giovedì 22 novembre 2012

Bimbi e babbi


Bisogna piangere due volte per i bambini palestinesi, quando muoiono e quando no. Nel primo caso, infatti, muoiono da scudi umani. Anche i barbari dall’indole più beluina provvedono a proteggere i propri figli quando sono in guerra, anteponendo a tutto la loro sicurezza. Non i palestinesi, che a piangere i loro figli morti sono bravi come tutti i padri, ma a lasciarli per le strade quando piovono pietre e pallottole, a nascondere terroristi in condomini affollati di bambini, a piazzare un mortaio sul tetto di un asilo, be’, sono insuperabili. Prim’ancora dell’ammazzare una presunta spia senza concedergli la difesa in un processo, per appenderne il cadavere dietro un motorino e trascinarlo sull’asfalto delle vie di Gaza tra urla e sghignazzi, questo c’è di disgustoso nei palestinesi: usano i figli come materiale bellico, per lo più come sacchetti di sabbia accatastati attorno alla santabarbara, sennò tornano buoni coi loro corpicini straziati, dopo, per la propaganda. 
Piangerli quando muoiono, dunque, ma anche quando non muoiono, perché verranno educati per diventare uguali ai loro padri, e a loro volta padri, e dello stesso genere. Stringere in mano una pistola, a sei anni, sarà motivo di orgoglio, per il babbo e dunque per il bimbo, per il bimbo e dunque per il babbo. A entrambi andrà il sorriso compiaciuto di un capo di Hamas, che pure deve essere stato bimbo, pure deve aver avuto un babbo.

87 commenti:

  1. Non sai di cosa parli.

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    1. Stavo per cestinarti il commento, sai? Poi mi son detto: penserebbe di avermi messo in difficoltà, no, glielo pubblico. Ora tocca a te: dimostra perché non so di cosa parlo.

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    2. Sapevo che ti avrebbe irritato, ma certo non quanto il tuo post ha irritato me, al punto che pensavo non valesse la pena argomentare. A sangue freddo, tra mille cose che si potrebbero obiettare, ti dò un solo elemento. Ho bazzicato qualche paese arabo, compresa la Cisgiordania (ovviamente non la Striscia di Gaza), ed una delle prime cose che balzano agli occhi è che i bambini sono ovunque, incustoditi. E sono tantissimi. Giocano per strada, lontano da casa, nella sporcizia, con palle bucate, coi ferri rotti, con residui di giocattoli, con quello che trovano. Penso che il fenomeno sia proporzionato alla povertà della popolazione, indipendentemente che sia palestinese, araba, o altro. La Striscia di Gaza ha una delle più alte densità di popolazione del mondo ed una soglia di emergenza sociale allarmante. Quello è il modo in cui vivono, e la gente vive anche sotto i bombardamenti (beh non so se questo è vero per tutti). Che siano "usati come materiale bellico, per lo più come sacchetti di sabbia accatastati attorno alla santabarbara" è una stronzata immane, ed è un vecchio adagio usato dai falchi israeliani, alcuni dei quali dopo aver avuto modo di toccare con mano il dolore delle famiglie di Gaza hanno ritrattato, per lo meno questa assurda posizione. A riguardo c'è una interessante citazione in "Israele, Palestina" di Alain Gresh, che adesso non ho a portata di mano. Il resto del libro non ti piacerà. (Ho dovuto raccogliere tutto il mio self-control per scrivere questo, perché ti rispetto; ma quando scrivi di Israele-Palestina è davvero dura.)

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    3. Guardati questo.

      http://www.youtube.com/watch?v=Lr1NiHJEF_I&feature=player_embedded

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    4. Che ci vuoi fare Malvino, questi frugoletti si infilano proprio dappertutto.

      http://www.youtube.com/watch?v=vLNzgJsZWow

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  2. Scusi, ma dire "i palestinesi" non è esattamente come dire "gli ebrei"?

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    1. No, è come dire "gli israeliani".

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    2. Caro Malvino,

      mi sono perso: se è opportuno distinguere tra un attivista di B'Tselem ed un colono in Cisgiordania... perché mettere sullo stesso piano il militante di Hamas ed il professore ad Abu Dis ?

      écr.l'inf. (da Gerusalemme)

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  3. Mi sfugge il senso, essendo i palestinesi peggio dei "barbari dall'indole più belluina" (poiché non difendono il loro figli) allora va bene anche ammazzarli da piccoli?

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  4. Post agghiacciante ma che condivido in toto.
    Buona fortuna nel rispondere ai tanti che troveranno la cosa intollerabile, non riuscendo ad accettarla come fatto reale.

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  5. Ben poca cosa, rispetto ai comunisti, che i bambini se li mangiano....

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  6. 1)citando il Malvino di qualche anno fa, per una foto del genere se ne può trovare un'altra dello stesso segno che riguarda la controparte: anche dall'altra parte i bambini vengono cresciuti con la cultura dell'odio per il vicino e serviranno come bravi soldati nell'idf compiacendo le aspettive di papà e mamma che a loro volta servirono. senza che i suddetti babbi o mamme capiscano o facciano capire ai figli che la sicurezza si fonda necessariamente sulla costruzione di rapporti di vicinato non improntati all'occupazione di territori altrui e all'insediamento illegale (questa parola dovrebbe toccare le corde profonde di un ex radicale)di colonie, per non voler menzionare l'utilizzo di armi non convenzionali in territori densamente abitati e altre amenità varie che configurano il reato di crimine di guerra. La presa di coscienza che tu auspichi sembra mancare da entrambe le parti.
    2)quando sei costretto a vivere nella striscia di terra piu densamente abitata del pianeta è assai probabile che in caso di bombardamento indiscriminato in un centro abitato perdano la vita dei bambini (specie se costituiscono una quota ragguardevole di popolazione data la bassa aspettativa di vita). l'argomento dei bambini usati come sacchetti di sabbia è analogo a quello della minigonna in caso di stupro. d'altronde non credo che durante piombo fuso idf e apparati di intelligence abbiano tirato giù scuole e magazini di viveri dell'ACNUR per sbaglio.
    3)devi sicuramente essere inconsciamente consapevole (pardon per il bisticcio) dell'evidenza degli argomenti soprariportati se senti il bisogno esistenziale di pubblicare un post come questo, nel quale compi un'operazione di generalizzazione assolutamente fallace, utilizzando per di piu una foto (fonte, anno?)quale paradigma fondante un ragionamento che sembra piu che altro votato al tacitare la propria coscienza sbigottita di fronte ad un evidente crimine, commesso dalla parte che si è sempre sostenuta.
    4)tornando alla foto: potrebbe essere benissimo stata scattata ai Quartieri. anzi, no scusa il bambino è un pò troppo scuretto, indossa un maglione che pare uscito dalle immagini televisive degli anni '70. sarà forse questo il motivo della tua scelta di campo?
    Achille

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  7. Moni Ovadia,noto antisemita,interviene sul blog di Grillo con una rappresentazione della realtà palestinese assai diversa da quella che leggo in questo post. Non è la prima volta che Ovadia si pronuncia su questo tema,lo fa sempre con un tentativo importante e anche difficile di capire le ragioni degli uni e degli altri,perchè in quei luoghi si vive da troppo tempo una tragedia infinita e non se ne potrà mai uscire con la demonizzazione reciproca.
    Ecco,mi sento maggiormente in sintonia con questo tipo di approccio,più complesso e problematico,ma anche più costruttivo e utile:non credo ai mostri,caso mai alla disperazione che può generare mostri:da una parte e dall'altra.

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  8. "Moni Ovadia, noto antisemita..." è un incipit spiazzante, però il resto è giusto: c'è la disperazione, e quella genera mostri. Io mi sono limitato a tratteggiare una mostruosità, senza l'intenzione di stendere un trattato.

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    1. Moni Ovadia rivolge spesso critiche molto,molto dure alla politica che Israele porta avanti a Gaza,in Cisgiordania e-più in generale-nei riguardi dei Palestinesi tutti:l'ultimo suo intervento che ho citato,già molto deciso e chiaro,non era nemmeno dei più severi:con toni così,il rischio di essere bollato come antisemita,"anche" per Moni Ovadia,ci sta tutto,tranquillamente.
      "Moni Ovadia,noto antisemita" voleva essere ironico:non m'è venuto bene...

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  9. L'esibizione di bimbi a scopo di propaganda non è prerogativa dei "barbari" e "disgustosi" palestinesi ma anche dei civilissimi Malvino (17 novembre 2011).

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    1. Guardi, tesoruccio, che quel bimbo è stato esibito dal su' babbo: la foto non fa che documentarlo.

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    2. Guardi, amorino, che se uno esibisce la foto di suo figlio a un pubblico di sconosciuti per suscitare commozione, per riscuotere approvazione, per sollecitare la mozione degli affetti, per coinvolgere emotivamente una comunità, questa si chiama propaganda.

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    3. Uh, Gesù mio, non avevo capito a cosa si riferisse. Quella lei me la definisce "propaganda"? Ma lei sta veramente messo male. Non me ne voglia, ma non ho molto tempo da perdere con le sue rogne.

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  10. Si è mai interrogato (credo di sì) sul valore della vita? Per noi la vita è preziosa. Vale tanto, da queste parti.
    Ma vivere ammassati in una striscia di terra, vedere morire i propri compagni di giochi, vedersi la casa rasa al suolo da due ruspe secondo un diritto stabilito da un Dio alieno 2000 anni fa, camminare sperando di non imbattersi in un proiettile vagante e tante cose simili fanno precipitare il valore che diamo alla vita umana.
    Per cui anche un figlio può diventare carne da cannone, tanto ne faccio altri 5, tanto sarebbe morto comunque, tanto sarebbe vissuto demmerda, e tutta una serie di giustificazioni che il barbaro si dà.
    Credo che non ci sarà la pace prima di un po' di sana inflazione nell'economia delle vite palestinesi. Purtroppo i cordoni della borsa li tengono da un lato i simpatici e furbetti vicini, dall'altra una sedicente democrazia in mano a 4 coloni fanatici e straccioni.

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    1. Regge, il suo argomento regge. Ma non mette in discussione ciò che ho scritto, a meno che lei non vi abbia letto una condanna, che non c'era. Anzi, la pietà verso il bimbo aveva un'estensione pietosa al babbo.

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    2. infatti, la mia era solo amarezza per la mancanza di prospettive.

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  11. Bisogna piangere due volte per i bambini napoletani, quando muoiono e quando no. Nel primo caso, infatti, muoiono da scudi umani. Anche i barbari dall’indole più beluina provvedono a proteggere i propri figli quando sono in guerra, anteponendo a tutto la loro sicurezza. Non i napoletani, che a piangere i loro figli morti sono bravi come tutti i padri, ma a lasciarli per le strade quando piovono pietre e pallottole, a nascondere camorristi in condomini affollati di bambini, a piazzare una vedetta sul tetto di un asilo, be’, sono insuperabili.

    eccetera, eccetera

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    1. Chi non è convinto può sempre andarsi a guardare i video in questo post: http://bugiedallegambelunghe.wordpress.com/2012/05/07/ti-saturero-con-il-mio-sangue/

      in particolare: http://palwatch.org/main.aspx?fi=157&doc_id=6255

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    2. Usare il razzismo per giustificare il razzismo non rende il razzismo giustificabile.

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  12. Beh, io mi azzardo a dire che se i palestinesi avessero un loro stato, disponessero di uno degli eserciti più efficienti al mondo, di elicotteri, carri armati e droni, se avessero la possibilità di reagire militarmente alle aggressioni, di difendere i propri confini e impedire invasioni del loro spazio aereo, terrestre e marittimo, se avessero la possibilità di importare ed esportare merci, se esistesse un'economia locale palestinese e non dipendessero per l'80% da sussidi ...
    Ebbene, io penso proprio che se i palestinesi non vivessero nella realtà di merda in cui vivono probabilmente potrebbero evitare di usare i bambini come scudi umani(1), fotografarli con le pistole in mano e far convivere i terroristi con loro.

    (1) Accusa discutibile, Malvino, visto che di fronte ad attacchi con missili in una delle zone a maggior densità abitativa del mondo tutti diventano automaticamente scudi umani.

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    1. A me pare certo che, se davvero i palestinesi avessero una tale potenza militare, la strage sarebbe enorme da entrambe le parti. Mi pare incontestabile che 140 vittime (un terzo delle quali civili) su oltre 1500 incursioni indichino una densità di vittime per attacco estremamente bassa, possibile solo a due condizioni: l'estrema precisione degli attacchi e l'altrettanto notevole attenzione delle forze armate israeliane a limitarne la letalità. Ciò è possibile solo per effetto della sproporzione tra le forze in campo: in una guerra "vera" non ci si potrebbe permettere tutto questo autocontrollo.
      Altro fatto notevole: Hamas e le altre forze collegate cercano di fare il maggior numero possibile di vittime israeliane, e ne fanno relativamente poche proprio perché sono molto meno forti e gli israeliani dispongono di ottimi apparati difensivi. Insomma, questa sproporzione è la migliore garanzia per ridurre al massimo le vittime da entrambe le parti.

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    2. Beh, finora ha funzionato per garantire il minor numero di vittime da parte israeliana (si legga i bilanci finali di "Piombo fuso" ad esempio).

      Comunque lei non ha capito nulla del mio intervento, nè intendo stare qua a spiegarglielo. Provi a leggerlo in modo meno pedante e vedrà che ne capirà il succo.

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    3. Dato che sono pedante, ecco i numeri per l'operaizone Piombo Fuso: 2360 attacchi aerei, oltre a quelli navali, e 16 giorni di operazioni di terra, in un'area sulla cui densità di popolazione mi pare che siamo d'accordo. A queste condizioni, mi pare che 1.416 caduti da parte palestinese, la metà dei quali combattenti, indichino ancora una volta una sostanziale attenzione a limitare la letalità degli attacchi da parte israeliana. Tanto per fare un esempio, consideri che il bombardamento del rifugio di Amiriyah (con due bombe a guida laser) durante la prima guerra del Golfo causò, da solo, la morte di 408 civili, vale a dire quasi un terzo di tutte le vittime palestinesi di Cast Lead.
      Mi pare chiaro che una parte in conflitto tenda a limitare al massimo le proprie perdite, e che in molti casi la condotta della guerra tenda a produrre il massimo di perdite nemiche con il minimo delle proprie; il risultato di una condizione fortemente asimmetrica, o di "sproporzione" è che diviene possibile, in queste condizioni, cercare di limitare anche le perdite nemiche, per ragioni umanitarie, morali o semplicemente politiche, ma in ogni caso estranee al puro calcolo militare. Se questa sproporzione dovesse ridursi, o addirittura cessare, sarebbe decisamente meno facile mantenere quei principi di moderazione che, Clausewitz (tipica citazione da pedanti, lo so) riteneva un'assurdità nella logica della guerra.
      D'altra parte, è pur vero che proprio questa sproporzione spinge i palestinesi a lottare in modo inverso, non solo cercando di colpire i civili israeliani, con esiti scarsi che mi pare la disturbino, ma anche di sfruttare al massimo le proprie perdite civili, con l'esibizione del maggior numero possibile di bambini morti ad ogni attacco israeliano.
      La situazione è tale, da un punto di vista squisitamente tecnico, che gli israeliani cercano di ridurre al massimo le perdite civili, proprie e altrui, mentre i palestinesi cercano di aumentarle al massimo, altrui e proprie. Dal momento che gli israeliani hanno più mezzi, e dunque maggiori capacità di influire sull'esito delle operazioni, è proprio la loro superiorità militare a permettere che il numero complessivo di vittime civili sia basso.
      Se ci fosse un maggior equilibrio, entrambi i contendenti cercherebbero di infliggere il maggior numero possibile di perdite all'altro, e non avremmo operazioni da poche centinaia di morti ma da decine (o centinaia) di migliaia di vittime: fortunatamente non è così, per gli israeliani e per gli stessi palestinesi, oso dire.
      Quanto al fatto che i palestinesi campino di merda e che ciò, oltre che un male in sé, sia un'ulteriore causa di conflitto, mi pare chiaro. Mi chiedo, però, se sia ragionevole chiedere a Israele di facilitare lo sviluppo economico di Gaza, per esempio togliendo il blocco "illegale", senza che siano fornite le massime garanzie che il maggior benessere della striscia non inisca per riguardare soprattutto il numero, la portata, la precisione e la letalità dei razzi e dei mortai di Hamas e degli altri gruppi.
      Può darsi che non abiba capito nulla del suo intervento; in tal caso, la prego di essere così generoso da voler capire il mio.

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    4. 1.416, di cui metà combattenti (a detta di una delle due parti in causa, peraltro), come mi aspettavo dimentica di citare il numero di vittime civili che provocarono quella reazione, ma tant'è.

      Il fatto che lei si rifiuta di capire o accettare è che gli israelinai hanno la possibilità di scelta, i palestinesi no. Gli israeliani hanno molto da difendere, i palestinesi nulla, hanno già perso tutto.

      Non ho mai auspicato che Hamas abbia gli stessi armamenti di Israele, sarebbe da folli, solo una lettura preconcetta del mio post potrebbe portare a quella conclusione.

      Dico solo che vantare la selettività degli interventi israeliani, la "sensibilità" di cui parlava Malvino in un post precedente, è pura e semplice retorica e propaganda, non molto differente dai corpicini dei bambini esibiti da Hamas
      .
      E' avere deciso che i buoni sono da una parte e i cattivi dall'altra.

      Per me non è così.

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    5. Si documenti, per favore, altrimenti mi tocca fare la figura del pedante: 709 combattenti uccisi per l'IDF, tra i 600 e i 700 per Hamas. Quanto al senso della sua puntualizzazione circa le "vittime civili che provocarono quella reazione", francamente mi sembra una sciocchezza: per sua informazione (non sono io che sono pedante, è proprio lei che sa poco), è stata Hamas a dichiarare finita la tregua il 18 dicembre 2008; il 24 dicembre, inoltre, sempre Hamas ha dichiarato che avrebbe "aumentato la portata degli attacchi" e "messo sotto tiro migliaia di israeliani". Si informi, per favore.

      Alla fine di tutto, la prego solo di una cosa: mi dica dove minchia avrei mai detto che gli israeliani sono buoni o i palestinesi cattivi: capisco che queste sono tra le poche categorie alla sua portata, ma la prego di non estendermene l'utilizzo.

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    6. "si documenti, per favore ... è proprio lei che sa poco ... Si informi, per favore."
      Che bello, mi sembra di essere a un talk show con Belpietro!

      Sì, stia certo che ci provo a informarmi, ma dove devo informarmi su www.informazionecorretta.it o su www.palestinarossa.it?

      Ripieghiamo su Wikipedia:
      Alla voce "Piombo fuso" leggo: "Obiettivo dichiarato dell'intervento militare israeliano è stato quello di neutralizzare Hamas che, a partire dal 2001, ha bersagliato i centri urbani nel sud di Israele con razzi Qassam provocando in otto anni 15 morti e centinaia di feriti fra la popolazione civile"
      Ecco, il numerino che mi aspettavo da lei era quel 15. Lo confronti con le cifre che cita sopra, comprese le vittime dell'IDF (non ci crederà ma per me sono vittime pure loro, e persino i terroristi di Hamas) e provi a rifletterci.

      Poi guardi, potrei anche spiegarle perchè lei mi ha dato l'impressione di aver deciso chi sono i buoni ma ...

      E' una questione di precedenza, lei per primo ha risposto a un mio intervento stravolgendo completamente il mio pensiero, attribuendomi l'auspicio che Hamas abbia la stessa potenza militare di Israele. Mi spiega nel mio primo intervento dove ha letto una simile affermazione?

      Mi spiega come è giunto alla conclusione "gli esiti scarsi che mi pare la disturbino" riguardo alle vittime civili israeliane, cosa che trovo quantomeno insultante?

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    7. Certo che gli israeliani avevano l'obietivo di fermare i razzi. Ma è chiaro che, prima di lanciare l'ofensiva, ci avevano provato con azioni molto più mirate e specifiche: ad esempio, il 5 novembre 2008 avevano attaccato un gruppo di militanti di Hamas che cercavano di scavare un tunnel per infiltrarsi in territorio israeliano e rapire soldati. La reazione a questo attacco è stata la sostanziale dichiarazione di guerra da parte di Hamas, ovviamente accompagnata da un'intensificazione del lancio di razzi e dei tiri di mortaio, e poi è successo quello che (più o meno) tutti sappiamo.
      Ora, se ho ben capito, i 15 morti israeliani sono pochi in confronto al bilancio complessivo di Piombo fuso. Se fosse così, la pregherei di indicarmi un numero accettabile, in modo che ci si possa regolare di conseguenza: che ne so, 150, o magari 1500, faccia lei. A me pare che questa contabilità sia una solenne castroneria: ogni stato ha, innanzitutto, il dovere di proteggere la vita e la sicurezza dei suoi cittadini, e non mi pare che vita e sicurezza se la passino molto bene sotto 2.048 lanci di razzi e 1.668 tiri di mortaio NEL PROPRIO TERRITORIO INTERNAZIONALMENTE RICONOSCIUTO, con un incremento del 32 per cento rispetto all'anno precedente. Se, a fronte di azioni estremamente mirate per ridurre questi attacchi, si reagisce con una sostnaziale dichiarazione di guerra, è chiaro che ci si fa male.
      Lei dice che i palestinesi non hanno la possibilità di scegliere. Mi dispiace, ma qui non stiamo parlando dei "palestinesi" ma di un gruppo politico che ha assunto il potere con la forza, in seguito a quella che gli stessi palestinesi chiamano la loro guerra civile e che ha provocato più di 600 morti. Questo gruppo ha scelto di attaccare militarmente Israele e in particolare i suoi civili, utilizzando la propria popolazione come ostaggio, o per lo meno coinvolgendola, direttamente e in prima linea, nel conflitto.

      Già che ci sono, le vorrei ricordare che l'espressione "se i palestinesi avessero un loro stato, disponessero di uno degli eserciti più efficienti al mondo, di elicotteri, carri armati e droni, se avessero la possibilità di reagire militarmente alle aggressioni, di difendere i propri confini e impedire invasioni del loro spazio aereo, terrestre e marittimo" indica con sufficiente chiarezza, al di là della sua scadente retorica, un auspicio: spero che abbia ben chiaro il senso delle proposizioni ottative in italiano.
      In ogni caso, nella mia prima risposta non ho fatto rierimento a un suo asupicio, ma mi sono limitato a dire "A me pare certo che, se davvero i palestinesi avessero una tale potenza militare, la strage sarebbe enorme da entrambe le parti", che è l'analisi delle conseguenze probabili di un'ipotesi, non un tentativo di leggere le intenzioni morali sottostanti.
      Verrebbe da pensare che per lei la cosa più importante non sia tanto ciò di cui si parla ma il valore morale che ci si attribuisce facendolo, il che è il tipico atteggiamento mentale del benpensante. Mi creda, non sono interessato, come crede, a quello che lei pensa di se stesso, e ancora meno a quello che vuole che altri pensano di lei, ma provo decisamente più interesse verso le questioni reali.
      Infine, quel "mi pare che disturbino" era ovviamente solo una frecciatina alle sue calde viscere benpensanti, giusto per rendere la pariglia alle sue accuse di pedanteria. In ogni caso, ecco che i 15 morti israeliani le sembrano troppo pochi: capisco che se fossero stati di più, avrebbe per lo meno potuto trovare la soddisfazione di dividere la sua indignazione in modo più equanime, il che avrebbe fatto assai bene alla sua percezione di sé.

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    8. "Già che ci sono, le vorrei ricordare che l'espressione ... indica con sufficiente chiarezza, al di là della sua scadente retorica, un auspicio"

      Guardi le mie riminiscenze dei tempi delle superiori, per quanto remote, mi permettono di distinguere un periodo ipotetico del terzo tipo o dell'impossibilità da un auspicio, non esistendo nell'italiano un modo ottativo. Per intenderci: dalle mie parte c'è il proverbio "se mio nonno avesse le ruote sarebbe un carretto" che non mi pare abbia valore di auspicio, anche se magari sarebbe di una qualche utilità.
      Se ha la matita rossaeblù dei tempi della scuola riscriva pure la frase come secondo lei sarebbe stata più corretta, gliene sarò eternamente grato.

      Quanto alle elucubrazioni sulla percezione di se francamente mi sfuggono, sono senz'altro scritte con forma e retorica migliore della mia ("calde viscere benpensanti", wow!) ma mi pare contraddicano il suo assunto che le interessa parlare dei fatti.

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    9. "Le proposizioni volitive o desiderative hanno il verbo al congiuntivo (che in tal caso si dice ottativo o desiderativo), oppure l'imperativo, talora preceduto dalla congiunzione che, la quale, però, in questo caso ha solo valore pleonastico (cioè non ha funzione di congiunzione): ad esempio, Possa tu vivere felice! Tu sia benedetto! Che Dio vi assista! Che voi possiate essere sempre felici!"
      http://grammatica-italiana.dossier.net/grammatica-italiana-15.htm
      Mi tolga una curiosità: ma lei dove le ha fatte, le superiori?
      A me pare che una sfilza di congiuntivi seguita da tre puntini di sospensione non si possa configurare come periodo ipotetico, dal momento che a tutte queste protasi continua a mancare la necessaria apodosi.
      Comunque, va bene, lei non auspica che i palestinesi dispongano di elicotteri, droni e simili, e nemmeno che abbiano "la possibilità di importare ed esportare merci", che esista "un'economia locale palestinese" e che essi non dipendano "per l'80% da sussidi". Visto che li ha messi tutti nella stessa proposizione e con lo stesso valore, se non auspica gli uni, non auspica nemmeno gli altri.

      Quanto alle mie elucubrazioni, non mi stupisce che le sfuggano. Ad ogni buon conto, la prego per lo meno di notare che esse seguono un tentativo di disamina dei fatti, e che vengono formulate solo nella risposta a sue precise richieste di chiarimenti sulla mia interpretazione di quanto da lei detto o su intenzioni che le avrei attribuito.

      Se poi magari mi facesse il piacere di rispondere nel merito, ne sarei assai felice. Ecco, questa è una proposizione ottativa, se lo segni.

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    10. Nano, ti voglio bene, non insistere.

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    11. Malvino, mi voglio bene pure io e voglio bene pure a lei, ma insisto lo stesso.

      L'apodosi è nella seconda frase, i puntini di sospensione stanno a significare una serie di condizioni molto lunga sulla quale è inutile insistere, tutta una serie di fatti che tutti sanno che non si verificano.
      Condizioni e fatti riepilogati e riassunti nel seguito, con la protasi "se i palestinesi non vivessero nella realtà di merda in cui vivono" cui segue l'apodosi "potrebbero evitare...".
      Ecco, per questo mi confermo nell'idea che abbia letto l'intervento in modo pedante. Eccolo spiegato, le è più chiaro?

      A quale merito io poi le dovrei una risposta mi sfugge. Io, come molte altre persone, lei compreso, Malvino compreso, mi permetto semplicemente di analizzare dei fatti, confrontarne le conseguenze e in alcuni casi valutare la proporzione fra un'azione e una reazione. A lei "Piombo fuso" pare una reazione proporzionata e ben condotta, a me no. Potremmo discuterne all'infinito, lei sarà pure più informato di me ma non mi dica che sono il primo che la pensa così, perchè potrei elencargliene anche un bel po' fra i cittadini e gli intellettuali di Israele, fra gente che quella realtà la vive.
      Ecco, lei pretende di enunciare dei fatti, sì Piombo fuso iniziò per impedire il lancio dei razzi, ma lei stesso dice che fu preceduto da "azioni mirate". Quindi mi dica una "esecuzione mirata" di un "terrorista" (che subisce, Malvino, lo stesso tipo di processo che subiscono nella striscia le presunte spie) non sarebbe una violazione della tregua e il lancio di un missile sì?
      (si legga questa, anche se il nome del giornalista sa tanto di pericoloso antisemita http://mondoweiss.net/2012/11/two-new-resources-timeline-of-israeli-escalation-in-gaza-and-israels-history-of-breaking-ceasefires.html)

      Lei può raccontarmi tutto quello che vuole, snocciolarmi contabilità che a seconda dei momenti le paiono "solenni castronerie" (confronto nel conteggio dei cadaveri) o fatti degni di nota (conteggio dei razzi e dei colpi di mortaio su un territorio nazionale, che peraltro dall'altra parte nemmeno esiste) a cui sarei chiamato a rispondere, come se quei colpi li avessi tirati io o fossi qua a difendere chi li ha tirati. Dovrebbe sapere meglio di me che in questa vicenda nessuno ha la verità in tasca, nessuno ha tutta la ragione nè tutti i torti.

      Il post di Malvino è un giudizio pesante (benpensante pure lui?) su certi comportamenti. La mia risposta era una riflessione sul fatto che cercare di applicare il nostro schema mentale a determinate condizioni è assolutamente improprio. Io non manderei i miei figli a spasso dove ieri hanno lanciato dei missili, ma se vivessi (le assicuro non è un'ottativa!) nella striscia di Gaza avrei come alternativa quella di chiuderli in casa (col rischio che sia colpita la casa stessa). Io posso scegliere di denunciare l'inquilino del piano di sotto se lo vedo entrare in casa con un mortaio, il papà della striscia di Gaza penso proprio di no.

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    12. Mettiamola così: secondo lei, se i palestinesi avessero delle notevoli risorse militari e un certo benessere economico (è lei a iniziare dalle armi, non io), tutto andrebbe per il meglio. Secondo me, se l'attuale dirigenza di Gaza disponesse di queste capacità belliche, visti i precedenti si arriverebbe a una guerra devastante.
      Comunque, su una cosa sono d'accordo: si potrebbe continuare all'infinito.
      Su una cosa, invece, le fornisco il chiarimento richiesto: a mio parere l'uccisione mirata di un quadro di Hamas è lecita se il tizio in questione è coinvolto in attacchi a Israele, e rappresenta un uso assai limitato e specifico della forza: fintanto che si resta su questio piano, si tratta di operazioni a bassa, se non bassissima intensità, in un quadro che non è ovviamente quello normale del tempo di pace ma quello di un conflitto, per quanto (fortunatamente) non sempre intenso. A queste condizioni, credo che uccidere direttamente un alto ufficiale sia molto meglio che far fuori un intero battaglione di soldati semplici, per rimanere nella logica militare.
      Quanto al resto, sì, il conto degli attacchi subiti da Israele è un dato oggettivo e significativo, dal momento che non si può chiedere a uno stato di fare il conto dei morti, ma gli si può chiedere di evitare di reagire a ogni provocazione. Insomma, credo che qualsiasi stato al mondo abbia il diritto, se richiesto su quale sia il numero accettabile di propri cittadini uccisi prima di reagire, di rispondere "zero", mentre credo che possa essergli chiesto, nel particolare contesto in parola, di accettare un certo numero di attacchi poco incisivi.
      Quanto al resto, se lei fosse un babbo di Gaza dovrebbe comunque rendersi conto che, fintanto che il regime di Hamas continua ad attaccare Israele, si trova in guerra. Il che signiica che, se Israele rispondesse agli attacchi che subisce nello stile di chi li fa, mirerebbe direttamente alla popolazione civile, con perdite gigantesche. Fortunatamente per tutti, di solito la risposta israeliana si limita ad attacchi mirati sui singoli o sulle postazioni di lancio in condizioni di (relativa) sicurezza per i civili palestinesi, salvo in alcuni periodi di escalation (Cast Lead e Pillar of Defense), in cui si dichiara esplicitamente che le installazioni militari sono caccia libera, anche se si trovano in moschee, ospedali, case o scuole; e anche in questi casi, gli abitanti vengono, quando possibile, avvisati prima, dando loro la possibuilità di evacuare il sito dell'attacco imminente. Questi mi sembrano fatti difficilmente contestabili.
      Se lei fosse un babbo di Gaza, le consiglierei di mandare i suoi figlioli a spasso in zone lontane dal lancio di missili, e magari di cercare di mandare a casa il regime di Hamas, sperando che la loro casa, quella sì, venga presto centrata da un missile.

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    13. Ok, però perchè Cast Lead o Pillars of Defense?, i nomi originali di queste due "operazioni" non mi pare siano in inglese.

      Poi tante piccole cose, dal territorio internazionalmente riconosciuto di Israele - scritto a caratteri cubitali; quando storicamente è stato proprio Israele ad evitare di voler far chiarezza sui propri confini, ed a fregarsene dell'opinione internazionale, anche quando questa era pressocchè unanime [tant'è che la risoluzione SC 476, che ha effetti ancora cogenti, segue ad una legge di valore costituzionale con cui Israele si annetteva Gerusalemme Est] - ai pericolosi missili (che a volte non sono manco armati; in altre parole sono come i sassi delle catapulte di 2000 e passa anni fa) di Hamas da cui si avrebbe il "dovere" di difendersi, quasi non ci sia scelta, sia tutto necessario, scolpito nella pietra.

      Il punto fino ad ora trascurato dalla vostra discussione - e che invito modestamente a mettere nel conto - mi sembra la votazione parlamentare del 2006; liberissime e democraticissime elezioni, ma vinte da Hamas; seguiva puntuale la ritorsione punitiva di Israele e quartetto.

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    14. Se vuole dico מבצע עופרת יצוקה e עַמּוּד עָנָן, ma non mi pare che ciò aggiunga molto alla discussione, oltre a essere abbastanza scomodo per chi legge, visto che sarebbe costretto a passare dalla lettura verso sinistra a quella verso destra, con conseguente rischio di strabismo. Uso i termini inglesi per la stessa ragione per cui dico IDF: sono invalsi e mi sembrano dotati, proprio per la loro diversità dalla lingua usata altrove, di una maggiore caratteristica di "nome proprio".
      Mi pare che i confini di Israele con Gaza siano gli stessi del 1948, ratificati dal trattato di pace con l'Egitto del 1979, e mai più messi in discussione. Semmai la zona grigia, per dirla così, riguarda la Cisgiordania, dove non ho alcuna difficoltà a dire che Israele sta facendo giochi sudici con la terra e dove i maledetti coloni ne fanno di tutte (spero di aver chiarito la mia posizione in merito).
      Mi pare che tremila e rotti, tra missili e bombe di mortaio, parecchi dei quali dotati di una testata esplosiva, siano un po' di più di qualche sassata. In ogni caso, ho anche detto che "credo che possa essergli chiesto [a Israele], nel particolare contesto in parola, di accettare un certo numero di attacchi poco incisivi". >Certo che tutta quella roba è un po' troppa, ne converrà anche lei.
      Ma arriviamo al punto: Hamas ha vinto le elezioni,secondo il democraticissimo principio "una testa, un voto, una volta", con il 42,9 per cento dei voti il 25 gennaio 2006, a seguito del quale Hamas ha ritenuto, democraticamente, opportuno consolidare il suo potere facendo fuori i sostenitori e i leader di Fatah, espellendone i funzionari superstiti e impedendo ogni attività di opposizione. Non vorrei fare il parallelo con altrettanto democratiche elezioni che si tennero in un paese europeo nel 1933, ma ci siamo capiti. Però ci possiamo dire che quando le elezioni vengono vinte da un soggetto politico considerato terrorista, non è detto che chi considera terrorista tale soggetto sia immantinente pronto a considerarlo un affidabile partner democratico. Se poi questo soggetto non riconosce il diritto all'esistenza di un paese vicino e, appena arrivato al potere, comincia una campagna di saluti al vicino sotto forma di razzi e bombe di mortaio, ci si può ragionevolmente aspettare che il vicino in questione se la prenda un po' a male.

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    15. "Mettiamola così: secondo lei, se i palestinesi avessero delle notevoli risorse militari e un certo benessere economico (è lei a iniziare dalle armi, non io), tutto andrebbe per il meglio."
      Continua a fraintendermi, ma anche su questo non saremo mai d'accordo. Secondo lei mi esprimo male, secondo me lei capisce quello che vuole capire perchè in qualche modo mi ritiene filopalestinese (d'altronde a me lei pare filoisraeliano).
      "Se lei fosse un babbo di Gaza, le consiglierei di mandare i suoi figlioli a spasso in zone lontane dal lancio di missili, e magari di cercare di mandare a casa il regime di Hamas, sperando che la loro casa, quella sì, venga presto centrata da un missile."
      Sì, lo farei anch'io, ma il problema è un altro. Non cosa farei, ma cosa effetivamente potrei fare. Cosa potrebbe fare lei, cosa potrebbe fare Malvino. E attenzione alle viscere da benpensanti, perchè come diceva mio nonno "da riva siamo tutti ottimi marinai, in mare si fa quel che si riesce a fare".

      Quanto all'uccisione mirata, a pelle potrei essere d'accordo con lei, percepisco la maggior parte degli obiettivi come pessimi elementi. Ma per chi comanda nella Striscia è sicuramente un discorso inaccettabile. Se un "ufficiale" di Hamas viene ucciso una reazione è, dal loro punto di vista, inevitabile. D'altronde non mi dica che se Hamas si organizzasse e riuscisse a portare a termine "operazioni mirate" ai danni di alti ufficiali dell'IDF o del governo israeliano la cosa non procurerebbe una reazione.

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    16. Uff, che noia dover puntualizzare sempre le stesse robe. La cito: "Ebbene, io penso proprio che se i palestinesi non vivessero nella realtà di merda in cui vivono probabilmente potrebbero evitare di usare i bambini come scudi umani(1), fotografarli con le pistole in mano e far convivere i terroristi con loro." Ora, questo significa che se i palestinesi stessero meglio non userebbero i bambini ecc.
      Anch'io, ovviamente, auspico ogni possibile benessere per i palestinesi e sono d'accordo che da ciò deriverebbe anche una maggior propensione alla pace o per lo meno un migliore atteggiamento verso l'infanzia, ma resto convinto che un loro maggiore armamento porterebbe solo danni, mentre lei l'aveva messo in premessa di tutto questo maggior benessere. Se non lo pensa, come mi auguro, sconfessi ciò che ha scritto, invece di cercare di difendere l'indifendibile.
      Passiamo all'altro problema (il problema, infatti, è sempre un altro): stiamo tutti qui, nella nostra più o meno relativa comodità, a dar pagelle a tizi che vivono in condizioni meno agevoli. Però non è sufficiente ribadire questo dato, altrimenti non ci sarebbe alternativa al silenzio, ovviamente a partire da lei. In concreto, vorrei solo dire che se il babbo di Gaza non si può ribellare ad Hamas e deve accettare il mortaio in cortile, o il deposito di razzi nella cantina della scuola del bimbo, la colpa è di Hamas, non di Israele.
      Quanto all'uccisione mirata, il punto non è che sia giusta in sé, come se un'esecuzione extragiudiziale potesse esserlo (o anche una giudiziale, se è per questo). Il punto è che esiste una situazione di conflitto, e credo sia meglio far saltare il Jaabari di turno che far zompare il deposito di missili sotto la scuola di cui sopra, con tutta la scuola. Se Hamas uccidesse alti ufficiali israeliani, Israele reagirebbe; ma credo che non lo farebbe cercando di tirar giù civili palestinesi a caso.
      Come vede, sto trattando Hamas come se fosse un legittimo attore sulla scena internazionale, una parte in causa in una guerra tra stati, e non come il regime dispotico che è, un'organizzazione terrorista che campa soltanto grazie al mantenimento di uno stato di guerra continuo e al finanziamento di soggetti poco raccomandabili.

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    17. Guardi, sorvolando sul problema terminologico - su cui comunque non sono d'accordo: per esempio la mia personale esperienza, almeno qui in rete, è che la frazione di italofoni che sanno identificare correttamente Piombo Fuso è ben più grande della frazione di anglofoni che sanno identificare Cast Lead; ma, tutto sommato, chissenefrega - c'è che le linee del '48 sono mere linee armistiziali, ossia grosso modo le linee del fronte al cessate il fuoco.
      Che alcune di quelle linee, non senza qualche aggiustamento, siano successivamente (decenni dopo!!!) divenute linee di confine riconosciute con veri e propri trattati bilaterali (se non erro al momento abbiamo: Israele-Egitto, Israele-Giordania, Israele-Libano) è ben altro discorso.
      Con Gaza e con la West Bank non esiste alcun confine; non solo! la stessa idea di Israele circa cosa debba considerarsi West Bank è criticamente diversa da quella degli arabi (e della quasi totalità della comunità internazionale).
      Alla confusione contribuirà pure il pessimo ""wording"" di certe risoluzioni (come la 242, che non chiarisce affatto dietro quali linee Israele avrebbe dovuto ritirarsi; o meglio sembra farlo solo in francese) - ma le parole sono pietre, e quelle parole sono state tra le peggiori spine nel fianco del processo di pace.

      Io ovviamente non sostengo che Hamas tiri solo qualche sassolino; dico che però che chiamare con lo stesso nome i missili di Israele e quelli di Hamas è come chiamare con lo stesso nome la fanteria di Annibale ed i Panzergrenadier.

      Ma, se le va, stiamo sul punto: mi spiega perchè all'indomani della vittoria di Hamas alle elezioni legislative era così necessario imporre quelle sanzioni contro l'ANP?, perchè la cosa mi ricorda tanto l'Algeria, e perchè - mi corregga se sbaglio - andando di ragion sufficiente, la prima pietra, in quel Gaza, mi pare sia quella lì.

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    18. A me pare che il trattato del 1979 tra Israele ed Egitto definisca in modo abbastanza puntuale il confine meridionale di Israele e il perimetro della striscia di Gaza; su linee inizialmente armistiziali certamente, ma suppongo che lei sia d'accordo con me nel ritenere un confine come il risultato di un accordo tra parti e non una linea tracciata dal destino. Credo che lei possa anche concordare con me nel ritenere che la legittimità dei confini sia, appunto, la stessa degli accordi che li definiscono. Credo possa anche ammettere che questa ne sia solo la legittimazione iniziale, e che la vera legittimazione sia data dalla nazionalità in cui si riconosce chi entro quei confini ci abita.
      Detto questo, credo che lei non abbia difficoltà a concedere che Sderot sia Israele, come Ashkelon e Beersheba. Questo per dire che la ragione per cui sottolineavo con il maiuscolo la territorialità incontestabilmente israeliana degli obiettivi degli attacchi di Hamas era distinguerle da luoghi la cui "israelianità" è decisamente più opinabile, come le colonie in Cisgiordania.

      Quanto alla diversa letalità delle armi di Hamas e di Israele, ricorderà che le mie considerazioni partivano proprio dalla loro sproporzione, e mi permetto di rimandarla a quanto già detto.

      Infine, e stando sul punto: se vuole può anche iniziare da prima, visto che né gli Stati Uniti, né Israele e nemmeno l'UE avevano permesse di nutrire dubbi sul loro atteggiamento in caso di vittoria di Hamas. La ragione mi pare chiara: Hamas non riconosce lo stato di Israele, e pertanto non è un attore legittimo del processo di pace. Inoltre, è stato definito da questi stessi stati (più Canada e Giappone) "organizzazione terroristica" fin dal 2003. Per come si sono comportati dal giugno 2006 in poi, per lo meno, mi pare che la definizione ci stia tutta.

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    19. Non sconfesso un bel niente, è lei che continua ad attribuire alla frase un valore di auspicio che io non intendevo dare, in nessun punto. Era semplicemente un ragionamento per assurdo.

      Ma se questo può farla felice: non penso sia assolutamete auspicabile che Hamas disponga di più armi di quelle che ha, sarebbe una carneficina.

      Sulle "esecuzioni mirate" lei scrive: Il punto è che esiste una situazione di conflitto". Sì, situazione di conflitto sospesa, in varie occasioni, in virù di uno stato di tregua. Lei mi dica l'"esecuzione mirata" di questo o quell'esponente di Hamas è o non è una violazione della tregua? Lasci stare il giudizio che ne da, lasci stare se è meglio far fuori un singolo o radere al suolo un palazzo.

      Sì, so anche io che l'IDF vendicherebbe l'uccisione di un ufficiale in modo mirato. Ma qui, senza auspicare nulla, prendo atto che è una scelta di cui al momento la controparte non dispone.

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    20. Più o meno ogni confine della terra nasce da linee armistiziali: a meno che lei non ritenga che essi siano segnati dal destino, dal fato delle nazioni, dalla mano divina o da risoluzioni ONU che lei stessa definisce "non binding", mi pare che un accordo armistiziale e un trattato di pace siano più che sufficienti a definire un confine.
      Soprattutto, credo sia difficile dire che Sderot, Ashkelon, Beersheba e Ashdod non si trovino effettivamente in Israele, a meno che lei non neghi la legittimità stessa dell'esistenza dello stato in questione. Su questo punto, mi pare, abbiamo già discusso: la legittimità di uno stato è data in primo luogo dal suo riconoscimento internazionale, ma soprattutto dal riconoscimento da parte di chi vive sul suo territorio. Pensare che esista un'essenza giuridica che fondi l'esistenza reale di qualcosa mi pare un'astruseria metafisica, che si presta alla perfezione a essere piegata come si vuole, guarda caso sempre per negare il diritto all'esistenza di Israele e non, per esempio, della Giordania o della Siria, i cui confini sono stati tracciati con il righello dalle potenze vincitrici della Prima Guerra mondiale e divenuti concreti solo dopo la fine della Seconda.
      Per quanto riguarda la potenza degli armamenti di Hamas rispetto a quelli israeliani, credo di essermi già espresso e mi permetto di rimandarla a quanto detto. Sono convinto che soltanto l'immensa sproporzione tra i due contendenti permetta la sostanziale limitazione della letalità che Israele impone ai suoi attacchi. Per dirla meglio, qui non vorrei dare alcun giudizio specifico su Israele o su Hamas, ma mi limito a considerare un principio generale, espresso con la solita chiarezza da Clausewitz: "La guerra è un atto di forza, all'impiego della quale non esistono limiti: i belligeranti si impongono legge mutualmente; ne risulta un'azione reciproca che logicamente deve condurre all'estremo".
      In altre parole, se non vengono raggiunti gli estremi a cui la logica della guerra porterebbe, è solo perché non c'è bisogno: il contendente A limita l'impiego della propria forza solo perché essa è talmente superiore a quella del contendente B da non avere bisogno di dispiegarla completamente.
      In concreto: Israele si permette di avvisare la popolazione prima di colpire e di utilizzare armi a letalità intenzionalmente minore perché può permetterselo, facendo sottostare la potenza dei suoi attacchi a limiti di natura morale, giuridica o, più semplicemente, politica.
      Tornando al famoso punto: se a suo parere Hamas ha scatenato la guerra civile contro Fatah in ultima analisi per effetto delle sanzioni imposte, può far risalire questa colpa ancora più indietro, vale a dire al 12 settembre 2003, data della Posizione comune del Consiglio europeo 2003/651/CFSP, in cui Hamas viene definita come organizzazione terroristica, insieme ad altri gruppi (tra i quali il Kach, detto per inciso). Francamente, mi pare che la presa del potere da parte di Hamas, in quanto organizzazione che rifiuta l'esistenza stessa dello stato di Israele e che si propone come obiettivo il Jihad fino alla sua completa dissoluzione, equivalga a un atto di guerra, o per lo meno di ostilità. Le azioni di Hamas successive a questa presa del potere, in primo luogo nei confronti degli stessi palestinesi, credo siano sufficienti a confermarne la natura, non esattamente democraticissima.

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    21. Già che siamo in argomento, vorrei ricordarle alcuni passi dello statuto di Hamas, purtroppo in inglese (http://avalon.law.yale.edu/20th_century/hamas.asp):
      art. 11
      The Islamic Resistance Movement believes that the land of Palestine is an Islamic Waqf consecrated for future Moslem generations until Judgement Day. It, or any part of it, should not be squandered: it, or any part of it, should not be given up. Neither a single Arab country nor all Arab countries, neither any king or president, nor all the kings and presidents, neither any organization nor all of them, be they Palestinian or Arab, possess the right to do that. Palestine is an Islamic Waqf land consecrated for Moslem generations until Judgement Day. This being so, who could claim to have the right to represent Moslem generations till Judgement Day?

      This is the law governing the land of Palestine in the Islamic Sharia (law) and the same goes for any land the Moslems have conquered by force, because during the times of (Islamic) conquests, the Moslems consecrated these lands to Moslem generations till the Day of Judgement.

      Art. 12:
      Nationalism, from the point of view of the Islamic Resistance Movement, is part of the religious creed. Nothing in nationalism is more significant or deeper than in the case when an enemy should tread Moslem land. Resisting and quelling the enemy become the individual duty of every Moslem, male or female. A woman can go out to fight the enemy without her husband's permission, and so does the slave: without his master's permission.

      Nothing of the sort is to be found in any other regime. This is an undisputed fact. If other nationalist movements are connected with materialistic, human or regional causes, nationalism of the Islamic Resistance Movement has all these elements as well as the more important elements that give it soul and life. It is connected to the source of spirit and the granter of life, hoisting in the sky of the homeland the heavenly banner that joins earth and heaven with a strong bond.

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    22. art. 28:
      The Zionist invasion is a vicious invasion. It does not refrain from resorting to all methods, using all evil and contemptible ways to achieve its end. It relies greatly in its infiltration and espionage operations on the secret organizations it gave rise to, such as the Freemasons, The Rotary and Lions clubs, and other sabotage groups. All these organizations, whether secret or open, work in the interest of Zionism and according to its instructions. They aim at undermining societies, destroying values, corrupting consciences, deteriorating character and annihilating Islam. It is behind the drug trade and alcoholism in all its kinds so as to facilitate its control and expansion.

      E, infine, l'ineffabile art. 32:
      World Zionism, together with imperialistic powers, try through a studied plan and an intelligent strategy to remove one Arab state after another from the circle of struggle against Zionism, in order to have it finally face the Palestinian people only. Egypt was, to a great extent, removed from the circle of the struggle, through the treacherous Camp David Agreement. They are trying to draw other Arab countries into similar agreements and to bring them outside the circle of struggle.

      The Islamic Resistance Movement calls on Arab and Islamic nations to take up the line of serious and persevering action to prevent the success of this horrendous plan, to warn the people of the danger eminating from leaving the circle of struggle against Zionism. Today it is Palestine, tomorrow it will be one country or another. The Zionist plan is limitless. After Palestine, the Zionists aspire to expand from the Nile to the Euphrates. When they will have digested the region they overtook, they will aspire to further expansion, and so on. Their plan is embodied in the "Protocols of the Elders of Zion", and their present conduct is the best proof of what we are saying.

      Leaving the circle of struggle with Zionism is high treason, and cursed be he who does that. "for whoso shall turn his back unto them on that day, unless he turneth aside to fight, or retreateth to another party of the faithful, shall draw on himself the indignation of Allah, and his abode shall be hell; an ill journey shall it be thither." (The Spoils - verse 16). There is no way out except by concentrating all powers and energies to face this Nazi, vicious Tatar invasion. The alternative is loss of one's country, the dispersion of citizens, the spread of vice on earth and the destruction of religious values. Let every person know that he is responsible before Allah, for "the doer of the slightest good deed is rewarded in like, and the does of the slightest evil deed is also rewarded in like."

      The Islamic Resistance Movement consider itself to be the spearhead of the circle of struggle with world Zionism and a step on the road. The Movement adds its efforts to the efforts of all those who are active in the Palestinian arena. Arab and Islamic Peoples should augment by further steps on their part; Islamic groupings all over the Arab world should also do the same, since all of these are the best-equipped for the future role in the fight with the warmongering Jews.

      "..and we have put enmity and hatred between them, until the day of resurrection. So often as they shall kindle a fire of war, Allah shall extinguish it; and they shall set their minds to act corruptly in the earth, but Allah loveth not the corrupt doers." (The Table - verse 64).

      Penso che siano ragioni sufficienti.

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    23. @ il nano: bene, lei non auspica e non auspico nemmeno io.
      Quanto alle violazioni della tregua, la risposta è facile: sono condannabili in quanto tali. Ciò non toglie che le singole violazioni, oltre a ciò, hanno anche una loro consistenza di fatto: altro è stendere un alto ufficiale, altro radere al suolo un ospedale, per dirne una. Dopo di che, credo che lei sia d'accordo con me nel dire che la fluidità della situazione è assai elevata e che le due parti sono maestre nell'inventarsi accuse.
      Nel caso in questione, prima dell'uccisione di Jabari si sono verificati i seguenti eventi:
      - 92 diversi attacchi sul territorio israeliano nel corso di ottobre, con un totale di 171 tra razzi e bombe di mortaio;
      - un palestinese è stato gravemente ferito dai soldati israeliani mentre stava tentando (secondo la versione dell'IDF) di sistemare una carica esplosiva nei pressi del confine:
      - un palestinese è stato ucciso mentre tentava di attraversare il confine, dopo essere stato avvertito con colpi di avvertimento e istruzioni di lasciare l'area
      - una bomba palestinese piazzata vicino al confine ha provocato il ferimento di diversi soldati israeliani. Nell'incursione immediatamente successiva, sono state individuate e disattivate numerose altre bombe e c'è stato uno scontro a fuoco in cui sono rimasti uccisi cinque militanti dell'FPLP
      - un'ulteriore esplosione in un tunnel scavato allo scopo ha provocato il ferimenti di quattro soldati israeliani
      - una jeep israeliana in pattugliamento lungo il confine è stata colpita da un missile controcarro palestinese, con il ferimento di quattro soldati, uno dei quali in condizioni critiche.
      Potrei continuare, ma direi che ci siamo capiti.

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    24. Mi dispiace di sovrappormi nuovamente alla vostra discussione.
      Peraltro guardi, Urzidil, su molte delle cose che dice non sono affatto in disaccordo - o almeno credo; ma forse è perchè la mia lettura è troppo superficiale, o troppo materialistica...
      Per cui mi limito a precisare meglio quanto volevo dire sin dall'inizio, dopo di che mi impegno a tacere.

      Sui confini tra gli stati, credo che il nostro disaccordo sia davvero minimo; del resto, quando lei cita Camp David credo stia convenendo sul fatto che è stato proprio quel trattato di pace tra quei due stati a definire il loro mutuo confine.
      Peraltro, credo si possa dire che la decisione circa dove e come scavare quel solco sia stata una delle parti più semplici da negoziare a Camp David; vi erano, infatti, delle consolidate linee di confine internazionali, quelle tra impero britannico ed ottomano, che, partendo da sud, attraversavano sostanzialmente il deserto, ossia una zona sostanzialmente non contesa; per cui le linee del '49, e quindi quelle del '67, finivano inevitabilmente per ricalcare il vecchio confine fino alla zona costiera, ossia appunto alla striscia di Gaza.
      Ora, un conto è dire che da un lato l'Egitto auspichi di prolungare quel confine fino al Mediterraneo proprio lungo il vecchio confine tra i due imperi, e dall'altro Israele auspichi di prolungarlo sotto la striscia proprio lungo la linea armistiziale del '49 - aggiungasi pure che l'ANP ha speranze pari a zero di poter pretendere qualcosa in più dei cosiddetti confini del '67. Tuttavia in mancanza di trattati - e qui manca qualcosa in più del trattato, manca uno dei due stati! - temo che di confini non si possa proprio parlare - quantomeno non all'indicativo presente.
      In ogni caso, il mio appunto iniziale, quello circa il riconoscimento internazionale di ciò che sarebbe indiscutibilmente territorio di Israele, aveva un significato molto più limitato e collaterale; derivava non dalla volontà di negare l'israelianità di Beersheba - del resto se pure volessi negarlo, a chi interesserebbe? - ma dall'osservazione - peraltro banale - che da questo punto di vista, quello del rispetto del "quadro internazionale", l'attore più problematico, meno "compliant", è sempre stato Israele; ed, insomma, è curioso che per sostenere la legittimità di un qualcosa si invochi lo stesso criterio che fino ad un attimo prima è stato rigettato (spesso peraltro giustamente, dal mio punto personalissimo di vista).

      Il mio appunto iniziale sui missili, parimenti, non era volto a esprimere una valutazione oggettiva sulla gravità della minaccia rappresentata da Hamas - benchè qualche precisazione oggettiva occorresse; per dirne una, il famoso cannone di Parigi del 1918 aveva una gittata doppia rispetto ai fantomatici missili di Hamas di ""ultima generazione"" e di fabbricazione iraniana - quanto a mettere in dubbio l'automatismo e la deontica di quella risposta militare.
      In queste cose l'oggettività latita; i 1500 morti di Piombo Fuso, che qui vengono considerati poca cosa in relazione alle dimensioni dell'operazione, sono circa metà dei morti dell'11 settembre 2001 - il giorno che avrebbe cambiato per sempre la storia dell'umanità.
      Piombo Fuso non è stata affatto una conseguenza automatica dell'intensificarsi del lancio di missili di Hamas, ma una deliberata scelta - nei modi (villaggi rasi al suolo) e nei tempi (vuoto di potere in USA) - di Israele, su cui ha finito per giocarsi anche una campagna elettorale.
      Ed anzi: più sei potente più hai scelta - perchè, ad esempio, puoi sganciare n bombe, ma anche 2n o n/2.
      [peraltro, dal mio punto di vista (ovviamente non pretendo affatto che lo si condivida), che Israele inizi a importare certe logiche dagli USA - la guerra a perdite zero, i missili intelligenti, le esecuzioni coi droni, l'enfasi sulla morte del cittadino americano, e compagnia - è un preoccupante indizio di un declino del primo sui secondi]

      [c]

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    25. [c]

      Il punto che più mi premeva sollevare era però quello delle sanzioni internazionali contro l'ANP all'indomani della vittoria di Hamas alle elezioni; sanzioni contro l'ANP, non contro Hamas o il suo elettorato; e sanzioni che, forse giova precisarlo, precedono, non seguono, la cosiddetta guerra di Gaza.
      Lei mi pare voglia motivare - perdoni se brutalizzo la sua posizione - quelle sanzioni in base all'idea Hamas => distruzione di Israele, o alla sua variante Hamas=terrorismo; personalmente almeno questa seconda lettura non mi trova d'accordo: qualunque cosa voglia dire la parola terrorismo, Hamas non è solo una banda di terroristi, ma un fenomeno complesso - e sono gli stessi libri degli storici israeliani ad insegnarcelo - legato all'Islam, alle politiche sociali della Fratellanza Musulmana, al malcontento verso la corruzione dei "tunisini" e compagnia; in ogni caso su questo non mi dilungherò e vengo al punto.
      Ora: o diciamo una volta per tutte che la democrazia ci va bene solo quando vince quello che diciamo noi, ed ammettiamo, però, a quel punto, di essere rimasti alle antiche logiche coloniali (all'idea, cioè, che certi popoli non siano ancora adulti; e vadano puniti quando sbagliano ed incoraggiati quando fanno bene); oppure, una volta che i nostri osservatori internazionali abbiano dato il loro placet, accettiamo il responso delle urne, quale che sia.
      Con quello che vince, poi, se non ti piace potrai decidere non trattare; potrai anche smettere di elargirgli aiuti, del resto sono soldi tuoi; ma perchè sequestrare punitivamente soldi all'ANP?, perchè imporre quelle severe restrizioni di movimento nei territori? A me paiono abusi belli e buoni; se non lo sono, la prego di spiegarmi il perchè.

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    26. La prego di non tacere: ragionare con lei è per me tanto piacevole quanto istruttivo.
      Chiudiamo invece, se è d’accordo, il discorso sui confini di Gaza, che mi pare pacifico. A scanso di equivoci, vorrei precisare che il mio maiuscolo sul territorio internazionalmente riconosciuto intendeva semplicemente ribadire che gli obiettivi degli attacchi da Gaza si trovano in territorio israeliano (entro le linee del 1948) e non, come gli insediamenti nella zona C della Cisgiordania o addirittura, quelli che si sono espansi nella zona B, come Itamar.
      Quanto a Piombo fuso: la tempistica dell’operazione fu certamente legata alle circostanze politiche internazionali, ed è chiaro che Israele è in grado, dalla sua posizione di forza, di dettare anche i tempi delle operazioni militari. È altrettanto chiaro, però, che vi è effettivamente stata, a partire dai primi di novembre 2008, un’escalation degli attacchi da entrambe le parti. Comunque, credo che tutta la faccenda tra Israele e Gaza possa essere correttamente definita come un conflitto continuo a intensità variabile, nel quale ogni azione comporta una reazione. Il punto è che, per ragioni intrinseche alla natura di questo conflitto, Israele tende a minimizzare le perdite, in particolare quelle civili (francamente non capisco a quali “villaggi rasi al suolo” lei si riferisca), mentre Hamas tende a massimizzarle, comprese le proprie. A sua volta, Israele non è in condizione di accettare passivamente gli attacchi, salvo in misura estremamente contenuta: di fatto, le sue possibilità concrete stanno nella variabilità delle regole di ingaggio, che normalmente sono assai restrittive e, nelle fasi di maggiore intensità, si fanno più lasche, tanto che gli obiettivi militari possono essere colpiti ovunque si trovino, anche se l’IDF cerca comunque di allontanare i civili dalla zona delle operazioni.
      Per questo, ritengo che l’unica via per la soluzione del conflitto sia nelle mani di Hamas, che ha la scelta di bloccare ogni azione ostile verso Israele. Qui si articola un altro aspetto dell’asimmetria di questo confronto: Israele può scegliere il grado di intensità degli scontri, Hamas può decidere che questi avvengano o meno.

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    27. Arrivo al punto di maggiore interesse: le sanzioni sono state decise contro l’ANP per la semplice ragione che, a gennaio 2006, le elezioni erano state fatte per tutto il territorio dell’ANP e si profilava la possibilità di un governo di Hamas su entrambe le aree. Non appena Fatah ha assunto il controllo della Cisgiordania e si è consumata, di fatto, una secessione tra questi territori, il blocco è rimasto in vigore per la sola Gaza.
      Quello su cui non siamo d’accordo, credo, è che il risultato delle elezioni del 2006 sia faccenda esclusiva dei palestinesi. Il problema è che Hamas non aveva accettato il processo di pace, e si è sempre esplicitamente dichiarato per l’intensificazione del conflitto, salvo proporre delle tregue allo scopo di rafforzare il suo dispositivo militare (art. 13 dello statuto di quei simpaticoni: “Initiatives, and so-called peaceful solutions and international conferences, are in contradiction to the principles of the Islamic Resistance Movement. Abusing any part of Palestine is abuse directed against part of religion. Nationalism of the Islamic Resistance Movement is part of its religion. Its members have been fed on that. For the sake of hoisting the banner of Allah over their homeland they fight. "Allah will be prominent, but most people do not know.").
      A queste condizioni, mi sembra lecito che la vittoria elettorale di Hamas sia stata presa come una dichiarazione di ripresa delle ostilità da parte dell’ANP una volta che il movimento ne avesse assunto il controllo, e che si sia agito di conseguenza.
      Un’ultima considerazione: è certo che Hamas non è semplicemente un’organizzazione terrorista, e che essa si articola su tre elementi di pari importanza: quello politico, quello solidaristico e quello politico. D’altra parte, ciò è vero per ogni organizzazione di questo tipo che abbia raggiunto un certo livello di sviluppo, così come per ogni partito totalitario (il parallelo con l’NSDAP non mi sembra fuorviante).
      Il punto è che, se indubbiamente questi elementi “sociali” sono assai importanti nella costruzione del consenso di Hamas, come lo furono, ad esempio, attività analoghe da parte dell’NSDAP. Ciò non toglie che, per il resto del mondo, a contare sia il suo atteggiamento bellicoso e la realtà del suo costante impegno nella prosecuzione e nell’intensificazione degli attacchi.

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    28. Eh, ha visto?, alla fine per colpa mia siete andati via.
      Il che, poi, non è manco il massimo a contrasto con ciò di cui si discute - o meglio: con quello che molti pensano al riguardo.
      Lei è stato fin troppo gentile, anche perchè, almeno su faccende così complesse, non credo di poter proporre (o anche solamente pensare) alcunchè di particolarmente originale o intelligente; la mia fortuna, forse, è proprio la complessità del problema - in un senso quasi computazionale, vale a dire legato alla mole dei dati a disposizione - per cui ogni tanto posso metter giù un evento, o un aneddoto, o un'opinione più o meno illustre che l'altra parte può non conoscere; ma insomma nulla di nuovo, nè tantomeno di sostanziale.
      Anch'io, però, trovo utile il fatto di potermi confrontare con i suoi ragionamenti - anche laddove non si riesca a convergere - e, secondariamente, con i suoi dati.

      Ciò detto, innanzitutto per quanto riguarda la distruzione di alcuni villaggi e più in generale la demolizione sistematica di abitazioni civili durante l'operazione terrestre di Piombo Fuso: purtroppo sono avvenute davvero. B'Tselem parla di 3-4 mila edifici abbattuti e di 20 mila persone lasciate senza casa. Curiosamente posso persino girarle il servizio di Channel 4 da cui appresi inizialmente la notizia; ad eventi in corso anch'io ero scettico (del resto era in corso un bombardamento parallelo, quello mediatico, rispetto al quale lo scetticismo è quasi una misura di igiene); non che quel pezzo in sè sia una pietra angolare del giornalismo (anzi: preciso pure, se mai ce ne fosse bisogno, che si può tranquillamente fare a meno del sonoro, del commento del giornalista, delle accuse che riporta, e limitarsi alla semplice visione delle immagini che documentano le demolizioni), però dimostra che il problema era evidente fin dall'inizio.

      Quanto alle sanzioni internazionali a valle della vittoria elettorale di Hamas, mi limito a dire che l'idea di punire un popolo che abbia votato per il partito "sbagliato" (in questo caso perchè non riconosce Israele; anche se, stando per esempio a Finkelstein, ciò che Hamas non riconoscerebbe è solo la legittimità dell'esistenza di Israele - proprio come, dice Finkelstein, a suo tempo ebbe a fare Gandhi riguardo al Pakistan - ma non la sua esistenza in sè, che è fait accompli) "non mi piace"; non mi piace neppure nel caso in cui quel partito si chiami nazionalsocialista (del resto quello che i nostri libri di storia si ostinano a chiamare "bombardamento strategico" di strategico non ebbe proprio nulla; ed infatti diversi testi inglesi parlano apertamente di terror o moral bombing).
      Goldstone, almeno in prima battuta, aveva parlato anche di questo, di un intento (anche) punitivo/morale dell'operazione; e da lì a parlare apertamente di terrorismo il passo è breve - e infatti Chomsky, o lo stesso Finkelstein, quel passo lo fanno.
      Mi rendo ben conto che un "non mi piace" non è proprio l'espressione di una posizione matura e raffinata; ma del resto se dicessi di trovare "pericoloso" uno scenario in cui ognuno agisca in base a ciò che abbia percepito (o sostenuto di aver percepito) come attacco, o offesa, o anche semplice minaccia, probabilmente starei dicendo più o meno la stessa cosa.
      In ultima analisi credo che alla fine si tratti di decidere se ci si sta mettendo su un piano di parità o di superiorità rispetto all'altra parte; del resto alla fine quelle sanzioni sarebbero state meno bullismo, se solo non provocassero - più o meno direttamente - dei morti.

      PS: Mi piacerebbe riuscire ad argomentare meglio di così, ma è almeno un'ora che ci provo, e non riesco a fare alcun significativo passo in avanti...

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    29. Ho guardato con attenzione il video da lei indicato, e ho visto un bel po' di macerie ma nulla che indichi qualcosa di simile a un bombardamento a tappeto. Subito accanto alle macerie (quasi sempre le stesse in tutto il filmato) se ne vedevano altri dove venivano raccolti i civili evacuati.

      In ogni caso, è indubbio che la distruzione sia stata pesante, basta guardare Wikipedia (Effects of the Gaza war: cito dalla versione in inglese i cui articoli sono molto più ampi e documentati): "14,000 homes, 68 government buildings, and 31 non-governmental organization offices (NGOs) were either totally or partially damaged".

      Credo, però, che simili dati vadano letti in prospettiva, o per lo meno in analogia con quello che è successo in casi analoghi: non parlo ovviamente della Seconda Guerra mondiale, ma basti pensare alla prima guerra del Golfo o persino a quella del Kosovo, in cui la Nato fece circa 500 morti civili in una campagna puramente aerea (poco meno dei 700 di Piombo fuso, compresa la campagna di terra, che conta per una buona metà dei civili uccisi).

      Non credo sia proficuo mettersi a collezionare figurine e contrapporre a Chomsky e Finkelstein altri padri nobili, come Slavoj Zizek o Stephen Wolfram. Sono invece certo di condividere l'orrore e la riprovazione per i bombardamenti alleati su Germania e Giappone, ma non credo che abbiano molto a che vedere con il caso presente.

      Il puinto è, invece, la questione delle sanzioni all'ANP nel 2008. Ora,il problema non è che quelli di Hamas siano un movimento fondamentalista, antisemita e fondamentalmente fascista: non credo che il loro caso vada visto in analogia con le (morbidissime) sanzioni diplomatiche imposte dall'UE all'Austria di Haider.
      Proviamo ad astrarre leggermente dal contesto, per definire un possibile caso generale: l'entità quasi statale A si dota di molte infrastrutture che le possono dare una struttura statale (amministrazioni locali, polizia, servizi pubblici, ecc.), attua una propria diplomazia e celebra elezioni legislative, perfettamente legali e democratiche: di fatto, essa è uno stato, molto più di altri che lo sono solo di nome (Haiti, Somalia, ecc.)
      Il punto è che molti degli attori più importanti della comunità internazionale riconoscono, appoggiano e finanziano questo percorso nella misura in cui esso fa parte di un processo di pace con lo stato B, per conto suo ben consolidato e partner di lunga data degli attori sopra citati.
      Ora, il nuovo governo dell'entità A, insediatosi in seguito alle elezioni di cui sopra, proclama di voler interrompere il processo di pace con lo stato B, e da molto tempo conduce continui attacchi verso lo stato in parola. Anzi, a essere precisi questo governo promette una tregua di vent'anni, al termine della quale dichiara di voler riprendere le ostilità, e dichiara al tempo stesso di voler usare questi vent'anni per dotarsi dei necessari armamenti. Il fatto che questo nuovo governo contesti la legittimità dell'esistenza dello stato B e consideri suo precipuo dovere conquistarne l'intera superficie.

      A queste condizioni, mi pare che esistano due sole possibilità per gli attori internazionali di cui sopra: lasciar stare e restare a guardare l'inevitabile guerra totale che lo stato B dovrà prima o poi scatenare contro il soggetto A, oppure chiarire che non esistono più i presupposti per il consolidamento del soggetto A in forma statale, e agire di conseguenza.

      Non credo che, per analizzare questo caso, sia necessario ricorrere a categorie dubbie come le punizioni morali, o l'atteggiamento paternalistico: mi pare che esso sia perfettamente comprensibile nel contesto delle relazioni internazionali in essere.

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    30. Ma le demolizioni di cui ho parlato io (e di cui parlano B'Tselem ed il servizio linkato) sono quelle fatte coi bulldozer - non coi bombardamenti! - che hanno avuto luogo durante l'operazione via terra, all'interno cioè della seconda parte di Piombo Fuso.

      Io non penso neanche lontanamente che Israele abbia bombardato Gaza a tappeto; bombardando indiscriminatamente, anche semplicemente usando le tecniche e le tecnologie della seconda guerra mondiale, gli effetti sarebbero stati devastanti; peraltro mi auguro che l'idea degli squadroni di bombardieri che rovesciano diverse tonnellate di esplosivi ciascuno, sperando di colpire in qualche modo qualcosa di "strategico", sia relegata definitivamente ai libri di storia.

      Non c'è alcun dubbio che lo scopo di Israele non sia mai stato quello di annientare il nemico, di spianare tutte le sue abitazioni, di cancellare dalle cartine geografiche tutte le sue città.
      Se ho tirato in ballo i bombardamenti sulla Germania nazista è stato unicamente allo scopo di dire che da certe cose la popolazione civile deve restar fuori, anche qualora abbia permesso - con pensieri, parole, opere od omissioni - al partito nazista di prendere il potere; ma giammai avevo intenzione di proporre un improbabile parallelo tra Barak - che pure durante Piombo Fuso ebbe a comportarsi in maniera non esattamente esemplare - e Sir Arthur Harris.

      Finkelstein e Chomsky, che non so manco quanto vadano d'accordo l'uno con l'altro, erano citati non in quanto figure del mio Pantheon [peraltro sono autori che non bazzico molto: di Chomsky ho letto solo qualche articolo, o qualche intervista, la maggior parte dei quali sugli USA; di Finkelstein ho letto solo L'industria dell'Olocausto, e qualcosa sulla polemica con Dershowitz; mentre i libri che ho letto sulla storia della questione arabo-israeliana sono tutti scritti da autori israeliani], ma perchè entrambi mi pare concludessero (sicuramente il primo) alla luce della relazione Goldstone (ove si parla esplicitamente di finalità anche morali/punitive dei bombardamenti) che Israele è colpevole di terrorismo.
      Di qui l'osservazione che certe etichette finiscono per essere utilizzate in modo abbastanza lasco; per cui "sanzionare" un popolo sulla base del fatto che ha eletto qualcuno - e nel caso di Hamas io mi riferisco alle sanzioni del 2006, ben prima degli scontri con Fatah - che "è un terrorista" non è necessariamente una motivazione del tutto soddisfacente.
      Tutto qui.

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    31. Ho visto, seguendo il suo consiglio, il video senza sonoro, ma il fatto che la demolizione sia avvenuta con i bulldozer anziché con un bombardamento aereo cambia le cose in maniera marginale e, oso dire, non certo a sfavore della mia tesi.
      La distruzione di edifici con i bulldozer (in prevalenza, CAT D9 corazzati) è infatti una prassi operativa standard dell'esercito israeliano nelle operazioni urbane, e ha lo scopo di proteggere le forze che avanzano impedendo ai difensori di utilizzare gli edifici come riparo o nascondiglio da cui fare fuoco o tendere imboscate.
      I combattimenti urbani sono, notoriamente, una delle faccende più pericolose della guerra, proprio perché forniscono un terreno estremamente vantaggioso per i difensori. Normalmente, l'attaccante opera scatenando un fuoco di preparazione estremamente intenso e accompagnando l'avanzata delle truppe con la copertura continua dell'artiglieria e dell'aviazione: in questi casi, la regola è quella di colpire la zona interessata con un volume di fuoco enormemente superiore a quello necessario alla distruzione del bersaglio (overkill), anche quando la presenza effettiva del bersaglio stesso non è certa. In poche parole, prima di mandare la fanteria si spiana tutto, e quando la fanteria avanza si è pronti a rispondere a ogni fucilata con cannoni, mortai e missili. Un esempio classico di cosa possa significare l'uso di queste tecniche in tempi moderni è dato dalla tre battaglie di Grozny da cui, peraltro, gran parte della popolazione civile era fuggita prima dell'attacco.
      I bulldozer riducono enormemente i danni, perché distruggono soltanto l'edificio obiettivo senza causare danni a quelli vicini e, soprattutto, perché ne permettono l'evacuazione prima, e persino durante la demolizione.
      Non ci sono dubbi che Israele abbia fatto anche un uso "terroristico" della demolizione delle case, in particolare durante la seconda intifada: in quei casi, veniva distrutta l'abitazione della famiglia degli attentatori suicidi, allo scopo di annullare il valore economico della ricompensa data dalle organizzazioni militanti ai famigliari dei martiri. Questa ricompensa era vista come un movente primario per gli attentatori, il che rende abbastanza sensata la ritorsione in questione anche al di fuori della logica "terroristica".
      Sono, ovviamente, del tutto d'accordo nel definire esplicitamente terroristico, senza virgolette, l'uso del bombardamento "strategico" da parte della RAF e dell'USAAF (e, su scala estremamente minore e in modo completamente insensato dal punto di vista militare, da parte della Luftwaffe) nella Seconda guerra mondiale. Del resto, il dehousing (la distruzione sistematica della abitazioni della popolazione civile allo scopo di minarne il morale) fu esplicitamente teorizzato e praticato come scopo primario di gran parte delle missioni dei bombardieri strategici inglesi e americani.

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    32. Detto questo, ripeto che le sanzioni del 2006 furono la conseguenza non del carattere "terrorista" di Hamas o una punizione collettiva nei confronti del popolo palestinese, ma l'effetto diretto dell'interruzione del processo di pace, che a sua volta era la condizione a cui Israele e gli attori internazionali di cui sopra riconoscevano (il passato è d'obbligo, visto il voto dell'Assemblea ONU di ieri) la sovranità dell'ANP sul suo territorio.
      In questo senso, la presenza di Hamas nella lista nera delle organizzazioni terroristiche dell'UE fin dal 2003 non va vista tanto come l'attribuzione di un'etichetta morale ma come una definizione politica: questa organizzazione non è un partner accettabile per le relazioni internazionali, per cui il suo avvento al potere viene visto come un atto ostile.
      PS: sono abbastanza d'accordo sul riconoscimento dell'ANP come stato non membro dell'ONU, perché oggi ritengo utile alla pace che Fatah non sia relegato politicamente ai margini dall'importanza assunta da Hamas. D'altra parte, penso che lo svincolamento del riconoscimento dello stato palestinese dall'effettivo raggiungimento della pace possa creare non pochi problemi. Insomma, ho le idee assai confuse.

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    33. Io invece le idee le ho chiarissime e dico che quanto è accaduto all'ONU è giusto e sacrosanto e mi rende felice.
      Ma il governo israeliano ha già reagito da par suo,avviando nuove migliaia di insediamenti in Cisgiordania.Applausi per questa nobile rappresaglia.
      Pace? lì c'è un popolo privato progressivamente di tutto,che non ha più terra,acqua,aria,libertà, dignità,e che si vede imputare come colpa anche il giusto riconoscimento del mondo alla sua dignità e alla sua sofferenza.
      Pace? Che tipo di pace ha in mente Israele?

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  13. sì mi immagino la scena:
    madre palestinese: "arrivano i razzi israeliani, aiuto!"
    padre palestinese "prendi il pupo-scudo!!!"

    un proverbio della nostra civiltà recita "l'ospite è come il pesce, dopo 3 giorni puzza" pensa come si sentono i palestinesi dopo 40 anni di ospiti/invasori, 70 risoluzioni ONU disattese da Israele e l'ospite/invasore che non perde occasione per farti sentire una merda di fronte al mondo, io penso che che anche tu con in casa un ospite così, cominceresti a desiderare di piantargli un coltello nella schiena.
    ori

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  14. A me il bimbo in foto ricorda i bimbi che scorazzano per le cittadine e i villaggi dello Yemen, portando mitragliatori a tracolla. Da quanto mi è stato detto, sarebbero mitragliatori per lo più scarichi: ma se un bimbo yemenita non li indossa a tracolla, viene ritenuto un povero cretino. Ora, questo potrebbe portare qualcuno a pensare che faccio di tutta un'erba ( i paesi arabi) un fascio. Prevengo, chiarendo : è che si tratta di bambini, sicchè l'immagine di uno me ne ha ricordati altri. Se poi qualcuno vuole eccepire che ad indossare a tracolla mitragliatori - per lo più carichi - sono anche bambini di altre zone del mondo, ad esempio Colombiani, Ruandesi, della Sierra Leone: beh, stia attento, perchè rischia di dare una prova definitiva della validità delle tesi di Malvino.
    Sempre utile, passar di qua. State bene.
    Ghino La Ganga

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  15. @ ori
    Non capisco perché anche lei considera gli israeliani degli "ospiti". Donde pensa che originino, dall'Australia? O dal Madagascar? Quella è la loro terra e un organo sovranazionale l'ha riconosciuta tale nel 1948.

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    1. dimenticandosi però, o sbattendosene le palle, di specificare cosa fare di quelli che quella terra già l'abitavano.

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    2. pardon! mi riferivo alla guerra dei 6 giorni, alle mire espansionistiche di Israele, ai territori occupati, alle beffe delle risoluzioni ONU, alla mancanza di volontà di pace di una, forse, minoranza israeliana che però la fa da padrone e che lei sostiene.

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  16. Caro Malvino,
    dimentichi di precisare che, nella "loro" terra, hanno potuto costituire uno Stato solo grazie alla pulizia etnica della popolazione autoctona, ampiamente maggioritaria, che non aveva mai dato l'assenso alla loro immigrazione.
    Cordiali saluti,
    écr.l'inf.

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    1. Mi confondi. Tutti i filopalestinesi sostengono che la "pulizia etnica" ci sia stata dopo la loro "immigrazione", tu sostieni ci sia stata prima, anzi, che sia stata effettuata a premessa della costituzione dello Stato di Israele. Anche a te: dove andavano "immigrati"? Quale altro luogo dell'orbe terracqueo pensi fosse il più idoneo? Io penso fosse proprio quello dove stanno e che avessero il diritto di costituire uno Stato. Proprio come i palestinesi, sia chiaro, ma chi si oppone? In primo luogo, gli "amici" dei palestinesi.

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    2. Caro Malvino,
      se ti ho confuso, devo essere stato poco chiaro. La pulizia etnica è, sì, la "premessa" alla costituzione dello Stato di Israele, ma con questo non indendevo evidentemente affermare che fosse avvenuta prima dell'immigrazione sionista !

      Che la pulizia etnica della popolazione araba sia la conseguenza diretta dell'idea sionista, e la condizione necesssaria alla fondazione di una Stato ebraico in una terra che ebraica non era, mi sembra lapalissiano.

      E questa necessità logica è poi evidentemente riscontrata nei fatti: negli scritti dei leader sionisti (da Herzl a Ben-Gurion... su su fino a Netanyahu), e poi soprattutto nei fatti (dalla Nakba, all'invasione della Cisgiordania, all'attuale politica di colonizzazione).

      Non vedo come tu possa sostenere che quella fosse la "loro terra": sai bene che non è così.

      E quando poi affermi che gli ebrei sionisti "avessero il diritto di costituire uno Stato" proprio lì, dimentichi di precisare che quello Stato è da loro definito "ebraico". Escludendo quindi già nella definizione quella che era la maggioranza della popolazione (e della proprietà terriera), anche nella parte che l'ONU aveva loro assegnato.

      Ti mi chiedi "dove andavano 'immigrati'?", ma prima di tutto vorrei sapere se accetti il fatto che quella non fosse la "loro terra", e se consideri giusto (moralmente, legalmente) che un popolo decida di fondare uno Stato in cui la propria etnia sia maggioritaria, e che questo obiettivo sia raggiunto grazie alla pulizia etnica (senza virgolette) della popolazione autoctona.
      Tutto qui.

      Che poi quel popolo avesse le sue buone ragioni per aspirare ad uno Stato in cui fosse maggioritario, è cosa indiscussa. Ma queste ragioni sono una valida scusante per i crimini commessi ?

      Un cordiale saluto da Gerusalemme,
      écr.l'inf.

      Ps:
      - Sono per la soluzione "due popoli, uno Stato". Quindi sì, evidentemente sono antisionista.
      - Da liberale, ateo, anticlericale ed omosessuale, ho pochissima simpatia per i Palestinesi in generale.
      - Sono stato proprio stamattina a Silwan, Gerusalemme Est. Ti posso assicurare che la pulizia etnica continua...

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    3. Ultimo PS:

      Ti lascio con una citazione da una famosa lettera di Ben-Gurion a suo figlio Amos, datata 5 ottobre 1937:

      "Of course the partition of the country gives me
      no pleasure. But the country that they [the Royal (Peel)
      Commission] are partitioning is not in our actual possession; it is in the possession of the Arabs and the English.
      What is in our actual possession is a small portion, less
      than what they [the Peel Commission] are suggesting as
      a Jewish state. . . . But in this proposed partition we will get more than what we already have, though of course
      much less than we merit and desire. The question is: would we obtain more without partition? If things were
      to remain AS THEY ARE [emphasis in original], would this
      satisfy our aspirations? What we really want is not that the land remain whole and unified. What we want is that the whole and unified land be JEWISH [emphasis in original].
      A unified Eretz Israel would be no source of satisfaction
      for me—if it were Arab.
      From our standpoint, the status quo is deadly poison. We want to change the status quo. But how can this change come about? How can this land become ours? The decisive question is: Does the establishment of a Jewish
      state [in only part of Palestine] advance or retard the conversion of this country into a Jewish country?
      My assumption . . . is that a Jewish state on only part of
      the land is not the end but the beginning. . . .
      We will admit into the state all the Jews we can. We firmly believe that we can admit more than two million. We will build a multi-faceted Jewish economy—agricultural, industrial, and maritime. We will organize an advanced defense force—a superior army which I have no doubt will be one of the best armies in the world. At that point I am confident that we would not fail in settling in the remaining parts of the country, through agreement and understanding with our Arab neighbors, or THROUGH SOME OTHER MEANS(sottolineatura mia)."

      écr.l'inf.

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    4. L'atto di fondazione di uno Stato è sempre violento: il vomere di Romolo che taglia in due la zolla - di qua ci sono io, di là ci sei tu - è sempre atto di arbitrio. Superfluo aggiungere che anche la difesa di quel solco è violenza, sempre fratricida: non solo Remo, "tutti gli uomini mi sono fratelli" (ma dai a questa affermazione il senso che le viene dalla retorica della "legge di natura").
      Lo Stato di Israele nasce tracciando un solco - lo traccia l'Onu - e tutta la questione se di qua ci siano "ebrei" o "israeliani" e di là ci siano "palestinesi" o "arabi" diventa dissertazione in sede storica, luogo dove si consumano ragioni (che Nietzsche avrebbe detto) "filologiche" e (che Michelstaedter avrebbe detto) "rettoriche". Quando dico: "Quella era la loro terra", la ragione che informa questa affermazione si consuma nell'ambito che vede "Israele" (termine usato per la prima volta da Giacobbe) farsi progenie autoctona e indigena. E' qui che gli "ebrei" diventano "israeliani" e maturano diritto su quella terra piuttosto che sull'Australia o sul Madagascar.
      In quanto alla "pulizia etnica" (che non mi pare sia teorizzata nella lettera di Ben Gurion al figlio) dobbiamo intenderci: ammesso e non concesso sia (o sia stata) nei piani di Israele, di fatto non sortisce effetto. Non voglio essere frainteso, tanto meno apparire brutale: intendo dire che in 64 anni non ha "pulito" niente, e sì che i ripetuti attacchi subìti dallo Stato di Israele potevano essere un ottimo pretesto. Direi che "pulizia etnica" sia espressione che trova la sua sola ragione sul piano "filologico" e "rettorico", facendosi speculare al diritto di difesa che è rivendicato dallo Stato di Israele. Insomma, non se ne esce: siamo nell'ambito nel quale i "crimini commessi" dagli israeliani trovano una spiegazione che si fa giustificazione (anche senza tirare in ballo Hegel).
      Anch'io non vedrei male una soluzione "due popoli, uno Stato", di fatto però è impossibile e, se mai fosse possibile, porterebbe in sé il germe di una "balcanizzazione". D'altronde, poi, non è solo Israele a opporsi a questa soluzione. E qui dovremmo impelagarci in una luuuunga discussione sulle pessime alleanze strette dai rappresentanti del "popolo palestinese" in questi 64 anni: ad ogni "amico" del "popolo palestinese" tornava comodo che l'unica soluzione fosse la distruzione di Israele, comprenderai che Israele assuma atteggiamenti conseguenti.
      Scrivi: "Da liberale, ateo, anticlericale ed omosessuale, ho pochissima simpatia per i Palestinesi in generale". Io ti rispondo che ho scarsissima simpatia per la destra israeliana e guardo con viva preoccupazione la crescita di quella destra religiosa che di fatto trova un corrispettivo nell'infausta deriva islamista dei palestinesi. Ormai il "martirio" non è più disperazione del "resistente", ma via luminosa del buon musulmano.
      Ti ringrazio del contributo e ti abbraccio forte.

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    5. Caro Malvino,

      ti rispondo brevemente qui, per semplicità, ma questo commento non è inteso per la pubblicazione.

      Grazie per la tua risposta ed il tuo tempo.

      Continui a non convincermi riguardo al "matur[are] diritto su quella terra", e, anche se evidentemente la pulizia etnica non è stata totale, mi riesce difficile negarla a fronte delle cifre riguardo alla popolazione araba di allora rispetto a quella di oggi (che sia entro i confini della partizione ONU, o quelli del '49-'67, o persino quelli dell'odierna area C nel West Bank...).

      Ma non è mia intenzione tediarti oltre.

      Grazie anche per avermi fatto scoprire Michelstaedter !

      Un caro saluto,
      écr.l'inf.

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    6. Se mi è permesso intromettermi nel vostro dialogo, vorrei sollevare due questioni.

      Primo: che vuol dire "invasione della Cisgiordania"?, insomma, per quanto Israele ci abbia abituato ad etichettare come "difensiva" ogni sorta di operazione militare - persino Pini Minore, che poi tanto minore non era... - è la prima volta che sento dire che sarebbe stato Israele ad attaccare la Giordania, o la Transgiordania - insomma quella monarchia hashemita che al termine del conflitto del 48 s'era annessa il grosso dello stato arabo così come prefigurato dalla 181 - e non il viceversa.

      Secondo (e principale): come si può sostenere, giuridicamente e soprattutto storicamente, che lo Stato di Israele sarebbe nato a seguito di un solco tracciato dall'Onu?
      Premetto che non ho alcuna competenza sugli aspetti giuridici, e che, a dispetto dei miei sforzi, il valore legale della risoluzione 181 mi è ancora oscuro; ad esempio, so che generalmente le risoluzioni GA sono riguardate come non binding, benchè una sentenza della ICJ sembrerebbe sostenere (ma solo apparentemente, secondo molti) il contrario.
      Dubito, però, che l'Onu abbia il potere di decidere i confini tra gli stati; in ogni caso, la mia idea è che la 181 fosse solo una proposta circa l'assetto della terra mandataria al di qua del Giordano una volta che il mandato britannico fosse scaduto/terminato; l'approvazione della risoluzione, pertanto, sarebbe l'approvazione della proposta da fare alle due parti, ma non la sanzione di una decisione; una proposta è in quanto tale subordinata all'approvazione delle parti, approvazione che in quel caso non ci fu.
      Ma soprattutto, venendo alla storia, il giorno dopo la (controversa) approvazione di quella risoluzione scoppiò una guerra - prima civile, poi internazionale - che gli ebrei avevano in qualche modo preparato per parecchi anni, che hanno combattuto con ogni mezzo, e che hanno vinto [vinto nel senso che quando le armi hanno taciuto controllavano importanti porzioni del territorio conteso; quelle prozioni incidentalmente erano più vaste di quanto previsto inizialmente dal piano, ma ritengo che la "vera vittoria" non sia consistita in quel "surplus"].
      La "vittoria" militare mi pare la sola ed unica ragione per cui esiste quello Stato di Israele, con quei confini, quella capitale, ect; con buona pace di ogni ragionamento in punta di diritto, se, a parità di tutto il resto, gli ebrei avessero perso malamente quella guerra temo che non ci sarebbe stato alcun Israele...

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  17. ti seguo spesso e leggo (quasi) tutti i tuoi post, questo tuttavia mi sembra più scritto da un Ferrara che da un Malvino, dove le analisi e le motivazioni si omettono o si storpiano in favore della partigianeria più spinta. Che tristezza.

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  18. Ho visto anche tante foto dei bambini dei coloni israeliani con il fucile in braccio. E ho visto bambini palestinesi che giocavano ai funerali nella striscia di Gaza.

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  19. Questo articolo - scritto da Malvino - offende l'intelligenza di Malvino. E non perché prende posizione netta (per carità, è legittimo schierarsi), ma perché generalizza, e usa la generalizzazione come argomento. Meglio il figlio di Sharon allora, che dice radiamo al suolo Gaza, senza tirare in ballo la storia (ipocrita, cattolicamente ipocrita) dei bambini-scudo, lo si capisce di più, il figlio di Sharon ha un nemico, e lo vuole distruggere. Ma Malvino, ha un nemico? E lo dica. Se hai un nemico non hai bisogno di nessuna argomentazione. Ma Malvino? Si stenta a credere che una persona intelligente (e parecchio) usi argomenti così superficiali e generalizzazioni del tipo 'i palestinesi'. Fu fascinato da Pannella, ora da Israele. Amen.

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  20. Alla luce della notizia della bomba a grappolo caduta in un campo in palestina e cha ha ucciso alcuni bambini che giocavano riscriveresti parola per parola questo articolo?saresti ancora in grado di affermare che ogni bambino morto fungeva da scudo, e che ogni bambino sopravvissuto diventera' un terrorista?saresti ancora in grado di fare di tutta un'erba un fascio come un Sallusti qualsiasi?genaralizzeresti ancora in maniera cosi' bieca e miope?

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  21. Scrive @urzidil:
    ""Le proposizioni volitive o desiderative hanno il verbo al congiuntivo (che in tal caso si dice ottativo o desiderativo), oppure l'imperativo, talora preceduto dalla congiunzione che, la quale, però...ecc":una forzatura logica incredibile.
    @il nano aveva fatto semplicemente una ipotesi per assurdo,formulata con un periodo ipotetico cosiddetto del terzo tipo o dell'irrealtà:una lunga protasi,puntini di sospensione,apodosi sottintesa(assolutamente prevista nella nostra sintassi) e subito dopo espressa nel periodo ipotetico successivo:nessun auspicio o desiderio,solo la denuncia di una condizione DI FATTO di estrema povertà e carenza di mezzi DI OGNI TIPO(anche alimentare e sanitario-aggiungo io-).
    Che c'entra il congiuntivo desiderativo o ottativo? A parte il fatto che il modo ottativo-come giustamente osserva @il nano-non esiste nella nostra lingua e-aggiungo-non esisteva GIA' PIU' nella lingua latina,riassorbito dal congiuntivo e presente solo,come traccia,in alcune forma verbali (sim,velim,nolim,malim..).Il modo ottativo era presente nel greco antico,come anche nel sanscrito e in alcune lingue indoeuropee antiche.Tutt'altra cosa il nostro congiuntivo 'volitivo o desiderativo',ma soprattutto tutt'altra cosa il ragionamento del @nano,in cui una serie di congiuntivi era retta da un abbagliante SE IPOTETICO.
    Chiedo scusa per la pedanteria,ma mi disturba l'accanimento fuorviante e distorsivo con cui l'@urzidil porta avanti le sue argomentazioni.























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  22. @annamaria
    Cara signora, dovrebbe riconoscere la differenza tra un modo verbale e il valore di una proposizione, e ricordare che mi sono riferito al secondo aspetto e non al primo. La questione, insomma, non è se in italiano esista un MODO ottativo ma se esistano PROPOSIZIONI DI TIPO ottativo.
    In proposito, data la mia pedanteria, mi rivolgo a quanto dice l'Accadenia della Crusca, vale a dire qualcuno di istituzionalmente pedante (trova tutto qui: http://www.accademiadellacrusca.it/it/lingua-italiana/consulenza-linguistica/domande-risposte/uso-congiuntivo). Ecco che cosa ci dicono gli accademici:
    Nelle proposizioni indipendenti, il congiuntivo può avere valore:
    - esortativo (al posto dell'imperativo): vada via di qua!;
    - concessivo (segnalando un'adesione, anche forzata, a qualcosa): venga pure a spiegarmi le sue ragioni;
    - dubitativo: che abbia deciso di non venire? (analogamente si può usare l'indicativo futuro: sarà vero?; l'infinito: che fare?; il condizionale: cosa gli sarebbe successo?);
    - ottativo (per esprimere un augurio, una speranza, ma anche un timore): fosse vero!;
    - esclamativo: sapessi quanto mi costa ammetterlo!.

    Ora, lei dirà che in tali esempi il congiuntivo non è introdotto da congiunzione; mi sembra opportuno, allora, indicargliene qualcuno: Magari piovesse! Ah, se solo mi passasse il mal di testa! Se fossi miliardario...

    Come afferma l'accademia, si tratta di proposizioni indipendenti, prive pertanto di subordinate, quali un'apodosi a una protasi.
    Lei però mi dice che, a cercar bene, l'apodosi c'è: in un'altra proposizione, priva di legame sintattico con la prima, ma c'è. Va bene, diciamo che ci potrebbe essere, tanto per fare contenti lei e il nano.

    In ogni caso, lei prosegue affermando che non vi sarebbe "nessun auspicio o desiderio,solo la denuncia di una condizione DI FATTO di estrema povertà e carenza di mezzi DI OGNI TIPO". Ebbene, io qui mi perdo: come si potrebbe auspicare qualcosa quando, con le sue parole, se ne denuncia il contrario? E come si potrebbe auspicare una cosa, per esempio "la possibilità di importare ed esportare merci" e non un'altra, per esempio la disponibilità di elicotteri e carri armati, quando entrambe stanno nella stessa serie di protasi (per far contenti voi) e con lo stesso valore?

    Guardi, la faccenda è semplice: io auspico che i palestinesi campino bene e in pace, solo che non auspico un loro maggiore armamento, se non altro perché sono convinto che ciò porterebbe a un numero complessivo di vittime significativamente maggiore. In altre parole, auspico che a Gaza la piantino di giocare con i razzi e che Israele tolga il blocco, e che magari quelli di Hamas, nel frattempo, vengano appesi ai lampioni di Gaza dalla folla inferocita contro il suo vero nemico. Spero che lei e il sullodato nano condividiate tale auspicio; altrimenti, non so come possiate negare di desiderare maggiori capacità belliche per i palestinesi della striscia di Gaza, vale a dire per il regime di Hamas.

    Detto questo, prendo atto di averla irritata con la mia pedanteria; non creda, però, che il suo uso della punteggiatura mi riesca meno sgradito.

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    1. Brevemente,poi chiudo:nel testo in esame,NON è espresso alcun desiderio,si formula SOLO una ipotesi irreale,perchè riferita a una condizione inesistente:il 'se' NON è desiderativo,MA ipotetico.
      Nel periodo ipotetico,la protasi NON è una proposizione indipendente,MA una subordinata alla apodosi,che nel nostro caso è sottintesa,ma chiarissima sul piano logico.
      Non c'è altro,qui mi fermo perchè mi accorgo che ragioniamo di cose diverse,lei ha edificato un grattacielo su qualcosa che non esiste.
      fa niente,eh? Saluti.

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    2. Ovviamente la protasi non è una proposizione indipendente, dato che essa è subordinata alla reggente. Le proposizioni ottative (della cui esistenza spero tanto di averla convinta) sono indipendenti, come lo è la prima proposizione del celebre nano, formata da una serie di coordinate. Se lei dice che c’è una reggente implicita che, facendo da apodosi, le definirebbe come altrettante protasi, va bene, rispetto il suo atto di fede.

      Lei si appella alla logica o, per meglio dire, al buon senso, che della logica è una versione un po’ più accessibile. Va bene, d’accordo, riconosciamo che i puntini di sospensione servano solo a creare uno iato tra le protasi e l’apodosi, con discutibile effetto retorico. Però a questo punto, se non le dispiace, vorrei salire anch’io sul carrozzone del buon senso e continuo a chiedere, a lei e magari anche al nano, se lei auspica un miglioramento delle condizioni economiche dei palestinesi. A me pare di sì, forse perché esso è effettivamente nei miei auspici.

      Ora, se tale condizione auspicabile è espressa in modo paritetico e coordinato con altre condizioni, che in breve assommano a una maggiore capacità militare dei citati palestinesi, mi viene da chiedere, sempre a lei e al nano, se anche tale condizione le pare auspicabile, e per quali ragioni.

      Qualora ciò non fosse, dovrei chiedere a entrambi se non notate una certa discrasia nel “testo in esame” come ha, invero un po’ pomposamente, chiamato la proposizione in oggetto, o, per lo meno, una sua formulazione non proprio felicissima, se non fuorviante.

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    3. Non vedo perchè nella protasi, nello specifico nella serie di condizioni irreali che vado e negare per costruire l'ipotesi irreale, io debba mettere solo condizioni che auspico o che non auspico.
      Elenco semplicemente una serie di condizioni che rendono la vita dei palestinesi piuttosto pesante, come lei stesso riconosce e al contempo gli precludono qualsiasi forma di combattimento che non sia il lancio dei loro missili rudimentali e l'abuso di certe situazioni ai fini bellici e propagandistici.
      Ma non vedo nessuna legge o regola che imponga di elencare solo condizioni che si auspicano o solo condizioni che si deplorano.
      Poi, se scendiamo nello specifico, auspico un miglioramento delle loro condizioni di vita, auspico la possibilità di vedere riconosciuto il loro stato, auspico un controllo internazionale sulla zona di confine che limiti le reciproche provocazioni. Non auspico un maggiore armamento di Hamas, già scritto.
      Se poi l'effetto retorico le è parso e fuorviante ...(iato)
      Deh, sapessi scrivere come lei! (ecco la proposizione ottativa che le dedico)

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  23. Ops, mi è sfuggito un "non": ovviamente, intendevo dire "come si potrebbe NON auspicare, ecc."
    Pedantescamente, rettifico.

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  24. @LuigiCastaldi
    Spero abbia voglia e pazienza di vedere questo filmato http://youtu.be/eJdSzc99s78 e/o leggere il libro "L'infiltrato", http://www.ibs.it/code/9788854129696/salas-antonio/infiltrato-una-storia.html, perché contengono entrambi moltissimi elementi di conoscenza per una valutazione meno superficiale di quella che ha lei della realtà palestinese.
    Molte distorsioni derivano da una cattiva informazione.
    Mi auguro di esserle stata utile.

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