virtù se ne
possiede, sennò portando a galla quello che nel fondo ha di peggio,
una crisi economica come quella che ha preso avvio nel 2008, ma che
si è solo limitata a rendere più esplicita ed acuta una debolezza
da decenni intrinseca al sistema, non poteva che generare tal genere
di mostruosità: l’ennesimo
avventuriero convinto di poter essere l’uomo
forte di cui il paese abbia l’inconfessato
bisogno.
Non a torto, occorre dire, perché, al netto della forza che
un borderline di questo tipo raccoglie a strascico gettando la sua
rete nel vasto mare del conformismo e dell’opportunismo,
e che in fondo non serve ad altro che a dargli una patina di
legittimità, il bisogno di essere guidati da un Uomo della
Provvidenza non risparmia le oligarchie che detengono il controllo
dell’economia,
con quanto ne consegue sugli strumenti che formano l’opinione
pubblica: bisogno che qui deriva dalla nota consuetudine a ritenere,
non senza ottime ragioni, che quando l’Uomo
della Provvidenza torni d’impiccio,
pur pagando il necessario e dovendo perderci un po’
di tempo, si può sempre sacrificarlo, dandolo in pasto ad una plebe
adeguatamente resa feroce.
E dunque Matteo Renzi è forte, seppur di
questo genere di forza. Sull’approvazione
dell’Italicum
dice di voler scommetter tutto ed è molto improbabile che perda la
partita. Che poi la Corte Costituzionale, tra tre anni o cinque o
sette, sentenzi che l’Italicum
debba fare la stessa fine del Porcellum, con quanto nel frattempo
grazie all’Italicum
sarà stato possibile far rendita, questo è tutt’un
altro paio di maniche. Al più, darà soddisfazione a quanti fin
d’ora
segnalano i patenti punti di incostituzionalità del ddl che la
Camera approverà entro la fine di maggio.
Su cosa questa legge
elettorale cambierà nell’attuale
assetto politico e, ancor più, in quello istituzionale, soprattutto
col combinato disposto di un Senato non elettivo, non sarà il caso
di intrattenerci troppo: su queste pagine se n’è
già parlato e commentatori molto più autorevoli hanno espresso
analogo parere, per giunta con argomentazioni di incommensurabile
rilievo tecnico. Nemmeno varrà la pena di intrattenerci troppo su
cosa cambierà nella percezione che il cittadino avrà dello Stato,
perché il progetto di cui l’Italicum
non è che un passaggio appare evidente in ogni singola sfaccettatura
dell’azione di questo governo, dall’idea di depotenziare gli
organi collegiali attualmente operanti nella scuola per creare una
figura di preside che delle sue decisioni su studenti e corpo
insegnante risponda al Ministero dell’Istruzione come un prefetto
era tenuto a rispondere al Ministero dell’Interno nel Ventennio
fascista, fino al tentativo, in buona parte già riuscito, di avocare
al potere esecutivo buona parte delle naturali prerogative di quello
legislativo e di quello giudiziario: in sostanza, avremo un’Italietta
piramidale che per base avrà una soggezione grata delle eventuali
briciole che pioveranno da un vertice che tradurrà in arbitrio il
consenso.
In nome della stabilità del sistema, si dice, e
infatti cosa c’è di più solido di un sistema autoritario, finché
regge? Oppure, come pure si dice, ma qui per quell’irrefrenabile inclinazione
all’ipocrisia che è il sintomo più genuino dell’istinto
antidemocratico rintanato nelle più fetide nicchie della democrazia
formale, in nome della governabilità.
Il lavoro per demolire questo
costrutto sarà arduo e ingrato, lungo e senza certezza di buon
esito. Ci attendono decenni che imporranno prezzi enormi a chi oserà
mettere in discussione l’Italia che sta per prender forma da una
legge elettorale come quella sulla quale è chiamata a esprimersi la
Camera. Una sola è la certezza: se passerà l’Italicum, sarà
perché l’avrà votato un congruo numero di deputati del Partito
Democratico. Poco importa quanto saranno stati i dissidenti che alle
ragioni di opportunità avranno opposto quelle di principio, perché
vuol dire che saranno stati comunque irrilevanti: volontariamente
irrilevanti, poi, se sceglieranno di restare in un partito la cui
maggioranza sia stata capace di approvare una simile legge
elettorale. Il Partito Democratico, insomma, potrà comunque essere
considerato in blocco il peggior nemico della democrazia. Chiunque
l’abbia a cuore sarà moralmente e politicamente autorizzato ad
ogni mezzo utile per precipitarlo nell’infamia e nella rovina, e
allora ben vengano le iniziative strumentali della magistratura
cosiddetta politicizzata: chiuderemo un occhio se peccheranno di qualche sbavatura procedurale. A brigante – dura lex, sed lex –
brigante e mezzo.