Il
default antropologico non ci preoccupa, anzi, riusciamo a farne
motivo di vanto, come di uno specifico che dia destino ad un
carattere, che ormai solo per comodità chiamiamo cattolico. In
realtà, il cattolicesimo – come blocco di potere, come corpo
dottrinario, come sistema culturale, come universo psicologico, come
cazzo vi pare – c’entra, sì,
ma solo fino a un certo punto: quando diciamo cattolico intendiamo
dire italiano, avendone l’idea di una
felice, irripetibile e mai abbastanza apprezzata sintesi di
due sudditanze che ci consentono di sentirci liberi nella permanente
fluttuazione dall’una all’altra.
Se non è chiaro, guardate le reazioni alla notizia che arriva
dall’Irlanda. Lasciate perdere
chi dell’essere nominalmente italiano – in questa occasione, ma non solo – si
vergogna in modo più o meno esplicito, più o meno cosciente, perché
a rigor di logica neanche può dirsi italiano se non va fiero della
merda che gli sta attorno e dentro: guardate gli altri, gli italiani
veri, quelli compresi nello spettro che va dal ritenere che
l’omosessualità sia un peccato,
una disgenesia o una perversione, sennò un mix, al concedere che non
sia niente di tutto questo, ma che comunque il matrimonio non le si attagli, tutt’al
più possa andar bene un surrogatuccio, e per piacere non parliamo di adozioni, ché invece di due babbi o di due mamme è meglio un babbo frocio e una
mamma lesbica, e «questa mica è
omofobia, i gay li trovo assai carini, ho pure un amico che è gay,
nel guardaroba ho pure una giacca di Dolce & Gabbana e riconosco
il genio di Leonardo da Vinci».
Sembra variegato, il blocco, e al punto da far venire pure qualche
scrupolo nel metterci dentro chi alla notizia che arriva dall’Irlanda
reagisce con un «vabbè, si sa che il
mondo va in malora, ma qui – da noi – mai» e chi, vabbè, forse
sarebbe è venuto il momento di pensare a «una legge giusta
ed equilibrata che garantisca pari diritti alle coppie omosessuali
[ma] non c’è bisogno [di usare il] termine “matrimonio”» (il
primo virgolettato riassume alla meglio i tweet di Roberto Formigoni,
il secondo è testuale, di Pierluigi Battista): via ogni scrupolo,
sono solo diverse sfumature dell’essere
italiano nel modo che sul “matrimonio” non ammette sia messo in
discussione chi ne abbia diritto e chi no. Ormai, per come girano
le cose, non ha più senso far distinzione tra un Formigoni e un
Battista più di quanto ne abbia farla tra chi neghi il pane a chi lo chiede e chi proietti dal balcone un ologramma a forma di brioche.