Oggi
Michele Serra scioglie ogni dubbio su quanto ieri Massimo Cacciari
affidava alla penna di Ezio Mauro e ci costringe ad arrossire per
l’ingenuità di cui abbiamo dato
prova nel segnalare la patente
incongruità tra premessa
(«riforma maldestra»)
e conclusione («voterò Sì»):
non si trattava di un infortunio logico, ma di un «“clic”
psicologico». Bastava saper
leggere a dovere quel «non abbiamo la faccia per dire no»:
«Non abbiamo la faccia, noi sinistra, noi classe dirigente
del Paese, noi italiani senzienti e operanti tra i Sessanta e il
Duemila (e rotti) – spiega Michele Serra – per giudicare
con la puzza sotto il naso il lavoro di un governo di giovanotti
avventurosi e forse avventuristi. Dal riflusso in poi (dunque dai
primi Ottanta) la sinistra semplicemente ha smesso di esistere se non
come reazione stizzita al presente. [...] Ora la sola idea che
qualcosa accada è più convincente dell’idea che quella cosa possa
essere sbagliata». È
questo che «impedisce [a Michele Serra, ma anche a Massimo
Cacciari, come Michele Serra ritiene di poterci assicurare] di
essere antirenziano pur avendo, con Renzi, quasi zero in comune».
«Quasi», perché «il papà
di Renzi è la sinistra depressa» e
«la mamma della Boschi è la bicamerale». Insomma,
«c’è una ineluttabilità, nel renzismo, che da un lato
sgomenta, dall’altro chiede di compiersi per il semplice fatto che
più niente di davvero significativo si è compiuto, a sinistra, dopo
gli anni costituenti e quelli dell’avanzata operaia. Dal riflusso
in poi (dunque dai primi Ottanta) la sinistra semplicemente ha smesso
di esistere se non come reazione stizzita al presente».
Anche
qui sembra evidente una patente incongruità
tra premessa («quasi zero in
comune [con
Renzi]»)
e conclusione («la
sola idea che qualcosa accada è più convincente dell’idea che
quella cosa possa essere sbagliata»),
ma non faremo lo stesso errore di segnalarla come infortunio logico:
se nella sinistra dei Serra e dei Cacciari non è più la logica a
spiegare atteggiamenti e a motivare scelte, tutta l’attenzione
deve essere spostata a
quel «“clic”
psicologico» che
inibisce in conclusione ciò che in premessa parrebbe non aver ragione
di essere inibito. Siamo autorizzati – direi di più: siamo
obbligati – a spiegarci atteggiamenti e scelte di quella sinistra
non renziana che più o meno obtorto
collo
a Renzi finisce per dir sempre sì – quella che «se
l’avesse
fatto Berlusconi, saremmo tutti in piazza a manifestare»
– come manifestazioni cliniche di un vero e proprio disturbo
dell’adattamento
con evidenti segni di una sofferente capacità di giudizio. In
pratica, di una nevrosi.
«In
Renzi –
scrive Michele Serra – vedo
la nemesi della sinistra italiana: non esisterebbe, non si
spiegherebbe, se non alla luce della verbosa e presuntuosa impotenza
che lo ha preceduto e soprattutto lo ha generato».
Se è corretto attribuire a «nemesi»
il significato di punizione riparatrice, saremmo dinanzi a un Renzi
che la sinistra non renziana avverte come necessaria espiazione del
peccato di impotenza. Sul piano politico troverebbe sintomo
nell’inibizione
a un giudizio di merito su quello che Renzi fa, perché sarebbe pur
sempre qualcosa rispetto al niente di cui è stata capace la sinistra
negli ultimi trenta o quarant’anni,
ma allo stesso tempo troverebbe prognosi infausta per tutto ciò che
la sinistra ha inteso rappresentare fino a quando ne ha avuto gli
strumenti culturali. In tal senso, la sua sostanziale acquiescenza
alle tante decisioni politiche prese da Renzi che hanno segnato una
drammatica rottura rispetto alla tradizione culturale della sinistra
italiana andrebbe letta come ammissione di un fallimento strategico,
non tattico. La sinistra non renziana che vede nel renzismo il
Purgatorio necessario per mondarsi dalle proprie colpe è in realtà
già all’Inferno: non è chiaro quanto ne sia cosciente, ma di
fatto ammette che non le è possibile governare il paese attirando a
sé il Centro, ma solo facendosene attirare, per diventare in esso
irriconoscibile, pena l’esserne espulsa. Il Partito della Nazione è
già nei fatti: prim’ancora che nei maneggi con i verdiniani e i
cosentiniani, è tutto esplicito nel «“clic”
psicologico» di
Massimo Cacciari e di Michele Serra.